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PREMESSA
Il presente elaborato si propone di valutare ed esaminare le
principali questioni relative all’obbligo di mantenimento dei figli
maggiorenni. Tale delicato profilo rappresenta una problematica
dibattuta da molti anni; Trabucchi
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aveva già avuto modo di rilevare
come “il criterio per una limitazione dell’obbligo di mantenimento
del figlio costituisca uno degli argomenti più difficili anche dello
stesso diritto di famiglia”. Tale tematica, infatti, si impone
all’attenzione di giuristi e del legislatore non soltanto per i profili di
carattere giuridico che coinvolge, ma si afferma anche quale
fenomeno che ha assunto, nella recente giurisprudenza, un riscontro
applicativo sempre più frequente e concernente individui di età
sempre più avanzata. Le scelte del legislatore del 1942, maturate in
un contesto socio-culturale differente, devono, infatti, confrontarsi
oggi con una mutata realtà.
Negli anni Cinquanta e Sessanta, a fronte di un ridotto tasso di
alfabetizzazione, era più frequente che un giovane apprendesse i
rudimenti di un’arte o di un mestiere anche prima del
raggiungimento della maggiore età, e che, acquisita la necessaria
competenza, raggiungesse, poco più che ventenne, l’indipendenza
economica. Oggi, viceversa, ad un più elevato tasso di istruzione,
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Trabucchi, nota a Cass. 7.2.1952, n. 295, in Giur. it., 1953, I, 1, c. 542.
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corrisponde un progressivo procrastinarsi del raggiungimento
dell’autosufficienza economica dell’individuo, sia in ragione degli
anni necessari per conseguire un titolo di studio scolastico e/o
accademico, sia a causa della crisi del mercato del lavoro. Ed
infatti, le radicali evoluzioni che hanno interessato tale settore
hanno prodotto la creazione di figure contrattuali definite
“flessibili”, lontane dai tradizionali obblighi di stabilità e di
continuatività, e che hanno comportato l’emersione di uno stato di
crescente incertezza di carattere economico. Gli effetti di questa
tendenza si sono manifestati appunto nella impossibilità di molti
giovani - anche alle soglie dei trent’anni e con un curriculum
studiorum di tutto rispetto - di provvedere a sé e di programmare il
proprio futuro in una prospettiva di lungo periodo
2
.
Da un punto di vista giusprivatistico, invece, le disfunzioni
esistenti nel mercato del lavoro hanno rappresentato una delle cause
- forse la più decisiva, se non la più evidente - del progressivo
innalzamento della durata dell’obbligo di mantenimento dei figli
(legittimi e naturali), economicamente non autosufficienti, da parte
dei genitori, di cui agli artt. 2 e 30 comma 1, Cost., 147,148, 261,
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Per una verifica pratica in ordine alla mancanza di coincidenza tra l’età biologica ritenuta
idonea per l’assunzione di un impegno lavorativo ed il conseguimento di una concreta
occupazione basta consultare gli indici Istat. MONTICELLI, L'assegno di mantenimento tra
indipendenza economica e principio di adeguatezza economico-professionale, in Giust.
civ.,2003,1,185ss.
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279 c.c
3
. L’indissolubile legame che lega il dato normativo
all’analisi del contesto fattuale di riferimento costituisce, dunque, il
leit motiv in cui la Corte di Cassazione si orienta al fine di pervenire
a precipitati interpretativi non solo giuridicamente, ma anche
concretamente corretti. Non si tratta, in altri termini, di stabilire un
precedente giurisprudenziale sulla, progressivamente crescente,
perduranza dell’obbligo di mantenimento dei figli maggiorenni non
economicamente indipendenti da parte dei genitori, quanto,
piuttosto, di prendere atto di un mutato contesto di riferimento.
A fronte di un sempre più generalizzato possesso di titoli di
studio, anche in ragione del progressivo innalzamento, negli ultimi
cinquanta anni, dell’obbligo scolastico, le opportunità lavorative
sono divenute più infrequenti, e, comunque, più parcellizzate e/o
meno stabili sotto il profilo temporale; anche il dato normativo
subisce, pertanto, inevitabilmente, questi effetti. Di questo
l’interprete, nell’esercizio della propria funzione nomofilattica,
deve tener conto, anche operando una progressiva osmosi tra le
varie branche del diritto e “riscoprendo” il ruolo dell’art. 12 delle
preleggi, il quale, appunto, sottende, tra i criteri interpretativi
utilizzabili, accanto a quello logico, anche quello storico, quello
sistematico e quello equitativo. In base a tali criteri, da un’analisi
3
Sulla esperibilità dell’azione per il mantenimento da parte dei figli irriconoscibili, C.M.
BIANCA, Diritto civile, 2, Milano, 2005, 394
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complessiva della recente giurisprudenza di merito e di legittimità
sembra emergere una considerazione importante: la funzione di
sostentamento sottesa al dovere di mantenimento, intesa quale
bisogno fondamentale della persona, non viene meno per il solo
fatto del raggiungimento di un’età avanzata e del possesso di
un’occupazione temporanea o non adeguata al proprio percorso
formativo o professionale
4
, purché queste situazioni non diventino
un arbitrario ed inammissibile strumento per legittimare forme di
parassitismo
5
.
Occorre, dunque, rivalutare il c.d. “principio di adeguatezza
professionale” attraverso un bilanciamento tra le ragioni a tutela
della formazione e delle ambizioni dei figli e la cessazione
dell’obbligo di mantenimento (ovvero la sua conversione in obbligo
alimentare ex art. 433 c.c.) quando esse non risultino più
giustificabili, in considerazione delle ragioni di mercato, del
concreto momento storico e della situazione personale di ognuno
6
.
4
Peraltro in contrasto con il dovere costituzionale di ogni cittadino di svolgere, secondo le
proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso
materiale e spirituale della società, in base al disposto di cui all'art. 4 comma 2 Cost. In tal
senso si esprime anche M. FINOCCHIARO, Quando raggiunge la maggiore età ha l'obbligo di
cercare un'occupazione, in Guida dir., 2006, n. 45, 34.
5
DI STEFANO, L’obbligo di mantenimento del figlio maggiorenne tra esigenze di tutela e
pericolo di “parassitismo” sine die, in Famiglia, persone e successioni, 2009,1.
6
Cassazione, sez. I civile, sentenza 21.02.2007, n. 4102: in particolare l’occupazione deve
essere ancorata alle aspirazioni, al percorso scolastico, universitario e post-universitario del
soggetto ed alla situazione attuale del mercato del lavoro, con specifico riguardo al settore nel
quale il soggetto abbia indirizzato la propria formazione e la propria specializzazione.
5
Tali problematiche emergono soprattutto laddove ci si allontana
dalla fase fisiologica del rapporto familiare per accostarsi, invero,
ad un ambito diverso caratterizzato dalla crisi di quei valori che
sono sottesi alla comunione di vita spirituale e materiale che lega i
coniugi. Ed infatti, l’obbligo di mantenimento dei figli
maggiorenni, ma non autosufficienti economicamente, viene ancor
più in rilievo durante il processo di separazione personale o
giudiziale della coppia, posto che i contrasti sorgono non soltanto
sull’an o il quantum, ma, altresì, sull’individuazione del genitore
obbligato, nonché sulle modalità di versamento. Si consideri in
proposito che l’art. 155 quinquies c.c. introdotto dalla l. 8 febbraio
2006, n.54, in tema di affidamento condiviso, statuisce che: “Il
giudice, valutate le circostanze, può disporre in favore dei figli
maggiorenni non indipendenti economicamente il pagamento di un
assegno periodico”. Pertanto, in tema di mantenimento dei figli
maggiorenni, la legge n. 54 del 2006 non ha abrogato, ovvero
modificato, il sistema degli obblighi parentali inderogabili così
come previsti dagli articoli 147 e 148 c.c., sicché costituisce,
tuttora, un dovere inderogabile contribuire al mantenimento dei figli
anche oltre la maggiore età e finché questi non abbiano conseguito
una indipendenza economica. Ne consegue che l’unico significato
che può attribuirsi alla locuzione “può disporre”, contenuta nell’art.
155-quinquies c.c., è quello della preliminare valutazione che il
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giudice rende, nei limiti di quanto provato dal genitore onerato,
sulle condizioni effettive del figlio maggiorenne, cioè se questi non
è economicamente indipendente, oppure che il mancato
svolgimento di un’attività lavorativa dipende da un suo
atteggiamento di inerzia, ovvero di rifiuto ingiustificato
7
. Peraltro,
in tale ambito, risulta altresì essere punto controverso
l’inosservanza dell’obbligo di mantenimento da parte dei soggetti
obbligati: tale questione, infatti, apre le porte ad ulteriori
considerazioni in ordine agli strumenti coercitivi posti a favore del
figlio per tutelare i propri interessi. A tal proposito si è ritenuto
interessante richiamare ed esaminare una recente pronuncia del
Tribunale di Messina
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che racchiude in sé profili di notevole
importanza circa i doveri familiari del genitore. In essa il G.U. ha
sancito il diritto al mantenimento della prole da parte
dell’ascendente, che si estrinseca nel dovere di quest’ultimo di
mantenere, istruire ed educare i figli, fino al momento in cui gli
stessi divengono economicamente indipendenti
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, prospettando,
altresì, nel caso di assenteismo e trascuratezza da parte del genitore,
un comportamento antigiuridico nei riguardi della prole
maggiorenne. In tali casi, la giurisprudenza ha qualificato il danno
7
Trib. Messina, decreto 5 maggio 2006, Pres. Amato, Rel. Russo.
8
Trib. Messina, Sez. I, 31 agosto 2009 – Giud. Un. Russo
9
Doveri che erano stati ribaditi già con sentenza della Corte di Cassazione, Sez. I, sent. N.
8227 del 6 aprile 2009.
7
provocato da tale atteggiamento quale danno da “deprivazione
genitoriale” che, sia sotto il profilo affettivo-morale, sia sotto il
profilo materiale-economico, è entrato di pieno diritto nella
cittadella del nuovo danno non patrimoniale, così come disegnato
dalle pronunce dell’ultimo decennio
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.
10
ARCERI, La responsabilità da deprivazione genitoriale al vaglio della giurisprudenza di
merito: due differenti forme di tutela per l’identico diritto costituzionalmente garantito, in
Famiglia e Diritto, 2010, 2, pag. 159.