INTRODUZIONE
Negli ultimi decenni, il commercio internazionale è cresciuto ad un
ritmo pari al doppio di quello della crescita del PIL globale, tanto da essere
considerato uno dei motori trainanti della crescita mondiale. Anche il flusso
internazionale di capitali finanziari e investimenti diretti è più che
raddoppiato nell’ultimo decennio in rapporto al PIL mondiale 1
.
La liberalizzazione del commercio e della finanza internazionale
negli ultimi decenni ha reso tutto questo possibile, mentre la concorrenza
internazionale lo ha reso indispensabile, le imprese devono esportare beni e
servizi per ottenere economie di scala nella produzione e devono investire
capitali e tecnologie all’estero, laddove i ricavi sono superiori, per non
perdere competitività e mercati.
A tali cambiamenti si aggiunge anche una fase di incertezza
economica mondiale come quella attuale che ha colpito anche l'economia
italiana. L'Italia si caratterizza per essere formata per lo più da piccole e
medie imprese che hanno avuto nel tempo la possibilità di integrare le
proprie attività sia in senso verticale che orizzontale, per il raggiungimento
di obiettivi comuni; questa strutturazione dell'attività imprenditoriale, tra
soggetti diversi, ha assunto la tipologia dei distretti industriali: una rete di
imprese specializzata in settori specifici e relazionata ad un territorio
delimitato 2
. Le reti di imprese appaiono come lo strumento più adatto per
affrontare la globalizzazione dei mercati e per inserirsi nei circuiti di
fornitura delle grandi aziende multinazionali 3
. Questa organizzazione
1 <http://www.martini-drapelli.it/non_solo_fisco/UNIVERSITA.pdf>
2 Osservatorio nazionale Distretti italiani, II Rapporto, pp. 21-22
Presentato il 9 febbraio 2011 e reperibile sul sito:
<http://www.osservatoriodistretti.org/sites/default/files/distretti_2rapporto_media.pdf>
3 Ibidem
produttiva si è riflessa sulle modalità di diffusione della crisi, cosicché gli
stretti rapporti commerciali hanno trasmesso con estrema rapidità gli
impulsi recessivi dalle maggiori imprese esportatrici alle aziende minori
sub-fornitrici 4
. Le imprese si sono trovate a fronteggiare una crisi diversa
da quelle che ciclicamente colpiscono i singoli settori, anche perché legata
al crollo del commercio mondiale. Questa congiuntura negativa si è
verificata proprio nel momento in cui le aziende, e in modo particolare
quelle toscane come si rivela nel Prodotto Interno Qualità – Rapporto
Toscana 2009 , iniziavano a guadagnare posizioni nei nuovi mercati e
consolidavano quelle nei mercati tradizionali, Stati Uniti tra tutti 5
.
Come si segnala nel II Rapporto pubblicato dall'Osservatorio
nazionale dei Distretti Italiani, “non sono stati pochi gli interventi di
contrasto alla recente crisi economica”, che non hanno determinato una
radicale svolta, ma che comunque hanno rappresentato un sostegno contro
gli effetti della recessione; due in particolare sono stati, secondo gli
imprenditori, gli strumenti più diffusamente utilizzati nei distretti italiani:
la formazione finalizzata a riqualificare la forza lavoro espulsa o a forte
rischio di espulsione e la Cassa integrazione guadagni
6
.
Tra i 101 principali distretti manifatturieri si inserisce anche il
distretto industriale di Santa Croce sull'Arno che è uno tra i più importanti
distretti industriali italiani. La sua peculiarità è la produzione della pelle e
del cuoio, e si caratterizza per essere l'unico cluster la cui specializzazione
abbraccia, come vedremo, l'intera filiera produttiva della pelle, la
cosiddetta “filiera cuoio-pelli-calzature” (dalla concia al prodotto finito).
Il distretto produttivo di S. Croce, come scrivono Bortolotti e Casai
7
,
4 Ivi , p. 89
5 Symbola, PIQ, Prodotto Interno Qualità – Rapporto Toscana 2009, I Quaderni di Symbola, p. 5
<http://www.symbola.net/assets/files/PIQ%20Toscana%20COMPLETO-1_1273505789.pdf >
6 Osservatorio nazionale Distretti italiani, II Rapporto, cit., p. 73
7 F. Bortolotti, L. Casai, Il Valdarno inferiore. Un distretto esemplare , in Bortolotti F., (a cura di) Il
mosaico e il progetto, IRES Toscana, Franco Angeli, Milano, 1994; F. Bortolotti, L. Casai, Il settore
conciario del Valdarno Inferiore: ambiente e condizione per lo sviluppo , IRES Toscana, 1990, pp. 37-
38.
1
rappresenta forse l'esempio più concreto che più si avvicina al modello
teorico di distretto industriale elaborato dagli economisti. Il centro di
questo sistema produttivo, infatti, lo si ripete, ruota essenzialmente intorno
al settore conciario che ha trainato e coinvolto tutto lo sviluppo di
quest'area, contribuendo a generare ed a segnare la direzione e l'evoluzione
di tutto il sistema dei rapporti, economici, sociali e culturali della zona.
Questo studio mira ad analizzare le caratteristiche del distretto
santacrocese concentrandosi principalmente sugli sviluppi che si sono
verificati negli ultimi anni, contraddistinti soprattutto dalla crisi economica.
Tralasciando il problema dell’analisi dei fattori determinanti della
crisi che, data la sua complessità, richiederebbe un approfondimento
specifico, si intende esaminare l’evoluzione in atto nella “filiera cuoio-
pelli-calzature”, con riferimento soprattutto al settore conciario, con
riferimento allo scenario toscano e nazionale 8
, alla luce anche dei
cambiamenti che stanno interessando il contesto internazionale.
Nel primo capitolo, prima di entrare nel merito del distretto
santacrocese, si realizzerà un quadro generale del settore conciario italiano,
evidenziando la sua collocazione nello scenario internazionale ed europeo e
si effettuerà un confronto tra i vari distretti conciari presenti in Italia.
Il secondo capitolo sarà esclusivamente dedicato al distretto
industriale di Santa Croce sull'Arno. Dopo una descrizione storica di come
il settore conciario è nato e si è sviluppato nella zona, verranno descritte le
attuali caratteristiche del distretto e delle imprese che vi operano, il ruolo
fondamentale che svolgono le aziende in conto terzi, i gruppi conciari.
8 Negli studi di economia industriale si riscontrano diversi significati attributi al concetto di filiera.
Secondo R. Arena, M. Rainelli e T. Torre la filiera è costituita dagli “insiemi degli stadi che separano
una materia prima o un prodotto semilavorato da un prodotto finito, potendo quest’ultimo essere
oggetto di consumo intermedio o finale”. Cfr. Arena, Rainelli, Torre, Dal concetto all’analisi di
filiera: un tentativo di chiarimento teorico , in “L’industria”, 1985, n.3. Altri autori hanno attribuito al
termine filiera un diverso significato. Volpato, ad esempio, sostiene che per filiera debba intendersi
“l’insieme delle lavorazioni che devono essere effettuate in cascata per passare da un certo ventaglio
di materiali grezzi ad un prodotto finito”, Cfr. G. Volpato, Concorrenza, imprese, strategie , Il Mulino,
Bologna, 1985.
2
Un paragrafo sarà dedicato al mercato e alla concorrenza: con la
globalizzazione dei mercati si è ampliato il ventaglio dei Paesi con cui
intrattenere gli scambi commerciali ma al contempo si è generata una
concorrenza che è diventata sempre più “agguerrita”. L'analisi proseguirà
rivolgendo l'attenzione a tutti i soggetti che costituiscono l'intera filiera
produttiva della pelle, cioè quelli che per praticità abbiamo suddiviso in
fornitori (approvvigionamenti di pellame, fornitori di macchine e impianti,
fornitori di prodotti chimici) e clienti (settore calzaturiero e settore della
pellettiera). Infine, l'ultimo paragrafo sarà dedicato all' ambiente; si
mostrerà come l'impegno del distretto in campo ambientale sia stato
caratterizzato dall'elaborazione di un processo di gestione delle risorse
virtuoso e condiviso a livello distrettuale.
Nel terzo capitolo l'analisi sul distretto verrà estesa proponendo una
panoramica sulle caratteristiche demografiche della popolazione residente
nel distretto, a confronto con quella della provincia di Pisa. Non si
mancherà di trattare gli effetti che la crisi ha prodotto sul mercato del
lavoro; dopo un quadro macroeconomico sulla situazione a livello regionale
e provinciale, si passerà a descrivere il mercato del lavoro all'interno del
distretto; si farà riferimento alle misure poste in atto per superare la crisi
(CIG e Mobilità in deroga). Infine l'ultimo paragrafo sarà dedicato alla
presenza straniera residente nel distretto; è evidente che una zona
industriale come il distretto del cuoio rappresenti per gli immigrati una
forte area attrattiva, specialmente se vi è una richiesta di manodopera non
specializzata. Si cercherà di quantificare il numero degli stranieri residenti:
la loro incidenza sul totale della popolazione residente e la distribuzione
secondo le varie nazionalità.
La ricerca si è avvalsa anche di un'analisi sul campo attraverso
interviste fatte ad alcuni operatori del settore. Sono state utilizzate le
informazioni più aggiornate disponibili. Tali informazioni, tuttavia, non
3
fanno sempre riferimento al medesimo istante temporale e ciò va a scapito
della comparabilità fra i dati e rende meno fluida la lettura. I dati utilizzati
per l'analisi sono stati tratti dalle fonti statistiche ufficiali, in particolare
dall'ISTAT, Unioncamere, Inail, Camera di Commercio di Pisa, da quelle di
settore tra i quali UNIC, Cotance, International Trade Centre, ANCI,
Aimpes. Per quanto riguarda il mercato del lavoro i dati utilizzati sono stati
quelli provenienti dalla Rilevazione Continua sulle Forze Lavoro
dell'ISTAT e i dati amministrativi (IDOL) forniti dal Centro Direzionale per
l'Impiego di Pisa e dal Centro Territoriale per l'Impiego di Santa Croce
sull'Arno.
4
CAPITOLO I
IL SETTORE CONCIARIO ITALIANO 1. Introduzione L'Italia è uno dei principali paesi manifatturieri del mondo; nella
classifica stilata da World Bank il nostro Paese occupa infatti il 5° posto,
posizionandosi dietro a Stati Uniti, Cina, Giappone e Germania
9
.
La forza del settore manifatturiero in Italia è radicata nei settori dei beni
alla persona (tessile-abbigliamento, calzature, oreficeria, gioielleria,
occhialeria, pelletteria) e dei beni per la casa (mobilio, ceramiche, vetro,
illuminotecnica, cemento, ecc.), settori che negli ultimi anni hanno visto
crescere in modo formidabile la concorrenza della Cina e degli altri paesi
emergenti.
Il posizionamento dell'Italia nei segmenti a più elevato valore
aggiunto, gli ha permesso di non perdere completamente la sfida con le
nuove economie emergenti in questi comparti e di continuare ad avere un
buon posizionamento a livello internazionale. Oggi , infatti, uno degli
aspetti fondamentali della globalizzazione dell’economia è costituito
dall’ outsourcing o approvvigionamento di parti e componenti all’estero.
Questa non è una scelta volontaria ma è piuttosto un atto imposto alle
imprese per rimanere competitive. Sempre più spesso questo significa
importare parti e componenti e delocalizzare parte della produzione nei
9 Osservatorio nazionale distretti italiani – II Rapporto , cit., p. 147
5
paesi emergenti più dinamici. Ma nonostante ciò grazie alla
specializzazione nei beni per la persona e per la casa, l'Italia è terza al
mondo per attivo con l'estero, dopo la Cina e la Germania.
Il sistema italiano ha, inoltre, saputo dare una risposta efficace alla
sfida della globalizzazione cambiando in parte la sua specializzazione e
rafforzandosi nel settore meccanico. La "Meccanica" e i "Beni per la
persona e per la casa" sono i settori di maggiore specializzazione
dell'export italiano e rappresentano i punti di forza del nostro sistema
manifatturiero; questi comparti sono, però, anche quelli che hanno
maggiormente risentito della crisi a livello mondiale.
La crisi globale ha colpito il nostro Paese non tanto attraverso un calo
dei consumi delle famiglie, che comunque si è verificato, ma piuttosto
attraverso una forte riduzione delle esportazioni che di conseguenza ha
determinato una sensibile contrazione degli investimenti ed una massiccia
riduzione delle scorte da parte delle imprese.
Se facciamo riferimento all'industria italiana con i suoi 101 distretti,
si evidenzia che nel 2009 il comparto, considerato nel suo complesso, che
ha risentito maggiormente della crisi economica globale è stato quello della
meccanica (composto da 32 distretti) con un calo dell’export del -27%
rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, a cui segue quello dei 16
distretti dell’Arredocasa pari al -21,1% e quello dei 31 distretti
dell’Abbigliamento-moda pari al -19,8%
10
in cui si inseriscono anche i
quattro principali distretti conciari italiani presenti in Lombardia, Veneto,
Toscana e Campania. Infatti anche per i distretti conciari il 2009 è stato
sicuramente l'anno più negativo da quando ha avuto inizio la crisi
economica globale, ma nonostante ciò l'industria conciaria italiana è
riuscita a mantenere una posizione di indiscussa leadership a livello
internazionale.
10Ivi , pp. 153-157
6
In questo primo capitolo cercheremo di fare un quadro generale della
situazione attuale dell'indutria conciaria italiana, iniziando con l'esaminare
lo scenario internazionale partendo dall'andamento del settore conciario in
Europa, per allargarci poi a livello mondiale e vedere il ruolo assunto
dall'Italia, valuteremo infine il trend in atto a livello nazionale.
2. La situazione dell'industria conciaria italiana Il settore conciario italiano continua ad occupare una posizione di
assoluto rilievo a livello internazionale, questo nonostante il decremento
congiunturale in atto e la struttura dei competitors extra-UE.
Le aziende del settore conciario si trovano a dover fronteggiare la
concorrenza dei produttori stranieri localizzati in paesi che si
avvantaggiano tramite dumping (sociale, ambientale, finanziario) e
protezionismo sulla materia prima (metà del grezzo mondiale è sottratto al
libero scambio). Si tratta di paesi dove è più basso il costo della
manodopera e dove ci sono minori restrizioni ambientali; questi fattori
hanno costituito finora le principali determinanti del vantaggio di costo dei
produttori conciari asiatici, sud americani e dell’Est europeo rispetto alle
aziende italiane e dell’Europa Occidentale.
Nel contesto europeo l'Italia vanta da molti anni il primato di
produttore di pelli e cuoio, con un valore che nel 2009 è stato pari al 68%
dell'output europeo, mentre nel panorama internazionale la produzione
italiana incide per il 17,4% sul totale mondiale 11
.
Sul piano commerciale, si stima nel 2009, che per l'export di pelli finite,
quasi una pelle su tre scambiata tra operatori internazionali sia italiana
11UNIC, Relazione del Presidente – anno 2009. Questa pubblicazione così come le altre ( Relazioni
annuali, Relazioni ambientali ) citate in questo capitolo e nei successivi sono state messe a
disposizione dall'Unione Nazionale Industria Conciaria ai fini della nostra analisi.
7
(32,4%, quota su valore export mondiale di pelli finite), mentre per quanto
riguarda l'import di materia prima, l'Italia assorbe, a livello mondiale l'11%
per il grezzo ed il 27% per il semilavorato 12
.
Come evidenzia anche la Tabella I.1, nel 2009 l’Italia, nonostante la
congiuntura economica, è stata di gran lunga il principale produttore
europeo.
Del resto il nostro Paese vanta una lunga tradizione nell’industria
conciaria ed al contrario di altri Stati europei (Germania, Francia, Regno
Unito) in cui le scelte di ristrutturazione del sistema industriale non hanno
favorito questa industria, in Italia il settore conciario è parte integrante del
sistema moda ed in alcune regioni ha un peso importante nel sistema
economico 13
.
Tabella I.1: Dati generali relativi al settore conciario europeo 14
– Anno 2009
Paesi Numero
addetti Numero
imprese Fatturato (1000
Euro)
Export %
su
fatturato Produzione (1000 m ² )
Bovine/vitelline Ovine/ caprine Francia 1.529 53 217.792 33,00% 2.663 2.306
Germania 1.925 18 286.968 60,00% 7.000 450
Italia 16.994 1.385 3.830.000 68,60% 96.920 29.295
Olanda 325 5 100.000 71,00% 4.000 -
Portogallo 1.980 63 180.000 31,00% - -
Spagna 2.689 118 602.830 44,90% 14.414 7.686
Svezia 260 4 40.000 90,00% 1.100 30
Regno Unito 1.000 23 180.000 70,00% 5.000 1.500
Romania 900 15 16.250 - 300 1.250
Bulgaria 190 17 2.900 90,00% 55 176
TOTALE 27.792 1.701 5.456.740 - 131.452 42.693
Fonte: Dati Cotance <http://www.euroleather.com/index.php?
option=com_wrapper&view=wrapper&Itemid=12>
12 UNIC, Rapporto ambientale 2009
13 L. Cioli, R. Passeri, Analisi strategica e governo delle imprese nel settore conciario , Cedam, Padova,
1995, p. 52.
14 I dati Cotance e le considerazioni sviluppate fanno riferimento all'Unione Europea. Nella Tabella I.1
non sono riportati Belgio, Finlandia, Grecia e Lituania in quanto privi di dati. Per approfondimenti
consultare <http://www.euroleather.com>
8