TESI DI LAUREA
Facoltà di Ingegneria Dipartimento di Ingegneria dei Trasporti “Luigi Tocchetti”
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1 Introduzione
Lo scopo del lavoro svolto per la tesi è stato quello di approfondire lo studio
della sicurezza stradale in ambito urbano e la possibilità di porre rimedi agli
incidenti. Questo attraverso lo studio teorico delle varie problematiche
connesse e attraverso l’utilizzo di metodologie praticamente ad un caso di
realtà urbana : Casoria.
Un elemento fondamentale, per lo studio del problema della sicurezza
stradale, è l’analisi degli incidenti stradali. Secondo l’ ISTAT viene definito
incidente stradale: l’incidente, verificatosi in aree pubbliche di circolazione,
verbalizzato da un’autorità di polizia, dal quale siano derivate lesioni alle
persone. Secondo la definizione data dall’Organizzazione mondiale della sanità,
un incidente stradale è una scontro che avviene su una strada pubblica, che
coinvolge almeno un veicolo e che può avere (ma non necessariamente)
conseguenze sulla salute di chi vi è coinvolto.
Potremmo anche enunciare una definizione omnicomprensiva ma inapplicabili
che potrebbe definire incidente stradale: una qualsiasi concatenazione di eventi,
dovuti al guidatore, al veicolo e/o all'infrastruttura, che abbia portato alla
perdita di controllo del moto, anche istantanea, senza necessariamente danni a
cose o persone. Nel presente lavoro si utilizzerà la definizione ufficiale
dell’ISTAT.
Il lavoro è stato iniziato affrontando il problema della sicurezza stradale e
come essa risulta fortemente condizionata dal sistema di circolazione veicolare
sia in ambito urbano che extra-urbano. Un sistema di circolazione è costituito
anche da un insieme di norme cui i conducenti devono attenersi per assicurare
regolarità e sicurezza al deflusso veicolare. Esse tendono, essenzialmente, a
garantire il rispetto continuo di regole di interazione tra i veicoli che si
seguono, sufficienti per consentire la frenatura del veicolo che segue nel caso di
arresto improvviso di quello che precede ed in genere per l’effettuazione delle
manovre necessarie alla guida.
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Il fenomeno dell’incidentalità non è certo nuovo; è iniziato con l’invenzione
dell’automobile già dalla fine dell’ 800 ed è andato crescendo parallelamente
dalla diffusione di questo artefatto tecnologico. In Italia, nel 2009 gli incidenti
stradali rilevati sono stati 215.405, causando il decesso di 4.237 persone,
mentre altre 307.258 hanno subito lesioni di diversa gravità. Ciò significa che
ogni giorno si sono verificati mediamente 590 incidenti stradali che hanno
comportato lesioni alle persone, precisamente la morte di 12 persone e il
ferimento di altre 842.
Nel lavoro, lo studio della sicurezza della circolazione è stato condotto a vari
livelli di approfondimento quali:
– Macroscopico: Indagini su aree vaste quali nazioni, regioni, province,
grosse conurbazioni etc.
– Mesoscopico: Indagini su aree più circoscritte delle precedenti,
singole strade, lunghi tronchi di strada, comuni di dimensioni medio
piccole etc.
– Microscopico: Indagini su aree ristrette, tronchi di strada,
intersezioni, immissioni, zone e situazioni particolari etc.
per i ognuno di essi si sono utilizzati, di conseguenza, diversi dati e metodi di
indagine ottenendo in tal modo diversi risultati.
Le fonti alle quali si è fatto riferimento sono:
A livello nazionale: i dati pubblicati dall’ ISTAT (Istituto Nazionale di
Statistica), i dati dell’ ACI (Automobile Club d’ Italia), i dati pervenuti dal
CRISS (Centro Regionale Integrato Sicurezza Stradale), i dati dell’ARCSS
(Agenzia Regionale Campana per la Sicurezza Stradale).
A livello urbano: i dati sugli incidenti e sul traffico forniti dalla Polizia
Municipale di Casoria.
Dopo aver descritto le metodologie di indagini si è passati ad un’applicazione
reale studiando una cittadina di medie dimensioni. Con l’applicazione delle
metodologie ad un caso reale è stato possibile definire una tecnica,
sufficientemente semplice da applicare, ma allo stesso tempo rigorosa rispetto
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agli obiettivi preposti, che consente di valutare l’incidentalità nell’area di studio.
Viene pertanto anche proposta un’analisi cartografica della ripartizione spaziale
degli incidenti, per evidenziare le zone di accumulo degli stessi.
Alle zone con una maggiore concentrazione di incidenti si è applicata
un’analisi degli eventi rilevati per scenari.
La classificazione degli incidenti ha premesso di formulare ipotesi sugli
interventi da effettuare. In questo modo, con risorse limitate, si sono potuti
focalizzare meglio gli obiettivi da raggiungere.
In definitiva :
Nel capitolo primo, si espongono le consuete definizioni e convenzioni
sulla sicurezza della circolazione, sia in ambito extraurbano che urbano.
Nel capitolo secondo si approfondiscono i livelli di indagine possibili per
la sicurezza della circolazione da quelli più «generali» a quelli più
dettagliati.
Nel capitolo terzo si effettua una analisi generale sull’incidentalità
(analisi temporale, tipologica, per probabili cause etc.) e sui costi legati
ad essa.
Nel capitolo quarto (che risulta il fulcro del lavoro svolto) si sviluppa una
pratica applicazione ad una realtà urbana in prossimità del capoluogo
(Casoria).
Nel capitolo quinto, infine, sono state riportate le conclusioni e le
proposte di intervento sul territorio.
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CAPITOLO PRIMO
LA SICUREZZA STRADALE: DEFINIZIONE E DUE DIFFERENTI APPROCCI
1.1 Definizione di sicurezza stradale
Per tentare una definizione di sicurezza stradale si può partire da due
termini utilizzati frequentemente: sicurezza attiva e sicurezza passiva. In
generale la sicurezza attiva riguarda tutti gli impianti e sistemi che hanno il
compito di evitare che l’incidente stradale avvenga; la sicurezza passiva
considera misure e dispositivi che, una volta che l’incidente si sia verificato,
permettono di limitare le sue conseguenze su persone o cose. Dal punto di vista
di costruttori dei veicoli sono considerate misure di sicurezza attiva l’ABS, i
controlli elettronici sulla trazione, quelli sulla stabilità del veicolo, etc. misure di
sicurezza passive sono gli airbags, le carrozzerie a deformazione differenziata e
progressiva, le cellule rigide per l’abitacolo, etc.
Diverso è il punto di vista di un tecnico stradale, per il quale sono considerate
misure di sicurezza attiva i dispositivi di visibilità in genere (illuminazione degli
incroci, catarifrangenti laterali e sulla carreggiata, etc.), nella segnaletica tutta
(verticale ed orizzontale), nelle incrementate funzionalità della pavimentazione
(manti di usura ad aderenza migliorata o drenanti, bande rumorose
longitudinali e trasversali etc.), etc. Ancora evidenti sono misure di sicurezza
passiva come le barriere di ritenuta, i dispositivi di assorbimento di energia, i
larghi spartitraffico protetti, le vie di fuga etc.
In definitiva parte della sicurezza stradale è data dalla somma di
accorgimenti tecnici e dispositivi (attivi e passivi) che, applicati al veicolo ed
all’infrastruttura, rendono il viaggio sicuro ma altra parte è dovuta a fattori non
ponderabili.
Per cui, possiamo definire la sicurezza stradale: come un insieme ben
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concatenato di eventi dovuti a vari fattori, di cui alcuni progettuali (veicolo e
ambiente) altri comportamentali (uomo) ed una seria di fattori più o meno
casuali (ancora uomo, ambiente, condizioni atmosferiche etc.) che permettono
all’infrastruttura viaria di svolgere correttamente la sua funzione ovvero la
realizzazione effettiva dello spostamento in sicurezza.
1.2 La sicurezza stradale in ambito extraurbano
In questo paragrafo si analizzeranno in maniera dettagliata quali sono le
principali differenze riscontrate sugli incidenti stradali registrati in ambito
extraurbano e quelli in ambito urbano.
Lo studio della sicurezza stradale in ambito extraurbano ha evidenziato
come il numero degli incidenti e la loro gravità è funzione di tre cause, le
caratteristiche stradali, il comportamento degli automobilisti e la velocità di
percorrenza, non necessariamente elencate in ordine di priorità.
1.2.1 Caratteristiche delle strade extraurbane
Il contesto stradale ha effetti rilevanti per la sicurezza in quanto
influenza il modo in cui i conducenti percepiscono la situazione in cui si trovano
e quindi i comportamenti tenuti.
Le strade extraurbane si possono classificare in Strade extraurbane
secondarie e locali, Strade extraurbane principali ed infine Autostrade. Le strade
secondarie e locali extraurbane, che costituiscono la maggior parte della rete
stradale extraurbana italiana (oltre il 90%), sono strade ad unica carreggiata
con due corsie, una per ciascun verso di marcia. A causa dell’iterazione tra le
correnti di marcia in senso opposto ciascuna direzione di marcia deve essere
studiata tenendo conto anche del flusso nel verso opposto.
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Mentre le autostrade e strade extraurbane principali a differenza delle
precedenti sono strade a carreggiate separate con accessi controllati ed almeno
due corsie per ciascun verso di marcia. Su queste strade si verificano lungo tutto
il tracciato condizioni di flusso ininterrotto. Le condizioni del traffico dipendono
dalle iterazioni: tra i veicoli e tra i veicoli e le caratteristiche geometriche e
ambientali della strada. Infatti non ci sono intersezioni a raso di alcun tipo e gli
accessi diretti alle proprietà adiacenti non sono consentiti. Gli accessi e le uscite
sono realizzati con rampe, che sono generalmente progettate in modo da
consentire manovre di diversione e immissione ad alta velocità, ricorrendo
anche a corsie specializzate, in modo da ridurre al minimo il disturbo alla
corrente principale.
1.2.2 Comportamento degli automobilisti
La sicurezza nella circolazione stradale come detto dipende anche dal
comportamento degli utenti che, riprendendo l’equazione Lewiniana, è funzione
delle forze attive in un determinato momento nella persona e nell’ambiente:
C = f [P,A]
Lewin, pioniere degli psicologi sociali, tra il Quaranta e il Cinquanta
aveva ampliato la visione della psicologia tradizionale (limitata all’individuo o al
massimo alla famiglia) con la sua famosa equazione, secondo la quale il
comportamento è funzione della persona, dell’ambiente e della loro interazione.
Si afferma con ciò una nuova cultura che sottende una nuova concezione
del bisogno: non più solo come mancanza o deprivazione, ma come uno stato di
tensione tra la persona e il suo ambiente.
Nella formulazione lewiniana lo stato di tensione fra persona e ambiente
è dotato di una propria intensità e di una propria direzione. La forza risultante
si traduce nel comportamento diretto a modificare la situazione esistente.
Questo significa assumere che per comprendere, prevedere e modificare
il comportamento di guida devono essere prese in considerazioni le diverse
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variabili, psicologiche e non psicologiche che appaiono attinenti alla situazione
considerata.
L’utente, infatti, durante la guida riceve le informazioni dall’ambiente
circostante (la strada e dal contesto generale nel quale si trova immerso); la
composizione delle informazioni raccolte in sequenza consente all’utente di
riconoscere i rischi insiti nella strada e adeguare il suo comportamento
cercando di evitare incidenti.
Un primo livello per comprendere i meccanismi che regolano il
comportamento dell’utente poggia sulla conoscenza della sua attività percettiva;
gli studi tradizionali di psicologia cognitiva descrivono questa attività come il
processo durante il quale l’individuo riceve ed elabora le informazioni
proveniente dall’ambiente circostante.
Caratteristica della circolazione stradale è che il tempo a disposizione
dell’utente per elaborare l’ambito percettivo è limitato, tanto più quanto più è
rapido lo spostamento.
La modalità della percezione durante la guida trova spiegazioni con
riferimento alla teoria della categorizzazione mentale. Il concetto di
categorizzazione mentale è identificabile con il processo mediante il quale
l’individuo, ricevute attraverso gli organi di senso le informazioni provenienti
dall’esterno, opera prima un’azione di discernimento e di selezione delle stesse
e, quindi, un’azione di generalizzazione, che si traduce nel considerare
cognitivamente equivalenti informazioni diverse e nell’assemblarle in categorie
d’analisi. In pratica la categorizzazione riflette, la necessità mentale di
semplificare la realtà e rendere più agevole e rapida la sua comprensione.
In relazione al contesto stradale occorre peraltro tenere ben presente il
fatto che strade percepite come più sicure possono in realtà indurre a
comportamenti più rischiosi, per effetto di meccanismi psicologici che verranno
meglio descritti tra breve. Il fenomeno, noto come risk compensation, consiste
nell’osservazione piuttosto ovvia che, sia pur con significative variazioni, gli
individui calibrano il proprio comportamento in relazione alla percezione dei
rischi per la propria incolumità.
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Si definisce comportamento l'insieme delle reazioni oggettive ad una
serie di stimoli da parte di un organismo. Tali reazioni possono essere
conseguenti a stimoli interni (necessità, tendenze) o a stimoli provenienti
dall'ambiente esterno. In particolare, durante l'atto di guida si presentano alcuni
stimoli fondamentali quali:
la necessità di realizzare lo spostamento;
la tendenza a realizzarlo nel minor tempo possibile;
la tendenza a realizzarlo in sicurezza.
Le rilevazioni effettuate in seguito agli incidente stradali indicano
generalmente cause che attengono ai comportamenti, quali l’eccesso di velocità,
la guida pericolosa, il mancato rispetto della precedenza, l’uso di alcool e
stupefacenti. Per cui i comportamenti dei conducenti rappresentano la variabile
di gran lunga più critica e meno controllabile fra le cause di incidentalità
(secondo alcune valutazioni dell’ISTAT, fino al 90%). Lo studio degli incidenti
costituisce uno dei possibili approcci, spesso ricco di insegnamenti, per mettere
in evidenza l’influenza che hanno le sopra citate caratteristiche sui fenomeni di
insicurezza stradale. In una certa misura, l’errore umano è ineliminabile: una
decisione su 500 alla guida è destinata a rivelarsi errata, anche da parte di
conducenti attenti e responsabili; al crescere della velocità, la probabilità di
commettere un errore aumentano. Ma un’ampia quota di tali errori sono
riconducibili a comportamenti specifici che potrebbero essere evitati:
stanchezza, disattenzione (usare telefoni e radio etc.). Ma vi sono anche
comportamenti eccessivamente fiduciosi verso le proprie capacità di guida o
addirittura aggressivi nei confronti degli altri utenti della strada. Gli psicologi
che si sono occupati del tema hanno individuato numerosi tratti caratteriali del
guidatore a rischio, sia consci (psicomotori, di personalità, di iterazione
individuo/ambiente) che inconsci, nei comportamenti di soggetti «normali» in
condizioni di stress.
Un’indagine, condotta dall’ACI-ISTAT, su un campione di oltre 11.000
conducenti italiani ha evidenziato che, oltre la meta dei conducenti adotta
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comportamenti rischiosi, se non dichiaratamente pericolosi, per sé e per gli
altri.
Tali comportamenti sono anche il frutto delle elaborazioni di messaggi
culturali trasmessi tramite i media e la pubblicità dei veicoli. La scarsa presenza
delle diverse polizie – nazionali e locali – sulle strade è una delle carenze più
gravi del caso italiano. Un azione di informazione ed educazione, certamente
necessaria, non risulta efficace nel modificare comportamenti sulla strada se
non accompagnata da una credibile e sistematica azione di controllo e
repressione. Secondo una stima del ministero dei lavori pubblici, se si
adottassero tutte le opportune misure di controllo e repressione, il numero
delle vittime potrebbe calare del 20-30%.
1.2.3 La velocità di percorrenza
Nello studio della sicurezza stradale assume grande importanza, sul
comportamento di guida, il concetto di velocità, che può essere classificato in
velocità di progetto, operativa e attuata. Il concetto di velocità di progetto,
proposto intorno agli anni ‘30 con l’incremento della circolazione motorizzata,
definisce la velocità come “la massima velocità costante che un veicolo isolato
può mantenere, in condizioni di sicurezza; lungo un tronco stradale con buone
caratteristiche di progetto ed in buone condizioni ambientali”. Però un’unica
velocità di progetto vincola il guidatore solo ad alcuni elementi critici del
tracciato (raggi di curvatura planimetrica ed altimetrica). Sui rettifili o su tutti i
raggi con valori superiori a quelli minimi, la velocità sarà, evidentemente,
maggiore.
Successivamente è stato definito l’intervallo di velocità di progetto come
“l’intervallo entro cui sono comprese, per ciascuna categoria di strade
extraurbane, le massime velocità che i veicoli possono mantenere con sicurezza
in ogni punto quando la velocità è limitata dalle sole caratteristiche geometriche
del tracciato”.