INTRODUZIONE
Regola generale di ogni ordinamento giuridico è quella
per cui chi violi il precetto contenuto in una norma
venga sottoposto alle sanzioni all‟uopo previste che
consistono sostanzialmente in misure punitive ed in
misure risarcitorie. Questa regola vale
tendenzialmente nei confronti della generalità dei
soggetti ivi compresi quelli che ricoprono alte cariche
pubbliche, ma, nell‟ordinamento italiano, come in molti
altri Stati, essa subisce riguardo a tali soggetti delle
deroghe che, assai più evidenti in passato, oggi si
sono gradualmente ridotte a seguito della piena
affermazione dei principi di democrazia. Il principio
della sovranità popolare, quello dello Stato di diritto,
inteso come sottoposizione di tutti i soggetti
dell‟ordinamento al controllo giurisdizionale, e il
principio di uguaglianza di fronte alla legge, sui quali si
fonda ogni ordinamento democratico, si pongono nel
segno dell‟assoluta incompatibilità con l‟attribuzione ai
soggetti investiti di potere di privilegi ed esenzioni
concessi ratione personae, cioè esclusivamente in
ragione della classe sociale, della condizione o della
qualità della persona, e non ammettono situazioni di
immunità che non siano giustificate dall‟esigenza di
consentire il libero esercizio delle funzioni cui sono
investiti i titolari dei più alti uffici pubblici.
La linea di confine tra immunità quale legittima
prerogativa istituzionale e immunità quale ingiustificato
1
privilegio personale passa proprio attraverso una
giustificazione, una ratio idonea a motivare il perché
un soggetto titolare di una carica pubblica debba
godere di una qualche forma di immunità a garanzia
della funzione che è chiamato a svolgere ovvero
dell‟organo o dell‟assemblea di cui è membro.
Si tratta di una linea di confine da marcare quanto più
nettamente possibile allo scopo di raggiungere il giusto
bilanciamento tra esigenze contrapposte ma
ugualmente primarie in un sistema democratico. Da
una parte vi è la necessità di assicurare un‟adeguata
responsabilità giuridica connessa all‟esercizio del
potere politico, sulla base del noto aforisma «dove c‟è
potere ivi c‟è responsabilità»
1
. Dall‟altra vi è l‟esigenza
di garantire l‟esercizio indipendente delle fondamentali
funzioni che ineriscono alle più alte cariche pubbliche
anche mediante l‟attenuazione della responsabilità
giuridica e la previsione di sfere di immunità in favore
dei soggetti che ne sono titolari, al fine di impedire
iniziative persecutorie e indebiti condizionamenti da
parte di avversari politici, privati cittadini o altri poteri
dello Stato .
Individuare cosa stia al di qua e cosa al di là del
confine comporta notevoli difficoltà, soprattutto
nell‟attuale momento storico-politico caratterizzato da
un clima di forte tensione tra classe politica e
magistratura e, prescindendo dalle opposte opinioni
1
Tale aforisma è il rovescio dell‟espressione «là ou est la résponsabilité là est le pouvoir» coniata da L.
DUGUIT, Traité de droit constitutionnel , II, La théorie générale de l’ État, Parigi, 1927, p. 832.
2
sui singoli provvedimenti approvati in tempi recenti
2
e
sulla loro giustificazione, da un‟innegabile tendenza da
parte dei soggetti governanti alla dilatazione degli
ambiti di immunità e all‟accentuazione della tutela
delle loro attività, quand‟anche si tratti di attività di tipo
privatistico e sganciata, anche temporalmente,
dall‟esercizio della funzione. I conflitti generatisi in
questo scenario rischiano di far saltare i delicati
equilibri fra i poteri dello Stato, con conseguenze
assolutamente pericolose per la nostra democrazia.
CAPITOLO I
1. Evoluzione dell’istituto: da privilegio personale a
prerogativa istituzionale
Osservando il diritto positivo dei Paesi democratici
occidentali si nota come costituisca una costante
l‟attribuzione agli organi costituzionali di determinate
situazioni giuridiche, designate generalmente con il
termine di immunità. Nella sua accezione più ampia e
generica, tale espressione indica l‟esenzione da un
obbligo, da un onere o da un dovere. Normalmente,
però, in riferimento alla condizione dei soggetti investiti
2
Il riferimento è all‟art. 1 della legge n. 140/2003, cd. lodo Maccanico, successivamente dichiarato
costituzionalmente illegittimo dalla Corte costituzionale con sent. n. 24/2004, e alla legge n.124/2008, cd.
lodo Alfano, anch‟esso in tempi recentissimi dichiarato incostituzionale dalla Consulta (sent. n. 262/2009):
con tali interventi normativi sono state introdotte, in momenti successivi e non senza rilevanti modifiche del
secondo provvedimento rispetto al primo, l‟improcedibilità penale e la sospensione del processo a favore
delle alte cariche dello Stato per qualsiasi tipo di reato.
3
di pubblici poteri, si è soliti intendere l‟immunità in un
suo significato più specifico, cioè in quello di
sottrazione alle regole comuni della responsabilità
giuridica e al sindacato giurisdizionale cui sono
sottoposti in via generale tutti i soggetti
dell‟ordinamento
3
.
Tale definizione, sebbene esaustiva in ordine a quello
che è il risultato ultimo dell‟immunità, vale a dire il suo
effetto giuridico, non da sufficientemente conto del
fondamento e delle forme giuridiche che tale istituto
può assumere e che ha effettivamente assunto nel
corso della sua secolare storia; pertanto il tentativo di
una rilettura critica delle immunità costituzionali non
può prescindere da un approccio di tipo storico-
comparatistico, che solo può cercare di chiarire le
origini, i successivi sviluppi e l‟attuale portata di
prerogative così controverse.
Nella loro evoluzione storica le immunità e in generale
le limitazioni della responsabilità giuridica dei titolari di
funzioni e poteri pubblici si sono andate trasformando
sempre più da privilegi personali, concessi
esclusivamente a protezione del mero interesse
individuale del soggetto beneficiario, in prerogative
funzionali, dettate, invece, dall‟esigenza di assicurare
l‟esercizio indipendente delle funzioni degli organi
costituzionali.
3
In questi termini, ad esempio, G. F. CIAURRO, Prerogative costituzionali, in Enc. Dir., XXV, Milano, 1986,
p. 2 ss.; S. ANTONELLI, Le immunità del Presidente della Repubblica Italiana , Milano, 1971, p. 5; V.
CAIANIELLO, Immunità e responsabilità nell’esercizio di pubbliche funzioni: evoluzione e quadro attuale, in
Dir. soc., 1989, p. 445 ss.
4
Nelle monarchie assolute dell‟ ancien régime la piena
irresponsabilità del Re costituiva un vero e proprio
privilegio diretto a porre la sua persona in una
situazione di assoluta sovraordinazione rispetto non
solo a tutti i suoi sudditi ma anche alla legge stessa. Il
Re era legibus solutus, nel senso che non vi erano
limiti di diritto al di sopra di lui, e pertanto non poteva
esservi controllo giuridico su suoi atti, né su quelli
compiuti in qualità di capo dello stato, né su quelli
posti in essere come soggetto privato; qualsiasi
volontà o iniziativa che promanava dal Monarca era
per ciò stesso legittima. Siffatta eccezionale posizione
giuridica trovava giustificazione nella risalente
concezione secondo cui il Principe si intendeva
direttamente istituito da Dio, per cui ogni tentativo di
restringere i suoi poteri e violare la sua persona era un
atto contrario alla stessa volontà divina. Ma anche al di
là di tale giustificazione “trascendente”, l‟idea di un
Sovrano soggetto alla legge cozzava con il concetto
stesso di Stato, così come elaborato dai pensatori
dell‟epoca. Volendo riprendere la teoria dello Stato
assoluto formulata da Hobbes, tale idea è
inconcepibile perché «mette le leggi al di sopra del
Sovrano, […] un giudice al di sopra di lui e stabilisce
un potere di punirlo: il che significa creare un nuovo
Sovrano e poi, per la stessa ragione, un terzo e così
continuamente senza fine con la confusione e
dissoluzione dello Stato»
4
.
4
T. HOBBES, Leviathan (1651), trad italiana, Il Leviatano,o la materia, la forma e il potere di uno stato
5
Di odiosi privilegi immunitari godevano anche gli
appartenenti all‟aristocrazia, ai quali, detentori
assieme al Re del potere politico, era così assicurato
un predominio incontrastato sulle classi inferiori.
Il tramonto dell‟assolutismo e l‟affermazione dei
principi del costituzionalismo liberale misero in
profonda crisi il tradizionale concetto di immunità,
ormai non più giustificabile alla luce del principio di
uguaglianza: non è un caso, dunque, che il fenomeno
immunitario assunse natura e fondamento nuovi,
specie in relazione al Parlamento e alla posizione dei
suoi membri.
In Inghilterra il travagliato riconoscimento di ambiti di
immunità a favore dei parlamentari fu frutto
dell‟esigenza di impedire al Re di interferire nell‟attività
del Parlamento mediante attacchi scagliati contro i
suoi membri da una giurisdizione amministrata in
nome della Corona.
All‟insindacabilità delle opinioni espresse dai
parlamentari nel corso delle riunioni assembleari si
aggiunse in seguito anche la garanzia dell‟inviolabilità
personale degli stessi
5
. Per entrambi gli istituti la
necessità della tutela dei componenti delle assemblee
elettive fu strettamente legata all‟affermazione dei
principi connessi alla rappresentanza politica. All‟idea
di un Monarca assoluto, detentore esclusivo della
ecclesiastico e civile, Roma-Bari, 1996, p. 265.
5
Va, però, precisato che in Inghilterra l‟istituto dell‟inviolabilità era principalmente legato all‟arresto per debiti
e che la piena affermazione di tale immunità in ambito penale va ricondotta alle vicende connesse alla
Rivoluzione francese.
6
sovranità e assolutamente irresponsabile, andò
gradualmente a sostituirsi quella di un Parlamento
partecipe dell‟esercizio della sovranità e i cui membri,
proprio perché espressione della volontà popolare,
andavano protetti dalle eventuali iniziative persecutorie
dei giudici “del Re”.
Anche in Francia, all‟indomani della Rivoluzione,
l‟affermazione delle immunità parlamentari fu dettata
principalmente da esigenze di garanzia del regolare
funzionamento dell‟organo rappresentativo. Tuttavia il
costante richiamo al principio rappresentativo e al
collegamento tra la posizione dell‟Assemblea
Nazionale e dei suoi membri con la volontà generale
che in essi si rifletteva comportò che le garanzie
parlamentari divennero strumento per stabilire una
forma di preminenza sugli altri centri di potere
organizzato dello stato. Finalità questa che andava
ben oltre la stretta esigenza del buon funzionamento
dell‟Assemblea e che finì per configurare una sorta di
intangibilità della persona del deputato avente i
caratteri più del privilegio personale che della
prerogativa
6
. In quella fase di abolizione delle vecchie
strutture di potere e di creazione di nuovi assetti socio-
politici, che la Francia visse negli anni
immediatamente successivi alla Rivoluzione,
6
Cfr. G. ZAGREBELSKY, Le immunità parlamentari. Natura e limiti di una garanzia costituzionale, Torino
1979, p. 10, secondo il quale «se l‟assolutismo aveva garantito al re una totale irresponsabilità della sua
persona, collocata al di sopra della legge comune, i nuovi principi rivoluzionari, non potendo ammettere
posizioni individuali sottratte all‟eguale vigenza della volontà generale espressa nella legge, garantirono
almeno che la persona dei deputati non fosse esposta e quindi subordinata alla volontà di poteri diversi da
quello rappresentativo della sovranità nazionale».
7
l‟esigenza pratica di tutelare il nuovo potere costituito e
la nuova classe dirigente prevalse sui principi stessi in
nome dei quali i fautori della Rivoluzione avevano
abolito ogni forma di privilegio e di ingiustificata
distinzione di trattamento giuridico. Ne derivò una
concezione delle immunità e inviolabilità quale jus
singulare, derogatorio del principio di uguaglianza e
giustificato con il richiamo alla necessità di assicurare
l‟indipendenza dell‟istituzione rappresentativa,
attraverso garanzie concesse ai suoi membri. Il
Duguit, giurista francese di grande autorità all‟epoca,
nel suo Traité de droit constitutionnel sosteneva che la
regola dell‟inviolabilità costituisse per i membri del
Parlamento un vero privilegio e che si trattasse di una
regola del tutto eccezionale che bisognava interpretare
restrittivamente
7
.
Questa impostazione tradizionale fu accolta e
sostenuta anche dalla dottrina costituzionalistica
italiana, specie quella più antica
8
. In ordine alle
immunità parlamentari stabilite dallo Statuto albertino
(artt. 37, 45, 46 e 51 St.), la dottrina dominante
all‟epoca si esprimeva in termini di istituti di diritto
singolare, ovvero di privilegi che, seppur giustificati
dall‟esigenza di garantire l‟indipendenza politica dei
parlamentari, «oltre al creare e mantenere una
spiacevole ineguaglianza dei cittadini davanti alla
7
L. DUGUIT, Traité de droit constitutionnel, cit., t. II.
8
In proposito vanno ricordati, tra gli altri, L. CASANOVA, Del diritto costituzionale, vol. II, Genova, 1860, p.
285 ss.; L. PALMA, Corso di diritto costituzionale, vol. II, Firenze, 1884, p. 470 ss.
8
legge, offendono in sé la libertà e il diritto dei privati e
dell‟azione pubblica»
9
.
Avverso tale concezione originaria, incompatibile con i
principi fondanti dei moderni sistemi liberal-
democratici, reagirono i più autorevoli Maestri del
diritto costituzionale italiano, ai quali si deve il
trapasso, sul piano dogmatico, dall‟immunità quale
qualità personale soggettiva a manifestazione della
posizione oggettiva dell‟organo. Essi presero le mosse
dalla considerazione che le immunità, nelle fasi più
progredite degli ordinamenti liberal-democratici, pur
operando, in concreto, a tutela della libertà personale
degli individui investiti di cariche pubbliche, sono
preordinate di principio a vantaggio non della singola
persona ma dell‟ufficio
10
. Per definire questa
situazione giuridica, da alcuni autori venne utilizzato il
termine prerogativa per indicare un attributo proprio
dell‟ufficio e dell‟istituzione, in contrasto con il concetto
di privilegio, relativo, invece, ad istituti e situazioni
giuridiche pertinenti direttamente e particolarmente al
singolo individuo. Solo così concepite e giustificate, le
immunità potevano trovare posto in un ordinamento
ormai saldamente fondato sul principio di uguaglianza
e su quello dello Stato di diritto, onde le opinioni
manifestate successivamente, e sino ai giorni nostri,
9
In questi termini L. PALMA, Corso di diritto costituzionale, cit., vol. II p. 507.
10
Per questa impostazione va ricordato, come fondamentale, il saggio di V. E. ORLANDO, Immunità
parlamentari ed organi sovrani (1933), in Diritto pubblico generale. Scritti varii (1881-1940) coordinati in
sistema, Milano, 1954. Cfr. anche F. RACIOPPI e I. BRUNELLI, Commento allo Statuto del Regno, vol. I,
Torino, 1909, p. 214; S. ROMANO, Nozione e natura degli organi costituzionali dello Stato, in Scritti minori,
Milano, 1950, vol. I p. 11; E. CROSA, Gli organi costituzionali e il Presidente della Repubblica nella
costituzione italiana, in Riv. trim. dir. pubbl., 1951, pp. 96 e 98.
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