UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI UDINE
FACOLTÀ DI GIURISPRUDENZA
CAPITOLO I
LA TRANSIZIONE COSTITUZIONALE
E L’APPRODO ALL’ATTUALE FORMA DI GOVERNO IN ALBANIA
1.1. Una breve ricostruzione del periodo socialista La storia dell’Albania, pur essendo un piccolo Paese, è segnata dal susseguirsi di una serie di
governi e di forme di Stato, che valutate a posteriori rivelano l’inadeguatezza ad assicurare la
tutela dei diritti dei cittadini e lo sviluppo del Paese. In questo capitolo cercherò di ricostruire
sinteticamente il periodo che va dalla Seconda guerra mondiale ad oggi.
A partire dalla fine del secondo conflitto mondiale, in Albania venne instaurato un regime
socialista, guidato dal dittatore Enver Hoxha, il quale si servì dell’appoggio politico e del
sostegno finanziario di diversi Paesi. In una prima fase, infatti, l’Albania diventò uno Stato
satellite della Jugoslavia di Tito, attraverso la firma di un Trattato di amicizia nel 1946, il quale
comportava l’unione doganale e un sistema di prezzi comune, oltre che la formazione di aziende
in comproprietà. Il governo jugoslavo, sostanzialmente, considerava gli investimenti in Albania,
Paese con un sottosuolo ricchissimo di materie prime, come un elemento importante per il
futuro della stessa Jugoslavia. I rapporti tra i due Paesi, tuttavia, si deteriorarono ben presto a
causa delle tensioni dovute all’inadeguata retribuzione jugoslava per le materie prime albanesi
e, nel 1947, Albania e Jugoslavia interruppero definitivamente i loro rapporti commerciali, con
non poche tensioni tra i due Stati.
Dal 1948 l’Albania trovò il suo partner commerciale nell’ex URSS guidata da Stalin: in questo
periodo l’Albania riuscì in qualche modo a risollevarsi dalla crisi economica subita a seguito del
conflitto mondiale; l’Unione sovietica infatti installò un gran numero di fabbriche sul terreno
albanese per sfruttare le risorse del sottosuolo.
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In breve tempo venne introdotta l’istruzione obbligatoria e venne creato un sistema sanitario,
anche se non soddisfacenti; sulla base dei principi socialisti si stabiliva inoltre il lavoro
obbligatorio per tutti, eccetto anziani e bambini.
Enver Hoxha, però, ben presto prese le distanze anche da Stalin, perché aveva intuito la sua
intenzione di riprodurre il sistema stalinista in Albania, sottomettendola.
Quindi i rapporti dell’Albania si diressero, nel 1960, nei confronti della Cina, altro Paese
caratterizzato da un regime socialista; questo comportò la rottura definitiva dei rapporti con
Mosca, anche negli anni a venire. E’ in questo periodo che l’Albania iniziò a sentire veramente
la crisi e la miseria, in quanto l’economia del Paese fu incentrata per il 70% sull’agricoltura. La
Cina, inoltre, si rivelò un alleato meno soddisfacente rispetto all’URSS, sia sul piano finanziario
sia rispetto alla qualità dei materiali e del personale che venivano inviati per sostenere
l’economia albanese.
La morte di Mao Tse Tung, nel 1976, portò alla rottura anche dei rapporti con la Cina, con la
conseguenza l’Albania si trovò in una situazione di forte isolamento politico.
Si rivelò così definitivamente la posizione di Enver Hoxha, che divenne un vero e proprio
dittatore. Pur criticando Mosca e Pechino, applicò rigidamente i principi socialisti, cercando di
creare un sistema sostanzialmente autosufficiente. Sul piano politico, eliminò ogni forma di
pluralismo, permettendo l’esistenza solo del partito unico: “il Parlamento venne de facto
eliminato, perché tutti i poteri erano in mano al partito unico” 1
.
Sul piano dell’organizzazione economica venne eliminata completamente la proprietà privata,
con la conseguenza di avviare una crisi gravissima: il processo di collettivizzazione nelle città e
nelle aree rurali infatti portò al collasso economico, i cittadini si trovarono in una situazione di
povertà, con i salari ridotti al minimo. Si ebbero numerosissimi casi di violazione dei diritti
umani, con gravi punizioni per coloro che si opponevano al regime; venne vietato, tra l’altro, di
lasciare il Paese.
1
G. SARTORI, Ancora una volta sulla teoria della democrazia, Prima Parte: Dibattito Moderno , Tirana, 1993.
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Il dittatore non volle mai realizzare un vero e proprio sistema comunista, in quanto lo definiva
“irraggiungibile in un solo Paese” (avrebbe infatti dovuto coinvolgere tutto il mondo), “ma
pretese di costruire un regime socialista” 2
.
Enver Hoxha morì nel 1985 e il nuovo leader, Ramiz Alia, cercò di risollevare il Paese dalla
crisi iniziando un programma di liberalizzazioni e rafforzando i legami con l’estero.
1.2. La transizione costituzionale L’isolamento dagli altri Paesi, la tesa situazione politica, l’estrema povertà del popolo e una
diffusa anarchia furono i fattori che impedirono un pronto processo di democratizzazione in
Albania, cosa che invece accadde più rapidamente in altri Stati dell’Est Europa. Nei Paesi che
erano soggetti al regime socialista, infatti, la transizione cominciò alla fine degli anni ’80 – la
data simbolo è il 1989 con il crollo del muro di Berlino - e si compì nel giro di pochi anni; per
l’Albania, invece, bisogna attendere la seduta parlamentare del 13 novembre 1990 perché si
inizi a intravedere la volontà di revisionare la Costituzione socialista del 1976 e il 1998 per
avere una Costituzione che instauri definitivamente un regime democratico.
Le prime tappe della transizione furono abbastanza graduali per evitare uno stravolgimento della
situazione creata dal regime comunista. Va segnalato innanzitutto il fatto che “venne ricreato il
Ministero della Giustizia” 3
(inesistente dal 1966 al 1990), che aveva il compito di preparare i
progetti di legge: in questo modo venne creato un organo ad hoc che permise di proporre leggi
di stampo democratico.
Inoltre, altro passo importante verso un regime democratico, fu l’abolizione dell’articolo 47 c. p.
che puniva l’alto tradimento nei confronti dello Stato con la reclusione da 10 a 25 anni o con la
pena capitale e che sanzionava le famiglie di coloro che fuggivano dallo Stato, costringendole a
vivere esiliate in campi di lavoro o in piccoli villaggi; inoltre venne annullato il “decreto sul
bando e sull’esilio” 4
, in base al quale molti oppositori politici e le loro famiglie erano stati
segregati in campi di concentramento.
2
M. VICKERS, J. PETTIFER, Albania: From Anarchy to a Balkan Identity (L’Albania: dall’anarchia a
un’identità balcanica) , Tirana, 1999.
3
E. BIBERAJ, L'Albania al bivio, Tirana, 1992
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Infine, va ricordato che nel giugno del 1990 vennero liberalizzati i passaporti e i visti per
l’estero, che prima erano concessi solo per viaggi governativi. Questo portò il popolo albanese a
sperare in un nuovo clima di apertura verso l’esterno, ma le aspettative furono deluse. I
passaporti, infatti, non vennero emanati, scatenando così la protesta popolare, tanto che nel
luglio del 1990 ci fu l’assalto alle ambasciate francese, italiana e tedesca da parte di persone che
chiedevano asilo politico. Dopo dieci giorni furono concessi i passaporti e questo può essere
considerato come il primo duro colpo al regime comunista, che fu costretto a cedere alle
richieste del popolo albanese.
Tuttavia queste vicende provocarono una forte reazione dell’ala conservatrice del Partito del
Lavoro, ancora al potere, il quale perseguitò le famiglie dei soggetti coinvolti, identificandoli
come traditori della patria.
Una data molto importante da segnalare nella storia della transizione costituzionale in Albania è
il 13 novembre del 1990, data in cui venne convocata una seduta fondamentale del Parlamento,
durante la quale si approvarono la “Legge sulle elezioni dell’Assemblea popolare” e la
“Decisione per la creazione di una commissione speciale per la stesura della Costituzione”.
Tuttavia questo fu insufficiente per introdurre il pluralismo politico perché, nonostante l’articolo
23 della Costituzione del 1976 stabilisse che il Partito del Lavoro e tutti gli altri Partiti hanno il
diritto di presentare candidati, il regime socialista permetteva l’esistenza del solo Partito Unico e
quindi non fu possibile arrivare al pluralismo.
Nel dicembre 1990 gli studenti universitari e i docenti protestarono e chiesero la garanzia del
pluralismo e la creazione di un partito di opposizione, suscitando una violenta reazione delle
forze di polizia. In effetti a quel tempo mancavano le leggi per regolare il pluripartitismo e il
funzionamento dei partiti politici, pertanto l’Assemblea popolare emanò il decreto “sulla
creazione dei partiti politici e sulle associazioni” 5
, col quale si riuscì finalmente ad avviare il
cammino verso un sistema multipartitico.
4
V. HAVEL, Summer Meditations: on Politics, Morality and Civility in a Time of Transition (Meditazioni estive:
sulla Politica, Morale e Civiltà al tempo della Transizione) , London, 1982.
5
I. ELEZI, Commentario della Procedura Penale della Repubblica di Albania , Tirana, 1997.
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