Accettazione dell’eredità
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6
Parlando, invece, della natura giuridica dell’accettazione
tacita, la dottrina, come vedremo, è divisa, sostenendo due
diverse teorie.
La prima, secondo la quale l’accettazione tacita è
inquadrabile tra quei negozi giuridici, caratterizzati dal
fatto che la volontà viene esteriorizzata mediante un
contegno, qualificato come concludente, in quanto, se
obiettivamente valutato, consente di trarre una sicura ed
univoca conclusione circa la volontà di chi lo ha adottato.
Questa teoria incontra diversi sostenitori, anche se
preferibile appare la seconda teoria, secondo la quale
l’accettazione tacita non è un negozio giuridico, ma un
semplice atto, cui la legge attribuisce l’effetto dell’acquisto
dell’eredità, senza che abbia rilievo la concreta volontà di
accettare da parte del chiamato.
Entrambe queste teorie, verranno illustrate e spiegate
approfonditamente, anche con gli opportuni riferimenti
dottrinali e le pronunce giurisprudenziali, emesse
prevalentemente dalla Cassazione.
Dopo aver trattato la natura giuridica dell’accettazione in
generale, approfondirò il tema dell’accettazione espressa,
dell’accettazione ope legis, e dell’accettazione tacita in
particolare, ricordando che per quest’ultima, numerose
Accettazione dell’eredità
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7
sono le sentenze della Cassazione intervenute, per
qualificare l’atto come accettazione tacita, e quelle che,
invece, non ammettono tale qualificazione.
Altro tema, infine, particolarmente oggetto di pronunce
giurisprudenziali, è la prescrizione, che verrà affrontata sia
enunciando le sentenze più importanti, recenti e meno
recenti, sia riportando le opinioni della dottrina prevalente,
circa il tema della natura giuridica del termine, previsto
dall’art. 480 c.c..
Premetto che tale dottrina, che verrà riportata
compiutamente nel corso della trattazione, è divisa
sull’argomento: parte della dottrina ritiene, infatti, che si
tratti di un termine di prescrizione (in questo senso si
vedano anche diverse sentenze della Cassazione), mentre
altri Autori ritengono, invece, che si tratti piuttosto di un
termine di decadenza.
Si concluderà l’argomento, parlando della fissazione del
termine per accettare ex art. 481 c.c..
Accettazione dell’eredità
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CAPITOLO I°: “DISPOSIZIONI GENERALI”.
SEZIONE I
a
: L’ACQUISTO DELL’EREDITÀ E IL
DIRITTO D’ACCETTARE.
L’acquisto dell’eredità è l’effetto dell’adesione del chiamato
alla delazione, che si manifesta tramite un atto
d’accettazione.
Questo principio è stato normativamente sancito
nell’articolo 459 del codice civile, il quale
espressamente dispone che “l’eredità si acquista con
l’accettazione”, eliminando, quindi, ogni residua possibilità
di collegare l’acquisto dell’eredità al sorgere della
delazione.
Da questa disposizione emerge, che l’accettazione
dell’eredità ha la funzione di determinare l’acquisto della
stessa a favore dell’accettante e produrre, di regola, l’effetto
giuridico che consiste in tale acquisto.
I precedenti storici e le questioni agitate sotto l’impero del
vecchio codice sono, così superati.
Accettazione dell’eredità
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Innanzi tutto è da ritenere superata dal vigente codice la
vecchia tesi secondo cui l’eredità si acquista con la
delazione.
Neppure può accogliersi la tesi secondo cui è da ritenere,
che la norma per la quale l’eredità si acquista con
l’accettazione, non risponde esattamente al sistema della
legge.
Secondo un’autorevole dottrina
1
questo ragionamento è
erroneo e incongruo: che in taluni casi, la legge possa
prescindere da una volontà d’accettazione, vuol dire
semplicemente che solo in quei casi (ed essi sono
eccezionali) si prescinde dall’accettazione o dalla volontà di
accettare, e non che quando, come nei casi normali, vi è
accettazione e vi è volontà di accettare, l’acquisto non è
prodotto da questo negozio giuridico, che invece ha
proprio come causa la determinazione di tale acquisto.
Quindi, è proprio nel sistema della legge la netta
separazione: la delazione è attribuzione della posizione di
chiamato con il diritto di accettare l’eredità; l’accettazione
dell’eredità è negozio destinato ad acquistare questa.
La seconda, quindi, può dirsi una fase successiva, che è
svolgimento della prima; niente di più.
Accettazione dell’eredità
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D’altra parte si può dire che la delazione comporti il diritto
a che si determini a favore del chiamato, tramite atto
d’accettazione suo o di un suo rappresentante, il verificarsi
della successione, consistendo essa stessa, come abbiamo
detto, nella possibilità, offerta concretamente ad un
soggetto di acquistare l’eredità tramite un atto
d’accettazione.
Situazione d’attuale delazione ereditaria e potere attuale di
porre in essere valido atto d’accettazione verrebbero con
ciò a coincidere, piuttosto che costituire la prima il
presupposto del secondo
2
.
La Cassazione civile
3
, a proposito di delazione, ha
affermato che “la delazione che segue all’apertura della
successione ereditaria, non è di per sé sufficiente a
determinare l’acquisto della qualità di erede, occorrendo a
tal fine che il chiamato proceda all’accettazione o mediante
una precisa dichiarazione di volontà di assunzione del
titolo di erede in atto pubblico o in una scrittura privata, in
altre parole mediante atti e comportamenti che
presuppongono necessariamente la volontà di accettare”.
1
CARIOTA FERRARA, Successioni per causa di morte. Parte generale. Tomo III, Napoli
1955, pag. 90.
2
GROSSO e BURDESE, Successioni. Parte generale in Trattato di diritto civile italiano,
diretto da F. Vassalli. XII, I, Torino 1977 pag. 234.
3
Cass., 7 gennaio 1983, n. 125, in Giust. civ. mass., 1983.
Accettazione dell’eredità
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11
Quest’orientamento è stato successivamente confermato
dalla stessa Cassazione
4
, la quale ha affermato “che la
delazione conseguente all’apertura della successione
ereditaria, pur costituendone un presupposto, non è
sufficiente per l’acquisto dell’eredità, a tal fine occorrendo
anche che il chiamato proceda all’accettazione mediante
una dichiarazione espressa di volontà (o con l’assunzione
del titolo di erede) in un atto pubblico o in una scrittura
privata oppure compiendo atti che presuppongono
necessariamente la volontà di accettare e che il chiamato
stesso non avrebbe avuto il diritto di compiere se non nella
qualità di erede.”
L’effetto della delazione non è costituito, quindi,
dall’acquisto automatico dell’eredità bensì, principalmente,
dall’attribuzione al chiamato della titolarità del diritto di
accettarla.
L’opinione prevalente inquadra il diritto di accettare
l’eredità nella categoria dei diritti potestativi
5
, ossia di quei
4
Cass. civ. sez. I, 16 settembre 1995, n. 9782.
5
In dottrina si veda: AZZARITI-MARTINEZ-AZZARITI, Successioni per causa di morte
e donazioni, Padova, 1979, p. 71; GROSSO e BURDESE, op. cit. pag. 72 e 141.
La tesi è stata oggetto di critica da FERRI, Successioni in generale, Artt. 456-511, in
Comm. cod. civ. a cura di SCIALOJA e BRANCA, Bologna-Roma, 1980 p. 270 e ss., il
quale attribuisce al diritto di accettare l’eredità natura di potere giuridico, esplicazione della
capacità giuridica di ogni soggetto.
L’autore, in realtà, nega che nel mondo giuridico possa trovare affermazione la categoria
dei diritti potestativi. Secondo l’autore, tale categoria, è frutto di un equivoco: non avere
Accettazione dell’eredità
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diritti il cui esercizio da parte del titolare determina una
modificazione della realtà giuridica che investe la sfera di
altri soggetti i quali, in una posizione di mera soggezione,
la subiscono.
Autorevole dottrina
6
sostiene, che il diritto del chiamato
non si riduce al diritto di accettare, ma deve più
ampiamente configurarsi come “diritto all’eredità” al quale
si ricollega il diritto potestativo di accettare.
Il chiamato, infatti, per effetto della devoluzione, non ha
solo un potere consistente nell’attuare l’acquisto
dell’eredità mediante una sua dichiarazione di volontà
(accettazione), ma anche un potere che si caratterizza per la
facoltà di agire e la facoltà di pretendere.
Egli, infatti, ha il potere di pretendere che nessun altro
acquisti nel frattempo l’eredità con accettazione, o che
acquisti l’eredità.
Ciò vuol dire che il suo è un vero e proprio diritto
soggettivo che costituisce un prius rispetto al diritto di
accettare.
ben chiara la distinzione tra diritto soggettivo e potere giuridico da cui deriva l’assoluta
contraddittorietà di una figura unitaria che li ricomprenda entrambi.
6
CARIOTA-FERRARA, Le successioni per causa di morte, Parte generale, Tomo I,
Napoli, 1955 pag. 83.
Accettazione dell’eredità
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Il diritto all’eredità è, dunque, un diritto al diritto, ossia un
diritto (strumento) per l’acquisto (fine) dell’eredità
7
.
L’accettazione dell’eredità che, come abbiamo già detto, ha
come effetto l’acquisto dell’eredità, presuppone, quindi,
l’apertura della successione e la vocazione a favore
dell’accettante.
Per la prima non sorge alcun problema, in quanto non si
può di certo accettare un’eredità futura, riguardante una
successione futura; non potrebbe dubitarsi, in questo caso,
della nullità assoluta di un’accettazione compiuta in
previsione e con riferimento ad un’eredità di là da venire.
Per la seconda, potrebbe sorgere qualche dubbio in
relazione a due tesi differenti: la prima, secondo la quale,
l’accettazione di un’eredità per cui la delazione non è
ancora venuta ma potrebbe venire, sarebbe nulla e non solo
inefficace: la seconda per cui l’accettazione sarebbe valida e
solo inefficace anche prima della vocazione a favore
dell’accettante, ovviamente sempre dopo l’apertura della
successione.
Secondo un’opinione
8
, la seconda tesi va scartata, in
quanto, se la vocazione è sempre immediata, non potendo
che aversi al momento della morte, con l’apertura della
7
Così CARIOTA FERRARA, op. cit., I, p. 86.
Accettazione dell’eredità
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successione si ha vocazione, e quindi, non può ipotizzarsi
accettazione compiuta dopo l’apertura della successione e
prima della vocazione.
Presupposto, e, quindi, requisito di validità o almeno di
efficacia dell’accettazione, è il diritto di accettare: esso,
come abbiamo detto in precedenza, è un diritto potestativo,
eccezionalmente sottoposto dalla legge alla prescrizione
decennale.
La prescrizione decennale, di regola, decorre dall’apertura
della successione, ma se la vocazione è condizionata dal
verificarsi della condizione, il termine decorre dalla data di
quest’ultimo evento.
8
CARIOTA FERRARA, op. cit. pag. 86, tomo III.
Accettazione dell’eredità
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SEZIONE II
a
: ASPETTATIVA DI DELAZIONE A
FAVORE DEGLI ISTITUITI SOTTO CONDIZIONE
SOSPENSIVA, DEI NASCITURI E DEI CHIAMATI
ULTERIORI (cenni).
1) Istituiti sotto condizione: è possibile compiere
valida accettazione in caso d’istituzione subordinata a
condizione sospensiva, soltanto dopo il verificarsi della
condizione.
L’art. 480, 2° comma, c.c., infatti, fa decorrere la
prescrizione per accettare, non dal giorno dell’apertura
della successione, ma da quello in cui si verifica la
condizione.
La norma citata non precisa la natura della condizione
apposta all’istituzione di erede, ma è evidente che essa si
riferisca alla condizione sospensiva.
Infatti, il verificarsi della condizione risolutiva, fa venire
meno la delazione e di conseguenza il diritto di accettare,
che ne costituisce l’essenza.
La norma è esplicazione poi, della regola generale espressa
nell’art. 2935 c.c., la quale afferma che il diritto di accettare
Accettazione dell’eredità
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non può essere immediatamente fatto valere, poiché manca
una delazione attuale.
Un’ulteriore conferma, comprovante l’inesistenza di
delazione attuale in favore dell’istituito sotto condizione
sospensiva, è costituito dal regime di amministrazione dei
beni oggetto della disposizione.
L’amministrazione non spetta infatti all’istituito, bensì ai
soggetti indicati nell’art. 642 c.c., i quali devono osservare
le regole dettate per i curatori dell’eredità giacente.
Prima del verificarsi della condizione il chiamato è titolare
soltanto di un’aspettativa di delazione
9
.
Se, dunque, il chiamato sotto condizione sospensiva accetta
l’eredità prima del verificarsi della condizione, effettua in
atto viziato da invalidità insanabile e non un atto
semplicemente inefficace
10
.
Il principio generale, quindi, secondo il quale chi ha un
diritto subordinato ad una condizione può disporne in
9
In senso conforme, GROSSO e BURDESE, op. cit. pag. 236.
CAPOZZI, Successioni e Donazioni, I, Milano, pag. 67.
10
In senso contrario, si veda FERRI, op. cit., pag. 222, il quale sostiene che il chiamato
sotto condizione sospensiva può validamente accettare già al momento dell’apertura della
successione, anche se gli effetti dell’accettazione si produrranno retroattivamente solo se si
verifica la condizione. L’Autore, pur riconoscendo l’importanza dell’argomento addotto
dalla dottrina prevalente per negare l’ammissibilità dell’accettazione immediata
(decorrenza della prescrizione del diritto di accettare l’eredità dal giorno in cui si verifica la
condizione), adduce a sostegno della sua tesi l’art. 139 disp. att., che sancirebbe la
trasmissibilità della delazione condizionale (che comunque è delazione immediata) e quindi
di una serie di poteri tra i quali, principalmente, quello di accettare l’eredità. Se infatti,
Accettazione dell’eredità
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pendenza di questa, ma gli effetti di ogni atto di
disposizione rimangono subordinati alla condizione stessa,
non soffre eccezioni in materia di disposizioni
testamentarie, in quanto l’istituito sotto condizione non
sarebbe chiamato all’eredità se non al momento del
verificarsi della condizione e non potrebbe prima
accettarla, né espressamente, né tacitamente.
Pertanto, deve ritenersi che la condizione non sospenda la
delazione testamentaria e che l’istituito sotto condizione
possa accettare l’eredità anche in pendenza della
condizione stessa.
Ciò viene espressamente ribadito dalla Cassazione civile
11
,
la quale afferma che “ in tema di successione testamentaria
l’efficacia retroattiva della condizione comporta che al suo
verificarsi gli effetti della disposizione condizionata
retroagiscono al tempo dell’apertura della successione; ma,
mentre l’istituito sotto condizione risolutiva, è considerato
come se mai avesse adito l’eredità ed in tal caso cadono
tutti i diritti costituiti dall’erede o dal legatario a favore di
terzi senza distinzione fra atti a titolo oneroso o gratuito,
diversamente avviene al verificarsi della condizione
prima del verificarsi della condizione non vi fosse alcun collegamento tra istituito sotto
condizione sospensiva ed eredità, nulla dovrebbe trasmettersi agli eredi.
11
Cass. civ. 28 febbraio 1969 n. 663, in Giust. civ. 1969, I, 1915.
Accettazione dell’eredità
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sospensiva perché l’istituito assume la qualità di erede sin
dal tempo dell’apertura della successione e gli atti da lui
compiuti medio tempore non sono caducati e non possono
essere dallo stesso erede che li ha compiuti, inficiati da
nullità o ritenuti a lui non opponibili. Pertanto, mentre gli
atti di amministrazione sono validi in ogni caso, sia che si
tratti di condizione sospensiva o risolutiva, gli atti
dispositivi sono invece subordinati nei loro effetti alla
condizione stessa nel senso che, ove si tratti di condizione
risolutiva, essi sono caducati, mentre permangono validi
con l’avverarsi della condizione sospensiva”.
2) Nascituri: primo chiamato all’eredità può essere un
nascituro concepito o un nascituro non concepito al
momento dell’apertura della successione.
In questi casi è controverso se i loro rappresentanti possano
accettare immediatamente l’eredità, anche se con effetto
sospeso al verificarsi della nascita.
Tra le varie tesi proposte sembra preferibile quella secondo
cui la delazione sorge a favore del nascituro, sia esso
concepito o non concepito, soltanto al momento della
nascita
12
.
12
Così CAPOZZI, op. cit., pag. 48.
Accettazione dell’eredità
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Pertanto, solo a partire da quel momento i rappresentanti
legali potranno accettare validamente l’eredità.
Gli effetti dell’accettazione retroagiranno, secondo la regola
generale, al momento dell’apertura della successione.
Questa tesi appare più aderente al dato normativo.
Infatti, come risulta dagli artt. 643 e 644 c.c.,
l’amministrazione dell’eredità devoluta al nascituro
concepito, spetta ai genitori secondo le regole dettate per i
curatori dell’eredità giacente.
In altre parole, ai suoi rappresentanti non spettano i poteri
che caratterizzano la posizione del delato attuale.
Gli artt. 643 e 644 c.c. costituiscono, dunque, un ulteriore
argomento a sostegno della tesi che nega al concepito la
titolarità della delazione prima della nascita e, quindi, la
possibilità per i suoi rappresentanti legali di accettare
l’eredità.
PALAZZO, Successioni per causa di morte. Parte generale. Tomo III, Napoli 1961, pag.
245. Invece, GROSSO e BURDESE, op. cit., pag. 102 e segg., distinguono tra nascituro
concepito e nascituro non concepito. Gli Autori ritengono che l’eredità devoluta al primo
possa essere accettata validamente prima della nascita: ovviamente, l’acquisto dell’eredità
sarà subordinato all’evento nascita. Gli Autori negano, invece, la spettanza attuale del
diritto di accettare al nascituro non concepito. In primo luogo, essi sostengono che il
termine “nascituri” di cui all’art. 320 primo comma c.c. debba essere interpretato
restrittivamente: debba essere, cioè, letto come “nascituri già concepiti”. In secondo luogo,
vi sono affinità sostanziali con l’istituzione condizionata. Questi, quindi, sarebbero pertanto
titolari di un’aspettativa di delazione.
FERRI, op. cit. pag. 148 e segg., ammette l’esistenza di delazione immediata in favore dei
nascituri siano essi concepiti o meno; di conseguenza, ammette la possibilità di
un’immediata accettazione, anche se gli effetti di questa si produrranno retroattivamente al
momento della nascita.