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Nell'ultimo paragrafo del primo capitolo, sono esaminate più nello specifico le
caratteristiche di un gruppo di lavoro che, all'interno dell'azienda, è stato scelto come
riferimento privilegiato di indagine.
Il secondo capitolo è dedicato alla dimensione individuale, intesa sia dal punto di vista
dell'organizzazione che nell'ottica propriamente fenomenologica del lavoratore; viene
infatti considerato da un lato, il processo di selezione, tramite cui sono prescelti i nuovi
membri, dall'altro, i temi dell'appartenenza, della motivazione, dell'autorealizzazione
mediante il lavoro; con particolare riferimento a una situazione di crisi.
Nel terzo capitolo è affrontato il tema della leadership, in quanto considerato come un
punto fondamentale nello snodarsi dei rapporti tra individualità e gruppo di lavoro in
ambito organizzativo. Si è cercato qui di porre in relazione le caratteristiche dei manager
incontrati, soprattutto il loro stile di leadership, con la cultura dell'impresa e con le fasi
topiche del suo sviluppo. In particolar modo si è posto l'accento sulle modalità, da parte
della leadership, di accettare e affrontare il cambiamento, sia esso determinato da anomalie
congiunturali, che da naturali dinamiche evolutive.
Infine l'ultimo capitolo è specificamente dedicato all'attraversamento e al superamento di
un lungo periodo di crisi organizzativa, in cui si sono potuti evidenziare sia gli apporti a
livello individuale, che quelli derivanti dalla capacità di aggregazione attorno ad un comune
obbiettivo di salvezza; capacità questa, senz'altro stimolata e potenziata da una buona
leadership. In particolar modo si è tentato di porre in una chiave di lettura psicodinamica,
una singolare iniziativa prettamente culturale, parte di un'idea di risanamento
dell'organizzazione, non solo strutturale e finanziaria, ma anche psicologica. Questa
potrebbe a prima vista apparire di marginale importanza, ma personalmente ritengo abbia
avuto invece un grande valore simbolico nella fase di rilancio post-crisi e continui ad
averne anche oggi, per l'identità culturale di questa organizzazione e indirettamente anche
per il senso di appartenenza di chi vi lavora.
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CAP. I: GRUPPO DI LAVORO COME OGGETTO DI UNA
RICERCA.
1.1 Premessa
Lo scopo di questo lavoro è considerare le dinamiche che intercorrono tra un individuo e il
gruppo di cui fa parte; su questo argomento sono state fatte una serie di osservazioni e
interviste sul campo, effettuate da chi scrive, in collaborazione con un'altra studentessa
della Facoltà di Psicologia dell'Università Statale di Torino, presso un'importante azienda
italiana, presente da molti anni sul mercato nazionale e internazionale, nell'ambito della
produzione e commercializzazione di macchinari industriali a tecnologia avanzata.
L'aspetto che ha reso particolarmente interessante l'organizzazione in questione, è
costituito dalle particolari vicende che l'hanno caratterizzata nella sua storia recente; essa
ha vissuto in un breve lasso di tempo, una serie di drammatici cambiamenti nel suo assetto,
in buona parte come conseguenza di una grave crisi dovuta a fattori macroeconomici e
congiunturali, indipendenti dallo stato di salute dell'organizzazione in sé, ma che
inevitabilmente hanno interessato in modo pesante vari aspetti del clima interno, sia per
quanto riguarda i gruppi di lavoro che i singoli individui, innescando una sorta di reazione
a catena che partendo da fattori esogeni, ha messo in discussione i valori base di un'intera
cultura organizzativa.
Le limitate risorse a nostra disposizione hanno consentito solo un numero ristretto di
interviste e di osservazioni sul campo; è stato perciò necessario adottare una metodologia
a carattere rigorosamente qualitativo, restringendo il campo di ricerca ad un unico gruppo
di lavoro selezionato, che grazie alla sua posizione di vertice nell'organigramma aziendale,
posizione che conferisce allo stesso gruppo un'importanza vitale per l'intera struttura, ha
costituito senza dubbio un input informativo di rilievo.
Abbiamo cercato di mantenere un approccio multimodale per quanto riguarda i riferimenti
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teorici, evitando di fossilizzarci su una particolare teoria, ma privilegiando comunque per
questo caso specifico, la metodologia proposta dalla corrente teorica che si rifà al concetto
di etnografia organizzativa, prendendo quindi in considerazione con particolare attenzione,
gli aspetti più informali e magari anche apparentemente insignificanti, della vita all'interno
dell'organizzazione.
Grazie a questo tipo di approccio, abbiamo potuto sin da subito raccogliere dati preziosi,
soprattutto per quanto riguarda la sfera dei processi decisionali, oltre ad una serie di
elementi che difficilmente avremmo ottenuto in altro modo, in particolar modo senza
ricorrere ad un'indagine quantitativa di più lunga durata e di più difficile attuazione, da
condurre su un campione assai più vasto di soggetti.
Come ho già accennato nelle prime righe, il mio obbiettivo prioritario è stato quello di
cercare di mettere a fuoco in particolar modo, la dimensione individuale nell'interazione
con il gruppo di lavoro in una situazione di mutamento del clima aziendale, in accordo al
principio di reciprocità, ove al mutare di un termine della relazione, si presume un
cambiamento corrispondente nei restanti termini: “[…] si intende per reciprocità il
rapporto fra due entità in quanto ciascuna di esse esercita un'azione sull'altra” (Dizionario
Enciclopedico Italiano Treccani, Vol. X, p.189).
Lo scopo è stato quello di potere operare, in una fase successiva, un confronto dei dati
raccolti, con i riferimenti teorici riguardanti le dinamiche di gruppo che mi sono sembrati
in qualche modo ad essi riconducibili.
Il gruppo preso in esame, definito nell'organigramma aziendale come “comitato direttivo”,
è un piccolo gruppo dal punto di vista numerico, composto da soli sette membri, ma che
raggruppa al suo interno il “top management” aziendale. Si tratta di manager di estrazione
assai eterogenea, entrati in azienda in periodi diversi e in corrispondenza di stadi differenti
del proprio percorso carrieristico, ma soprattutto con esperienze difformi alle spalle,
quindi portatori ciascuno di peculiari valori, non sempre di facile integrazione con quelli
dei colleghi, oltre che con la stessa cultura dell'azienda.
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Abbiamo cercato di capire dalle parole di questi protagonisti, il modo in cui essi
percepiscono il loro essere parte dell'organizzazione e del gruppo dirigenziale, come hanno
soggettivamente vissuto e affrontato la fase di crisi, sia da una loro prospettiva personale,
sia in quanto team operativo, ma anche solo come semplici testimoni, tenendo in
particolare considerazione gli aspetto umani della vicenda.
Per meglio inquadrare gli eventi da un punto di vista analitico-ricostruttivo, si è pensato di
organizzare le domande delle interviste soprattutto allo scopo di delineare sotto l'aspetto
cronologico tre fasi principali: il periodo precedente alla crisi, il periodo di crisi, il periodo
di transizione e cambiamento. Inoltre, in una ricerca di questo tipo, ritengo sia opportuno
fornire almeno i dati essenziali riguardo la storia aziendale, anche se ciò potrebbe apparire
in parte come un allontanamento dal fulcro delle tematiche in oggetto. Ciò si rende
necessario per inquadrare più chiaramente la dinamica dei cambiamenti organizzativi; a tal
fine è fondamentale che oltre ai dati storici “ufficiali”, si vada a raccogliere anche la
testimonianza diretta di chi ha vissuto buona parte della propria vita lavorativa all'interno
dell'organizzazione.
Per ottenere input, che dal punto di vista storico andassero al di là dell'ultimo decennio di
vita dell'azienda, ci siamo avvalsi anche della testimonianza di figure estranee al gruppo di
lavoro sopra citato, che per la loro pluridecennale e continuativa presenza
nell'organizzazione, svolgono in un certo senso una funzione di memoria storica, dandoci
l'opportunità di meglio comprendere il divenire di questa cultura aziendale, oltre che di
raccogliere la loro personale esperienza e visione dei fatti.
I mutamenti intervenuti in questa organizzazione nel corso del suo sviluppo, sono solo in
parte legati al periodo di crisi, mentre per il resto sono frutto di un sano processo di
crescita ed espansione durato in modo continuativo per decenni, a cui però non si è
accompagnato un adeguato e concomitante processo di trasformazione della cultura
interna; quindi anche alcuni riferimenti diretti alla storia aziendale antecedente al periodo
della crisi vera e propria, possono risultare utili a ricostruire con maggior chiarezza il
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quadro complessivo della vicenda.
All'interno di questa premessa mi limito semplicemente a un breve accenno in merito.
Quest'azienda, entrò in crisi sulla spinta di fattori congiunturali-macroeconomici e questo
avvenne paradossalmente proprio in un momento in cui essa stava registrando una fase di
forte espansione sul mercato; ciò la condusse in tempi brevi sull'orlo della chiusura, evitata
solo grazie al salvataggio in extremis per mezzo della procedura di amministrazione
straordinaria, prevista dalla cosiddetta “legge Prodi”. Dopo vari anni di travaglio, grazie al
superamento positivo di un lungo periodo di risanamento, essa ha riacquistato
competitività ed è oggi parte di un importante gruppo multinazionale operante nel settore.
Rimando comunque a un apposito paragrafo una ricostruzione più dettagliata delle tappe
salienti della storiografia aziendale.
La dimensione individuale, ovvero uno dei punti fondamentali da me presi in esami, è
emersa come un fattore molto importante già dalle prime battute della ricerca; infatti non
tutti gli interpellati, hanno accolto la nostra presenza in azienda con uguale disponibilità,
non tutti hanno fornito lo stesso livello di collaborazione, non tutti hanno veramente
voluto spingersi oltre a una mera esposizione formalizzata dei fatti. Tuttavia, globalmente,
il grado di collaborazione rispetto al nostro sforzo è stato incoraggiante.
E' risultato di particolare interesse per noi, poter confrontare la gestione di una situazione
di crisi nella prospettiva di differenti stili manageriali, spesso anche in contrasto tra loro, e
conseguentemente poter verificare il clima assai diverso, che essi hanno contribuito a
produrre all'interno dell'organizzazione, il “feedback” che hanno ottenuto, soprattutto in
relazione ai livelli di motivazione e di coesione, oltre ai differenti modi di concepire la
comunicazione sia all'interno che all'esterno del gruppo.
Si sa, quando le cose vanno male, spesso e volentieri si va alla ricerca di un capro
espiatorio, anche in questo caso è stato molto importante prendere in considerazione i
fattori di causalità e di attribuzione, a fronte di una situazione in cui elementi congiunturali
si sono sommati a errori manageriali; si è cercato quindi di fare una distinzione, che
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mutuando un linguaggio clinico, potremmo definire tra “patologie” endogene ed esogene.
Il caso preso in esame risulta poi di particolare interesse anche perché in un certo senso è
anomalo; infatti se si prendono come termini di paragone altre aziende che hanno vissuto
vicende analoghe, si può rilevare come quello in oggetto, costituisca in fondo un esempio
non comune di “resurrezione aziendale” particolarmente ben riuscita.
Accettato il principio secondo cui, ogni organizzazione è differente da tutte altre e non
scomponibile in modo meccanicistico nelle sue singole parti, senza perdere l'essenza del
suo essere globale (LEWIN K., 1948), se ne deduce che non è realistico cercare panacee o
ricette buone per tutte le stagioni. Nulla vieta però di cercare di capire se da un esempio
positivamente concluso, sia possibile estrapolare elementi che risultino eventualmente
applicabili in modo utile ad altri contesti.
Per ovvie ragioni di riservatezza non verranno in queste pagine riportati i nomi reali né
dell'azienda, né delle persone che vi lavorano1, tutti i principi deontologici e metodologici
del caso saranno scrupolosamente osservati; conseguentemente a ciò, ho scelto un nome
fittizio con il quale da qui in avanti farò riferimento all'azienda, il nome adottato sarà
“Matrix”; per le stesse ragioni, anche i nomi delle località citate, non corrisponderanno a
quelli reali.
Le interviste effettuate al gruppo dirigenziale della Matrix, sono state condotte
prevalentemente in tandem da me e dalla mia collega, sono tutte di tipo non strutturato,
impostate secondo un criterio di colloquio libero e imperniate attorno a temi volutamente
molto generici, proprio per meglio lasciare emergere spontaneamente, quegli elementi che
spesso sono soffocati da metodologie più strutturate o in situazioni troppo
schematicamente formalizzate. Per una più scrupolosa e precisa raccolta dei dati scaturiti
durante i colloqui, ci siamo avvalsi dell'uso di un registratore, ciò è avvenuto sempre, solo
previa autorizzazione da parte dell'intervistato.
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Queste persone verranno citate mediante la carica aziendale ricoperta all'epoca dei fatti o con le iniziali.
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1.2 Il caso di una grande azienda metalmeccanica.
Prima di affrontare gli aspetti maggiormente attinenti all'argomento della nostra ricerca,
ritengo sia necessario fornire una sorta di scheda storico-informativa, che permetta a chi
legge di farsi un'idea più chiara sulla tipologia di organizzazione in cui il gruppo preso in
esame si colloca. Cercherò quindi di ripercorrere sinteticamente l' ”ontogenesi” della
stessa, soprattutto per quanto concerne quei fatti che possono essere collegati all'eziologia
e al divenire della recente crisi.
La Matrix fu fondata nell'immediato dopoguerra su iniziativa privata, secondo il classico
modello di azienda familiare già tipico della culturale imprenditoriale italiana, nonostante a
quell'epoca, il livello di industrializzazione del nostro paese fosse ancora molto basso e
l'economia prevalentemente agricola.
Erano gli anni della ricostruzione, le infrastrutture erano in gran parte state distrutte dagli
eventi bellici, per molti versi bisognava ricominciare letteralmente da zero, in un simile
contesto la Matrix trovò lo spazio sufficiente per avviare la propria attività, che all'inizio
consisteva unicamente in lavorazioni meccaniche effettuate per conto terzi, nell'ambito di
dimensioni produttive piuttosto modeste, soprattutto se paragonate a quelle raggiunte nei
decenni successivi.
Possiamo quindi rilevare come il marchio Matrix non sia nato già caratterizzato da una
tipologia di produzione specifica, ma come anzi nella sua fase iniziale fosse invece
piuttosto “amorfo” e privo di un'identità ben definita sul mercato.
Nonostante le molteplici difficoltà dovute soprattutto al particolare contesto storico ed
economico, la conduzione aziendale di allora seppe sfruttare al meglio le opportunità
presenti e il fatturato crebbe, tanto da dare la possibilità di effettuare ulteriori investimenti
e di guardare quindi a nuovi possibili orizzonti produttivi, aprendo di fatto la strada ad una
ulteriore fase di crescita.
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Negli anni cinquanta, si verificò la prima grossa svolta, la Matrix abbandonò il settore delle
lavorazioni meccaniche per conto terzi, per dedicarsi definitivamente alla progettazione,
alla produzione e alla commercializzazione dei propri prodotti; operando quindi un salto di
qualità decisivo e ponendosi all'avanguardia sia per le tecnologie impiegate, che per le
scelte innovative.
L'intuito e la propensione al nuovo che la connotarono, conferirono un certo carattere
pionieristico a questa iniziativa imprenditoriale e la Matrix non tardò a conquistarsi ampie
quote di mercato, definendo anche la sua immagine di “brand” specifico.
Il tempismo nel cogliere i mutamenti del mercato e nello sfruttarli proficuamente, diede
indubbiamente impulso ad uno sviluppo, che probabilmente fu reso possibile anche grazie
al rapido progresso che si andava contemporaneamente realizzando nel campo delle
tecnologie produttive industriali. In particolare, parlando della storia della Matrix,
dobbiamo qui citare uno specifico materiale di produzione che in quell'epoca ebbe un
boom eccezionale; un materiale a cui le vicende di questa azienda sono direttamente e
indirettamente legate, ovvero la plastica.
Soprattutto durante il dopoguerra, vari nuovi materiali furono resi disponibili all'industria,
trovandovi immediatamente un largo impiego, in particolare la plastica, leggera, facile da
lavorare ed economica, si diffuse rapidamente nelle sue molteplici varianti, soppiantando il
metallo, la carta e il legno, in una miriade di applicazioni.
Proprio in Italia, nel 1953, fu sintetizzato per la prima volta il polipropilene, conosciuto al
grande pubblico anche con il nome di “Moplen”, che da allora fu usato in modo massiccio
nella produzione di una vastissima gamma di oggetti d'uso quotidiano.
La plastica diede la possibilità di produrre facilmente tutta una serie di beni di largo
utilizzo, favorendo indirettamente anche lo svilupparsi dei consumi di massa, già per altro
molto stimolati in quel periodo, dallo sviluppo di un nuovo potente media pubblicitario, la
televisione, in grado di raggiungere con immagini e suoni, milioni di persone direttamente
nelle loro case, con un impatto suggestivo e un'efficacia sino ad allora impensabili.
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Questa potrebbe sembrare al lettore una inutile divagazione, ma invito a considerare il
fatto che, probabilmente, senza l'influsso di questi particolari e concomitanti fattori
socioeconomici, la storia di questa azienda sarebbe probabilmente stata molto diversa. La
Matrix infatti si inserì proprio in questi spazi di mercato, facendo convergere tutte le
risorse disponibili nella produzione di sofisticati macchinari, pensati appositamente per
soddisfare le esigenze produttive legate a questa mini-rivoluzione tecnologica; ciò fece in
buona sostanza, la fortuna imprenditoriale dell'azienda. Si può quindi considerare anche un
materiale di produzione come la plastica, un elemento appartenente a pieno titolo alla
cultura di questa azienda.
Da quel momento la Matrix si sviluppò molto rapidamente, acquisendo ben presto
dimensioni notevoli non solo in termini di fatturato, ma continuò a mantenere, a livello
organizzativo, il tradizionale assetto gestionale delle origini.
Il “trend” favorevole proseguì, soprattutto durante gli anni sessanta, quando in seguito
alle esigenze determinate dalle crescenti attività produttive, fu costruito un nuovo
stabilimento dagli impianti avveniristici; fu inoltre acquistato un vasto complesso
industriale, allora in disuso, dislocato su un'area extraurbana di ben settantamila metri
quadrati, che fu ristrutturato dall'azienda in base alle proprie esigenze. Contestualmente il
numero di lavoratori impiegati crebbe di centinaia di unità, superando ben presto il
migliaio; di conseguenza l'organizzazione interna si fece sempre più complessa ed
articolata, con nuovi problemi a livello gestionale.
Un altro importante evento a livello organizzativo, durante quel periodo, fu il progressivo
decentramento della produzione e dell'amministrazione in differenti siti, che rimanevano
comunque nell'ambito di un'area geografica piuttosto circoscritta; anche questo presentò
dei risvolti problematici per ciò che riguarda il controllo e la comunicazione tra le varie
sedi.
Negli anni settanta la Matrix operò anche notevoli investimenti nell'ambito della
progettazione, sfruttando anche le nuove possibilità offerte dalle prime applicazioni
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industriali dei microprocessori elettronici. Data la forte concorrenza allora presente sul
mercato, solo questa politica di costante innovazione le permise di stare al passo con
aziende più forti, anzi, i prodotti Matrix, tracciarono in breve tempo una vera linea di
tendenza in quel settore.
Gli anni settanta furono anche il periodo in cui l'azienda mosse i primi passi verso i mercati
internazionali, restando inizialmente in ambito continentale, con l'apertura di filiali di
vendita in alcuni paesi europei, come ad esempio la Germania, nonostante lì fosse presente
un'agguerrita concorrenza. Non va poi dimenticato che i “settanta”, rappresentarono anche
anni molto difficili dal punto di vista dei rapporti tra padronato e lavoratori, in seguito al
particolare clima politico e alle lotte sindacali.
Durante gli anni ottanta la Matrix divenne a tutti gli effetti un gruppo affermato su scala
mondiale, con filiali di vendita in vari continenti e l'apertura di nuovi stabilimenti di
produzione anche all'estero. Furono avviati importanti progetti di investimento in vista di
un'ulteriore crescita e date le ragguardevoli dimensioni raggiunte dall'azienda, si cominciò
ad avvertire l'esigenza di operare alcuni cambiamenti nell'assetto societario. La famiglia
proprietaria, che fino ad allora era rimasta saldamente al controllo del gruppo, decise
quindi di vendere; fu così che la Matrix passò di mano, entrando a far parte di una
importante società finanziaria di partecipazioni industriali. Da parte dell'acquirente fu
senz'altro un ottimo affare, almeno dal punto di vista economico, dato che si trattava di
un'azienda complessivamente sana, con i conti in regola e soprattutto con buone
potenzialità per un'ulteriore crescita; ma ciò purtroppo si andò a scontrare con
un'improvvisa e forte crisi di mercato che esplose proprio in quel periodo.
Vi fu un brusco calo della domanda a livello mondiale e una contrazione delle vendite che
arrivò fino al quaranta per cento in meno rispetto all'anno precedente; una tale situazione
penalizzò ancora più pesantemente la Matrix, che proprio in quel periodo si era esposta
con un programma di nuovi investimenti, che paradossalmente miravano a potenziarne le
capacità produttive.
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Si dovettero quindi adottare misure di emergenza particolarmente drastiche per cercare di
contenere una situazione che si andava facendo sempre più disastrosa per il bilancio
dell'azienda e che in breve tempo rischiava di portarla alla chiusura.
Tra questi provvedimenti draconiani, forse il più difficile e doloroso fu rappresentato dalla
drastica riduzione del personale, che in pochi anni portò a un dimezzamento della forza
lavoro impiegata, con la chiusura di interi stabilimenti e di alcune nuove linee di
produzione che erano state solo da poco inaugurate, con relativa perdita dell'investimento.
Per quanto riguarda le dinamiche organizzative interne, conseguentemente alla vendita si
verificò un radicale cambiamento della politica gestionale, che purtroppo non fu
adeguatamente compreso, né metabolizzato sufficientemente dall'organizzazione, abituata
da molti anni a un collaudato sistema basato su altri schemi. Soprattutto mutò in modo
drastico il modo di gestire le relazioni interne ed il controllo, secondo uno stile
manageriale che potremmo un pò semplicisticamente definire estremamente burocratizzato
e sostanzialmente vissuto come estraneo alla cultura originaria di questa azienda.
Ciò stravolse le precedenti abitudini e influì negativamente sulla fluidità dei processi
decisionali, cosa che probabilmente rese ancora più difficoltosa la gestione della già di per
sé critica situazione, fiaccando il morale e disorientando sia i lavoratori che il gruppo
dirigente.
Fu un periodo di crescente demotivazione, che andò di pari passo con il declino finanziario
dell'azienda; la gente se poteva se ne andava spontaneamente, ma molti furono messi in
cassa integrazione, in soli tre anni l'organico fu ridotto del trenta per cento.
Dopo decenni di crescita ininterrotta iniziò così una fase buia e incerta, su cui incombeva
lo spettro di una chiusura, sino a quando nel 1993, giunse la dichiarazione di insolvenza da
parte del tribunale competente. Conseguentemente a ciò, alla fine dello stesso anno, la
Matrix entrò in amministrazione straordinaria in base a quanto previsto dalla legge 2 aprile
1979 n.95, conosciuta anche come “legge Prodi”; mediante cui si disponeva la
continuazione dell'esercizio di impresa per altri due anni sotto la tutela di commissari
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esterni appositamente nominati.
L'obbiettivo dell'amministrazione straordinaria fu innanzi tutto quello di mantenere il pieno
livello di produttività, lavorando contemporaneamente al recupero dell'immagine aziendale,
soprattutto presso la clientela e i canali di distribuzione, oltre a cercare di infondere
nuovamente fiducia all'interno, sulle reali possibilità di ripresa.
Grazie al lavoro di riorganizzazione compiuto e ad un deciso miglioramento della
situazione di mercato, a partire dal 1994 l'azienda riuscì a riacquistare una buona parte
dell'originaria competitività, tanto che due anni più tardi giunse una proposta di acquisto
da parte di un importante gruppo multinazionale attivo nello stesso segmento di mercato;
una proposta che sfociò successivamente nell'acquisizione dell'azienda da parte del
suddetto gruppo.
Completata la parte più onerosa del risanamento, liquidati tutti i principali creditori, si
conclusero quindi le procedure amministrative previste dalla legge Prodi e nell'estate del
1997 il ministro dell'industria decretò la fine del periodo di commissariamento.
Finalmente l'azienda sembrava uscire in modo definitivo da un lungo periodo di crisi che
aveva messo in forse la sua stessa sopravvivenza. Iniziava così una fase che potremmo
definire di “convalescenza”, tuttora in atto; fase in cui si sta cercando di ultimare il
riassetto e la razionalizzazione della struttura aziendale e contemporaneamente di
consolidare l'opera di risanamento, in modo da poter voltare definitivamente pagina, verso
una nuova fase di crescita.