3
CAPITOLO PRIMO
STRUTTURA ORGANICA DELLE
SOCIETA’ DI CAPITALI E CRITERI DI
ATTRIBUZIONE DELLA PENALE
RESPONSABILITA’
1. Considerazioni introduttive
L‟art. 41 della Costituzione italiana afferma che l‟iniziativa
economica privata è “libera” e non deve svolgersi in contrasto con
l‟ “utilità sociale” o recando danno alla libertà e alla dignità umana.
Il nostro ordinamento da un lato riconosce ed eleva la libertà
economica a principio fondamentale; dall‟altro vi appone dei limiti,
per renderla compatibile con le finalità sociali di cui è portatrice.
Del resto, nell‟impresa, non si addensano soltanto gli interessi
personali di chi la gestisce: l‟imprenditore fruisce di un capitale di
rischio che, la maggior parte delle volte, non è di sua esclusiva
pertinenza, utilizza risorse di derivazione pubblicistica (si pensi ai
lavoratori formatisi grazie al sistema di istruzione pubblica, ai
trasporti, ai supporti sociali) instaura rapporti con i terzi, nei quali
ingenera delle aspettative.
4
Attorno all‟impresa gravitano, dunque, gli interessi di una
molteplicità di soggetti, che investono chi la gestisce di una forte
responsabilità; costui non potrà comportarsi in maniera noncurante
ed arbitraria, ma dovrà tener conto del contesto in cui agisce,
dell‟interazione necessaria del suo operato con le esigenze, i bisogni
e i servizi della società civile, interazione che imprime all‟attività
economica una connotazione di carattere pubblicistico
1
.
Alla luce di ciò si percepisce quanto possa nuocere il delitto
d‟impresa, soprattutto in termini di costo sociale
2
e di molteplicità
di soggetti coinvolti (lavoratori, azionisti, investitori, consumatori).
L‟ordinamento giuridico impone, quindi, il rispetto di determinate
regole nella gestione dell‟attività economica; ma questo non per
ostacolarne l‟esercizio, ma piuttosto per indirizzarne lo svolgimento
entro binari di correttezza, trasparenza e libera concorrenza.
La previsione di limiti richiede però un sistema di controlli con i
quali monitorare se quegli stessi limiti vengano poi travalicati.
Quando ciò accade, quando i paletti fissati dal legislatore sono
aggirati dai soggetti qualificati che operano all‟interno dell‟impresa,
ecco giungere il rimprovero penale, che funge però da extrema
ratio, nel senso che interviene quando il complesso di controlli
interni e/o esterni all‟ente ha fallito.
1
ALBERTI, Il sistema dei controlli societari: realtà e prospettive, in Le Società, n. 6, 2005, p.
691: “La funzione pubblica dell‟impresa è quindi una realtà che si accentua con l‟incremento
delle dimensioni dell‟impresa e con lo svilupparsi dell‟economia”; l‟Autore riporta all‟inizio
del suo intervento il richiamo all‟evangelista Luca: “A chi fu dato molto sarà richiesto e a che
fu affidato molto si richiederà ancora di più (…). Il richiamo all‟evangelista Luca alla
responsabilità di coloro che gestiscono per conto altrui sembra connotare lo sviluppo storico
della responsabilità della gestione delle imprese correlato allo sviluppo dimensionale delle
stesse”.
2
SHUTERLAND, Il crimine dei colletti bianchi. La versione integrale, 1987, p. 70: “I reati dei
colletti bianchi violano la fiducia e creano, di conseguenza sfiducia: ciò abbassa l‟etica sociale
e produce disorganizzazione nella società”; Cfr. sull‟argomento, DE MAGLIE, L’etica e
l’impresa, Giuffrè, 2002, pp. 263 ss.
5
Il controllo ha, dunque, proprio lo scopo di evitare che la gestione
dell‟impresa possa entrare in una fase patologica, contrastante con
le linee tracciate dal modello normativo.
Il relativo sistema si articola in diverse categorie, a seconda
dell‟importanza e della natura dell‟ente giuridico: si va dai controlli
(semplificati) affidati ai diretti portatori d‟interessi, ai controlli
interni demandati ad appositi organismi preposti istituzionalmente a
tale compito, fino ad arrivare ai controlli esterni rimessi ad autorità
indipendenti.
Nelle società di persone è assente un sistema di controlli interni
demandato ad una particolare categoria di soggetti, espressamente
preposti a tale funzione con articolata previsione di compiti generali
e particolari. L‟ordinamento rimette direttamente ai soci, in quanto
portatori del primario interesse al buon andamento dell‟impresa
sociale, il potere/dovere di vigilare gli uni sull‟operato degli altri,
poiché sono proprio i soci ad amministrare congiuntamente o
disgiuntamente la società.
Nelle società di capitali il discorso si fa più complesso, potendosi
prospettare diversi scenari: in primis il controllo può essere affidato
ai soci ed agli amministratori, col compito di vigilare gli uni nei
confronti degli altri (è il caso delle S.r.l., per le quali non sia
prevista come obbligatoria l‟adozione di un organo interno di
controllo); in secundis la funzione può essere attribuita ad appositi
organismi che variano a seconda del modello di corporate
governance prescelto (sistema tradizionale, dualistico, monistico),
fermi restando i poteri attribuiti ai soci, agli amministratori gli uni
verso gli altri, al Presidente del consiglio di amministrazione, agli
amministratori deleganti rispetto agli amministratori delegati; c‟è
poi la possibilità che agli organi istituzionalmente deputati al
controllo vengano affiancate figure adibite a compiti di revisione
6
contabile (persona fisica o società di revisione); in ultimo, il
collegio sindacale ed il revisore possono essere coadiuvati da un
soggetto preposto all‟internal auditing, anche detto controller.
Con il presente lavoro si tenterà di compiere un‟analisi dell‟area
penalmente rilevante che si configura intorno al mondo
dell‟impresa, nello specifico focalizzando l‟indagine sulle società di
capitali, rappresentando queste, senza dubbio, la più complessa
forma di manifestazione dell‟attività imprenditoriale.
Particolare attenzione verrà dedicata alla problematica della
responsabilità omissiva impropria ex art. 40 c.p., che sorge in capo
a quei soggetti cui l‟ordinamento conferisce il compito di
“garantire” l‟integrità di un determinato bene giuridico (nel nostro
caso il patrimonio sociale), qualora tali soggetti omettano di tenere
il comportamento doveroso, causando con la loro omissione il
compimento dell‟evento lesivo del bene da loro protetto.
Tale peculiare forma di responsabilità coinvolge, all‟interno della
compagine sociale, in prima battuta coloro i quali sono tenuti
istituzionalmente a svolgere funzioni di controllo; costoro
risponderanno qualora, avendo omesso di adempiere ai propri
compiti funzionali, abbiano contribuito a causare l‟evento
pregiudizievole per la società, ovvero sia non abbiano impedito il
compimento di un reato.
Ma anche agli amministratori spetta, latu sensu, una funzione di
controllo, sull‟operato dei propri colleghi, per cui l‟art. 40 c.p.
diventa lo strumento per valutare pure la loro posizione, all‟interno
dell‟organo collegiale, ed in generale per consentire all‟interprete di
verificare se, commesso un reato da un membro di un organo
societario pluripersonale, sia possibile attribuire una responsabilità
concorsuale omissiva, per non aver impedito la realizzazione
dell‟illecito, in capo ai colleghi.
7
Nel presente lavoro sarà quindi compiuta un‟esegesi dell‟art. 40
c.p., quale criterio di imputazione della responsabilità all‟interno
degli organi societari, analizzando, poi, specificamente il rapporto
tra la norma e le singole figure preposte al controllo all‟interno
della compagine sociale.
Nel primo capitolo verrà esaminata la struttura organica delle
società di capitali, così come delineata dalla disciplina civilistica
recentemente riformata
3
, in modo da far emergere le categorie di
soggetti qualificati, operanti all‟interno dell‟impresa, cui sono
attribuiti i poteri di gestione e di controllo della stessa; ricostruito il
modello normativo predisposto dal legislatore, si affronterà il
problema della spersonalizzazione all‟interno degli organi
collegiali, e delle conseguenti difficoltà che l‟interprete ivi incontra
quando deve individuare ed isolare le singole responsabilità penali
individuali; la soluzione, rispettosa del principio di personalità
sancito dall‟art. 27 Cost., sarà offerta dal combinato disposto degli
art. 110 c.p. e 40 c.p.: si procederà, quindi, con lo studio dei criteri
di attribuzione della responsabilità omissiva (posizione di garanzia,
nesso di causalità, poteri impeditivi, elemento soggettivo),
lasciando al secondo capitolo il problema della compatibilità
dell‟art. 40 c.p. con la posizione dei singoli soggetti qualificati.
Nel secondo capitolo si tratterà, preliminarmente, il problema delle
qualifiche soggettive, per capire fino a che punto un soggetto che ne
sia sprovvisto (ma che eserciti di fatto la funzione) possa essere
destinatario del rimprovero penale; si analizzeranno, quindi, le
singole figure cui il legislatore conferisce poteri di amministrazione
e controllo, e saranno approfonditi i rispettivi profili di
responsabilità, alla luce della disciplina dettata dall‟art. 40 c.p.
3
D.lgs. 17-1-2003, n.6 “Riforma organica della disciplina delle società di capitali e società
cooperative, in attuazione della legge 3 ottobre 2001, n. 366”.
8
Nel terzo capitolo si passerà in rassegna la “rivoluzionaria”
disciplina della responsabilità amministrativa degli enti,
evidenziandone la funzione di strumento preventivo di controllo;
ultimo quesito affrontato dal presente lavoro riguarderà l‟organismo
interno di vigilanza e la configurabilità in capo al medesimo di una
funzione di “garanzia”, per capire se anche nei confronti di tale
organo sia possibile o meno ricostruire una responsabilità penale
per omesso impedimento dell‟evento.
2. Disciplina civilistica delle società di capitali
Prima dell‟entrata in vigore della Riforma organica delle Società
Commerciali
4
, l‟organizzazione interna dell‟ente era strutturata in
un unico modello corporativo e si articolava nella (ormai
considerata tradizionale) dicotomia Amministratore /Collegio
Sindacale.
Dal 1° gennaio 2004 si applica la nuova disciplina del diritto
societario. “I d.lgs. nn. 5 e 6 del 2003 hanno provveduto ad una
riforma, rispettivamente, in senso processuale e sostanziale della
materia
5
. Come Autorevolmente sostenuto: „Il legislatore ha tentato
di trovare un punto di equilibrio tra un‟istanza di liberalizzazione,
da più parti avanzata e il mantenimento, o anche il rafforzamento,
4
D.lgs. n. 6 del 17 gennaio 2003, di attuazione della legge n. 366/2001, entrato in vigore il 1º
gennaio 2004.
5
Sul punto v. GALGANO, Trattato di diritto commerciale e di diritto pubblico dell’economia,
Padova, 2003; NICCOLINI-STAGNO-D‟ALCONTRES, Società di capitali, Commentario,
Napoli, 2004, II; LO CASCIO, La riforma del diritto societario, Milano, 2003;
BUONOCORE, La riforma del diritto societario, Torino, 2003; RAGUSA-MAGGIORE,
Trattato delle società, Padova, 2003, II; GRAZIANI-MINERVINI-BELVISO, Manuale di
diritto commerciale, Padova, 2004.
9
di regole inderogabili a tutela di interessi terzi, dei creditori, del
mercato, degli azionisti esterni‟
6
. È proprio in questa „doppia
anima‟ che si coglie la natura dell‟intervento riformatore, mosso, da
un lato, dall‟esigenza di attribuire maggiore spazio di autonomia
all‟iniziativa sociale e teso, dall‟altro, a garantire una protezione
forte ed imperativa di coloro che all‟impresa affidano i propri
denari e, più in generale, dell‟ordine pubblico economico”
7
.
“Il successo dell‟impresa, la sua capacità di conservazione e di
espansione dipende dal massimo livello di soddisfazione di interessi
antitetici riferibili a soggetti che alternativamente, od addirittura
contemporaneamente, possono essere parte dell‟organizzazione,
utenti dei suoi „servizi‟ o „fattori della loro produzione‟. Alla
ricerca dell‟ottimizzazione, del modello od aggregazione vincente,
sembra muoversi tutto il dibattito riconducibile all‟insieme elastico
e storicamente relativo della corporate governance e, forse non è un
caso, che un invito alla „conciliazione di opposti‟ sia contenuta
anche nei principi redatti dall‟O.C.S.E. nel 1999”
8
.
L‟attuale riforma del diritto societario raccoglie in sé il risultato di
anni di dibattiti a livello internazionale e a livello interno sui sistemi
di proprietà e controllo nell‟ambito di una prospettiva di
chiarificazione ed ammodernamento di un‟architettura societaria
per alcuni aspetti obsoleta e per altri dilaniata da irrisolti dubbi
interpretativi. “Le diverse proposte prendevano (…) il largo
„salpando‟ dalle insufficienze o dall‟inadeguatezza del sistema
6
MONTALENTI, La riforma del diritto societario: prime valutazioni prospettiche, in Società,
2005, p. 16.
7
CHIARA GANDINI, Le azioni di responsabilità: amministratori, sindaci, revisori contabili,
liquidatori, Università degli Studi del Piemonte Orientale A.Avogadro,
Facoltà Giurisprudenza, relatore: prof. Stefano Ambrosini, a.a. 2004-05. Si vedano in
argomento MONTALENTI, in Relazione al Convegno “Impresa ed Etica”, Unione
Industriale, Torino, 25 maggio 2004 e, ex multis, BONELLI, Responsabilità degli
amministratori di s.p.a., in Giur. comm., suppl. al n. 3/2004, I, pp. 620 e ss.
8
ROMAGNOLI, Corporate Governance, Shareholders e Stakeholders; interessi e valori
reputazionali, in Giur. Comm. 2002, I, p. 350
10
normativo di riferimento, ora suggerendo dei correttivi ora
prescindendone del tutto, mirando tramite forme d‟autodisciplina, al
raggiungimento dell‟adeguamento delle condotte alle esigenze che
l‟esperienza faceva emergere
9
. È la necessità di voltar pagina
rispetto al passato a guidare l‟operato del legislatore con lo scopo di
favorire la competitività delle imprese attraverso modelli più
flessibili e capaci di adattarsi alle rinnovate esigenze di mercato”
10
.
La legge Draghi del 1998, i lavori della Commissione Mirone e poi
della Commissione Vietti, la legge delega del 2001, i decreti
legislativi delegati e i d.lgs. 6 febbraio 2004 n. 37 e d.lgs. 28
dicembre 2004 n. 310 recanti le modifiche e le integrazioni dei
decreti legislativi 17 gennaio 2003 n. 5/6, e ai T.U. delle leggi in
materia bancaria e creditizia, segnano le principali tappe di un
percorso volto al rinnovo della materia iniziato nel 1942 con il
codice civile.
Oggi, per la disciplina sostanziale, il decreto di riferimento è il n. 6
del 2003. Con questo provvedimento si è attuata una riforma
9
Cit. ROMAGNOLI, Corporate Governance, Shareholders e Stakeholders; interessi evalori
reputazionali, in Giur comm., 2002, I, p. 350.
10
CHIARA GANDINI, Le azioni di responsabilità: amministratori, sindaci, revisori contabili,
liquidatori, Università degli Studi del Piemonte Orientale A.Avogadro,
Facoltà Giurisprudenza, relatore: prof. Stefano Ambrosini, a.a. 2004-05. A livello comunitario
v. Comunicazione della Commissione - Messa in atto del quadro di azione per i servizi
finanziari: piano d’azione, COM (1999) 232 dell‟11 maggio 1999; Comunicazione della
Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo - La strategia dell’UE in materia di
informativa finanziaria: la via da seguire, COM (2000) 359 del 13 giugno 2000;
Comunicazione relativa alla responsabilità sociale delle imprese: un contributo allo sviluppo
sostenibile, COM (2002) 347 del 2 luglio 2002. Nel medesimo senso v., FERRARINI,
Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo del 21 maggio 2003
– Modernizzare il diritto delle società e rafforzare il governo societario nell’Unione europea.
Un piano per progredire, in Riv. soc., 2004, p. 569, per il quale: “Per una società industriale
moderna, dinamica ed interconnessa, l‟esistenza di un quadro dinamico e flessibile in materia
di diritto delle società e di governo societario è essenziale: essenziale per milioni di investitori,
essenziale per dare maggiore spessore al mercato interno e per costruire un mercato europeo
dei capitali veramente integrato ed essenziale per massimizzare i benefici dell‟allargamento per
tutti gli Stati membri, futuri ed attuali. Un miglioramento del diritto delle società e delle
pratiche di governo societario nell‟Unione europea permetterà di rafforzare l‟economia reale:
un approccio efficace in questo campo contribuirà a promuovere l‟efficienza e la competitività
delle imprese europee a livello mondiale. Società ben gestite, con pratiche comprovate di buon
governo societario (…). Un approccio efficace permetterà di rafforzare i diritti degli azionisti e
la protezione dei terzi. In particolare, esso contribuirà a ripristinare la fiducia degli investitori
europei dopo la recente ondata di scandali che hanno coinvolto i dirigenti di talune società”.
11
organica alla struttura delle società di capitali e delle società
cooperative.
Al fine di tracciare una compiuta analisi della tematica della
responsabilità penale all‟interno delle società di capitali, è
opportuno soffermarsi, tra le numerose modifiche apportate dalla
riforma, su quelle che hanno interessato la compagine sociale,
ridisegnando gli assetti della corporate governance, per capire
come possa articolarsi, attualmente la struttura dell‟ente.
“L‟organizzazione interna è la „spina dorsale‟ di ogni società per la
ragione che la società vive ed agisce attraverso i propri organi.
Quella della società per azioni resta ancora fondata sulla
tripartizione di competenze tra assemblea, amministratori e sindaci,
anche se di ognuno viene modificato l‟assetto. La ratio ispiratrice è
rivolta a rendere più netta la divisione tra potere di indirizzo
dell‟impresa sociale, che è funzione assegnata all‟assemblea, e
potere di gestione, del quale sono investiti esclusivamente gli
amministratori: tanto si desume dal 1° comma art. 2380 bis e
dall‟art. 2364 n. 5 che ribadiscono il principio di divisione dei
poteri della struttura societaria”
11
.
In quest‟ottica la conformazione sociale si arricchisce attraverso il
trapianto, con alcuni adattamenti, di due sistemi (monistico e
dualistico) di derivazione britannica l‟uno e tedesca l‟altro, cui si
affianca il consueto modello latino in veste ammodernata
12
.
Il sistema Dualistico è caratterizzato dalla presenza di un Consiglio
di gestione, cui è conferito il potere di amministrazione, e di un
Consiglio di sorveglianza, che si occupa invece del controllo sulla
11
CHIARA GANDINI, Le azioni di responsabilità: amministratori, sindaci, revisori contabili,
liquidatori, Università degli Studi del Piemonte Orientale A.Avogadro,
Facoltà Giurisprudenza, relatore: prof. Stefano Ambrosini, a.a. 2004-05.
12
In argomento v., amplius, MONTALENTI, L’amministrazione sociale dal testo unico alla
riforma del diritto societario, in Giur. comm., 2003, I, p. 422; ID, Corporate Governance,
consiglio di amministrazione, sistemi di controllo interno: spunti di riflessione, in Riv. soc.,
2002, I, pp. 803 ss.
12
gestione; il C.d.s., nominato dall‟assemblea, ha il compito a sua
volta di nominare il C.d.g., che è, quindi, sua diretta derivazione.
Nel Sistema Monistico ritroviamo il Consiglio di amministrazione
(mai l‟Amministratore Unico), ma la verifica circa la correttezza
della gestione spetta ad un comitato costituito all‟interno del C.d.a.
Quale che sia il modello prescelto, la riforma ha previsto (artt.2409-
bis-2409-septies c.c.) la separazione del controllo
sull‟amministrazione dal controllo contabile, che è affidato ad un
revisore esterno.
2.1. Amministrazione
Nel sistema tradizionale, la cui normazione a riguardo risulta
preponderante rispetto a quella degli altri modelli, troviamo
un‟esaltazione del momento gestionale, contenuta nell‟art. 2380-bis
che recita: “La gestione dell‟impresa spetta esclusivamente agli
amministratori i quali compiono le operazioni necessarie per
l‟attuazione dell‟oggetto sociale”.
Il nuovo primo comma dell‟art. 2380-bis esclude ogni dubbio circa
la titolarità e l‟esclusività del potere di gestione della società.
Altresì l‟art. 2364 c.c., I comma, nel circoscrivere l‟area di
competenza assembleare alla funzione di indirizzo della politica
societaria, all‟approvazione del bilancio e alla revoca ad libitum
dell‟amministratore, espande contemporaneamente l‟area delle
13
mansioni amministrative
13
. A fronte di tale ampliamento fa
riscontro, quindi, un innalzamento del livello di responsabilità cui
gli amministratori sono sottoposti.
La qualifica di amministratore può essere assunta, oltre che da soci,
anche da persone estranee alla società
14
. Si attribuisce all‟autonomia
statutaria la previsione di speciali requisiti di onorabilità,
professionalità e indipendenza per l‟assunzione della carica
15
. In
nessun caso può essere nominato amministratore, e se nominato
decade dal suo ufficio, l‟interdetto, l‟inabilitato, il fallito, o chi è
stato condannato ad una pena che importa l‟interdizione, anche
temporanea, dai pubblici uffici o l‟incapacità ad esercitare uffici
direttivi
16
.
L‟organo amministrativo può assumere la forma monosoggettiva
(Amministratore Unico) o pluripersonale (Consiglio di
amministrazione); se lo statuto o l‟assemblea lo consentono, il c.d.a.
può delegare le proprie attribuzioni ad un Comitato esecutivo,
costituito al suo interno, o ad uno o più Amministratori delegati, i
quali potranno agire disgiuntamente o congiuntamente. La struttura
dell‟organo amministrativo non è quindi fissata in modo rigido, per
consentire il miglior adeguamento alle concrete esigenze operative
dell‟impresa sociale
17
.
La legge
18
, comunque, ribadisce la supremazia, sugli organi
delegati, del Consiglio, il quale fissa il contenuto della delega, i
limiti e le eventuali modalità di esercizio; può impartire direttive e
13
In riferimento ai rapporti di competenza fra assemblea e organo amministrativo v., ex aliis,
CALANDRA-BUONAURA, I modelli di amministrazione e controllo nella riforma del diritto
societario, in Giur. Comm., 2003, I, pp. 535 ss.
14
Ex art. 2475 c.c.v., nelle s.r.l. l‟amministrazione è di norma affidata ad uno o più soci, a
meno che l‟atto costitutivo non preveda diversamente. Ex art. 2455 c.c.v., nelle s.a.p.a. sono di
diritto amministratori i soci accomandatari.
15
Cfr. art. 2387 c.c.v.
16
Cfr. art. 2382 c.c.v.
17
Sull‟argomento v., per tutti, CAMPOBASSO, Manuale di diritto commerciale, Utet, 2004.
18
Ci si riferisce all‟art. 2381 c.c.v., così come riformato dal d.lgs. 6/2003.
14
avocare a se operazioni rientranti nella delega; valuta, sulla base
delle informazioni ricevute, l‟adeguatezza dell‟assetto
organizzativo, amministrativo e contabile della società; esamina i
piani strategici, industriali e finanziari, se redatti; infine valuta, sulla
base della relazione degli organi deleganti, il generale andamento
della gestione
19
. In nessun caso possono essere oggetto di delega
determinate funzioni, elencate dall‟art. 2381, IV comma c.c.
20
Gli organi delegati, invece, curano che l‟assetto organizzativo,
amministrativo e contabile della società sia adeguato alla natura e
alle dimensioni dell‟impresa; riferiscono periodicamente - in ogni
caso almeno ogni sei mesi - al c.d.a. e al collegio sindacale sul
generale andamento della gestione e sulla sua prevedibile
evoluzione, nonché sulle operazioni di maggior rilievo
21
.
La norma, inoltre, palesa il diritto-dovere di ciascun
amministratore, delegante o delegato, ad essere sempre informato
sulla gestione
22
. In questo modo si garantisce un‟effettiva
partecipazione di tutti i consiglieri alla gestione della società.
Si profila, con la riforma, una profonda differenziazione dei profili
di responsabilità che investono gli amministratori delegati rispetto
ai deleganti. A carico dei primi si sostanzia un aggravamento della
responsabilità, di contro nei confronti dei secondi è prevista
un‟attenuazione, mediante l‟eliminazione del generico obbligo di
vigilanza sull‟andamento della gestione, sostituito da una
responsabilità specifica sulla base delle informazioni ricevute
23
. Pur
19
Si tratta di previsioni inserite nel nuovo testo dell‟art. 2381 c.c.v., non presenti nella versione
ante-riforma.
20
Cfr. art. 2381, IV comma, c.c.v.: “Non possono essere delegate le attribuzioni indicate negli
articoli 2420-ter, 2423, 2443,2446, 2447, 2501-ter e 2506-bis.”
21
Cfr. art. 2381, V comma, c.c.v.
22
Cfr. art. 2381, VI comma, c.c.v.
23
In argomento, ex aliis, si veda BONELLI, L’amministrazione delle s.p.a. nella riforma, in
Giur. Comm., 2003, I, p. 700, in cui l‟Autore precisa che “le più importanti novità introdotte
dalla riforma sono le seguenti: si sono per la prima volta disciplinati quali siano, salvo diverse
previsioni dello statuto, i compiti del presidente del consiglio di amministrazione, prevedendosi
che esso non ha funzione gestionale, ma quella di far funzionare in modo efficiente il consiglio