2
Premessa
Il presente lavoro ha per oggetto gli anfiteatri ubicati nel territorio flegreo.
I Campi Flegrei sono una vasta area di origine vulcanica situata a nord –
ovest della città di Napoli (tav.I, fig.1). Nella zona, caraterrizzata dal noto
fenomeno del bradisismo, sono riconoscbili ventiquattro tra crateri ed
edifici vulcanici, fra i quali il Monte Miseno, il cratere di Torregaveta, i
fondi di Baia. Attualmente compresi in quest’area sono i comuni di
Pozzuoli, Baia, Bacoli, Monte di Procida, Miseno, Quarto Flegreo, nonché i
quartieri napolateni di Posillipo, Fuorigrotta e le frazioni di Pianura,
Soccavo. Isole Flegree sono quelle di Ischia, Procida e Vivara. Le evidenze
note in quest’area sono: l’anfiteatro repubblicano o minore di Pozzuoli,
quello flavio puteolano, di dimensioni maggiori del primo, e infine
l’anfiteatro di Cuma. Lo scopo del presente lavoro è di fornire un quadro
completo dei monumenti, al fine di definirne il sistema d’uso e la
periodizzazione. La raccolta dei dati è stata realizzata sia attraverso
l’indagine bibliografica che l’esame autoptico; difficoltà si sono riscontrate
nel reperimento di fonti relative all’anfiteatro cumano.
L’elaborato risulta suddiviso in due capitoli, preceduti da un’introduzione
dove è ricostruita, in sintesi, la storia evolutiva di questo tipo
architettonico. Nel primo capitolo, delineato un quadro storico e
topografico dell’antica colonia romana di Puteoli, si procede allo studio e
all’analisi dell’anfiteatro minore e di quello maggiore. Nel secondo capitolo
invece viene preso in esame l’Anfiteatro di Cuma, dopo aver fornito le
coordinate storiche - topografiche dell’antica città di Cuma, in particolare
per l’epoca romana. Nelle conclusioni gli anfiteatri flegrei vengono inserti
nel quadro evolutivo di questo tipo architettonico.
3
Introduzione
L’anfiteatro: storia di un tipo architettonico
Il termine amphitheatrum indica quel tipo di edificio in cui avevano luogo i
combattimenti gladiatori (munera) o le cacce di bestie feroci (venationes)
1
.
Con questo significato è attestato per la prima volta in età augustea
utilizzato sia da Vitruvio nel De Architectura (I,7,1,12), dove però
l’amphitheatrum non viene presentato come uno degli edifici costitutivi
dell’urbs romana, sia dallo stesso Augusto nelle Res Gestae divi Augusti (4,
41)
2
. In questo sorta di testamento, l’imperatore afferma di aver offerto al
popolo romano, in suo nome e quello dei suoi figli, ventisei “venationes
bestiarum Africanarum” svoltesi o nel circo o nel foro o
nell’amphitheatrum. Nei testi anteriori ad età augustea si era soliti
utilizzare il termine spectacula, ossia un insieme di sedili da cui era
possibile assistere ad una rappresentazione. Tuttavia, nonostante esista un
diretto rapporto tra l’anfiteatro e i munera, c’è uno scarto cronologico tra
la storia del monumento e quella degli spettacoli che vi erano organizzati.
Infatti i primi combattimenti in Etruria e in Campania risalgono al IV sec
a.C.; a Roma il primo munus fu organizzato nel 264 a.C. nel foro Boario.
Dopo questa data, fino alla fine dell’età repubblicana, in città i munera si
svolsero nel Foro (tav.I, fig.2), mentre con la ripavimentazione di
quest’ultimo fatta da Augusto alla fine del I sec. a.C., i vari spettacoli si
tennero nei saepta (recinti lignei per le riunioni elettorali) del Campo
Marzio.
Se a Roma si era soliti utilizzare strutture temporanee per lo svolgimento
di questi spettacoli, il primo vero anfiteatro in muratura della città fu
1
Cfr. VILLE 1981.
2
GROS 2001, pp. 354 – 384. Per un quadro d’insieme della storia del tipo architettonico cfr.
GOLVIN 1988.
4
quello di Statilio Tauro costruito nel 29 a.C. L’evidenza romana si afferma
però con un certo ritardo rispetto ai più antichi anfiteatri della Campania,
dell’Etruria o della Lucania, i quali, realizzati tra la fine del II e il I sec. a.C.
adattandosi alle caratteristiche naturali del luogo, presentavano una cavea
scavata nel terreno. Le più antiche arene italiche finora identificate sono
quelle di Pozzuoli e Capua costruite entrambe sul finire del II sec. a.C.,
seguite da quella di Pompei, risalente alla fondazione della colonia sillana
nell’80 a.C., e quella di Sutri forse databile al 41-40 a.C. Il ritardo di Roma
ha una duplice motivazione: se da un lato si era oramai radicata la prassi di
organizzare i munera in strutture temporanee, dall’altro si riscontra anche
un atteggiamento ambiguo di Augusto. Infatti l’anfiteatro nella Roma di
inizio età imperiale non godeva di grande prestigio in quanto, nonostante il
carattere funerario e commemorativo degli spettacoli che si svolgevano al
suo interno, non aveva la leggittimità e la sacralità fornite dall’essere un
edificio di carattere religioso. Probabilmente fu proprio questo il motivo
per cui Augusto concesse la costruzione di un anfiteatro nel Campo
Marzio, quartiere degli spettacoli, a Statilio Tauro, personaggio ricco, ma
non direttamente legato alla famiglia imperiale. Già nel corso del I sec a.C.
intanto, questo tipo architettonico sviluppa le sue caratteristiche
essenziali: una pianta complessiva quasi ellittica, un’arena priva di qualsiasi
struttura di carattere scenico e di forma curva ma allo stesso tempo
oblunga, derivata dalla formatio oblonga dei fori di tipo italico, per fare in
modo che gli spettatori potessero assistere da qualsiasi posizione ai
combattimenti gladiatori. A Roma, in età giulio-claudia, non vi è ancora un
vero e propio modello di riferimento se si considera anche che l’anfiteatro
di Statilio Tauro viene abbandonato a vantaggio dei saepta per lo
svolgimento dei munera. Intanto in età neroniana, la maggior parte degli
anfiteatri italici non viene più interamente scavata nel suolo naturale, ma
essi iniziano a essere costruiti su terrapieni artificiali con contenimento
5
esterno in muratura, come a Susa. Tuttavia questi monumenti anche se
hanno una cavea sostenuta da muri radiali, non presentano ancora una
facciata ad arcate, ad eccezione dell’anfiteatro di Verona, risalente ai primi
decenni del I sec a.C., quello di Terni e quello di Pula. Queste facciate se
per la maggior parte sono scandite da semplici contrafforti sporgenti, già in
questo periodo, nei casi più complessi, presentano ordini di semicolonne o
semipilastri, in qualche caso, sovrapposte. Per quanto concerne il percorso
interno, di solito gli anfiteatri giulio-claudi hanno un ingresso principale
sull’asse maggiore, come ad Aquilea, al quale se ne affianca un altro
all’estremità dell’asse minore, come a Paestum, e, a volte, anche altri
accessi secondari situati fra i vari scomparti. Tuttavia, fino a questo
periodo, la maggior parte di questi edifici, dotati di un’arena di forma
ellittica, non presenta ancora strutture assimilabili a sotterranei. Un
primo e vero modello di riferimento per questo tipo architettonico viene
offerto da Roma con l’anfiteatro flavio (187 x 155), ovvero il Colosseo
(tav.II, fig.1). Questo, capace di ospitare tra le 50000 alle 73000 persone, fu
iniziato nel 71-72 d.C. sotto Vespasiano, ma l’impresa continuò sotto i suoi
figli in quanto, inaugurato da Tito nell’80 d.C., fu finito sotto Domiziano.
L’anello esterno era articolato in tre ordini architettonici sovrapposti,
rispettivamente dal basso verso l’alto, dorico-tuscanico, ionico e corinzio
(tav.II, fig.2). Ognuno presentava archi inquadrati da colonne incassate,
alle quali si sovrapponeva una traebazione rettilinea. Sulla sommità
dell’edificio si trovava un attico anch’esso con lesene di ordine corinzio,
sopra il quale si stendeva il velarium con cui si riparava il pubblico dal sole.
L’accesso era possibile, oltre che attraverso i quattro ingressi principali
all’estremità dei due assi, anche tramite tutte le 74 arcate del piano terra,
che attraverso un complesso sistema di scale, raggiungevano i diversi
settori della cavea, la quale presentava rispettivamente dodici, diciannove
e sette file di gradini nell’ima, media e summa cavea a cui si aggiungevano
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le undici file di legno del porticus posto sulla sommità. I sotterranei, che
occupavano tutto lo spazio dell’arena, erano recinti da uno spesso muro
ed erano articolati in una galleria rettilinea, sull’asse principale, con gabbie
e montacarichi distribuite su due livelli, e altre due gallerie parallele.
L’accesso ad essi avveniva dal ludus magnus, la caserma dei gladiatori,
posta nelle vicinanze del Colosseo. Questo monumento, alla cui
progettazione e costruzione parteciparono architetti e maestranze edili di
altissimo livello, si impone non solo come modello per i successivi
anfiteatri ma è anche il segno del processo di trasformazione dei gusti e
delle mode romane. Infatti alla fine del I sec. d.C. questo tipo di edificio
riservato ai munera diventa il principale luogo di svago per il popolo
romano, prendendo il posto che in età augustea era proprio del teatro.
Sulla base di tale modello in età flavia e successiva, gli anfiteatri
presenteranno caratteristiche comuni (tav.III, fig.1). Per quanto concerne
gli ordini archittetonici, costante è la presenza di arcate e di colonne
incassate, come nell’anfiteatro maggiore di Pozzuoli, anche se in generale
si hanno solo due piani sormontati da un attico e non tre come nel
Colosseo. Per quanto riguarda invece i percorsi interni, dagli studi ad Arles
ed El Jem, si è evidenziato che attraverso elaborati percorsi si cercava di
guidare gli spettatori ordinatamente, attraverso rampe e scale, dai
vomitoria (ingressi) fino ai posti loro assegnati. Resta il fatto che i settori
più facilmente accessibili erano quelli riservati agli strati sociali più alti,
ossia il podium e l’ima cavea, raggiungibili attraverso brevi e numerosi
accessi, in contrasto con i percorsi più lunghi e ripidi che risalivano fino alle
gradinate degli ultimi livelli, riservati invece al resto degli spettatori. I
sotterranei, adibiti a luogo di servizio, erano formati da una galleria lungo
l’asse principale di pianta rettangolare, divisa in più navate tramite pilastri,
come ad Italica; insieme a questa di solito erano presenti gallerie
perpendicolari dotate di montacarichi. In alcuni casi i sotterranei
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occupavano tutto lo spazio al di sotto dell’arena, il cui piano era costituito
da un tavolato di legno sul quale, attraverso botole, arrivavano gladiatori,
animali, ecc. Gli accessi principali a queste gallerie sotterranee si aprivano
sugli assi dell’anfiteatro. L’anfiteatro maggiore di Pozzuoli e quello di
Capua, così come il Colosseo, presentavo sotterranei a due piani. Infine le
dimensioni dell’alzato degli edifici, a partire dal I sec.d.C., si basarono sui
rapporti fra le dimensioni fondamentali; un esempio è offerto dal Colosseo
dove esistono rapporti di 1 a 1 fra l’altezza della facciata e la larghezza
dell’arena. Ma se il Colosseo offrì un modello in età flavia e post-flavia,
l’Amphitheatrum Castrense di Roma, costruito forse sotto Eliogabalo (218-
222 d.C.), segna il punto di arrivo del processo di evoluzione di questa tipo
monumentale, che tra la fine del I sec. e la metà del III sec.d.C. diventa
l’edificio più caratteristico delle città nelle province occidentali
dell’impero, immagine di potenza e fasto della Roma imperiale.
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CAPITOLO I: POZZUOLI
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I,1) La città: il quadro storico
Secondo la tradizione Pozzuoli prima di essere una colonia romana fu un
insediamento greco di nome Dicearchia (città della giustizia), fondata da
aristocratici di Samo, fuggiti dalla tirannia di Policrate (528 a.C.)
3
.
Alla fine del V sec. a.C., i Campani conquistarono l’intera regione, tra cui
Cuma e lo stesso territorio di Pozzuoli. Dopo questo periodo di
dominazione sannita, Pozzuoli entra nella sfera d’influenza di Roma e con
Capua ottiene, nel 334 a.C., la civitas sine suffragio, mentre nel 318 a.C., è
sottoposta alla giurisdizione dei prefecti Capuam Cumas
4
.
La seconda guerra punica (221 – 202 a.C.) segna un punto di svolta per la
storia della città. Infatti più volte durante la guerra, al porto puteolano
erano arrivate le derrate alimentari indispensabili per i soldati e per Roma
stessa. Così alla fine del conflitto, il censore Scipione “l’Africano”, nel 199
a.C., istituisce un portorium (dazio per le merci) sia a Capua che a Puteoli,
simbolo dell’importanza commerciale della città, che oramai ha sostituito
Cuma come porto principale della Campania. Ma fu solo nel 194 a.C., che,
per ispirazione dello stesso Scipione, vengono fondate le colonie marittime
di Puteoli, Liternum e Volturnum, con lo stanziamento di trecento coloni.
Fin dalla fondazione appare chiara la doppia vocazione di Puteoli: se da un
lato infatti la città ha l’importante compito di garantire
l’approvigionamento di grano a Roma, dall’altro emerge subito il suo
carattere cosmopolita, ospitando mercanti, per lo più dall’Oriente
La città, non coinvolta nella guerra sociale, si schiera con Mario durante la
guerra civile. Nel 78 a.C., il vincitore Silla, è chiamato, dai magistrati locali,
per risolvere disordini nati in città. Ancora oggi però se non è ancora chiara
la ragione di questi tumulti, forse provocati dalla non adeguata
3
S. Girolamo, Chronicon, primo anno della 63° Olimpiade (528 a.C.); Stefano di Bisanzio “Puteoli,
città della tirrenia, fondazione dei Samii, detta anche Dicearchia”. Per la rassegna delle fonti cfr.
BELOCH 1989, p. 108.
4
Per il quadro storico cfr. CAMODECA – CEBEILLAC GERVASONI - LO CASCIO - ZEVI 1993.
10
costituzione cittadina alla richiesta dei ricchi liberti di entrare nel corpo
civico, oppure dalla poca autonomia della colonia, forse ancora sotto
l’autorità del prefetto Capua-Cuma; tuttavia Silla, concedendo una nuova
costituzione alla colonia, riesce a riportare la calma. Intanto le incursioni
dei pirati nel Tirreno recano non poco danno al commercio di Pozzuoli.
Proprio per questo motivo, al momento dello scontro tra Cesare e
Pompeo, la città si schiera con quest’ultimo, in quanto, precedentemente,
era stato lo stesso Pompeo a liberare le acque dalla minaccia dei pirati.
Nonostante ciò, al termine della guerra, il vittorioso Cesare non punisce
Puteoli, data la sua importanza per il rifornimento di grano a Roma.
Intanto una nuova minaccia per la città è rappresentata da Sesto Pompeo
che più volte compie delle incursioni in città proprio per impedire tale
rifornimento; per questa ragione i puteolani decidono di schierarsi con
Ottaviano nello scontro con S. Pompeo, conclusosi nel 36 a.C. a favore del
futuro princeps. Ed è così che consolidato il suo potere, Augusto, deduce la
nuova colonia Iulia Augusta Puteoli, inviando dei veterani in città. Con
quest’atto, l’imperatore non solo accresce la superficie della colonia con i
terreni confiscati a Capua, ma dà alla città una nuova organizzazione sia
dal punto di vista amministrativo, dividendo il territorio in regiones e vici,
come a Roma, che da quello urbano. Infatti sia Augusto che eminenti
cittadini, con le loro iniziative, danno un nuovo volto alla città. Uno dei più
importanti interventi di età augustea è certamente la realizzazione del
molo portuale (tav.III, fig.2). Questo periodo di prosperità iniziato a Puteoli
con Augusto, continua sotto la dinastia giulio-claudia (14-68 d.C.); a tale
proposito va ricordato che Claudio, per evitare danni e incendi alle
strutture annonarie, manda a Puteoli, tra il 42 e il 46 d.C., una coorte
urbana di vigili del fuoco. Nel frattempo in città cresce sempre più
l’insofferenza dei ricchi liberti, i quali sono esclusi dagli organi direttivi
della colonia, affidati ad un gruppo ristrette di gentes. Questa tensione