INTRODUZIONE
Questa mia tesi non vuole essere solamente un elaborato incentrato su argomenti di
medicina, né un elenco di nozioni, informazioni, note e parole. Il mio intento è di conferire
a questo documento un valore molto più ampio: esso rappresenta l’ultimo atto della mia
carriera di studi intrapresa quindici anni fa e mi permette di concludere la mia formazione
universitaria, aprendomi così la strada verso il mondo del lavoro; vorrei altresì che la
lettura di queste pagine trasmettesse vivamente al lettore tutto l’interesse, la passione,
l’attenzione e la voglia che ho impiegato nel crearle.
Assume un enorme rilevanza anche l’argomento che ho deciso di trattare: la donazione
del sangue è un tema che mi sta particolarmente a cuore e che ha carpito il mio interesse e
la mia attenzione sin da quando ero bambino. Per me la donazione possiede una
significativa importanza in primis dal punto di vista etico: considero essa come un estremo
atto di generosità, in quanto consiste nel privarsi di un qualcosa che per noi è fondamentale
ai fini della vita, per donarla ad una persona (sconosciuta) che ha un bisogno superiore al
nostro.
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Il fatto che il ricevente sia una persona che il donatore non conosce, aumenta ancora di
più il valore dei questo gesto, e gli conferisce un ampio significato morale; chi dona il
sangue, quindi, compie un atto di solidarietà non solo verso il singolo, ma nei confronti di
tutta la società in quanto ogni individuo rappresenta un potenziale ricevente prima ancora
che un potenziale donatore.
L’etica del donare concorda con moltissime correnti di pensiero: il dono e l’atto di
carità, infatti, sono due dei principi alla base della morale Cristiana. Colui che dona, regala
gratuitamente al suo prossimo una speranza di salute e di vita, quindi al contempo, compie
un atto caritatevole che diventa ancora più importante quando si sottolinea che per donare
bisogna andare incontro ad un piccolo sacrificio, in quanto si rinuncia ad una parte di se
per regalarla ad una persona estranea.
Il tema delle donazioni trovano spazio anche nella deontologia, non solo infermieristica
ma in quella di tutte le professioni sanitarie. Infatti il nostro Codice Deontologico, obbliga
tutti i professionisti del settore a promuovere in ogni maniera la donazione di cellule,
tessuti ed organi (articolo 4).
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Il professionista ha dunque l’obbligo di promuovere l’ educazione sanitaria del
cittadino.
Educare significa innanzitutto insegnare e far conoscere. Noi infermieri abbiamo il
dovere di incentivare le donazioni in quanto siamo assoggettati alla nostra deontologia,
quindi il nostro compito è quello di spiegare al cittadino in cosa consiste la donazione, di
illustrare quale importanza morale e sociale è racchiusa nel dono.
La mia tesi,appunto, vuole essere strumento d’informazione ed educazione, in pieno
rispetto della deontologia.
Infatti, insegnando alle persone cosa significhi realmente donare, sia che si tratti di
organi o più semplicemente di sangue, si contribuisce a dissipare tutte le maldicenze e le
false credenze popolari che diffamano questa tematica da moltissimo tempo.
Così facendo si promuoverà lo sviluppo di una società più sana, più ricca di ideali ed
allo stesso tempo con meno malattie e meno malati.
Personalmente mi ritengo una persona fortunata in quanto sono cresciuto in una
famiglia di donatori, sin da bambino mi sono stati inculcati nella mente gli ideali del dono
gratuito, della solidarietà e della carità. Il mio desiderio più grande, quindi, coincide anche
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con la maggiore motivazione che mi ha spinto a trattare l’argomento delle donazioni nella
mia tesi di Laurea: voglio che questo documento sia un messaggio che contribuisca a
promuovere nella società il tema della donazione e sia anche una testimonianza che
smentisca tutti coloro i quali si dimostrano ancora scettici e negativamente critici verso
quest’argomento.
Gli argomenti trattati saranno tutti incentranti sul tema della donazione del sangue, sarà
dato particolare risalto all’etica, alla legislazione ed all’aspetto organizzativo; non
mancherà la parte tecnica con la descrizione dei materiali, delle procedure di prelievo e
trasfusione. Molte pagine conterranno delle foto appositamente inserite con lo scopo di
illustrare visivamente le apparecchiature, gli oggetti, i materiali adottati e le procedure
tecniche.
La parte terminale conterrà un’indagine conoscitiva che ha come oggetto dei suoi studi
il rapporto tra le donazioni di sangue e la popolazione dell’XI Circoscrizione del Comune
di Reggio Calabria. Lo scopo di quest’indagine è di dimostrare statisticamente quali
interventi sul territorio possono essere effettuati per sensibilizzare la popolazione verso la
problematica della donazione del sangue.
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CAPITOLO 1
1.1 : Storia ed evoluzione delle donazioni di sangue
I primi cenni storici sul salasso compaiono nei manoscritti di Aulo Gallio, erudito latino
vissuto tra il 130 ed il 180 d.C., questi testi narrano di come nell’impero romano il salasso
costituisse una pratica punitiva attuata nei confronti di soldati accusati di infedeltà e
tradimento mediante l’utilizzo di lancette per incidere le vene, da barbieri e chirurghi, i
quali si avvalevano anche di ventose e sanguisughe.
I primi tentativi di trasfusione da uomo a uomo si registrano verso la fine del 1400,
quando assai famosa rimase, nel 1942, la trasfusione eseguita sul moribondo Papa
Innocenzo VII.
I primi esperimenti trasfusionali si devono far risalire, probabilmente ad un toscano,
Francesco Folli di Poppi.
La prima trasfusione di sangue effettuata su un uomo, della quale si abbia dettagliata
notizia, fu quella eseguita a Parigi il 15 giugno 1667 da Jean Baptiste Denis, assistito dal
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chirurgo Emmerez, su un giovane di sedici anni, il quale nel corso di due mesi era stato
salassato venti volte per una malattia febbrile la cui causa era ignota. Nella vena del suo
braccio fu introdotta una cannula d’argento, precedentemente immessa nel capo centrale
della carotide di un agnello. La quantità di sangue trasfuso fu calcolata in nove once
(270 gr.); l’operazione ebbe inizio alle ore cinque del mattino e dopo poche ore il paziente
era già in piedi ed affermava di sentirsi bene. Nei giorni successivi la situazione migliorò
notevolmente e la febbre sparì; la notizia di questo intervento ebbe grande risonanza tra gli
studiosi dell’epoca. A Roma, il 10 dicembre 1667, l’anatomista e chirurgo, Guglielmo
Riva, trasfuse sangue di montone nel braccio di Francesco Sinibaldi, affetto da tisi
polmonare; l’operazione riuscì, ma Sinibaldi morì del suo male nel febbraio del 1668.
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Antica raffigurazione della tecnica di prelievo ematico
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Malgrado questi inizi positivi, la trasfusione del sangue cadde nell’oblio alla fine del
1600, a causa degli insuccessi, dell’insufficienza dottrinale e della violenta polemica degli
oppositori.
Nel 1679, a Roma, un decreto del governo pontificio proibì del tutto la trasfusione del
sangue sull’uomo. Durante quasi tutto il secolo XVIII il silenzio sulla trasfusione fu
assoluto.
Un netto miglioramento sull’efficienza delle trasfusioni verificò con l’adozione della
siringa e con apparecchi a capacità nota, ma nel secolo successivo non si assistette ad
innovazioni e scoperte che potessero migliorare le tecniche del salasso.
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La trasfusione divenne attuabile su basi scientifiche soltanto dopo la scoperta dei gruppi
sanguigni (sistema A, B, 0) da parte del medico austriaco Karl Landsteiner nel 1900.
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Apparecchi usati per il salasso nel 1600
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La scoperta dell’azione anticoaugulante del citrato di sodio, nel 1914, fu di
fondamentale importanza in quanto contribuì a trasformare la procedura trasfusionale da
diretta a indiretta, consentendo la conservazione del sangue per quattro o cinque giorni a
4/6 °C. Lo sviluppo di queste sostanze portò alla realizzazione di una soluzione che ne
permise la conservazione sino a 21 giorni. Tale soluzione, che attualmente è la più usata
per la conservazione del sangue, si chiama “Acd” ed è composta da acido citrico, citrato di
sodio e destrosio o glucosio.
Vengono usate anche soluzioni particolari, ad esempio le “Cpd”, che permettono di
conservare il sangue per 28 giorni o più (adenina e guanina) ed il congelamento del sangue
(- 70 °C in glicerolo) che consente di mantenere inalterati i globuli rossi anche per anni.
Questi ultimi metodi sono ancora in gran parte in via di sperimentazione e sono riservati
esclusivamente a centri sperimentali.
L’ introduzione degli anticoagulanti costituì un grande salto di qualità per la trasfusione
poiché la trasformò da diretta ad indiretta, portando così all’allontanamento fisico tra il
donatore ed il ricevente.
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Nel 1930 fu istituita la prima “Banca del sangue” della storia, presso il London
Hospital, quest’innovazione permise di avere prontamente disponibile sangue ed
emoderivati, per qualsiasi esigenza trasfusionale ed in grande quantità.
Nel 1940 fu scoperto il fattore RH, tramite degli studi effettuati su delle scimmie
appartenenti alla specie dei “Macacus Rhesus” , ciò permise di ridurre al minimo le
reazioni allergiche post-trasfusionali migliorandone notevolmente l’efficacia e la sicurezza;
infatti da questo momento in poi su ogni campione viene eseguita la tipizzazione del
gruppo secondo il sistema AB0 e la determinazione del fattore RH.
Altri progressi dal punto di vista della conservazione e della lavorazione, vengono
apportati nel 1952 da Carl Walter, il quale introdusse le sacche di plastica in sostituzione
delle bottiglie di vetro per la raccolta. Questa invenzione aprì il campo alla lavorazione del
campione mediante la centrifuga refrigerata, che permise di ottenere i primi emoderivati.
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Centrifuga refrigerata
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La medicina trasfusionale subì degli ulteriori progressi negli anni ottanta quando si
iniziarono a prescrivere le prime terapie mirate che si avvalevano della trasfusione degli
emoderivati di cui il paziente aveva specificamente bisogno, questo permise di non esporre
il ricevente a tutti i pericoli legati alla trasfusione di sangue in toto, come ad esempio
reazioni immunologiche e facilità di trasmissione di malattie infettive.
Nel 1985 ad ogni sacca di sangue viene analizzata per la presenza di anticorpi anti-HIV
e successivamente anche per gli anti-HCV, anti-HTVL, anti-HBsAg. Inoltre tutti i donatori
vengono sottoposti ad un questionario di idoneità ed a periodici controlli dello stato di
salute generale, al fine di aumentare la sicurezza delle trasfusioni ed invogliare la gente ad
accostarsi alla donazione.
Ai giorni nostri, la medicina trasfusionale persegue sempre di più l’utilizzo dei singoli
emoderivati, infatti la trasfusione di sangue intero viene sempre meno praticata.
Nei centri trasfusionali, la presenza di nuovi macchinari capaci di estrarre dal donatore
solamente la componente del sangue desiderata, preservando tutto il resto, e la possibilità
di poter utilizzare le componenti del sangue separatamente ha permesso il verificarsi di un
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