2
italienischer Kunsttischler, den die Leute nie verstanden und nie
mochten […]»
4
.
In Italia, il padre, Ernesto Turrini, si guadagnava, da giovane, da
vivere come comparsa all’Arena di Verona. Arrivato in Austria,
egli si richiuse in se stesso, non riuscendo a capire la lingua
tedesca. Per questo motivo, si isolò dalla vita sociale, preferendo
lavorare anche la domenica, mentre le famiglie si incontravano
alla messa mattutina
5
. A Peter la vita di ogni giorno fu
appesantita dalla sua costituzione fisica, a causa della quale
veniva schernito dai coetanei; ancora oggi egli lo ricorda:
«[…] all die ironischen Blicke des Turnlehrers, weil der schwere
Körper nicht über die Stange will, den quälenden Spott der
anderen Schulkinder und die Kuhscheiße, die man gezwungen
wird zu essen»
6
. La massiccia corporatura fu per Peter un vero
handicap nei rapporti coi compagni, dai quali veniva
sistematicamente escluso dai giochi
7
; da ciò scaturì quel
profondo sentimento di emarginazione dal mondo che lo
circondava e fece sì che egli cominciò ad odiare se stesso a tal
punto da entrare in crisi: da una parte, nacque l’idea del suicidio,
che non fu concretizzato, dall’altra, il forte desiderio e la
speranza di andare via. Egli si creò un suo mondo ideale e fisico,
nel quale si rifugiava nei momenti di grande solitudine:
«[…] ging ich auf einen Hügel vor dem Dorf. Dort hatte ich in
einem Erdloch ein geheimes Lager angelegt: Ein Buch von
Camus über den logischen Selbstmord.[…] Ein Atlas.
Stundenlang saß ich auf dem Hügel und wartete auf den Zug
nach Wien. Pünktlich um sechsuhrzehn fuhr er vorbei und mit
4
Ivi.
5
«[…] während die Kinder der Bauern mit ihren Vätern zur Christmette gehen […]»,
E. Jelinek, Der Turrini Peter (Das Porträt), in «Theater heute», Berlin, 12/1980, p.40.
6
Ivi, p.40.
7
«Wenn sie mich beim Fußballspiel ausschlossen, weil ich zu dick war um den Ball zu
erreichen…», P. Turrini, Ein paar Schritte zurück, in Turrini Lesebuch zwei, Wien, 1983,
p.285.
3
ihm meine Wünsche und Hoffnungen. Heute denke ich: Ich hätte
im Dorf bleiben sollen. Ich hätte mich wehren sollen»
8
.
La vulnerabilità e la sensibilità dell’autore trovano
espressione nella sua opera e lo predispongono
inconsapevolmente a mettere a fuoco i conflitti sociali del suo
ambiente
9
.
Per lui il passato è parte integrante della persona, tant’è che
il suo comportamento ne viene, in principio, inconsciamente
influenzato e trova luogo nelle sue opere incessantemente:
«[…] meine Kindheitserlebnisse. Sie haben mich stark geprägt,
was in allem, wovon ich schreibe und was ich darstelle, seinen
Ausdruck findet»
10
.
Il quattordicenne Peter assistette alla prima
rappresentazione del Die Köpfe di Bernhard, tenuta in una stalla,
sbirciando tra le fessure delle assi come i contadini. Nel dramma
tutti gli attori vengono decapitati: gli spettatori ‘portoghesi’ lo
trovarono «perverso» e ciò gli piacque molto. Dal loro commento
Turrini trasse una delle motivazioni per la quale cominciò a
scrivere, più precisamente, la mentalità bigotta dei contadini. In
un mondo dalla mentalità tanto ristretta egli venne a trovarsi in
un ‘mondo di silenzio’: «Egal, was man gefragt hat, man bekam
nie eine Antwort […] Ich bin eigentlich in einer antwortlosen und
damals auch bilderlosen Welt aufgewachsen. Eine der
Möglichkeiten, aus diesem Schweigen herauszukommen, war das
Erfinden, sich auszudenken, was geschehen sein könnte»
11
. Egli
ricorda quando, da piccolo, volendo sapere perché un certo
Signor Dominikus si fosse suicidato, non gli fu data nessuna
8
Ivi.
9
«Gesteigerte Verletzbarkeit, Ausdruck der besonderen Sensibilität des künstlerischen
Talents, ließ den ahnungslosen Turrini schon frühzeitig die Erfahrung machen: »Alles an
mir paßt nicht zu ihnen« […] Andererseits schärfte das Gefühl, der Unterlegene zu sein,
seinen Blick für soziale Konflikte», B. Müller, Peter Turrini, in AA.VV., Österreichische
Literatur des 20. Jahrhunderts. Einzeldarstellungen, Berlin, 1988, pp.753-754.
10
P. Turrini, Harlekijn-Interview, di E. Geelen, in Turrini Lesebuch zwei, p.332.
11
P. Turrini, “Die letzte Liebesgeschichte findet im Theater statt”, p.7.
4
spiegazione né dalla madre né dai vicini. L’unica soluzione per
colmare la sua naturale curiosità era l’inventarsi una storia
plausibile come risposta, che divenne per lui
«lebensbestimmend»
12
.
Quale posto occupi la fantasia nella vita e nell’opera di
Turrini comincia a notarsi chiaramente già fin dalla sua
fanciullezza, dato che essa è stato l’unico luogo di ricerca e
mezzo di creazione di un mondo di libertà: «Das Leben ohne
Phantasie ist doch unvorstellbar, auch in ganz realistischen
Bereichen. […] die Phantasie im engsten Zusammenhang mit
dem Begriff "bewußt leben" steht»
13
. Non solo nella vita artistica,
ma anche nella quotidianità la fantasia è un elemento
preponderante del suo essere. Per non far nascere degli equivoci,
egli differenzia la fantasia in due tipi: «Und ich behaupte, daß die
Phantasie dabei zwei Wege gehen kann: Läßt ein Mensch ihr
freien Lauf und entwickelt er damit seine Idealvorstellungen,
dann ist sie eine gewaltige Antriebskraft. Wenn ein Mensch aber
in Ruhe und Sicherheit leben will, dann besteht die Gefahr, daß
die eigene Phantasie pervertiert wird, denn sie ist ja da, man kann
ihr Vorhandensein doch nicht leugnen, ihre Existenz nicht
abschaffen»
14
.
Un’altro episodio determinò l’inizio della creazione
artistica di Turrini: Gerhard Lampersberg, un musicista residente
a Maria Saal, ordinò dal padre di Turrini una bara color celeste,
che suscitò la forte ammirazione del quattordicenne. Un giorno,
Lampersberg invitò Peter in casa sua e gli corresse le prime
poesie: «Er war der erste Erwachsene, der mich ernst genommen
hat»
15
. In quel tempo, probabilmente, fu sparso il primo seme di
quella che diventò la sua opera futura.
12
«Dieser Mechanismus war dann lebensbestimmend», ivi.
13
P. Turrini, Harlekijn-Interview, p.332.
14
Ivi, p.333.
15
P. Turrini, “Die letzte Liebesgeschichte findet im Theater statt”, p.7.
5
Nel 1963, Turrini conseguì il diploma alla
Handelsakademie di Klagenfurt e fino al 1971 svolse diversi
lavori: operaio metalmeccanico alla VOEST, magazziniere,
agente pubblicitario. Nel 1967 egli „fuggì“ per un breve periodo
sull’isola di Rodi, dove scrisse, per impulso ideale la sua prima
opera. Al ritorno, decise di lavorare nel campo alberghiero: prima
a Jesolo, come barman, poi a Roma, come direttore d’albergo.
Nel 1969, si trovava a lavorare saltuariamente nella Repubblica
Federale Tedesca, quando incontrò, alla Frankfurter Buchmesse,
H. C. Artmann, suo conterraneo, al quale mostrò la sua
Rozznjogd. Artmann gli consigliò di inviarne una copia a un
editore teatrale viennese. Dopo due settimane, il «Volkstheater»
di Vienna accettò di rappresentare l’opera per il suo debutto. La
rappresentazione provocò uno scandalo. Egli vive, dal 1971,
come Freier Schriftsteller a Vienna. Le tre premiazioni
16
, che
ricevette nel corso della sua carriera artistica, lo motivarono
ulteriormente a scrivere per il teatro.
L’opera di Turrini è un caleidoscopio di vita reale. Come
nella vita, così nella sua opera lo scrittore coglie situazioni della
realtà quotidiana ambientate in diversi strati sociali: uno spaccato
della società odierna viennese e della provincia. Trascrive ciò che
vede e sente, ma la sua produzione artistica è più delle volte
frutto delle sue esperienze: „il passato“. I suoi protagonisti sono,
il più delle volte, individui che vivono al margine della vita
sociale, secondo la catalogazione della bigotteria cittadina e
paesana. Il linguaggio dialettale e la struttura dei suoi primissimi
drammi lo collocano tra gli epigoni del Volksstück, in quanto egli
è fortemente critico nei confronti della società nella quale situa i
suoi personaggi, seguendo la scia dello Horvàth, della Fleisser e
del contemporaneo Wolfgang Bauer. Questa sua rabbia, che trova
16
1972 Förderungspreis des Landes Kärnten für Literatur, 1979 Fernsehpreis der
österreichischen Volksbildung, 1981 Gerhart-Hauptmann-Preis (Berlin).
6
sfogo nel primo periodo artistico, uno sfogo alle volte allegro, ma
più spesso «böse sprachkritisch»
17
, lo avvicina allo stile del
conterraneo Ernst Jandl
18
e a quello del più anziano collega Karl
Kraus. La sua predisposizione al sarcasmo, con toni regionali, lo
fa somigliare ad Harald Sommer, mentre il cosciente
comportamento dei suoi protagonisti a Peter Handke. Si
percepisce nei suoi drammi un forte amore per un nuovo teatro
popolare, che non vuole cambiare il mondo
19
, ma vuole mettere a
fuoco ‘l’oppressione del quotidiano, la catastrofe normale’:
quell’innesco impercettibile, di cui non riusciamo più a renderci
conto nel veloce scorrere del tempo ormai parte integrante della
vita di tutti noi. Sensibilizzare lo spettatore ad alcuni aspetti del
sistema sociale e farglieli scoprire, è ciò che Turrini tenta di
provocare con il suo teatro. Perciò, lo scrittore è definito anche
‘dissacratore di tabù sulla scia dell’arrabbiato’; denunciatore, per
certi versi, non esplicitamente politico, e avvicinato al teatro di
rivolta.
Il suo primo periodo artistico, che va dal 1971 al 1973,
scorre all’insegna dello sfogo di rabbia: in Rozznjogd Turrini
riconosce, a distanza di anni, di aver effettuato un «disperato
processo di purificazione personale»
20
e una idea di completa
libertà
21
.
17
D. N. Schmidt, Peter Turrini (Porträt), in «Die Deutsche Bühne», Köln, 7/1972, p.16.
18
«Groteske und Komik, aber auch bittere Zeitsatire äußerten sich in Montagen, Laut-und
Dialektgedichten […] In diesen Umkreis gehören auch die satirischen “Sprechgedichte”
Ernst Jandls…», H. D. Schlosser, dtv-Atlas zur deutschen Literatur, München, 1992, p.271.
19
L’iniziale intenzione di Turrini è quella di ‘indicare’ e focalizzare i problemi della società
austriaca. In qualche sua opera essa si trasforma in motivazione per cambiare la società,
senza, però, segnalare un’alternativa o una via d’uscita.
20
M. Töteberg, Peter Turrini, in Kritisches Lexikon zur deutschsprachigen
Gegenwartsliteratur, München, p.2.
21
«Verarbeitung der Erkenntnis, daß >Aussteigen<, Ausbruch aus der Gesellschaft an sich
ohne reale Alternative ergebnislos ist, ja tödlich sein kann, in >totale< Freiheit führt»,
B. Müller, op.cit., p.756.
7
Il dramma Rozznjogd è per lui un luogo dove rievocare qualche
sua esperienza negativa, per sopravviverne: «Ich empfinde mein
Leben überwiegend als Katastrophe und das Theater als einen
Nachstellungsort, wo ich mir erklären kann, was da die letzten
Monate in einer Beziehung oder in sonstigen Dingen eigentlich
passiert ist»
22
.
La sua creazione artistica è per lui un atto di crescita interna e di
esperienza ‘vissuta’; un atto di autoanalisi che lo salva
dall’autodistruzione: «[…] da gibt es immer einen Teil, der alles
erfahren will und daran fast zugrunde geht, und einen Teil, der
sich dann aus dem Staube macht und das aufschreibt»
23
.
Cosciente della sua capacità di ‘salvare’ il suo proprio ‘io’
attraverso l’arte, Turrini contemporaneamente si rende conto del
bisogno di un periodo di ‘fuga’, un atto per lui automatico e
necessario, che comporta l’isolamento temporaneo dal suo
quotidiano: «Ich verschwinde dann so nachdrücklich, komme der
Welt in einem solchen Ausmaß abhanden, daß überhaupt nichts
mehr von mir zu sehen und zu hören ist»
24
. Egli non è un
«Voyeur der Wirklichkeit»
25
, che scrive solo quello che vede, ma
qualcuno che prova in prima persona i sentimenti e che spesso
vive le situazioni da lui stesso descritte: «Ich bin ein Einlasser,
ein Mitmacher, ein Miterleber»
26
.
Nel dramma contadino Sauschlachten egli sceglie la forma
della farsa macabra, nella quale avviene la „manipolazione
dell’umana creatura“ con finale letale, divenendo così una
parabola provocatoria e chiara nel senso. Il dramma è il secondo
e ultimo Dialektdrama.
22
P. Turrini, “Die letzte Liebesgeschichte findet im Theater statt”, p.6.
23
Ivi.
24
Ivi.
25
Ivi.
26
Ivi.
8
Le sue prime opere vengono messe in scena soprattutto in
piccoli teatri, a causa dell’eccessiva crudeltà con esse trasmessa,
o, qualche volta, in teatri importanti, ma solo in una fascia
d’orario particolare: quella delle rappresentazioni sperimentali.
Der tollste Tag, scritto nel 1972, è il primo tentativo di rivedere
un classico in chiave moderna, a cui segue, l’anno dopo, la
Locandiera di Goldoni. Con queste revisioni, egli si rivolge
direttamente al pubblico che riempie le sale: das
Abbonementpublikum. Questa è la carta d’entrata per le grandi
serate teatrali, frequentate dal vasto pubblico. Ciò non vuol dire
che Turrini rinunci al suo “impegno critico-sociale”, ma che ha,
piuttosto, spostato l’accento da elementi esplicitamente
scioccanti, come rappresentazioni di brutalità, azioni sessuali e
uso del linguaggio dialettale, verso effetti sì scioccanti, ma
impliciti, poichè celati sotto una veste più pacata: «[…] sind in
der Wirtin zugunsten impliziter Schockwirkungen
zurückgetreten»
27
.
Il secondo periodo della sua creazione artistica deve essere
collocato dal 1974 in poi, poiché Turrini opta per un altro mezzo
di comunicazione, la televisione, potendo con essa raggiungere
un pubblico più ampio, entrando in casa di tutti. Usa il mezzo di
comunicazione più semplice, ovviando al problema della scarsa
frequentazione dei teatri.
Wer heute Kunst macht, macht sie für wenige. […] Wer
der breiten Bevölkerung wirklich etwas sagen will, muß von
seinem Dichterpodest heruntersteigen. […] Die Alpensaga, die
Pevny und ich gemeinsam für das Fernsehen schreiben, ist ein
Versuch in dieser Richtung.
28
27
J. Landa, Bürgerliches Schocktheater, Frankfurt/M., 1988, p.99.
28
P. Turrini, Introduzione a Der Dorfschullehrer, Eisenstadt, 1975. Questa sua esposizione
è un’introduzione, intitolata Obisteign, a uno degli episodi della sudetta serie televisiva. Il
termine Obisteign (=Absteigen) rafforza il passo effettuato da Turrini scendendo dal
piedistallo di poeta, il ‘Dichterpodest’, per impegnarsi a lavorare in un altro campo
culturale.
9
Aver voltato le spalle al teatro è stato per lui un bisogno, dato che
si vedeva seguito e compreso solo dagli appassionati delle sale
teatrali, per la maggioranza intellettuali. Questa sensazione
d’incomprensione, che aveva caratterizzato la sua fanciullezza,
riemerge dopo tanti anni. Ma, allora, egli era semplicemente
fuggito dal suo ambiente, mentre ora, volendo essere compreso
dalla maggior parte possibile delle persone, reagisce scegliendo il
nuovo mezzo di contatto, il rapporto con la società attraverso la
televisione, ed insiste in questo suo proposito. Reagisce e supera
la debolezza di quel tempo: «Ich hätte im Dorf bleiben sollen. Ich
hätte mich wehren sollen»
29
. Non ripeterà più tale frase.
Questa scelta di servirsi del nuovo mezzo di
comunicazione gli viene resa difficile fin dall’inizio dalle autorità
politiche, sindacali e religiose. Campagne demagogiche
organizzate da sindacati e critiche di giornalisti interessati
mettono in pericolo la messa in onda della serie televisiva
Alpensaga, che, scritta insieme a Wilhelm Pevny, viene
finalmente trasmessa nel 1976. Nel 1977, Turrini e Pevny
ricevono, a Monte Carlo, il premio «Silberne Nymphe» per il
miglior copione televisivo. L’Alpensaga vuole non solo
intrattenere, ma contemporaneamente anche affinare la coscienza
politica e storica dello spettatore. Egli vuol far conoscere a tutti il
passato della nazione austriaca, raccontando l’evoluzione storica
di un paese che va dalla prima industrializzazione dei primi anni
del Novecento al Neubeginn dopo il 1945. Sentimenti e
manifestazioni di legami comuni trovano posto tra i margini della
lotta economica.
29
E. Jelinek, op.cit., p.40.
10
Gli uomini si tengono ben stretti alle norme comportamentali e
mentali derivanti da una lunga tradizione e non scuotono la loro
sudditanza politica interna.
Le sue tanto amate provocazioni si fanno sempre più
sporadiche verso la fine degli anni settanta per infiammarsi, poi,
negli anni novanta. La sua influenza nella vita sociale e culturale
del paese si rafforza costantemente, ma allo stesso tempo cresce
anche la sua depressione e cerca rifugio fuori di Vienna. Seguono
alcuni ricoveri in clinica
30
.
Il terzo periodo comincia nel 1980 con Josef und Maria,
l’opera più rappresentata e più conosciuta anche all’estero. In
Italia è stata rappresentata nel 1990 con il titolo Tango viennese.
Dopo sette anni di assenza dal teatro, Turrini ritorna con una
commedia che occupa un posto chiave
31
nella sua intera
produzione artistica, in quanto egli finalmente volta le spalle alla
Schockdramaturgie. Viene premiato per quest’opera con il
Gerhart-Hauptmann-Preis nel 1981. Lo stesso anno, egli
intraprende dei viaggi negli USA, nell’Unione Sovietica e in
Israele per sostenere dei seminari. Alla fine del 1981 si
preannuncia un ulteriore scandalo teatrale con la
rappresentazione
32
del Die Bürger, che scatena la polemica dei
giornalisti e addirittura dibattiti parlamentari. Nel 1982 Turrini
scrive il Campiello, che è un rifacimento dell’omonima opera
goldoniana. Nell’intermezzo dei suddetti due periodi, egli lavora
con Pevny ad una nuova serie televisiva: l’Arbeitersaga.
Con il Die Minderleister, rappresentato nel 1988, egli
rielabora alcuni elementi del suo primo periodo.
30
Durante le riprese dell’Alpensaga Turrini ricorda il suo passato, dal quale era fuggito in
tutti i sensi. Ma questo passato, rivivendolo, lo mette in crisi esistenziale. Durante il
ricovero in clinica psichiatrica egli scrive le poesie per analizzare e superare il passato.
Raccolte in un volume, esse vengono pubblicate solo in un secondo tempo, con il titolo Ein
paar Schritte zurück, nel 1980.
31
J. Landa, op.cit., p.106.
32
La prima del dramma è avvenuta nel gennaio del 1982.
11
Riaffiorano ricordi della sua vita alla VOEST, intrecciati con i
problemi economici attuali, caratteristici del momento in cui
scrive l’opera.
Nel 1990, il Die Minderleister viene premiato come il miglior
dramma straniero al Maubeuge International Théâter Festival.
Segue, nel novembre dello stesso anno, il dramma
morale-religioso Tod und Teufel, rappresentato anche in Italia.
Nel 1993, Turrini porta sulle scene altre due opere: Alpenglühen
e Grillparzer im Pornoladen.
La sua fatica più recente, il Die Schlacht um Wien, è del
1995. L’idea iniziale è quella di una parafrasi sulla guerra in
Iugoslavia. Si attiene alle testimonianze di profughi bosniaci, che
Turrini ospitò nella sua casa a Retz. Queste testimonianze non
raffiguravano una vera e propria ideologia, ma rappresentavano
lo sfogo di etnie, attraverso una comune follia omicida. Dopo
dieci revisioni del primo abbozzo, egli elimina qualunque
riferimento esplicito alla guerra in atto e mette in evidenza
l’aspetto irrazionale, ossia la pazzia, che è in ognuno di noi, e che
molte volte determina i comportamenti umani. In Die Schlacht
um Wien vi è un cambiamento nella sua visione del teatro in
generale: «Ich sehne mich nach einem Theater, welches nichts
mit der Wirklichkeit zu tun hat - und doch den Blick auf sie
freigibt»
33
.
La ricerca comprende i tre periodi fondamentali dello sviluppo
dell’attività letteraria di Turrini.
Nel primo periodo si afferma la consapevolezza di
utilizzare il teatro come mezzo di sopravvivenza e di
comunicazione con l’ambiente. L’arte è per l’autore il luogo
ideale per lo sfogo e la libertà personale.
33
P. Turrini, “Die letzte Liebesgeschichte findet im Theater statt”, p.13.
12
Emerge l’insicurezza personale dell’artista che determina la
ricerca del mezzo più adatto per raggiungere lo scopo prefissato,
cioè il dialogo con l’emarginato e la messa a fuoco delle
problematiche sociali.
Oltre ai già citati lavori teatrali, si annoverano in questo periodo
l’unico romanzo, Erlebnisse in der Mundhöhle, due radiodrammi,
Oropax e Faust , , , e Zero Zero. Ein Kunststück.
Il secondo periodo
34
é inaugurato con l’Alpensaga.
L’esigenza primaria di comunicare spingono l’autore a servirsi
del mezzo televisivo. La serie televisiva va vista come pietra
fondamentale della sua creazione futura, poiché egli vi trova e
sceglie il metodo di lavoro, con cui crea le opere seguenti. Qui
egli prende coscienza della maturazione della sua forza
comunicativa e raggiunge l’equilibrio interiore, e con essi la
certezza della responsabilità di ‘messaggero’ intellettuale. Questa
certezza dimostra l’impossibilità di scindere Turrini uomo dal
Turrini artista, poiché lo scrivere è per lui una necessità vitale. Vi
è la fusione spontanea, perché indispensabile e naturale,
dell’uomo privato con l’uomo pubblico, l’artista. La
consapevolezza del compito sociale lo riempie di nuova linfa
vitale e scrive il Josef und Maria. Questa opera, che denota il
grande equilibrio raggiunto a livello artistico e personale,
rappresenta il culmine di questa fase e allo stesso tempo inaugura
la terza. Questo ritorno al teatro, riconosciuto dall’autore come
passo inevitabile, è accompagnato da un atteggiamento rinnovato
e positivo, che gli consente di raggiungere lo scopo prefissato,
specificato sopra nel primo periodo, in modo tranquillo ed
equilibrato.
34
Questo periodo abbraccia la terza fase artistica dell’autore ed è perciò inserita in
quest’ultima, dato che serve a delineare l’evoluzione artistica di Turrini.
13
Con il ritardato e, infine, negato permesso di produrre
l’Arbeitersaga, l’autore si rende conto dei limiti che vengono
posti alla sua volontà e libertà di comunicare. Questa restrizione
al suo tentativo di partecipare al cambiamento della società
austriaca o comunque di informarla correttamente del suo
presente, tramite la televisione, lo induce a rimanere nel campo
teatrale e a mutare l’atteggiamento personale, che, rifacendosi in
parte al suo primo periodo, è più apertamente critico verso la
politica, anche se celato sotto la farsa e l’ironia. In quest’ultima
fase, nella quale, conscio della sua forza comunicativa e
obbligato a trovare una via per eludere la ‘censura’, di fatto
esistente, egli riesce a non compromettere se stesso e ad
esprimere comunque la sua critica al sistema vigente.
Il suo teatro rimane sempre un teatro del realismo,
profondamente ancorato alle problematiche sociali e inteso a
sollevarle, per cui la sua arte non è fine a se stessa, ma strumento
di denuncia e di lotta contro le cause del malessere sociale.
14
II. Opere
1. Rozznjogd
Il «disperato processo di purificazione personale»
35
, che avviene
in Turrini scrivendo la Rozznjogd, viene riconosciuto come tale
solo dopo alcuni anni dall’autore stesso. Con questa sua presa di
coscienza, egli mette a nudo il background autobiografico del
dramma.
La sua prima opera teatrale nasce da un suo bisogno personale di
sfogare la pressione psicologica del mondo del lavoro. Nel 1967,
anno in cui scrive il dramma, l’autore lavora in un agenzia
pubblicitaria: il giorno inventa degli slogan e, la sera, fantastica
sul desiderio di una vita libera
36
.
Un giorno, non resistendo più alla tensione che lo invade, Turrini
sale sul primo Balkan-Express e, alla fine del viaggio, si trova in
Grecia. La ‘fuga’ a Lindos e la vita che vi conduce sono per lui
liberatorie, in quanto per la prima volta egli riesce a fuggire dal
mondo condizionato dalla sua infanzia. Si libera del ‘pattume’,
prima in superficie, come la coppia protagonista in Rozznjogd,
poi interiormente e conseguentemente in profondità.
Dopo aver svuotato se stesso, egli riesce infine a ritrovare il suo
vero ‘Io’, divenendo ciò che vuole essere: uno scrittore. «Dieses
dicke Ausländerkind aus der Provinz, dieser Mensch vom Lande,
der unbedingt Schriftsteller werden wollte, mußte alles
zertrümmern, was ihn eingeengt hatte»
37
.
35
P. Turrini, Rozznjogd, Aktueller Nachsatz(1971), in Turrini Lesebuch, a cura di Ulf
Birbaumer, Wien, 1978, p.71.
36
«Tagsüber schrieb ich Werbesprüche und abends phantasierte ich von einem Leben in
Freiheit. Es war schon ein schizophrener Zustand, eine Mischung von vertagten
Hoffnungen und Selbstbetrug», ivi.
37
P. Turrini, Peter Turrini, Texte, Daten, Bilder, p.12.
15
Questo stato di consapevolezza, lo raggiunge lentamente vivendo
su quest’isola di quiete, di spensieratezza e di pace, in una
comunità di giovani che, come lui, cercano uno spiraglio di
libertà, una fuga dalla realtà. Essi trascorrono le giornate
fumando droghe varie, che danno loro momentaneamente
l’illusione di appartenere ad un mondo diverso. Sull’isola greca
nasce in poche settimane la Rozznjogd, un dramma scioccante
38
,
che però viene rappresentato solo quattro anni dopo. La
mancanza di mezzi finanziari, in cui si venne a trovare, riportò
Turrini nella realtà della società moderna, nel mondo del lavoro e
della pressione esterna. Ma qualcosa in lui era cambiato. Fu uno
dei primi autori austriaci a criticare la realtà socio-economica e
socio-culturale degli anni sessanta. Occorre, a questo punto,
accennare alla realtà della vita politica dell’Austria. Sia il partito
popolare, che governò dal 1966, che il partito socialista, dal 1970
in poi, non sono riusciti a mantenere le loro promesse, fatte in
sede di propaganda elettorale. Anzi, essi hanno disilluso le
aspettative dell’elettore
39
.
Le sue prime opere teatrali riflettono, infatti, un sentimento
esistenziale tipico di tutta la nuova letteratura austriaca del
momento. Era il periodo in cui Wolfgang Bauer scriveva Magic
Afternoon, testimonianza dell’anglomania di moda, nel quale i
fumatori di hascisc gettano i libri per aria, mentre Handke
smantellava il teatro esistente con la sua Publikumsbeschimpfung.
Era il bisogno di disfare tutto ciò che capitava loro davanti: «Wir
hatten das Bedürfnis, die Welt, in die wir da hineingeraten waren,
zu zerlegen»
40
.
38
«…Schockstück», J. Landa, op.cit., p.84.
39
«Dies galt schon für die ÖVP-Alleinregierung nach 1966 und traf noch viel stärker für die
Ära Kreisky seit 1970 zu. Man hatte hochgesteckte Erwartungen und Ansprüche, die sich
allerdings im nachhinein weitgehend als Illusionen herausgestellt haben», P. Gerlich,
Illusionen der Politik–Politik der Illusionen, in AA.VV., Illusionen-Desillusionen?–Zur
neueren realistischen Prosa und Dramatik in Österreich, Wien, Köln, 1989, p.9.
40
P. Turrini, Peter Turrini, Texte, Daten, Bilder, p.10.