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CAPITOLO PRIMO
Dal centro – sinistra al ’68
Il primo governo di centro-sinistra
Dopo quasi vent‟anni di monopolio politico centrista da parte della Dc, nei
primi anni ‟60, si rende concreta la possibilità dell‟ingresso socialista nella
maggioranza di governo. Le circostanze che portano alla realizzazione del
primo governo di centro - sinistra sono riconducibili ad importanti mutamenti
avvenuti a livello sia nazionale sia internazionale. Per quanto riguarda la
politica interna, è decisiva la linea politica perseguita dalla Democrazia
cristiana e dal suo presidente Aldo Moro, il quale, con l‟intento di porre il suo
partito come antagonista del Pci, cerca un allargamento del consenso popolare
avviando una proposta d‟alleanza con i socialisti a discapito dei tradizionali
partner moderati.
A livello internazionale, importanti segnali distensivi provengono dalla
Russia di Kruscev impegnata nel processo di “destalinizzazione” e da parte del
presidente degli Stati Uniti Kennedy, il quale mostra un atteggiamento di non
ostilità nei confronti di una possibile alleanza Dc – Psi. Il clima favorevole è
alimentato anche dai pontificati di Giovanni XXIII e Paolo VI, i quali realizzano,
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all‟interno della Chiesa, quell‟apertura ormai necessaria verso modelli di vita
più moderni.
L‟alleanza tra democristiani e socialisti rappresenta per le due formazioni
politiche significati molto diversi seppur improntati entrambi, all‟interno delle
logiche dei due partiti, ad un rafforzamento della democrazia. Per i socialisti,
infatti, questo progetto deve comportare l‟inizio della trasformazione dell‟Italia
in senso socialista, per i democristiani tale alleanza, invece, deve soprattutto
assicurare la stabilità politica.
Il primo governo “organico”di centro – sinistra si realizza concretamente nel
dicembre del‟63, ma non è un cammino facile quello dei socialisti al governo;
già nel gennaio del 1964, si assiste alla separazione della fazione di sinistra del
partito la quale si costituisce nel nuovo gruppo denominatosi Psiup
1
. Il motivo
che comporta la scissione è imputabile ad insanabili contrasti relativamente al
ruolo che il Psi avrebbe dovuto ricoprire all‟interno dell‟alleanza di governo. Si
tratta di una separazione, che sottolinea quanto ancora è distante il partito
socialista dalle posizioni moderate tipiche delle forze socialdemocratiche Nord -
europee. Ad ogni modo, il governo si distingue per il forte contenuto in materia
di riforme che intende realizzare tra le quali: programmazione economica,
riforma urbanistica, nuova politica agricola, riforma della pubblica
amministrazione, dell‟assistenza e della previdenza e l‟istituzione della scuola
media unica.
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Nei primi mesi del ‟64 però la situazione economica accusa qualche battuta
d‟arresto e da più parti, dalla Confindustria, dal ministero del Tesoro e dal
governatore della Banca d‟Italia, arrivano spinte affinché il governo abbandoni,
almeno temporaneamente, i suoi progetti riformatori. Il governo di centro -
sinistra entra in crisi alla fine di giugno del 1964, ma già da qualche tempo sulle
strutture dello stato incombe il pericolo identificato poi con il nome di piano
“Solo”
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.
Le finalità del piano “Solo”, dal punto di vista operativo, sono individuate
nell‟occupazione, da parte dei soli carabinieri, dei centri nevralgici delle
strutture statali e nell‟arresto di un numero rilevante di persone, sull‟identità
delle quali è posto il segreto di Stato, ma che presumibilmente si possono
individuare come esponenti di spicco di forze politiche di sinistra. Il piano
viene effettivamente presentato agli alti vertici dell‟Arma dei carabinieri dal
generale De Lorenzo già nei primi mesi del ‟64, ma non ha poi attuazione
pratica. La percentuale di successo, nel caso di realizzazione effettiva di questo
piano, sarebbe stata molto scarsa innanzi tutto perché non sono stati coinvolti
né l‟esercito né la polizia, ma anche perché, a livello sociale, ci sarebbe stata una
forte risposta popolare. Le Commissioni parlamentari volte a chiarire la natura
dell‟episodio, non si esprimono in modo univoco ma attribuiscono al piano
“Solo” finalità differenti. In realtà la spiegazione più plausibile relativamente a
quest‟episodio, è forse riassumibile nei termini di un metodo atto a far
pressione per indirizzare verso una rapida risoluzione la crisi di governo. Certo
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è che tale episodio s‟inserisce nella folta lista degli eventi torbidi che hanno
contraddistinto la recente storia del nostro Paese e che, come hanno fatto notare
alcuni autorevoli addetti ai lavori, è possibile includere nella cosiddetta teoria
del “doppio stato”
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, nei termini di un utilizzo di strumenti definibili extra –
parlamentari, finalizzati a creare una situazione nell‟immediato destabilizzata,
ma a medio termine, riequilibrata verso posizioni moderate. Sintomatica
d‟avvenimenti come il piano Solo è la debolezza d‟alcuni settori dello stato
italiano, causata da anni di complicità con apparati dell‟intelligence americana
che, dal dopoguerra in poi, è stata d‟ostacolo alla piena realizzazione della
democrazia nel nostro Paese.
Le riforme: un‟occasione mancata
Il primo governo organico di centro – sinistra s‟imbatte in una fase
congiunturale che ne limita fortemente le proposte riformiste. Il secondo e il
terzo governo di centro - sinistra, per le motivazioni di seguito elencate,
proseguono in parte con questa sterilità politica.
Il fatto che un‟alleanza politica di questo tipo, preparata per molto tempo,
non raggiunga gli obiettivi programmati, potrebbe essere imputabile alle
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seguenti motivazioni: in primo luogo, l‟alleanza di governo tra democristiani e
socialisti è fonte di dissenso da parte di ampi settori dell‟alta burocrazia di
Stato, in particolare vertici militari, prefetti, questori ed esponenti degli apparati
di sicurezza, i quali oppongono una forte resistenza all‟ingresso nell‟area
governativa di una forza di sinistra, e osteggiano l‟operato del governo. In
secondo luogo, è importante considerare come la presunta volontà riformatrice
della Dc, agli albori del centro – sinistra, si affievolisce privilegiando il
raggiungimento di una situazione di stabilità politica che penalizza
pesantemente l‟attuazione delle riforme. Infine, si deve tenere presente che il
partito socialista è afflitto da un‟intrinseca debolezza strutturale causata sia
dalla fuoriuscita dal partito di una consistente frazione di dirigenti, sia
dall‟esistenza al suo interno di correnti che ne indeboliscono la vitalità
riformatrice. Questa precarietà del Psi lo rende poco attrezzato nel perseguire il
compito riformatore del governo che viene, invece, continuamente rimandato. Il
fallimento del centro – sinistra è solo parzialmente dovuto alla mancata
realizzazione delle riforme previste, che vengono riprese più tardi da altri
governi, ma piuttosto è dato dalla rinuncia a quel processo democratico che
mette al centro del confronto politico l‟interesse generale del Paese al posto
della rivendicazione di partito.
La parabola politica del centro – sinistra, disattesa l‟opportunità di
rinnovamento politico e sociale, si è così tramutata in grande corsa
all‟accaparramento delle poltrone degli enti locali, lasciando in parte senza
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risposta pratica la forte domanda di cambiamento che proveniva dalla società e
dando il via alla stagione della contestazione sia studentesca sia operaia
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.
È importante notare come l‟ingresso nell‟area di governo dei socialisti,
determini un mutamento del quadro politico nazionale. Il partito comunista
conosce in questo periodo, cambiamenti più formali che sostanziali. Nel ‟64
muore Togliatti; quest‟evento sembra portare il partito a cambiare rotta rispetto
alla linea seguita fino a quel momento. Trovano spazio le tesi “revisioniste” di
Amendola e quelle “movimentiste” di Ingrao, ma il tutto è ricomposto
attraverso un processo che tende a fare rientrare i tentativi divergenti senza
arrivare alla tanto attesa apertura. Per quanto concerne i partiti minori, i liberali
si candidano come opposizione moderata al centro – sinistra, raggiungendo
anche un discreto successo elettorale senza tuttavia riuscire ad essere
politicamente rilevanti come in passato. Il partito repubblicano svolge la
funzione di cerniera tra democristiani e socialisti, e prende come punto di
riferimento le formazioni socialdemocratiche del Nord dell‟Europa. La destra
vuole portare a termine un ambizioso progetto comprendente l‟unificazione in
un grande polo di liberali, missini e monarchici. Il progetto fallisce a causa delle
reticenze dei liberali, ma anche per il forte ridimensionamento al quale va
incontro il Movimento sociale a seguito della fuoriuscita dal partito di numerosi
iscritti
5
. Alcuni di questi, in seguito, danno vita a gruppuscoli che,
radicalizzando le istanze politiche originarie del partito, giungono in alcuni casi
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a ricoprire ruoli di complicità con alcuni settori dello Stato, con il chiaro intento
di destabilizzare la situazione politica ricorrendo talora anche a forme eversive
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.
La società italiana dal centro – sinistra al ‟68
Il miracolo economico italiano si realizza nel quinquennio che va dal ‟58 al
‟63. Successivamente a questo periodo si evidenziano problematiche
economiche e sociali derivanti dall‟intensa trasformazione che il Paese ha
subito, mutando la propria fisionomia da rurale ad industriale. L‟emigrazione
di giovani dall‟Italia meridionale verso le metropoli industrializzate del Nord
contribuisce, oltre allo sradicamento geografico degli immigrati, alla
trasformazione urbanistica delle città.
Gli italiani, in quegli anni, ambiscono al raggiungimento di una potenzialità
consumistica degna di società più sviluppate della nostra: automobili, televisori
ed elettrodomestici divengono patrimoni diffusi in molte famiglie anche a
seguito di sacrifici non indifferenti e, talvolta, desiderati come veri e propri
status symbol. Il ruolo svolto dalla televisione nel nostro Paese è stato molto
importante ai fini di una crescita culturale e sociale degli italiani. La televisione
rappresenta la possibilità di ridurre le distanze permettendo di divenire
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partecipi, in tempo reale, di fatti accaduti sia in Italia sia all‟estero, inoltre è
anche grazie a lei che si arriva all‟unificazione linguistica della nazione, che
proprio in quegli anni abbandona l‟uso del dialetto per adottare una lingua
nazionale che, seppur ancora sbilenca e approssimativa, pone l‟accento una
volta ancora sull‟esigenza d‟unità. La stessa diffusione dell‟automobile è in
crescita esponenziale durante tutto il decennio; essa diviene un bene da
possedere a tutti i costi perché è rappresentativa dell‟uomo moderno. Aldilà
delle valenze valoriali attribuite all‟automobile, di fatto, essa rende possibile la
mobilità delle masse stravolgendo, per certi versi, parte delle abitudini della
famiglia tradizionale.
L‟esigenza di rinnovamento della società italiana si avverte anche a livello
religioso
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. Il Concilio Vaticano II, iniziato sotto il pontificato di papa Giovanni
XXIII e conclusosi grazie all‟impegno del suo successore papa Paolo VI, cerca di
dare risposte alla richiesta di rinnovamento che da diverse parti del mondo
cattolico giungono. In un ambiente socio – economico in grande espansione
come questo, avido di miglioramenti e continui aggiustamenti legislativi, la
politica riveste un‟importanza fondamentale nei termini di guida istituzionale
che deve saper indirizzare il processo storico nella giusta direzione.
È già stato evidenziato, come la coalizione di governo di quegli anni getta al
vento l‟occasione di crescita economica e sociale che la situazione del Paese
offre e richiede. I propositi riformistici dei governi di centro – sinistra si
rendono concreti a fasi alterne e in modo spesso contraddistinto da grave
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ritardo storico. Ne è un caso indicativo la riforma della scuola, tramite la quale
si attua un fondamentale passo in avanti nel miglioramento della struttura
scolastica, che non è però sufficiente a colmare la distanza che ancora separa
società civile e università: "la società industriale richiede[va] specialisti e non
tutti erano in grado di diventarlo”
8
. La liberalizzazione di alcuni corsi
universitari anche per i diplomati degli istituti tecnici, determina un
cambiamento nella composizione sociale degli studenti e comporta una vera e
propria massificazione dell‟intellettuale
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. L‟aumento improvviso del numero di
laureati provoca una difficoltà di assorbimento occupazionale nel mondo del
lavoro e finisce per diffondere sentimenti di frustrazione soprattutto nella
componente universitaria proveniente dagli ambienti sociali più modesti la
quale nutre forti aspettative legate al conseguimento del titolo accademico.
D‟altro canto, anche tra gli studenti provenienti dai ceti sociali più abbienti
comincia a serpeggiare del malumore dovuto alla paura che la liberalizzazione
degli accessi universitari possa portare ad un declassamento dell‟istituzione
universitaria. A coronamento di questi fermenti presenti tra gli studenti, ma
anche in diversi settori della società, arriva nel ‟67 l‟ondata di protesta
studentesca alla quale segue, di lì a poco, quella operaia.
In Italia il ciclo della protesta inizia nel febbraio del ‟66 con l‟occupazione
dell‟Istituto di scienze sociali di Trento per poi dilagare nelle altre università
italiane (Pisa, Cattolica e Statale a Milano, Torino, Roma e Napoli), ed esaurirsi
alla fine del 1968. Le prime rivendicazioni studentesche, come detto, sono
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portate avanti dall‟ateneo di Trento e sono finalizzate al riconoscimento del
rilascio, da parte dell‟università trentina, della laurea in sociologia. Inizialmente
la contestazione degli studenti è appoggiata da una parte del corpo docente, ma
successivamente avviene una scissione netta. Gli studenti estremizzano le loro
proposte, e chiedono la possibilità di conseguire piani di studio liberi che
permettano la formazione della figura del sociologo, come scienziato sociale, in
grado d‟agire con funzione critica nei confronti della società capitalista e non
come servitore nei confronti di quest‟ultima. Presto, la contestazione si diffonde
negli altri atenei e licei italiani, riproponendo la contrapposizione tra studenti –
sudditi e docenti – sovrani che più tardi si trasforma in dualismo tra proletari
(intesi come emarginati, minoranze etniche, studenti e operai) e borghesi
(identificati nelle categorie d‟insegnanti, imprenditori, medici, giudici,
poliziotti) designati dai contestatori come detentori del potere.
Il movimento studentesco è la risultante di molteplici elementi che si
fondono insieme determinando un indirizzo senz‟altro originale, ma anche
confuso e contraddittorio: nel ‟68 italiano, infatti, si mescolano modernizzazione
e critica classista, americanismo e anticapitalismo, individualismo e
comunismo.
Possiamo riscontrare, dopo un‟attenta analisi delle matrici ideologiche alla
base del ‟68, che intervengono nella genesi del pensiero sessantottesco sia una
cultura marxista eterodossa, sia la protesta dei gruppi cattolici contestatori, ma
anche riferimenti alla sociologia della scuola di Francoforte e una sorta
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d‟approccio anarchico – libertario
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. Da questo ginepraio ideologico che
concorre all‟elaborazione del pensiero sessantottesco, particolarmente
importante è lo spirito comunitario che s‟afferma tra gli studenti nei termini
d‟occupazione delle strutture scolastiche, assemblearismo e nella forma di sit –
in di protesta. Dal punto di vista strettamente didattico, vengono avanzate
proposte come l‟autoistruzione, l‟esame di gruppo e la libertà d‟assemblea.
La cultura politica del movimento, prende come punto di riferimento, non
certo senza generalizzazioni e appiattimenti, le tesi elaborate, in senso operaista
e terzomondista, da intellettuali marxisti all‟inizio degli anni ‟60. Il germe
operaista e terzomondista porta molti studenti, ma non solo loro, alla
convinzione che si è messo in moto un processo rivoluzionario inarrestabile,
protagonisti del quale sono i popoli oppressi del pianeta e, nei paesi capitalisti,
la classe operaia.
La contestazione studentesca si consuma in poco meno di due anni per poi
lasciare il posto alle rivendicazioni operaie. Ciò che ci rimane, dal punto di vista
politico, come eredità di quel periodo è in concreto poco; molto più importante
è invece il lascito in materia di costumi sociali e individuali. La rivoluzione
sessuale contribuisce a modificare sia la vecchia morale cattolica, sia quella
comunista, ma anche il concetto d‟autorità, famigliare, scolastica e sociale, viene
completamente modificato in seguito all‟esperienza del ‟68. Alcune frange di
contestatori, ritengono la rivoluzione ormai imminente e lungi dal rientrare
nell‟ordinaria esistenza di studenti, affiancano gli operai metalmeccanici,
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durante il cosiddetto “autunno caldo”, nelle lotte per il rinnovo del contratto
nazionale. In realtà, la collaborazione tra studenti e operai dura più dello spazio
di un autunno e contribuisce alla formazione di una miriade di piccoli gruppi
che, contrassegnati da differenziazioni ideologiche quasi impercettibili, sono
denominati “nuova sinistra”. Scioperi e agitazioni si susseguono dal febbraio
del 1969 per poi raggiungere il culmine a settembre con la proclamazione dello
sciopero generale dei metalmeccanici. Parte del bagaglio ideologico che ha
contraddistinto il movimento studentesco è ripreso da quella fazione d‟operai
composta soprattutto da giovani meridionali di recente immigrazione, che
svolgono mansioni come lavoratori senza specializzazione e che non si
riconoscono nei sindacati. Le città più interessate dalla contestazione operaia
sono Milano e Torino, vale a dire le città nelle quali le grandi industrie hanno
più forza d‟attrazione dal punto di vista occupazionale. Il movimento intende
raggiungere l‟obiettivo del rinnovo del contratto nazionale, ma anche
conseguire migliori condizioni di vita sia nell‟ambiente di lavoro, sia al di fuori
della fabbrica. In tal senso opera il sindacato che, rimediando all‟immobilismo
politico, e nonostante non ottenga la fiducia di tutto il movimento operaio,
riesce a raggiungere importanti risultati tra i quali spicca lo Statuto dei
lavoratori del 1970.
Questo profilo storico molto generale della situazione italiana negli anni ‟60 è
utile affinché si possano rintracciare con maggiore chiarezza, le motivazioni
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storiche che hanno portato alla nascita di formazioni e gruppi che sono stati i
protagonisti del decennio successivo.