Introduzione Introduzione Introduzione Introduzione
Questa tesi è un lavoro volto allo studio dei sistemi RFId sia dal punto di vista teorico che
pratico.
RFId è l’acronimo di “Radio Frequency Identification”, trattasi quindi di una tecnologia
che consente l’identificazione automatica di oggetti, persone, animali, mediante onde
radio.
I sistemi tradizionali per l’AIDC (Automatic Identification and Data Capture) sono del tipo
a “banda magnetica” oppure “ottico”. Si tratta di tecnologie ben collaudate che consentono
di identificare oggetti mediante architetture di sistema relativamente economiche se
confrontate con quelle tipiche degli RFId. E’ il fattore costo che, per varie cause, non ha
ancora permesso al potenziale del RFId la piena concretizzazione, nonostante la sua
indiscussa superiorità rispetto ai sistemi AIDC tradizionali.
Sono numerosi i sistemi RFId con cui si viene a contatto quotidianamente e spesso
inconsapevolmente: i sistemi anti-taccheggio ed i codici a barre che integrano un tag RFId
(smart-label) sui prodotti degli esercizi commerciali, le carte di pagamento con microchip,
i tesserini di riconoscimento nei posti di lavoro, il sistema Telepass per l’accesso ai varchi
autostradali, etc... . Inoltre sono svariate le applicazioni piø complesse che si possono citare
per far comprendere le potenzialità della tecnologia: un esempio su tutti è la possibilità di
rilevare, mediante sensori a bordo dei tag, parametri ambientali e trasmetterne i valori
misurati ad una stazione remota che li elaborerà opportunamente.
Dal punto di vista pratico, questo lavoro di tesi si è proposto l’obiettivo di studiare e
sperimentare il funzionamento del transceiver Texas Instruments TRF7960 al fine di
realizzare, in forma prototipale, un reader RFId in grado di identificare tag conformemente
allo standard internazionale ISO/IEC 15693.
Il primo capitolo tratta, in modo critico, gli aspetti piø importanti e interessanti della
tecnologia RFId, il cui studio è stato propedeutico alla fase realizzativa svoltasi presso il
laboratorio di Microelettronica, collaborando con lo spin-off Microlaben s.r.l. .
Il secondo capitolo si sofferma sulla descrizione dei singoli componenti hardware utilizzati
per la realizzazione del prototipo e sulle modalità con cui sono stati interfacciati
reciprocamente. Si è discusso con maggior dettaglio del già citato TRF7960 ma anche del
microcontrollore (MCU) Microchip PIC24FJ128GA010 utilizzato per implementare
l’unità di controllo del reader.
Il terzo capitolo passa brevemente in rassegna i tool software e hardware utilizzati per la
scrittura e il debugging del codice sorgente e per la memorizzazione del firmware nella
memoria di programma della MCU. Quindi vengono riportate e commentate le sezioni piø
significative del codice sorgente, cioè quelle che descrivono i comandi piø importanti che
il reader può trasmettere ai tag per intraprendere una comunicazione half-duplex.
Il quarto e ultimo capitolo riporta attraverso tabelle e grafici i valori delle misurazioni sui
tempi di esecuzione dei comandi trasmessi dal reader e sulla distanza operativa del sistema
al variare di parametri quali la potenza in trasmissione selezionata e la dimensione
dell’antenna del tag; inoltre vengono riportate alcune immagini relative alle interfacce
grafiche dei tool software utilizzati per la verifica del corretto funzionamento del firmware,
al fine di dimostrare i risultati ottenuti in corrispondenza dei comandi inviati ai tag.
In conclusione, sono riassunti i principali obiettivi raggiunti da questo lavoro di tesi e sono
illustrate le possibili evoluzioni relative al sistema realizzato.
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- Capitolo 1 -
La Tecnologia RFId
Questo primo capitolo tratta dei piø importanti aspetti della tecnologia RFId, delle sue
applicazioni e potenzialità, con particolare riferimento agli RFId passivi di tipo induttivo
che costituiscono la classe d’appartenenza del sistema implementato nel presente lavoro di
tesi.
Dopo alcune definizioni e considerazioni introduttive, si descrivono i componenti di un
generico sistema RFId ed i suoi criteri di classificazione. Successivamente vengono esposti
i principi fisici alla base della trasmissione e scambio dell’informazione e quindi alcuni
aspetti comuni a tutti gli standard di comunicazione dei principali enti normatori al mondo.
Inoltre non mancano considerazioni e confronti sul comportamento dei sistemi a seconda
del principio fisico alla base della comunicazione e della frequenza operativa adottata.
1.1 – Definizioni e considerazioni introduttive
Il termine RFId (Radio Frequency Identification) fa riferimento ad una tecnologia che
permette di acquisire automaticamente dati per l’identificazione di oggetti, animali,
persone all’interno di un sistema informatico. In generale i sistemi che svolgono queste
funzioni vengono definiti come AIDC (Automatic Identification and Data Capture): gli
RFId si collocano in questa categoria. [1]
Come accade per molte tecnologie, anche per la tecnica di identificazione RFId l’idea di
base è stata derivata da applicazioni tecnologiche in ambito militare. Il suo antenato,
infatti, può a tutti gli effetti essere considerato il sistema “Identification Friend or Foe”
(IFF: identificazione amico o nemico) sviluppato in Inghilterra nella seconda guerra
mondiale. L’apparato IFF, a bordo degli aerei alleati, rispondeva, se interrogato,
identificando così gli aerei alleati distinguendoli da quelli nemici. [2]
Capitolo 1 – La Tecnologia RFId
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Il fine principale di questa tecnologia, pertanto, è di assumere, da parte di un
“identificatore”, informazioni su oggetti, animali o persone, identificati per mezzo di
piccoli apparati a radiofrequenza associati ai medesimi. “Identificatore” ed “identificato”
comunicano mediante segnali a radiofrequenza, quindi senza necessità di contatto fisico (a
differenza, ad esempio, delle carte a banda magnetica) e senza che gli apparati siano in
visibilità reciproca (a differenza, ad esempio, dei codici a barre).
Un sistema AIDC a radiofrequenza offre, dunque, numerosi vantaggi rispetto al piø diffuso
sistema ottico utilizzato per leggere i codici a barre. Infatti, affinchØ il codice a barre sia
leggibile cioè identificabile, deve risultare perfettamente in vista rispetto al lettore ottico e
non deve transitare nelle sue vicinanze troppo velocemente. Inoltre, il codice a barre non
può referenziare ogni singolo oggetto della catena di distribuzione ma soltanto la classe di
appartenenza del prodotto: tutti gli oggetti della medesima classe avranno lo stesso codice
a barre. Si noti infine che non è possibile con un solo lettore acquisire simultaneamente piø
codici. Il processo di acquisizione dei dati è quindi molto oneroso in termini di tempo e di
tecnologia, soprattutto qualora si vogliano automatizzare le operazioni di lettura.
L’utilizzo di un sistema RFId può rappresentare una valida soluzione alle limitazioni
elencate sopra. La radio-identificazione, infatti, consente di riconoscere una pluralità di
oggetti contemporaneamente, non richiede la visibilità ottica delle etichette (che quindi
possono essere lette anche se poste all’interno degli imballi dei prodotti), è meno sensibile
alla velocità di transizione dell’oggetto rispetto al lettore (perchØ non deve essere acquisita
una immagine ferma del codice ma invece viene ricevuto un segnale che si propaga in
aria). [2]
1.2 – Componenti di un sistema RFId
Tutti i sistemi RFId sono costituiti da 3 componenti (vedi fig. 1.1) : il tag, il reader, il
sistema di gestione informatico (detto Management System, anche Host System).
Capitolo 1 – La Tecnologia RFId
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Fig. 1.1 – Schema a blocchi di un generico sistema RFId. [3]
1) Il tag è il componente del sistema associato all’oggetto da identificare.
E’ un transponder a radiofrequenza di piccole dimensioni costituito da un circuito integrato
(la cui complessità varia a seconda del tipo di applicazione), dotato eventualmente di una
piccola memoria non volatile (i sistemi RFId anti-taccheggio possono utilizzare tags senza
alcun elemento di memoria), connesso ad un’antenna ed inserito in un “contenitore” le cui
dimensioni e caratteristiche variano a seconda della tipologia di tag. Se esiste, la memoria
del tag deve poter contenere almeno il codice univoco identificativo e, se le sue dimensioni
lo consentono, può ospitare altre informazioni sull’oggetto cui il tag è associato.
2) Il reader è il componente che funge da ponte tra il management system e i tags quindi gli
oggetti da identificare.
Presenta pertanto due interfacce, una verso i tags che consente lo scambio di dati
bidirezionale attraverso segnali analogici a radiofrequenza, l’altra verso il sistema di
gestione informatico col quale scambia dati sottoforma di flussi di bit quindi di segnali
analogici binari.
Le funzioni principali di un reader sono quelle di permettere e instaurare la sequenza
protocollare di comunicazione col tag, trasferire bidirezionalmente i dati tra il management
system e il tag a seguito di codifiche/decodifiche, modulazioni/demodulazioni, come verrà
spiegato in seguito.
Capitolo 1 – La Tecnologia RFId
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3) Il sistema di gestione, funge da interfaccia uomo-oggetti identificabili; esso, connesso
al/ai reader del sistema RFId progettato, riceve i dati dai tags presenti nell’ambiente e/o
invia dati ad un sottoinsieme qualunque di essi per ricevere informazioni sugli oggetti e/o
associarne ad essi.
E’ sempre dotato di un terminale di input per selezionare e inviare gli opportuni comandi
da far eseguire al reader, di un terminale di output con interfaccia grafica piø o meno
sofisticata per poter osservare e interpretare il risultato del comando eseguito. Così come
esiste un protocollo che regola la comunicazione tra l’interfaccia RF del reader e i tag, ne
esiste un altro che regola la comunicazione tra management system e reader.
Un sistema di gestione tipico è un PC connesso al reader del sistema che potrà
immagazzinare la mole di informazioni provenienti dai tag e permetterne la
visualizzazione all’utente per mezzo di una GUI (Graphical User Interface). Tali sistemi
possono essere anche piø complessi: innanzitutto per la presenza di molteplici reader
collegati il che richiederà una opportuna gestione delle modalità con cui ciascuno di essi
dovrà occupare il canale radio (tecniche a suddivisione di tempo: Duty Cycle, Listen
Before Talk; a suddivisione di frequenza: Frequency Hopping); inoltre potrebbero essere
collegati a database aziendali per ricavare e/o inviare da/a essi informazioni su oggetti e
persone. L’ultima frontiera della complessità può esser vista nell’architettura proposta
dall’ente normatore EPCGlobal in cui il sistema di gestione è collegato ad una opportuna
rete di server (gli EPCIS: EPC Information Services) accessibile mediante internet per
poter ricavare e/o immagazzinare o aggiornare in maniera automatica informazioni legate
ad ogni singolo oggetto della catena di distribuzione.
1.3 – Classificazioni per i tag
1.3.1 – Classificazione per modalità di alimentazione
In base alla modalità con cui vengono alimentati, i tag RFId si distinguono in: passivi,
attivi, semi-passivi.
Capitolo 1 – La Tecnologia RFId
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1) Passivi: usano il campo generato dal segnale del reader come sorgente di energia per
alimentare i propri circuiti e trasmettere. Non possiedono un vero e proprio trasmettitore, e
non generano la frequenza portante che usano per la trasmissione; piuttosto essi re-
irradiano, modulandola, una parte dell’energia trasmessa dal reader che li sta interrogando.
Come si vedrà, questo fa riferimento alla possibilità di modulare un segnale generato dal
reader tramite la variazione dell’impedenza dell’antenna del tag che trasforma l’antenna
medesima da assorbente a riflettente. Tale processo è molto simile all’uso di uno specchio
e della luce solare per segnalazioni luminose a distanza.
Tali dispositivi possono operare sia mediante induzione magnetica che backscatter
elettromagnetico, a seconda della frequenza operativa adottata. Nei successivi paragrafi
sarà chiarito il significato di questi ultimi due termini.
La potenza ricavabile dal segnale del reader è bassa, ed inoltre decresce molto rapidamente
con la distanza anche in dipendenza dal principio fisico su cui si basa la comunicazione
reader-tag. Ne risultano distanze operative ridotte (al massimo qualche metro per i tag
UHF) ed altre criticità nel funzionamento. Gli obiettivi tecnologici riguardano
essenzialmente la gestione energetica, ovvero il basso consumo, e le prestazioni di
memoria e logica di controllo, nonchè, indirettamente, la capacità di gestire segnali RF
affetti da rumore. In termini di potenza computazionale, nella maggior parte dei casi, non
si va oltre una logica di base ed una macchina a stati in grado di eseguire semplici
istruzioni. A questo proposito riveste grande importanza il sottosistema per ricavare
l’alimentazione per il tag ovvero l’antenna insieme al blocco circuitale (AC-DC Converter
in Fig. 1.2) che converte il segnale RF ricevuto in energia.
La figura 1.2 a pagina successiva, mostra uno schema a blocchi di massima descrivente la
struttura di un tag passivo; si badi che tale schema può esser ritenuto valido per ogni
frequenza operativa e al limite vale anche per tag attivi sostituendo al blocco “AC-DC
Converter” la batteria che alimenta il chip e la sezione di trasmissione.
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Fig. 1.2 – Schema a blocchi di un tag passivo.
Per quanto riguarda la temporizzazione per il blocco “Instruction Sequencer”, problemi di
economicità e scarsità di energia, fanno sì che questa venga normalmente estratta dal
segnale del reader.
I tag contengono una certa quantità di memoria non volatile; naturalmente maggiore è la
memoria maggiori sono le dimensioni del chip ed i relativi costi.
Fig. 1.3 – In alto a sinistra: tag passivo LF in contenitore di vetro; in alto a destra, tag passivo HF Tag-it
by Texas Instruments; in basso a destra, tag passivo UHF in alluminio conforme allo standard EPC
Class1 Gen2, by UPM Rafsec. [2]
2) Attivi: sono alimentati da batterie. Insieme a quelli semi-passivi e semi-attivi, operano
soltanto in UHF o bande superiori, come stabilito dalle normative ISO. Pertanto sono tag
che operano soltanto mediante backscatter elettromagnetico.
Incorporano ricevitore e trasmettitore come i reader. Possiedono memorie di dimensioni
notevoli, spesso riscrivibili, microchip con funzionalità avanzate, possono contenere
RF INTERFACE CONTROL LOCIG
MEMORY
DECODER
ENCODER
INSTR.
SEQUENCER
POWER ON
RESET
MODULATOR
AC-DC
CONVERT.
Capitolo 1 – La Tecnologia RFId
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sensori. Le distanze a cui possono operare dipendono da trasmettitore e batterie, in genere
sono, al massimo, dell’ordine di 200 metri.
Fig. 1.4 - Tag attivo in banda UHF per uso in logistica con integrazione a bordo di un GPS − Identec
Solution. [2]
Possono trasmettere dati al Management System in maniera del tutto indipendente e
svincolata da comandi dello stesso, sono sistemi full-duplex nella maggior parte dei casi, e
vengono utilizzati spesso nelle applicazioni real-time in cui è necessario monitorare una o
piø variabili associabili all’oggetto. Sono i sistemi di fascia piø alta sia nelle prestazioni
che nel costo ma anche nella dissipazione di energia, motivo per cui necessitano di batterie
sofisticate se si vogliono un continuo monitoraggio e lungo tempo di vita per il sistema.
3) Semi-Passivi: detti anche “tag assistiti da batteria” , utilizzano una batteria ma soltanto
per alimentare il microchip e la sua memoria o apparati ausiliari (sensori), ma non per
alimentare un trasmettitore in quanto in trasmissione si comportano come tag passivi;
inoltre trasmettono soltanto alla ricezione di un comando dal reader.
Le distanze a cui possono operare sono, al massimo, dell’ordine di qualche decina di metri,
minori rispetto a quelle dei tag attivi ma maggiori di quelle dei passivi a backscatter EM.
Questo risultato è conseguito grazie al fatto che i tag semi-passivi, essendo alimentati da
batteria, non necessitano di un progetto dell’antenna secondo il compromesso tra capacità
di assorbire energia per alimentarsi e capacità di riflettere energia per trasmettere al reader;
pertanto l’antenna può essere progettata favorendo la riflessione di potenza, il che consente
d’ottenere distanze operative maggiori.
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Fig. 1.5 - Tag semi-passivo in banda UHF, conforme a ISO 18000-6B, con sensore di temperatura -
CAEN S.p.A . [2]
Alcuni tag semi-passivi “dormono” (disconnettono la batteria secondo un comando dal
reader) fino a quando vengono “risvegliati” da un segnale prodotto dal reader, il che
consente di diminuire il consumo energetico.
Il vantaggio dei tag semi-passivi è di poter montare memorie di maggior capacità e
riscrivibili, nonchØ, su alcuni modelli, sensori ambientali per misurare temperatura,
pressione, movimento, ecc. Usufruendo della fonte di energia della batteria i sensori
possono compiere misure, conservarle in memoria con le informazioni temporali e
restituirle all’interrogazione del reader, fornendo una storia della vita dell’oggetto a cui
sono associati. La cosiddetta catena del freddo, costituisce un’applicazione tipica per
queste caratteristiche. Tuttavia essi non consentono spesso un monitoraggio real-time degli
oggetti.
Il costo dei tag semi-passivi è di alcuni euro, costo minore degli attivi che li rende
alternativi nel caso in cui siano desiderate lunghe durate della batteria a costi ragionevoli.
Spesso si menziona anche un'altra categoria, quella dei tag semi-attivi definizione di uso
incerto e spesso confusa con quella di semi-passivi. Propriamente dovrebbe indicare tag
dotati di batteria utilizzata per alimentare chip ma anche trasmettitore a differenza dei
semi-passivi; tuttavia a dispetto degli attivi possono trasmettere al reader solo in occasione
di una interrogazione recepita da esso, quindi non sono autonomi nella trasmissione dati