Introduzione
___________________________________________________________
7
INTRODUZIONE
De entre las lenguas románicas
el portugués y el español son las
que mantienen mayor afinidad
entre sí
1
.
Tutte le lingue derivate dal latino condividono, in misura più o meno rilevante, parole,
strutture, fraseologia. All’interno della famiglia romanza, tuttavia, il legame tra
spagnolo e portoghese, soprattutto a livello scritto, è uno dei più forti ed evidenti. La
vicinanza tipologica dello spagnolo e del portoghese, lingue storico-naturali che
presentano un ceppo comune e una storia evolutiva parallela, è una realtà percepibile
da qualsiasi parlante nativo di ciascuna delle due lingue, o anche da chi, senza esserlo,
possieda rudimenti minimi in entrambe. Molti credono che, come risultato di un così
stretto legame di parentela, il processo comunicativo tra spagnoli e portoghesi sia
particolarmente agevole
2
. Allo stesso modo, molti hanno spesso sentito pronunciare
frasi come “Il portoghese è spagnolo parlato male”
3
, oppure “El portugués es una
lengua hermana casi igual al español” (Araujo Ferreira, 1995
4
), “¿Para qué estudiar
español si cuando hablamos todos nos entendemos?”
5
. L’affinità tra le due lingue è,
pertanto, molto evidente.
La presunta vicinanza in questo caso è, come spesso accade, causa di numerosi
luoghi comuni e false credenze: si ritiene che l’apprendimento dello spagnolo da parte
di portoghesi sia un’impresa relativamente semplice, banale, quando non superflua,
dato che in casi estremi è possibile raggiungere la comprensione reciproca
continuando a parlare ciascuno la propria lingua materna (LM). La comprensione
scritta appare altrettanto immediata.
1
PAES DE ALMEIDA FILHO, «Uma metodologia específica para o ensino de línguas próximas?», 1995,
cit. in FLORESTA ANDRADE NETA, «Aprender español es fácil porque hablo portugués: ventajas y
desventajas de los brasileños para aprender español», in Cuadernos Cervantes de la Lengua Española,
Madrid, ELR Ediciones, n. 29, 2000, p. 46.
2
Come afferma JOHN B. JENSEN, “Although they have a millennium or so of their own literary, lexical,
grammatical, phonological and ortographic traditions behind them, the two languages are often held to
be understandable to speakers of the other one”. JENSEN, «On the Mutual Intelligibility of Spanish and
Portuguese», in AMERICAN ASSOCIATION OF TEACHERS OF SPANISH AND PORTUGUESE, Hispania,
Texas, Lubbock, n. 72, fasc. 4, dicembre 1989, p. 848.
3
PAES DE ALMEIDA FILHO (1993), cit. in GARCÍA BENITO, «Enseñar español a lusohablantes: problemas
léxicos entre parientes cercanos y estrategias creativas para solucionarlos», in Polifonia, Lisboa,
Edições Colibri, n. 6, 2003, pp. 11-35.
4
Cit. ibidem, p. 12.
5
Cit. ivi.
Insegnamento dello spagnolo a studenti lusofoni
___________________________________________________________
8
Tuttavia, nella percezione dei parlanti, la comune origine neolatina dei due
sistemi linguistici rischia spesso di trasformare in fratelli gemelli due idiomi che non
sono altro che lontani parenti. Se da un lato, infatti, l’affinità e la semplicità si
rivelano, in un primo momento, elementi motivanti, che facilitano la comprensione,
man mano che si procede nello studio della lingua spagnola le differenze lessicali,
morfosintattiche, semantiche, pragmatiche e comunicative esistenti al di là di ogni
ragionevole vicinanza producono così tante interferenze che arrivare a dominare
completamente lo spagnolo, per un parlante portoghese, rappresenta qualcosa di molto
complicato: “L’ambiguo gioco di simmetrie e dissimmetrie incide negativamente sulle
prestazioni dei discenti”
6
. La presunta facilità può così tramutarsi in paradosso: lo
spagnolo è, per un lusofono, una delle lingue forse più ardue da apprendere in maniera
adeguata.
L’ambito di maggiore affinità è senz’altro quello lessicale: ciò è così palese
che un parlante lusofono alle prese con lo spagnolo, soprattutto a livello scritto, avrà
sin dai primi momenti una percezione di familiarità nei confronti del castigliano
7
. Le
effettive differenze strutturali, ciononostante, non sono certo poche: il sistema
fonologico portoghese, ad esempio, presenta un’articolazione maggiore rispetto a
quello spagnolo, con l’esistenza di numerosi fonemi vocalici nasali e medi inesistenti
nel solido sistema vocalico del castigliano. Di fatto, man mano che ci si addentra nello
studio della lingua spagnola e il contatto interlinguistico si fa più stretto, le divergenze
6
CALVI, Didattica di lingue affini: spagnolo e italiano, Milano, Guerini scientifica, 1995, p. 9.
7
A titolo di premessa, desideriamo chiarire da subito che è nostra intenzione utilizzare, nel corso della
presente trattazione, i termini «spagnolo» e «castigliano» in maniera assolutamente equivalente. Siamo
consapevoli del fatto che la voce «castigliano» si riferisca più propriamente alla lingua storicamente
sviluppatasi dal latino volgare nei territori dell’antica Castiglia. Tuttavia, per ragioni storico-politiche,
in epoca rinascimentale, in concomitanza con la nascita dell’idea di Spagna come nazione unitaria, il
castigliano prese ad essere denominato «spagnolo». Il nuovo Stato-Impero aveva infatti bisogno di una
lingua che fungesse da veicolo di comunicazione e, al contempo, di coesione tra le diverse identità
idiomatiche e culturali che componevano il complesso mosaico iberico. Il predominio del regno di
Castiglia e, di conseguenza, della sua lingua –il castigliano- sui restanti regni peninsulari, l’unificazione
politica e l’impresa di conquista dei territori americani fecero sì che il regno di Castiglia e la lingua
castigliana fossero considerati, una volta per tutte, vessilli dell’intera nazione. La lingua castigliana,
come detto, cominciò dunque ad essere chiamata «spagnolo». Per tali ragioni storiche, quindi, l’uso del
termine «castigliano» accanto a quello di «spagnolo» non appare in alcun modo in contrasto: il
castigliano, attualmente, “como nos demuestra la historia, no es patrimonio de Castilla, […] es una
«coiné» que ha superado el reino que lo vio nacer”. SÁNCHEZ LOBATO, «Aspectos metodológicos en la
enseñanza del español como lengua extranjera», in AA. VV., Problemas y métodos en la enseñanza del
español como lengua extranjera. Atti del IV Congresso Internazionale ASELE, Madrid, 7, 8 e 9 ottobre
1993, a cura di J. SÁNCHEZ LOBATO e I. SANTOS GARGALLO, Madrid, Asociación para la enseñanza del
español como lengua extranjera, 1994, p. 179.
Introduzione
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9
emergono e sorgono difficoltà insospettabili, tanto che le affinità arrivano spesso a
rappresentare sottili quanto pericolose trappole:
Esto depende, como es sabido, de procesos evolutivos en parte paralelos y en parte
divergentes: a raíces etimológicas comunes corresponden a menudo diferencias
funcionales o semánticas, y las semejanzas estructurales se ramifican en un complejo
entramado de contrastes a nivel de norma y uso. Pero el hablante común no es
consciente de estos fenómenos, y, en el intento de aproximarse a la otra lengua, oscila
entre la confianza y el desengaño, al toparse con las numerosas ambigüedades y
equivalencias más o menos parciales
8
.
In altre parole è dunque semplice, per un discente lusofono, comprendere lo spagnolo
scritto sin dalle fasi iniziali di progressione dello studio; tuttavia, non è per lui
altrettanto facile capire lo spagnolo parlato
9
, né tantomeno esprimersi in questa lingua.
Durante le fasi iniziali di apprendimento del castigliano, le somiglianze tra
quest’ultimo e la propria lingua materna favoriscono, negli studenti portoghesi, un
rapido consolidamento delle competenze comunicative; tuttavia, gli errori e le
interferenze sono altrettanto presenti, tanto da provocare il manifestarsi di una varietà
interlinguistica ibrida, scherzosamente definita «portuñol», a metà strada tra lo
spagnolo e il portoghese, segnale di progresso dell’apprendimento ma anche fonte di
ristagno qualora il parlante la reputi pienamente sufficiente per far fronte alle proprie
necessità comunicative e non ritenga necessario tentare di progredire oltre nel
percorso di acquisizione della nuova lingua. In ambito didattico, la percezione dei
parlanti lusofoni circa la facilità di apprendimento dello spagnolo e la sua affinità con
la propria lingua materna può trasformarsi dunque in un’arma pericolosa, arrivando ad
interferire con il processo di apprendimento del discente, il cui iniziale ottimismo
rispetto allo spagnolo, percepito come vicino ed immediato, può venire ridimensionato
man mano che si addentri nella costruzione dell’interlingua.
Come abbiamo già detto, quando il contatto con la LO è più prolungato,
subentra una sensazione di “falsa amicizia”: accanto ai fenomeni di contaminazione,
sovrapposizione ed interferenza si fa strada l’impressione che non sia tutto oro quel
8
CALVI, «Aprendizaje de lenguas afines: español e italiano», in redELE: Revista Electrónica de
Didáctica del ELE, Madrid, Ministerio de Educación y Ciencia, Subdirección General de Cooperación
Internacional, n. 1, giugno 2004.
9
“Las diferencias fonéticas entre las dos lenguas nacionales de la península Ibérica son bastante
grandes, constituyendo la pronunciación la principal dificultad con que tropieza un español para
entender o hablar portugués”, VÁZQUEZ Y MENDES, Gramática portuguesa (1987), cit. in SÁNCHEZ
RODRÍGUEZ, «Interferencias y dificultades en el aprendizaje del español de alumnos portugueses.
(Análisis y comparación de dos niveles de aprendizaje)», in Forma: formación de formadores 2.
Interferencias, cruces y errores, coll. a cura di J. G. ASENCIO e J. S. LOBATO, Madrid, Sociedad General
Española de Librería (SGEL), 2001, pp. 43-44.
Insegnamento dello spagnolo a studenti lusofoni
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10
che luccica; la consapevolezza dell’effettiva distanza può allora giocare un ruolo
decisivo per migliorare la competenza del discente.
I dati appena esposti portano a riflettere sul controverso ruolo svolto dalla
lingua materna del discente nel processo di acquisizione e/o apprendimento di una
seconda lingua. L’apprendimento di un idioma affine alla lingua materna del discente,
come nel caso dei lusofoni alle prese con lo spagnolo, implica il manifestarsi di una
serie di difficoltà derivanti, paradossalmente, proprio dalla vicinanza e somiglianza
delle due lingue: gli ostacoli dovuti alla stretta parentela, direttamente proporzionali
all’aumento delle competenze del discente, possono provocare l’insorgere, all’interno
del discorso, di scomode fossilizzazioni ed espressioni che non corrispondono a quelle
di un parlante nativo. Quanto più la lingua materna è vicina alla lingua meta,
insomma, tanto più risulta arduo, per il discente, riuscire a mantenere separati i due
codici linguistici in contatto.
Solo un’adeguata riflessione metalinguistica esplicita sulle aree di convergenza
e divergenza dei due sistemi linguistici può aiutare il discente a superare le
stagnazioni derivanti da un eccessivo ottimismo nei confronti delle proprie capacità
comunicative nella lingua meta, e ciò è quanto intendiamo sostenere e dimostrare
all’interno del lavoro di ricerca che presentiamo di seguito. La presa di coscienza
sull’effettiva esistenza di aree ambigue e pericolose nel sistema della lingua spagnola
può aiutare i discenti di lingua materna portoghese a rafforzare le proprie competenze
formali nella lingua meta, presupposto essenziale per il raggiungimento e la
costruzione di una piena competenza comunicativa in lingua castigliana.
Il proposito del presente lavoro di ricerca è quello di analizzare alcune delle
ripercussioni che le affinità interlinguistiche possono avere nell’apprendimento di una
lingua straniera (d’ora in avanti, LS) vicina alla lingua materna del discente (d’ora in
avanti LM), in particolare nell’apprendimento della lingua spagnola da parte di
parlanti lusofoni. Ci occuperemo dell’apprendimento in contesto formale (scuole ed
università).
La scelta di concentrare la nostra attenzione sui due sistemi linguistici a cui
abbiamo accennato è dettata, in primo luogo, dal personale interesse e amore per le
lingue iberiche, alle quali abbiamo dedicato gli sforzi degli ultimi cinque anni
accademici. In secondo luogo, le esperienze lavorative accumulate ci hanno portato ad
interrogarci sulla natura dei meccanismi cognitivi che determinano l’apprendimento di
Introduzione
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11
lingue seconde: il desiderio di comprendere come avvenga il complesso processo di
acquisizione di un sistema linguistico differente dalla lingua materna, unito alla
necessità di ritagliarci un importante momento di autoformazione nella didattica
teorica e pratica, ci hanno indotti ad adottare tale tema come nodo centrale per la
stesura del presente elaborato.
Sono già stati pubblicati numerosissimi articoli, saggi, studi e ricerche sulla
problematica dell’apprendimento della lingua spagnola da parte di discenti lusofoni.
Molto cospicui in tale gruppo sono senz’altro i lavori centrati sulle difficoltà di
parlanti e studenti brasiliani, data la tradizione e la diffusione dell’insegnamento dello
spagnolo in questo Paese; tuttavia, non altrettanti sono i lavori pubblicati che facciano
riferimento alle problematiche specifiche degli studenti portoghesi. La presente ricerca
vuole soffermarsi precisamente su tale gruppo di utenti: consideriamo infatti erroneo
ritenere che le difficoltà debbano essere le stesse nei due gruppi di studenti lusofoni.
Nonostante il sistema linguistico sia lo stesso (língua portuguesa), esso diverge, di
fatto, sotto svariati aspetti: ciò che può costituire una difficoltà concreta per un gruppo
può invece essere elemento facilitante per l’altro.
La maggior parte dei materiali pedagogici per l’insegnamento/apprendimento
della lingua spagnola attualmente presenti sul mercato e diretti a studenti lusofoni non
tiene conto delle specifiche differenze degli studenti brasiliani e portoghesi alle prese
con lo spagnolo, e quanto disponibile contempla, nella maggior parte dei casi, solo la
variante brasiliana della lingua portoghese, tanto che raramente soddisfa pienamente
le richieste pedagogiche degli istituti e dei centri di formazione linguistica iberici. Non
solo: numerosissimi sono anche gli studi, i lavori di ricerca, le tesi di dottorato, gli
articoli e gli interventi di ricercatori in congressi sulla didattica dello spagnolo a
brasiliani. Molto scarsi, al contrario, appaiono gli interventi di ricercatori e studiosi
portoghesi. La presente ricerca vuole dunque avanzare in un campo nuovo per ciò che
riguarda le sue premesse, il suo svolgimento e le soluzioni didattiche creative che
vengono proposte nella sua parte finale. In essa considereremo infatti le problematiche
specifiche degli studenti lusofoni iberici nel’apprendimento dello spagnolo alla luce
delle teorie glottodidattiche e acquisizionali che hanno goduto di maggiore risalto
nella storia della didattica della lingua spagnola, ci soffermeremo sul grado di
accoglienza riservato alla lingua spagnola in territorio portoghese, analizzeremo
materiali pedagogici per l’insegnamento dello spagnolo pubblicati in Portogallo e
Insegnamento dello spagnolo a studenti lusofoni
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12
destinati ad un pubblico esclusivamente portoghese e proporremo infine strategie
didattiche finalizzate al superamento di una tra le più comuni interferenze
interlinguistiche tra i due sistemi linguistici in oggetto: il contrasto tra il pretérito
perfecto e il pretérito indefinido castigliano.
Per la stesura del primo capitolo ci saranno utili i risultati delle ricerche
prodotte in ambito acquisizionale sull’apprendimento di lingue non materne in
contesto guidato e spontaneo. Passeremo in rassegna gli apporti della ricerca
glottodidattica più utili per chiarire gli effetti della vicinanza interlinguistica in un
contesto di apprendimento guidato; nel secondo capitolo, analizzeremo la natura della
vicinanza interlinguistica tra la lingua spagnola e la lingua portoghese e i suoi effetti
nel processo di insegnamento/apprendimento della prima da parte di discenti lusofoni.
In particolare, concentreremo la nostra attenzione sulla confusione semantica e
funzionale che i parlanti lusofoni sono soliti fare nell’uso dei tempi verbali spagnoli al
pretérito.
Nel terzo capitolo cercheremo di capire quale sia lo status di cui gode la lingua
castigliana in territorio portoghese, la sua diffusione nei vari livelli di istruzione
privata e statale e il suo grado di penetrazione nel tessuto sociale e formativo
portoghese. Le riflessioni dei primi tre capitoli ci serviranno per le analisi che
intendiamo condurre nel quarto, in cui analizzeremo le modalità in cui i materiali
pedagogici per l’insegnamento della lingua spagnola pubblicati in Portogallo ad
esclusivo uso e consumo del pubblico lusofono iberico trattano la problematica del
contrasto tra pretérito perfecto e pretérito indefinido. Da ultimo, nel quinto capitolo,
cercheremo di tracciare delle proposte didattiche a partire dalle premesse teoriche
esposte nei primi quattro capitoli; per farlo, utilizzeremo alcune strisce del celebre
fumetto Mafalda dell’argentino Quino. La nostra finalità ultima è quella di delineare
strategie didattiche adeguate, incanalate in un’ottica contrastiva e finalizzate a
superare o quanto meno ad evitare il transfer negativo, fenomeno che si manifesta con
frequenza nel processo di apprendimento di lingue affini
Tavola delle abbreviazioni
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13
TAVOLA DELLE ABBREVIAZIONI
AC Analisi Contrastiva
AE Analisi degli Errori
CL Competenza Linguistica
DAL Dispositivo di Acquisizione del Linguaggio
E/LE Español como Lengua Extranjera (Spagnolo come Lingua Straniera)
GU Grammatica Universale
IL Interlingua
L1 Lingua 1 (Lingua materna)
L2 Lingua 2 (Lingua seconda)
LM Lingua Materna
LO Lingua Oggetto
LS Lingua Straniera
Pt. Portoghese
Sp. Spagnolo
Capitolo 1. Cenni teorici
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15
CAPITOLO 1. CENNI TEORICI
La problematica dell’apprendimento di lingue affini porta con sé, anche in discorsi per
non addetti ai lavori, definizioni che gravitano attorno a termini quali ‘interferenza’,
‘errori’, ‘sovrapposizioni’. La somiglianza tra lingue, anche intuitivamente, non
sempre agevola l’apprendimento; anzi, essa può spesso costituire un problema reale.
Ripercorreremo anzitutto la storia del concetto di ‘interferenza’ ed ‘errore’
lungo le principali e più significative tappe di evoluzione della teoria linguistica,
psicolinguistica e glottodidattica al fine di inserire la tematica di nostro interesse
all’interno di un quadro teorico coerente ed unitario.
Tale premessa storica ha inoltre lo scopo di fare luce sulle tendenze teoriche e
metodologiche che si sono susseguite nel campo della didattica delle lingue straniere,
in particolar modo sui dibattiti che si sono concentrati sulle difficoltà di
apprendimento provocate dalle somiglianze tra lingue affini.
Molto produttivo, nell’ambito delle ricerche sull’apprendimento di lingue
geneticamente e tipologicamente imparentate, è stato senz’altro il concetto di transfer,
inteso come l’influenza derivante dalle somiglianze e differenze tra la lingua meta e
qualsiasi altra lingua previamente acquisita
10
. Tale termine ha goduto di alterne
fortune nel corso delle molteplici evoluzioni delle teorie glottodidattiche e
psicolinguistiche. Durante il momento di massima auge del mentalismo chomskyano
esso fu sostanzialmente bandito dai discorsi degli specialisti, per poi essere
successivamente rivitalizzato durante gli anni ‘80, momento in cui fu chiaro, in
seguito ai risultati delle numerose ricerche di linguistica acquisizionale realizzate, che
la LM lascia sempre traccia di sé nel processo di apprendimento una LS.
Gli elementi del discorso in cui è maggiormente percepibile l’effetto del
transfer sono senza dubbio gli errori commessi dal discente nel tentativo di
comunicare nella lingua meta: non è dunque un caso, come vedremo, che buona parte
delle ricerche sull’apprendimento di lingue affini si sia concentrata su di essi.
Va inoltre esplicitato che, secondo alcuni studiosi (in particolare Ellis
11
-1985-)
l’interferenza non sarebbe se non il transfer negativo, ovvero il trasferimento di abilità
10
Cfr. ODLIN, citato in ARIAS MÉNDEZ, Análisis de las dificultades de aprendizaje de la expresión escrita por
parte de estudiantes portugueses de español lengua extranjera, Trabajo de grado, Universidad de Salamanca,
Facultad de Filología, Departamento de Lengua Española, 2007, p. 21.
11
Citato ibidem, p. 24, nota 26.
Insegnamento dello spagnolo a studenti lusofoni
___________________________________________________________
16
già esistenti (quelle acquisite con la lingua materna) verso altre nuove (quelle da
acquisire con la lingua meta).
1.1. L’interferenza secondo l’Analisi Contrastiva (AC)
La prima apparizione del concetto di interferenza nell’ambito della didattica delle
lingue straniere risale agli anni Cinquanta del ‘900 e si deve in particolare agli studi
del ricercatore Robert Lado
12
, che si inserivano nei postulati dell’Analisi Contrastiva
(AC), nota corrente di ricerca afferente all’area della linguistica applicata
13
.
L’AC, che conobbe la sua auge attorno agli anni ’60 del secolo scorso, traeva
alimento dalla teoria psicolinguistica del comportamentismo –behaviourismo-
skinneriano, secondo cui la Lingua Materna del discente, o L1
14
, costituiva un
ostacolo all’acquisizione di nuove abitudini linguistiche in una qualsiasi LS.
12
CALVI, «Aprendizaje de lenguas afines: español e italiano», art. cit., p. 2.
13
La linguistica applicata è una disciplina scientifica che si occupa del linguaggio originatasi durante
gli anni ’50 del ‘900 a partire dalla linguistica teorica. Si occupa di ambiti molto diversi (traduzione
automatica, interpretariato, pianificazione linguistica, risoluzione e studio delle anomalie del
linguaggio, linguistica computazionale, acquisizione delle lingue materne, apprendimento ed
insegnamento delle lingue straniere ecc.), che tuttavia condividono il denominatore comune di riferirsi
a problemi pratici generati dall’uso del linguaggio all’interno di una comunità di parlanti. Le ricerche
riconducibili al settore della linguistica applicata hanno come obiettivo comune quello di fornire
risposte pratiche a tali problemi in modo che la soluzione agevoli l’agire dell’uomo nel mondo: la
linguistica applicata può dunque essere considerata una disciplina a metà strada tra la teoria e la pratica.
La linguistica applicata si avvale degli apporti provenienti da discipline ad essa affini, come ad esempio
la psicolinguistica, le scienze cognitive, la sociolinguistica, l’etnologia della comunicazione, la
pragmatica, l’analisi del discorso e le scienze dell’educazione.
Il termine «linguistica applicata» fece la sua prima apparizione nel 1948, come sottotitolo della rivista
Language Learning. A Quarterly Journal of Applied Linguistics, fondata da Fries e altri linguisti legati
all’istituto di anglistica dell’Università del Michigan. Agli inizi, il termine fu prevalentemente associato
all’insegnamento delle lingue moderne e, più concretamente, all’insegnamento dell’inglese come lingua
straniera. Nel corso del tempo, la disciplina ha però ampliato il suo raggio d’azione e ha incluso, poco a
poco, nuove aree di interesse a seconda dei nuovi problemi e delle necessità reali presentate dall’uso del
linguaggio all’interno delle comunità umane. Cfr. SANTOS GARGALLO, Lingüística aplicada a la
enseñanza-aprendizaje del español como lengua extranjera, Madrid, Arco Libros, 1999, pp. 7-18.
14
Sarà bene esplicitare sin dall'inizio il significato di diciture che potrebbero altrimenti apparire
controverse: relativamente al concetto di Lingua Materna (LM) non sussistono particolari divergenze
concettuali; la dicitura LM può essere sostituita dalla sigla L1. Più controverso è invece l'uso delle sigle
L2/LS (LE in spagnolo); per L2 si intende in maniera pressoché unanime all'interno della comunità
scientifica -e si intenderà nel corso della presente trattazione- il sistema linguistico acquisito senza
alcuna istruzione esplicita da un parlante straniero nel Paese in cui viene utilizzato tale sistema. In altre
parole, la L2 è lo spagnolo per il parlante maghrebino residente a Siviglia. Per LS, al contrario, si
intende un sistema linguistico appreso generalmente attraverso istruzione esplicita, nelle scuole, nelle
università o negli istituti privati di formazione linguistica, da parte di un parlante straniero nel proprio
Paese di origine. Un esempio potrebbe essere lo studente universitario portoghese di spagnolo iscritto al
corso di Línguas e Literaturas Modernas presso la Faculdade de Letras della Universidade de Lisboa.
Per ciò che riguarda la lingua materna (LM/L1) è inoltre ormai unanimemente accordato l'uso del
termine ‘acquisizione’ per indicare la spontaneità del processo con cui il bambino arriva a
padroneggiare il sistema comunicativo nativo. Allo stesso modo si ritiene che una L2 venga acquisita
Capitolo 1. Cenni teorici
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17
Il comportamentismo spiegava la natura di ogni produzione linguistica alla
luce del modello stimolo > risposta > rinforzo, secondo cui un bambino, nel momento
in cui apprende la propria lingua materna, organizza ed acquisisce una serie di
abitudini, o per meglio dire una serie di associazioni stimolo/risposta, qualitativamente
e quantitativamente consone al tipo di stimolo ricevuto e al contatto avuto con la L1;
ciò gli permetterebbe di raggiungere una competenza gradualmente significativa. In
altre parole, il comportamentismo considera la mente del bambino una tabula rasa; il
soggetto che apprende non apporta alcun elemento creativo al processo di
apprendimento, e l’acquisizione dipende dalla quantità e qualità dell’input linguistico
ricevuto.
Secondo il comportamentismo, insomma, tutto viene appreso per tentativi; in
tal modo, l’acquisizione o l’apprendimento risultano dall’imitazione dei suoni e delle
strutture linguistiche della Lingua Oggetto (LO) a cui i parlanti sono esposti.
Allo stesso modo, l’apprendimento di una lingua straniera prevederebbe,
secondo le teorie comportamentiste, un processo analogo, processo in cui il discente
organizza il materiale linguistico dell’input ricevuto per costruire la propria
competenza nella LO
15
.
È naturale ipotizzare che esista la possibilità che tra i due processi
(acquisizione naturale di una lingua materna –LM- e apprendimento di una lingua
straniera –LS-) possa avvenire uno scambio di unità, in un primo momento
unidirezionale (LM > LS) ed imputabile alla mancanza di dominio della lingua
oggetto di apprendimento, e, in un secondo momento, bidirezionale (LM > LS e LS >
LM) dovuto ad un dominio paritario delle due lingue.
Il meccanismo psicologico sotteso alla teoria comportamentista si fonda su una
doppia riflessione: secondo la prima, il processo di apprendimento di una nuova
lingua sfrutterebbe conoscenze simili già acquisite con la LM; in secondo luogo, il
meccanismo che regola la comunicazione in lingua straniera sarebbe governato da un
processo automatico di scelta –quasi inconsapevole, istintiva- della struttura o
dell’item linguistico migliore all’interno del codice linguistico materno del discente: in
se essa viene imparata senza istruzione esplicita in contesti simili a quelli in cui il bambino acquisisce
la propria LM. Per le LS, al contrario, viene utilizzato il termine ‘apprendimento’, che indica la
partecipazione a pratiche di insegnamento esplicito in contesti istituzionali, indipendentemente dall'età
dello studente.
15
GRECO, «Lenguas afines», in redELE: Revista Electrónica de Didáctica del ELE, Madrid, Ministerio
de Educación y Ciencia, Subdirección General de Cooperación Internacional, n. 6, febbraio 2006, p. 3.
Insegnamento dello spagnolo a studenti lusofoni
___________________________________________________________
18
tal modo, la struttura nella nuova lingua si genererebbe come riflesso di quella
espressa nella lingua materna del discente.
Nell’uso della lingua straniera, la tendenza latente a formulare strutture in
modo automatico può tuttavia rivelarsi dannosa, perché incongruente e dipendente
dalla lingua materna del discente
16
.
A tal respecto, Robert Lado mantiene que el estudiante tiende a trasladar la estructura
gramatical de la lengua nativa a la lengua extranjera, aplicando a ésta las formas de las
oraciones, los recursos de modificación, el número, el género, y los tipos de caso de su
lengua nativa
17
.
Come abbiamo detto, la corrente psicologica del comportamentismo ha sostenuto,
nel’'ambito degli studi sull’apprendimento di una LS, il cosiddetto modello
dell’Analisi Contrastiva (AC).
Basata sull’idea, da tempo diffusa nel campo dell’insegnamento delle lingue straniere,
che la LM influenzasse l’apprendimento di una LS, la teoria del transfer come supporto
psicologico dell’AC era stata formulata nel quadro teorico del comportamentismo: come
ogni apprendimento presente è condizionato da quelli passati, così un discente di LS
tenderà a trasferire nella nuova lingua le strutture della propria
18
.
La corrente teorica di ricerca dell’AC venne prevalentemente sostenuta dai lavori
teorici di Fries (1945), Weinreich (1953), e soprattutto dall’opera di R. Lado.
L’Analisi Contrastiva trasse ossigeno, oltre che dalla teoria psicologica
comportamentista, anche dalla linguistica strutturalista.
I lavori di Weinreich si concentravano sulla dinamica delle lingue in contatto
in parlanti bilingui e si proponevano di precisare i meccanismi dell’interferenza e la
tipologia degli errori dovuti a tale vicinanza.
Secondo quanto espresso da Lado, invece, il principale obiettivo dell’AC era il
confronto sistematico di due lingue e culture e l’identificazione e la descrizione dei
problemi che i parlanti di una lingua avrebbero avuto durante l’apprendimento di
un’altra
19
. Con quest’ultimo autore, “l’AC diventa una tecnica, fondata su presupposti
psicologici, da applicare all’insegnamento delle lingue seconde”.
20
.
Gli studiosi che promossero i postulati dell’Analisi Contrastiva sostenevano
che, attraverso un opportuno confronto a priori delle aree simili e divergenti dei due
sistemi linguistici in contatto, si sarebbero potute trarre preziose indicazioni didattiche
16
Cfr. ibidem, p. 3
17
Ivi.
18
CALVI, Didattica di lingue affini: spagnolo e italiano, op. cit., p. 63.
19
Cfr. ARIAS MÉNDEZ, op. cit., p. 24.
20
CALVI, Didattica di lingue affini: spagnolo e italiano, op. cit., p. 29.
Capitolo 1. Cenni teorici
___________________________________________________________
19
finalizzate ad evitare pericolose sovrapposizioni. Considerando la L1 fonte di
fastidiose interferenze nell’apprendimento di nuove abitudini linguistiche in una L2,
Lado propone un’Analisi Contrastiva che identifichi previamente somiglianze e
differenze tra lingua materna e lingua meta e determini le aree in cui è più probabile
che le strutture della LM ostacolino l’apprendimento della LS.
Nell’elaborazione dei manuali di studio s’impose allora un criterio di difficoltà
contrastiva, […]: l’AC era una tecnica euristica, esterna alle attività svolte nell’aula,
finalizzata alla messa a punto di materiale didattico e non alla riflessione esplicita degli
studenti
21
.
Come è dunque chiaro, il metodo dell’Analisi Contrastiva manifestò da subito un
carattere predittivo. I futuri errori potevano essere diagnosticati a priori attraverso il
confronto della LM del discente e della LO che desiderava apprendere; per l’AC, la
causa principale delle difficoltà e degli errori commessi era l’interferenza della LM
dell’apprendente.
A partire da tali basi teoriche furono realizzati materiali pedagogici orientati al
processo di insegnamento/apprendimento di una LS, finché, con l’arrivo degli anni
‘70 e l’auge dei postulati di Chomsky, l’Analisi Contrastiva divenne oggetto di aspre
critiche.
I presupposti teorici e i risultati delle ricerche condotte nell’ambito dell’Analisi
Contrastiva trovarono la loro più diretta manifestazione, all’interno dei materiali
pedagogici per la didattica delle lingue straniere, nei metodi di natura strutturale,
fondati su una ripetizione massiccia e meccanica di strutture, soprattutto grammaticali
e fonologiche (metodi audio-orali), finalizzata a sradicare le cattive abitudini derivanti
dalla ingombrante interferenza della LM del discente, che veniva tassativamente
bandita dagli spazi didattici.
Si riteneva che la ripetizione sviluppasse automatismi linguistici mediante il
rinforzo mnemonico:
esposizione intensiva alla nuova lingua, ripetizione orale delle strutture grammaticali
(patterns), esercizi di completamento e sostituzione; la lingua materna, considerata
come un ostacolo per l’acquisizione delle nuove abitudini linguistiche, veniva bandita
dall’insegnamento, insieme alle disposizioni grammaticali e alle pratiche traduttive
22
.
21
Ibidem, p. 30.
22
Ibidem, p. 27.
Insegnamento dello spagnolo a studenti lusofoni
___________________________________________________________
20
Tuttavia, nel caso di lingue affini, la metodologia strutturalista appariva
noiosa, semplicistica e incapace di rendere conto dei processi più profondi di
interferenza: quelli tra strutture simili o vicine.
Il modello dell’AC aprioristica, così come era stato concepito, fu oggetto,
come dicevamo, di numerose critiche. Innanzitutto, non era chiaro fino a che punto le
divergenze tra due sistemi linguistici avrebbero potuto causare interferenze. Fu poi
palese che la proposta di Lado era piuttosto incompleta: presto si vide che le possibili
difficoltà per l’apprendimento, di fatto, si concretizzavano non soltanto nelle zone
divergenti dei due sistemi linguistici coinvolti nel processo, ma anche (e soprattutto,
nel caso di lingue affini) nelle zone di maggior vicinanza o affinità parziale.
Se è vero infatti che l’effettiva prossimità tra due sistemi linguistici rende
immediato un trasferimento positivo, dall’altro essa provoca interferenze negative e la
tendenza, da parte dell’alunno, ad evitare strutture complesse e ad abusare di quelle
considerate più semplici.
Il criterio atto a determinare aprioristicamente la difficoltà contrastiva non era
inoltre sufficiente a spiegare dove e come l’interferenza avrebbe avuto luogo,
soprattutto nel caso di sistemi linguistici molto vicini tra loro.
In altre parole, per due lingue affini non bastano le riflessioni che ci sono
arrivate dall’Analisi Contrastiva: l’interferenza interlinguistica, come abbiamo avuto
modo di osservare, è tanto più profonda quanto più i due sistemi linguistici in oggetto
sono vicini. La pretesa di eliminare completamente dalle riflessioni didattiche
qualsiasi riferimento alla LM dei discenti si rivelò, in buona sostanza, fallimentare, e a
maggior ragione in quei casi di più marcata affinità tra LM del discente e LO di
apprendimento. Oltretutto, il modello dell’AC considerava l’errore un’abitudine
negativa che andava corretta attraverso sequenze continuate e ripetitive di stimolo-
risposta-rinforzo che, a conti fatti, potevano risultare banali e demotivanti per il
discente.
Possiamo riassumere in una tabella le critiche mosse al modello dell’AC:
CRITICHE ALL’AC
23
L’interferenza della LM non è la principale causa degli errori prodotti nella LO.
23
Su modello della tabella presentata in ARIAS MÉNDEZ, op. cit., p. 25.
Capitolo 1. Cenni teorici
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21
La corrente successiva dell’innatismo rifiuta in toto le teorie psicolinguistiche di natura
comportamentista che ispirano il modello di insegnamento-apprendimento dell’AC.
I materiali pedagogici creati in linea con le conclusioni del modello dell’Analisi Contrastiva non
evitano gli errori degli studenti.
La premessa secondo cui ad una maggiore differenza tra le due lingue corrisponda una maggiore
difficoltà e un maggior numero di errori si dimostra fallace e confonde due concetti di aree di fatto
separate, ovvero il concetto psicologico di ‘difficoltà’ e quello linguistico di ‘errore’.
L’AC considera soltanto le caratteristiche formali della lingua, senza prestare alcuna attenzione alle
funzioni comunicative, ai contesti o all’output come fonte valida e fondamentale di informazioni
sull’avanzamento della competenza linguistica del discente, mancando così di dati reali.
L’AC penalizza l’errore, considerandolo un elemento negativo, una devianza, un male contro il quale
bisogna lottare con ogni mezzo.
Tabella 1 - Critiche all'AC.
Fonti: ARIAS MÉNDEZ, op. cit., p. 25.
Con il declino dei postulati dell’AC, la stessa teoria del transfer cade in discredito; il
concetto di transfer è, per molti, un concetto inconsistente.
Va tuttavia detto, per concludere, che l’esperienza dell’Analisi Contrastiva ha
posto le basi necessarie per il passaggio verso le teorie dell’Analisi degli Errori (AE) e
quelle successive dell’Analisi dell’Interlingua (IL). Come sostiene Santos Gargallo,
al Análisis Contrastivo le debemos, ante todo, una concienciación de que el protagonista
en la clase de idiomas es el alumno, y no el profesor como se pensó durante las décadas
anteriores. Como consecuencia de esto, surgió una preocupación seria y científica por
facilitar el proceso de aprendizaje en el alumno con un diseño más apropiado de los
materiales y técnicas de instrucción
24
.
1.2. L’interferenza secondo l’Analisi degli Errori (AE)
Lo studioso Wardhaugh postulò, in anni successivi alle teorizzazioni di Lado (1970),
una suddivisione tra versione forte e versione debole dell’Analisi Contrastiva; se la
prima partiva da un confronto sistematico ma teorico tra i due sistemi linguistici in
contatto, la seconda versione di analisi contrastiva si sviluppava invece a partire dalle
produzioni reali dei singoli discenti:
24
SANTOS GARGALLO, Análisis contrastivo, análisis de errores e interlengua en el marco de la
lingüística contrastiva, Madrid, Editorial Sintesis, 1993, p. 67.