Premesse
Gli esperimenti presentati in questo lavoro sono stati effettuati con l’intento di
mostrare l’evidenza empirica dei processi che determinano le dinamiche della
percezione visiva umana. Le ontologie percettive sarebbero, secondo l’ipotesi che
ha generato l’interesse che ha portato alle sperimentazioni, degli archetipi
percettivi che condizionano le scelte attentive operate durante l’esplorazione
visiva. La scelta degli stimoli utilizzati è conseguenza del presupposto che la
nostra percezione sia regolata da basi comuni, generalmente valide per tutti e che
nell’atto dell’esplorazione visiva intervengano i medesimi basilari principi di
organizzazione percettiva, sia, che gli oggetti della nostra attenzione siano figure
semplici e familiari, sia che invece esse siano figure complesse e inconsuete.
Si è inoltre provato ad indagare i processi di percezione delle immagini reversibili
e di movimento apparente.
Per osservare tali processi si è scelto di avvalersi di uno strumento per il
tracciamento dello sguardo a cui è stato affiancato uno strumento per la
rilevazione di alcuni segnali fisiologici, essendo l’attivazione fisiologica stessa
necessariamente implicata in un discorso di questo tipo.
La stesura della presente prova finale è stata articolata in tre capitoli.
Il primo si propone come un tentativo di fornire delle definizioni e una necessaria
introduzione alle maggiori teorie riguardanti i processi che rendono possibile la
visione (processi emotivi, attentivi, percettivi). Per quanto riguarda le emozioni, si
è ritenuto utile delineare le principali teorie succedutesi nel corso del tempo e
citare alcuni dei modelli proposti dai maggiori esponenti teorici in questo campo.
Si è brevemente parlato, inoltre dell’affective computing e delle sue possibili
applicazioni. Successivamente, sono state presentate le principali teorie
sull’attenzione e sulla percezione con un particolare riguardo alle teorie relative
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all’organizzazione della percezione visiva e al funzionamento dei movimenti
oculari.
Nel secondo capitolo vengono invece presentati la metodologia adottata e gli
strumenti utilizzati nel corso degli esperimenti (eye-tracker e biofeedback).
Vengono dati alcuni cenni storici sullo sviluppo di queste tecnologie e descritte le
loro possibili applicazioni. Inoltre, si è creduto opportuno illustrarne almeno
sinteticamente il funzionamento e le specifiche tecniche.
Nel terzo ed ultimo capitolo vengono presentate le analisi effettuate sui dati
ricavati durante la fase sperimentale. Essendo le analisi e le domande a cui si è
cercato di dare risposta diverse tra loro, si è scelto di presentare le conclusioni cui
si è giunti in modo distinto: i risultati ottenuti tramite l’impiego dell’eye-tracker
sono stati esposti separatamente, stimolo per stimolo, mentre le analisi dei dati
ottenuti grazie al biofeedback, di carattere comparativo, sono state presentate in
modo unitario.
Infine, un’appendice presenta alcune sequenze di immagini considerate
particolarmente significative nel rappresentare, anche graficamente, i
comportamenti dei soggetti coinvolti nello studio sperimentale.
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I. Processi emotivi, attentivi, percettivi:
principali teorie
Le Emozioni
Introduzione e approcci teorici
L’emozione è prodotta a partire da un insieme di interazioni tra fattori
oggettivi e soggettivi e può generare l’attivazione di sensazioni di piacere/
dispiacere, processi cognitivi, reazioni fisiologiche e innescare comportamenti
espressivi e adattivi.
Gli approcci teorici possono essere distinti tra top-down e bottom-up.
Le teorie che seguono il primo tipo di approccio spiegano le emozioni basandosi
sui processi mentali, senza considerare molto i meccanismi neurologici e
fisiologici. Si tratta, ad esempio, delle teorie di Frijda o di Oatley e Johnson-Laird,
che interpretano le emozioni o come il risultato di una valutazione degli eventi o
come l’effetto di processi cognitivi finalizzati all’elaborazione di piani diretti
verso determinati scopi.
L’approccio dal basso verso l’alto (bottom-up) comprende invece tutte quelle
teorie che sostengono che le emozioni siano originate da sistemi biologici derivati
dagli adattamenti evolutivi a livello genetico. In quest’area si possono situare le
teorie di Tomkins, LeDoux, Ekman e Friesen.
Almeno fino a tempi recenti le emozioni sono state un campo di studio parecchio
trascurato. I primi modelli teorici, tutti di stampo cognitivo, hanno tentato un
approccio dall’alto al basso.
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La retroazione e le teorie cognitive
Nel senso comune “piangiamo perché siamo tristi” o “scappiamo perché
abbiamo paura”. Secondo James invece perché sia possibile il passaggio dallo
stimolo alla risposta emotiva cosciente (sentimento) è necessaria una retroazione.
Il sistema nervoso deve essere informato delle modificazioni fisiologiche
avvenute in seguito alla risposta automatica allo stimolo perché sia possibile
riconoscere coscientemente l’emozione. Come dire, “siamo tristi perché
piangiamo”.
Stimolo Risposta Sentimento Retroazione
Teoria della retroazione di William James
Stando a questa teoria deve quindi esistere una specifica retroazione per ogni
emozione. Avremo cioè retroazioni diverse per reazioni provocate da stimoli che
determinano gioia, paura, disgusto ecc.
Negli anni Venti del secolo scorso Walter Cannon critica James, sostenendo che i
differenti tipi di retroazione fisiologica non sarebbero sufficienti a rendere conto
dalla moltitudine di esperienze emotive possibili. Cannon pensava che il
meccanismo di risposta simpatica del sistema nervoso autonomo fosse uniforme e
che le risposte fisiologiche che accompagnavano le varie emozioni dovessero
essere quindi uguali.
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Stimolo che
provoca paura
Reazione Paura
Retroazione
non specifica
Reazione Gioia
Stimolo che
provoca gioia
Una soluzione al dibattito viene data negli anni Sessanta da Stanley Schachter e
Jerome Singer, i quali sostengono che sia grazie ad un’interpretazione cognitiva
della situazione che le emozioni vengono riconosciute.
Stimolo Sentimento
Interpretazione
cognitiva
dellʼeccitazione
in relazione al
contesto fisico
e sociale
Eccitazione
non specifica
Teoria dell’eccitazione cognitiva di Schachter e Singer
Per definire l’interpretazione mentale di cui trattano le teorie cognitive è stato
introdotto il termine “valutazione” (Magda Arnold, 1960). Attraverso la
valutazione la situazione viene considerata in termini di vantaggiosità o
svantaggiosità per l’individuo. Questo bilancio del contesto avverrebbe, secondo
l’autrice, a livello inconscio, mentre sarebbe proprio l’esperienza emotiva da esso
attivata ad informare la coscienza.
Teoria della retroazione secondo Cannon
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Richard Lazarus propone, nel 1966, dopo aver studiato in particolare come viene
fronteggiato lo stress, il concetto di coping e re-appraisal. Esistono secondo lui
due tipi di coping, uno per le situazioni di urgenza e pericolo e un altro
esclusivamente cognitivo che consiste nella rivalutazione degli esiti delle proprie
azioni e che può portare o meno a comportamenti manifesti.
Più tardi, negli anni Ottanta, Fehr e Russel propongono l’applicazione del modello
prototipico di Schank e Abelson alle emozioni. Secondo questa teoria la
rappresentazione cognitiva dell’emozione passa per tre livelli:
- livello della connotazione edonica dell’emozione (positiva/negativa)
- livello delle caratteristiche tipiche dell’emozione (rabbia, gioia, sorpresa, ecc.)
- livello dei sentimenti specifici dell’emozione (irritazione, indignazione, ecc.)
I tre livelli della
rappresentazione cognitiva delle emozioni secondo Fehr e Russell
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Negativa Positiva
Sorpresa
Gioia
Rabbia
Tristezza
Disgusto
Caratteristiche
prototipiche
dellʼemozione
Paura
Sentimenti
specifici
dellʼemozione
Indignazione
Irritazione
Altro...
Connotazione
edonica
dellʼemozione
La teoria dell’arousal di Mandler (1984) fa invece riferimento ai modelli di
costruzione degli schemi mentali grazie ai quali sviluppiamo previsioni. L’arousal
(attivazione) si verifica quando confrontando i dati provenienti dalla situazione ci
accorgiamo che essi non coincidono con quelli del nostro schema mentale
(aspettativa). Anche in questo caso l’emozione è dunque data da una valutazione
cognitiva dell’attivazione fisiologica e delle caratteristiche del contesto
dell’evento.
Frijda (1988) usa il termine “appraisal” per definire il processo di valutazione
cognitiva che, secondo tutti questi modelli teorici è elemento essenziale per il
verificarsi delle esperienze emotive. Questa valutazione, aggiunge lo psicologo
olandese, è spesso collegata alle motivazioni, in quanto l’emozione predispone ad
un qualche tipo di azione.
Molto similmente Keith Oatley e Philip Johnson-Laird (teorico, tra l’altro, anche
dei modelli mentali) formulano la teoria dei piani e degli scopi (1992). Secondo
questa concezione, le azioni che mettiamo in atto sono finalizzate al
perseguimento di determinati scopi, motivo per cui elaboriamo dei piani coi quali
vorremmo far coincidere lo stato reale delle cose. Le emozioni sono generate dalla
valutazione che ne facciamo relativamente ai nostri piani e non dagli eventi in sé.
Quando i nostri piani concordano con gli eventi avremo delle emozioni positive,
quando gli eventi invece non coincidono con le nostre aspettative avremo delle
emozioni negative.
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Teorie focalizzate sugli aspetti neurofisiologici delle emozioni
La teoria della retroazione di James è a volte detta anche “teoria
periferica” in quanto considera le emozioni il risultato dell’informazione
comunicata dal sistema nervoso periferico a quello centrale. Per contro, la teoria
di Cannon è una teoria “centrale”. Per provare che l’emozione si genera
all’interno del sistema centrale senza bisogno che vi sia un’elaborazione delle
informazioni periferiche Cannon e Bard sostennero una serie di esperimenti a
seguito dei quali arrivarono a sostenere che il centro di controllo degli stimoli
emotivi fosse il talamo, il quale avrebbe mandato gli impulsi all’ipotalamo per la
risposta fisica e alla corteccia per la risposta emotiva. James Papez e Judson
Herrick integrarono la teoria di Cannon aggiungendo ad un’area della corteccia,
chiamata rinincefalo, un ruolo all’interno del percorso dell’esperienza emotiva
(“circuito di Papez”).
Nel 1942 MacLean riconobbe nella corteccia mediale la sede delle emozioni ma
introdusse l’ippocampo come canale di comunicazione tra il mondo esterno e
l’ambiente interno. Le sue teorie si basavano su una tripartizione delle aree del
cervello secondo gli stadi evolutivi dello stesso. Più esternamente è situata la
neocorteccia (propria dei neo-mammiferi), poi vi è la corteccia antica (propria dei
paleo-mammiferi) e infine, più internamente, si trova il paleoencefalo (il cervello
dei rettili).
Nelle ricerche più recenti l’attenzione si è invece spostata dall’ippocampo
all’amigdala. Joseph LeDoux propone una teoria della “doppia via”, secondo la
quale lo stimolo giunge al talamo e da questo segue una “via bassa” (che porta
direttamente all’amigdala) e una via “alta” (che porta alla corteccia sensoriale).
Ne consegue che mentre la corteccia sta ancora valutando lo stimolo, l’amigdala
sta già rispondendo con un comportamento emotivo. Dal punto di vista biologico
ed evolutivo tale fenomeno presenta la sua utilità : al fine di sopravvivere è
meglio reagire agli stimoli potenzialmente pericolosi come se fossero realmente
tali piuttosto non reagire.
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Che le emozioni abbiano una funzione importante per la sopravvivenza
dell’organismo e la sua interazione con l’ambiente è del resto evidenziato anche
dal fatto che si ricordano più facilmente stimoli positivi (piacevoli, vantaggiosi) o
negativi (spiacevoli, nocivi) rispetto a stimoli neutri.
L’amigdala sembra avere un ruolo non solo nel riconoscimento degli stimoli
emotivi e nell’attivazione di comportamenti di risposta, ma anche nella
comunicazione degli stati emotivi ed in particolare nell’interpretazione delle
emozioni altrui tramite riconoscimento delle espressioni facciali (Anderson e
Phelps, 2000). Secondo alcuni esisterebbero comunque circuiti diversi per diversi
tipi di emozioni e non in tutti i casi l’amigdala sarebbe necessaria al
riconoscimento delle loro espressioni.
Il cosiddetto “marcatore somatico” teorizzato da Antonio Damasio sarebbe invece
un evento di tipo emozionale che si verifica in situazioni critiche in cui è
necessario compiere delle scelte, agendo come riduttore d’indeterminazione. Le
sensazioni viscerali e i sentimenti spiacevoli che proviamo in relazione al
pensiero di una determinata opzione sarebbero dunque un avvertimento
dell’organismo riguardo ad un’alta probabilità di esito negativo collegabile a
quella certa opzione di scelta.
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