5
derivanti dalle pronunce additive in questione. È noto infatti
come proprio mediante le sen-tenze additive la Corte per un
verso sconfina nella sfera di discrezionalità del legislatore,
aggiungendo alle disposizioni impugnate nuove norme, per altro
verso, nel prevedere l’attribuzione o l’e-stensione di diritti di
prestazione a favore di una maggiore quantità di interessati,
finisce col gravare il bilancio dello Stato di nuove (o maggiori)
spese senza indicare i mezzi per farvi fronte.
Se da un lato questi profili problematici hanno spesso
interessato la dottrina, dall’altro lato la stessa Corte ha affrontato
nel-la sua giurisprudenza le questioni derivanti dalle sentenze
additive, con particolare riferimento all’aspetto della violazione
del vincolo di copertura finanziaria di cui all’art. 81 u.c. della
Costituzione.
I giudici della Consulta, infatti, pur nella convinzione che il
vincolo di copertura finanziaria non sia direttamente riferito
anche alla Corte, hanno manifestato una progressiva
sensibilizzazione al-l’esigenza di non creare eccessivi squilibri
del bilancio dello Stato, sino a giungere al segnalato nuovo e
consistente self restraint, che sembra rappresentare, allo stato
attuale, una vera tendenza innovativa forse finalmente in grado di
6
offrire un’adeguata risposta alla necessità di contenere gli effetti
erogatori delle additive di prestazione e di produrre un incisivo
mutamento nell’uso della tanto discussa tecnica decisoria delle
sentenze additive.
7
CAPITOLO I
Le sentenze additive.
§1. LE SENTENZE DI SPESA IMPREVISTA.
Il fenomeno delle sentenze che comportano oneri imprevisti
di spesa aggiuntiva a carico dello Stato investe un’ampia
tipologia di decisioni, tanto della giurisprudenza ordinaria quanto
di quella costituzionale. Tuttavia, gli effetti che queste decisioni
comportano sull’ordinamento e la loro incidenza sulla finanza
pubblica non sono omogenei per tutti i tipi di pronunce, nel senso
che il danno economico maggiore per lo Stato proviene dalle
decisioni che pre-vedono nuove o maggiori spese, senza però
specificare i mezzi di copertura necessari per farvi fronte, in
contrasto a quanto dispone l’art. 81 u.c. della Costituzione (“ogni
altra legge che comporti nuove o maggiori spese deve indicare i
mezzi per farvi fronte”).
È opportuno, allora - al fine di specificare la tematica
oggetto di questo studio -, ricercare, tra le diverse forme di
sentenze “co-stose”, quelle che maggiormente possono avere
8
rilevanza sotto il profilo della spesa pubblica, nel senso
immediatamente sopra esposto.
In primo luogo, si può affermare che indubbiamente non
sollevano alcun problema di copertura le sentenze dei giudici
comuni che accolgono interpretazioni estensive delle leggi di
spesa (o anche riduttive delle disposizioni che importano introiti),
dalle quali possono venire disattese le previsioni in ordine
all’equilibrio finanziario, adottate in sede di approvazione della
legge di bilancio: i maggiori oneri conseguenti dipendono solo
dall’erronea previsio-ne di spesa e (di solito) hanno, comunque,
una scarsa incidenza sul bilancio, a causa dell’efficacia inter
partes delle pronunce dei giudici comuni. Inoltre, in questi casi il
legislatore è sempre abilitato a sottrarsi alle conseguenze, o
attraverso la modifica della legge, eventualmente anche
retroattiva, o nella forma dell’inter-pretazione autentica
2
.
Nell’ambito della giurisprudenza costituzionale, invece, si
possono profilare tipi di sentenze che sono causa soltanto
indiretta di nuovi oneri: ad esempio, può accadere che fonte delle
2
Su questo aspetto, cfr. GUSTAVO ZAGREBELSKY, Problemi in ordine ai costi
delle sentenze costituzionali, in AAVV, Le sentenze della Corte costituzionale e l’art. 81,
u.c., della Costituzione, Milano, Giuffrè, 1993, pp. 99ss.
9
nuove o maggiori spese non sia di per sé la situazione normativa
venutasi a creare a seguito dell’emanazione della sentenza, ma la
- eventuale - necessità di rinnovare atti compiuti sulla base della
normativa dichiarata incostituzionale
3
.
Rispetto a tali spese, allora, non sembra possano porsi
problemi di copertura ex art. 81 u.c., Cost., così come nel caso
delle sentenze relative a leggi che stabiliscono la misura
dell’indennità di espropriazione
4
. Quanto a queste ultime, per la
verità, posto che da esse possono derivare spese superiori sia per
eventuali e-spropriazioni future che per quelle ancora in corso,
relativamente alle quali era stata già stanziata una somma
complessiva molto in-feriore
5
, si è da taluno prospettata l’ipotesi
di una loro parziale o totale ascrivibilità alla categoria delle
3
Casi del genere sono riscontrabili nelle sentenze n.284 del 1987 (che ammette a
partecipare ai giudizi per l’inquadramento nel ruolo dei ricercatori i lettori privi di una certa
anzianità di servizio), n.399 del 1988 (che consente di beneficiare della riserva di posti nei
concorsi magistrali anche ai “precari”) e n.39 del 1989 (che consente di partecipare ai
giudizi di idoneità per l’accesso nel ruolo dei ricercatori universitari confermati i lettori
incaricati ex art.24, legge n.62 del 1967).
Effetto di queste sentenze può essere la necessità di effettuare nuovamente i
concorsi, dai quali erano stati esclusi determinati soggetti che secondo la Corte avevano
diritto a parteciparvi.
4
V. sentenze n.155 del 1976, n.5 del 1980, n.223 del 1983.
5
ENRICO GROSSO, Sentenze costituzionali di spesa “che non costino”, Torino,
Giappichelli, 1991, p. 16.
10
sentenze comportanti oneri privi di copertura. Si è detto, infatti,
che le sentenze in materia di espropriazione, che costringono gli
enti pubblici a definire le procedure espropriative in corso e ad
intraprendere le ulteriori espro-priazioni necessarie alla
realizzazione dei pubblici interessi sulla base di una situazione
normativa sopravvenuta (ciò che comporta un naturale aggravio
di spese), possano, quantomeno parzialmente, rientrare nel
suddetto genus, qualora, innanzitutto, si sia del-l’avviso che una
nuova legge che aumenti l’indennità di esproprio sia soggetta
all’onere di copertura ex art.81 u.c.; la questione riguarda solo le
procedure espropriative in corso (che non possono essere
interrotte), in quanto, per quelle ancora da intraprendere, le
autorità competenti alla realizzazione delle opere cui gli espropri
sono preordinati dovranno fare riferimento di volta in volta alle
somme concretamente disponibili
6
.
Tuttavia, queste condizioni si vanificano se si applica il
consolidato orientamento della Corte, secondo il quale l’obbligo
di copertura ex art. 81 non ricorre quando l’onere introdotto da
una nuova legge non è quantificabile a priori (sentenza n. 478 del
6
FILIPPO DONATI, Sentenze della Corte costituzionale e vincolo di copertura
finanziaria ex art. 81 Cost., Giur. Cost., 1989, II-2, p.1515.
11
1987), soprattutto se destinato a ripercuotersi su esercizi
finanziari di molto posteriori (sentenza n. 431 del 1983).
E, d’altro canto, vi è chi sostiene che da tali sentenze
derivano maggiori oneri pubblici non diversamente da quanto
può accadere per il verificarsi di un qualsiasi evento economico
che determini l’aumento del prezzo di beni che l’amministrazione
ha bisogno di acquistare; e che, infine, una legge che determina
in qual-siasi misura l’indennità di espropriazione non va soggetta
all’ob-bligo di copertura, dal momento che le spese pubbliche vi
saranno solo se e quando si procederà all’espropriazione:
saranno, semmai, le leggi che prevedono delle espropriazioni che
dovranno rispettare il disposto dell’art. 81, u.c.
7
.
Allora, in base al predetto orientamento consolidato della
Corte e a tali ultime considerazioni, sembra davvero arduo
ricondurre le sentenze in materia di espropriazione alle pronunce
comportanti oneri privi di copertura.
7
Cfr. DOMENICO SORACE, L’art. 81, quarto comma Cost., e tre tipi di sentenze
della Corte costituzionale, in AAVV, Le sentenze della Corte costituzionale e l’art. 81,
u.c., della Costituzione, Milano, Giuffrè, 1993; DOMENICO SORACE - ANDREA TOR-
RICELLI, La tutela degli interessi tra Corte costituzionale e Parlamento: le sentenze della
Corte che comportano nuove o maggiori spese, in Le istituzioni nella recessione, a cura di
Marco Cammelli, Bologna, Il Mulino, 1984.
12
Nuove o maggiori spese possono derivare anche da quelle
decisioni in materia di imposte, tasse e contribuzioni, che
dichiarano l’illegittimità di norme d’entrata: in tali ipotesi lo
Stato è infatti costretto a reperire nuove risorse o a distribuire
quelle precedenti per reintegrare l’equilibrio finanziario delineato
dalla legge di bilancio. Ma chi parte dal presupposto che tali
spese siano “co-stituzionalmente imposte”(ex art. 53, Cost.) pone
tali pronunce fuori dal vincolo di copertura (anche considerando
che l’art. 81 parla solo di “spese”)
8
. Altri
9
, invece, hanno
sostenuto il contrario, in particolare richiamando la normativa di
“contabilità generale dello Stato in materia di bilancio” (art. 11
ter, legge 468 del 1978, introdotto dall’art. 7, legge 362 del
1988), che equipara espressamente, in relazione all’obbligo di
copertura, le leggi che impongono nuove o maggiori spese a
8
ALDO CORASANITI, Introduzione ai lavori del Seminario, in AAVV, Le
sentenze della Corte costituzionale e l’art. 81, u.c., della Costituzione, cit., p. 3.
DOMENICO SORACE, L’art. 81, quarto comma Cost., e tre tipi di sentenze della Corte
costituzionale, in AAVV, Le sentenze della Corte costituzionale e l’art. 81, u.c., della
Costituzione, cit., pp. 178-179.
9
ENRICO GROSSO, Sentenze costituzionali di spesa “che non costino”, cit.,
FILIPPO DONATI, Sentenze della Corte costituzionale e vincolo di copertura finanziaria
ex art. 81 Cost., cit.
13
quelle che riducono le entrate
10
. Anche in tal caso, dunque, la
questione non è pacifica.
Si è presentato anche il caso di ipotesi di pronunzie
caducatorie che hanno eliminato un breve termine di decadenza
per l’e-sercizio di un diritto di credito nei confronti della
Pubblica Amministrazione in modo che migliaia di nuovi ricorsi,
che sarebbero stati dichiarati inammissibili, hanno potuto essere
presentati, sicché l’Amministrazione pubblica ha dovuto far
fronte a nuove impreviste richieste di pagamento
11
.
Al di là di questo caso particolare, le caducatorie sono state
da taluno ricomprese tra le sentenze che comportano nuovi o
mag-giori oneri. Non manca, infatti, chi afferma che i problemi
derivan-ti dai costi aggiuntivi previsti da sentenze non si
traducono imme-diatamente né si esauriscono in problemi di
tipologia formale delle decisioni: effetti analoghi, secondo questa
dottrina, possono scatu-rire tanto da pronunce di mero
10
L’art. 27, l. 468/’78, relativo agli enti compresi nella “finanza pubblica allargata”,
dispone l’obbligo di copertura per le leggi che determinano oneri, “anche sotto forma di
minori entrate”.
11
Ad esempio: sent. 8/1976 (che ha annullato la disposizione che prescriveva il
termine perentorio di novanta giorni per la proposizione alla Corte dei Conti dei ricorsi in
materia di pensioni civili), sent. 97/1980 (che ha annullato analoga norma in materia di
pensioni di guerra).
14
annullamento, quanto da altre tecniche decisorie - create dalla
Corte (sulle quali v. infra) -, quali le pronunce interpretative di
rigetto e le additive
12
. Va peraltro tenuto conto che tale
impostazione deriva da un modo particolare di intendere il
vincolo ex art. 81 u.c., di cui si tratterà nel prossimo capitolo.
In un ambito così variegato e malcerto di sentenze “che
costano”, sembra opportuno soffermarsi in particolar modo sulle
sentenze costituzionali di spesa, rispetto alle quali “più
macrosco-picamente scende in campo l’art. 81, u.c., Cost.”
13
, e
che si manifestano principalmente in decisioni attinenti a materie
come l’im-piego pubblico, la previdenza sociale, l’assistenza
pubblica (ad es. su minimi retributivi, assistenza sociale e
sanitaria, capacità contributiva, integrazione al minimo dei
trattamenti previdenziali); de-cisioni comportanti aggravi
finanziari non solo per lo Stato, ma anche a carico degli enti
rientranti nella cosiddetta “finanza pubblica allargata”
14
, stante
12
D. SORACE - A. TORRICELLI, op. cit.; D. SORACE, ult. op. cit.; G.
ZAGREBELSKY, Problemi in ordine cit.
13
GUSTAVO ZAGRBELSKY, Problemi in ordine ai costi delle sentenze
costituzionali, in AAVV, Le sentenze della Corte costituzionale e l’art. 81, u.c., della
Costituzione, cit.
14
Ad es.: Comuni, Province e relative aziende, enti pubblici non economici compresi
alla tab.A allegata alla l. 468/’78, enti ospedalieri, aziende autonome dello Stato e altri enti
15
l’obbligo di copertura finanziaria delle leggi ad essi relative (v.
retro, nota 10).
Ciò che rende peculiari tali pronunce (oltre alla mancata
osservanza dell’art. 81 u.c.) è il fatto che esse implicano un
problema di portata più ampia dal punto di vista della
configurazione stessa della nostra forma di governo: esse
costituiscono infatti una risposta della Corte costituzionale -
inedita rispetto ai principî ed alla normativa in materia di
controllo di costituzionalità delle leggi - ai comportamenti
omissivi del legislatore, una risposta in positivo, cioè, rispetto a
ciò che il legislatore ha omesso di dettare, allo scopo di rimediare
alla violazione della Costituzione; da ciò scaturiscono, appunto,
implicazioni molto rilevanti circa il rapporto tra il giudizio di
costituzionalità delle leggi e la sfera di azione del Parlamento.
Nel descrivere tale fenomeno, dunque, è utile partire proprio
dalle situazioni in cui si possono riconoscere dei comportamenti
omissivi del legislatore.
previsti dall’art. 25, l. 468/’78. Poiché l’art. 81 u.c. si applica anche alle regioni, rilevano le
sentenze che alterino il loro equilibrio di bilancio e anche quelle che abbiano respinto
impugnazioni proposte in via principale dallo Stato contro leggi regionali di spesa per
mancata previsione di fondi di copertura.
16
§2. GENESI E FORMA DELLE SENTENZE ADDITIVE.
Le norme costituzionali sono norme elastiche, in certa
misura indeterminate: la loro origine storica, quali formule
compromissorie di forze sociali e politiche molto diverse, fa sì
che tali norme debbano lasciare grande spazio all’opera di
attuazione del legislatore e di altre istanze istituzionali ed
extraistituzionali.
Tuttavia, il meccanismo dell’attuazione costituzionale è
stato ostacolato di frequente dall’inerzia del Parlamento,
facendo così sorgere il problema di come sanzionare e rimediare
all’omissione legislativa, del se e quale soggetto possa
intervenire in funzione surrogatoria del legislatore.
La sindacabilità, presso la Corte, delle omissioni legislative
contrastanti con imperativi costituzionali, oltre ad essere ormai
una realtà pluridecennale della giurisprudenza costituzionale, non
trova un grosso ostacolo dottrinario nelle datate obiezioni,
secondo le quali la sovranità del legislatore permetterebbe a
quest’ulti-mo un’incontrastata “libertà di non fare”
15
: la sovranità
15
PIERRE MONTANÉ DE LA ROQUE, L’inertie des pouvoirs publics, Toulouse,
Impr. moderne, 1950; JAKOB SEIWERTH, Zur Zulässigkeit der Verfassungsbeschwerde
17
è infatti limitata da una costituzione rigida, la cui osservanza è
affidata al controllo di costituzionalità sostanziale (il nostro
ordinamento, più che sul principio di separazione dei poteri, è
basato su quello dei checks and balances, che richiede il
controllo reciproco fra loro dei supremi organi costituzionali e
trova una delle sue più tipiche manifestazioni nel sindacato di
costituzionalità delle leggi
16
).
È bene, in primo luogo, considerare quale tipo di omissione
interessi il sindacato di costituzionalità, partendo da una
classificazione ormai ricorrente
17
: si è di fronte ad omissioni
“assolute” nell’ipotesi in cui il legislatore si sia astenuto
dall’emanare qualsiasi normativa ordinaria di attuazione del
disposto costituzionale; si tratta, invece, di omissioni “relative”
nell’ipotesi in cui il legislatore abbia attuato solo parzialmente la
gegenüber Grundrechtsverletzungen des Gesetzgebers durch Unterlassen, Berlin, Walter
de Gruyter & co., 1962; A. von KÖHLER, Kann der Gesetzgeber durch Schweigen die
Verfassungswirklichkeit ändern?, in Neue Juristische Wochenschrift, 1955, p. 1089.
16
COSTANTINO MORTATI, Appunti per uno studio sui rimedi giurisdizionali
contro comportamenti omissivi del legislatore, Il Foro Italiano, 1970, Parte V-11, c.153.
17
Classificazione proposta da FRANZ WESSEL, Die Rechtsprechung der
Bundesverfassungsgericht zur Verfassungsbeschwerde, in Deutsches Verwaltungsblatt,
1952, p.161, e ripresa dalla dottrina italiana: cfr. C. MORTATI, Appunti per uno studio cit.;
GAETANO SILVESTRI, Le sentenze normative della Corte costituzionale, Giurisprudenza
Costituzionale, 1981, I, 2, p.1706; NICOLA PICARDI, Le sentenze «integrative» della
Corte costituzionale, in Scritti in onore di C. Mortati, Milano, Giuffrè, 1977, IV, p.604.
18
Carta costituzionale, dettando una disciplina inidonea a coprire
tutte le fattispecie ipotizzabili e profilatesi in un certo settore, con
conseguente lesione del principio di uguaglianza.
Nella versione originaria tedesca di tale bipartizione si
sosteneva la insindacabilità costituzionale delle prime, a causa
della mancanza della stessa norma impugnabile, e la
sottoponibilità del-le seconde al controllo della Corte, in specie
sotto il profilo della violazione del principio di uguaglianza.
Un autorevole esponente della dottrina italiana ha, invece,
precisato che la mancanza di ogni disciplina di legge per l’attua-
zione di un principio costituzionale non impinge sul sindacato
co-stituzionale, in quanto la norma impugnabile può ricavarsi dal
sistema
18
.
In realtà, la bipartizione sopra esposta pare poco efficace e
non conviene pertanto soffermarsi solo su essa; infatti, la
distinzione tra omissioni relative e omissioni assolute, anche se
ha il merito di avvertire l’esigenza di una delimitazione delle
attribuzioni della Corte nei confronti del potere legislativo, ha
18
C. MORTATI, Appunti per uno studio cit., che sostiene, inoltre, che le omissioni
relative sono suscettibili di giudizio costituzionale anche allorché sia lesa qualsiasi altra
direttiva costituzionale (e non solo il principio d’eguaglianza); ma tale affermazione è
meno pacifica.