1
CAPITOLO I
DAL TEMPIO DELLE MUSE AL MUSEO DEL
TERZO MILLENNIO
1.1 La nascita e l’evoluzione dell’istituzione museale
«Il museo è un’istituzione permanente senza scopo di lucro, al servizio della
società e del suo sviluppo. È aperto al pubblico e compie ricerche che riguardano le
testimonianze materiali dell’umanità e del suo ambiente: le acquisisce, le conserva, le
comunica e, soprattutto, le espone a fini di studio, educazione e diletto»
1
.
Il museo così come lo si concepisce oggi è un prodotto tardo di
un’evoluzione concettuale e architettonica che attraversa diversi secoli; la sua storia è
lunga e complessa
2
, essa affonda le sue radici nel bisogno primordiale dell’uomo di
raccogliere e conservare gli oggetti preziosi e le memorie del proprio passato, si pensi,
ad esempio, al fenomeno dei “ripostigli”, gli accumuli di manufatti e lingotti di
metallo che si diffusero in Europa a partire dal Bronzo Antico.
Già nell’antico Egitto e in Grecia i cosiddetti “tesori”, costruiti nei più
importanti santuari per celebrare vittorie militari o sportive, per commemorare
particolari eventi storici o come monumentali offerte alle divinità, erano riccamente
decorati da statue, rilievi scultorei e dipinti, e custodivano raccolte di opere d’arte,
1
Estratto dall’art. 2 dello Statuto dell’International Council of Museum (ICOM). In questa
definizione rientrano anche «i siti e i monumenti naturali, archeologici ed etnografici, nonché i siti e i
monumenti storici aventi la stessa natura dei musei in quanto acquisiscono, conservano e comunicano
le testimonianze materiali dell’umanità e del suo ambiente; le istituzioni che conservano collezioni e
presentano esemplari viventi di vegetali o animali, quali gli orti botanici e i giardini zoologici, gli
acquari e i vivaria; i centri scientifici e i planetari; le gallerie d’arte senza scopo di lucro; gli istituti
destinati alla conservazione e le gallerie destinate all’esposizione, dipendenti da biblioteche e da centri
archivistici; i parchi naturali; le organizzazioni museali nazionali, regionali o locali; le pubbliche
amministrazioni responsabili di musei come sopra definiti; le istituzioni o le organizzazioni senza
scopo di lucro che svolgono attività di ricerca in materia di conservazione, nonché attività di
educazione, formazione, documentazione o altro, collegate ai musei e alla museologia; i centri culturali
o altre istituzioni che hanno il fine di contribuire alla salvaguardia, alla permanenza e alla gestione di
beni patrimoniali tangibili e intangibili (patrimonio vivo e attività creativa digitale)» [art. 3]. Si veda
<http://icom.museum>.
2
Si vedano, tra gli altri, De Benedictis C., Per la storia del collezionismo italiano. Fonti e documenti,
Firenze, Ponte alle Grazie, 1991; Mottola Molfino A., Il libro dei musei, Torino, Allemandi, 1998;
Mottola Molfino A., L’etica dei musei, Torino, Allemandi, 2004; Schubert K., Museo. Storia di un’idea.
Dalla Rivoluzione francese a oggi, Milano, Il Saggiatore, 2004.
2
suppellettili e altri oggetti di pregio, collezioni normalmente interdette all’accesso del
pubblico.
Il termine museo deriva dal greco antico Μουσείον (Mouseion, luogo sacro alle
Muse)
3
, tale termine fu utilizzato per la prima volta nel corso della prima metà del III
secolo a. C. per designare un complesso costruito ad Alessandria d’Egitto dal
monarca egizio Tolomeo II Filadelfo, nato per promuovere a spese pubbliche la
cultura e le arti, espressamente dedicato alle divinità figlie di Zeus e protettrici del
Canto, delle Arti e delle Scienze, e destinato alle collezioni di scritti, statue, dipinti,
nonché a sede della comunità degli uomini di lettere e di scienze.
Ancora in età ellenistica, celebre è il caso dell’acropoli di Pergamo,
trasformata dal sovrano dell’Asia Minore Attalo I in un museo a cielo aperto, dove
trovarono collocazione le opere d’arte espropriate alle popolazioni assoggettate in
guerra.
Nell’antica Roma alle vittorie militari seguivano grandi spoliazioni di opere
d’arte da spedire nella capitale, dove i trofei di guerra venivano esposti in luoghi
pubblici con evidenti fini propagandistici. E fu proprio a Roma che si affermò, grazie
a Marco Vipsanio Agrippa, condottiero e genero di Ottaviano Augusto, il valore
dell’opera d’arte come bene pubblico e il diritto al suo godimento da parte della
collettività intera.
Le collezioni d’arte nate durante il dominio romano furono disperse durante
le invasioni barbariche e si ricostituirono sul finire del Medioevo nelle raccolte private
dei principi e delle istituzioni religiose.
1.2 Il collezionismo moderno
I concetti di collezione, tutela e conservazione vennero elaborati per la prima
volta in modo razionale e coerente durante il Rinascimento
4
. Gli umanisti italiani per
primi elaborarono il prototipo di museo quale laboratorio della storia e della
conoscenza del mondo; a queste ragioni scientifiche e di studio si affiancarono
successivamente altre finalità: il mecenatismo ma anche l’ostentazione delle ricchezze
3
AA. VV., voce «Museo», Grande Dizionario Enciclopedico UTET, vol. XIII, Torino, 1970;
Pianigiani P. O., voce «Museo», Vocabolario Etimologico della Lingua Italiana, disponibile su
<http://www.etimo.it>.
4
Mottola Molfino A., Il libro dei musei…, op. cit.
3
personali e la propaganda del prestigio politico e culturale da parte di nobili e sovrani
europei.
I modelli illustri per i musei di intellettuali e principi rinascimentali erano
ovviamente gli studioli-biblioteche dei più grandi rappresentati dell’umanismo:
Petrarca, Poggio Bracciolini, Pietro Bembo; gli studioli erano adiacenti alla camera da
letto, come nella villa a Laurentium di Plinio il Giovane; gli oggetti delle raccolte
affollavano le pareti o erano custoditi in teche e armadi elegantemente intarsiati.
Si ricorda in proposito che, fra i motivi decorativi che adornavano le pareti
del celebre studiolo di Leonello d’Este nella residenza rurale di Belfiore, appena fuori
Ferrara, ritrovavano posto le figure delle nove Muse, in qualità di rappresentanti delle
scienze e delle arti nonché allegorie delle virtù del Principe
5
.
Le raccolte dei secoli XV, XVI e dei successivi XVII e XVIII erano
espressione di molteplici e variegati interessi
6
: reperti archeologici, sculture, dipinti,
disegni, libri e manoscritti, monete, gemme, reliquie, fossili, rarità naturali, strumenti
scientifici e musicali, modelli di macchine, minerali, animali impagliati, affollavano i
“gabinetti di curiosità” di aristocratici ed eruditi per offrirsi alla contemplazione e alla
meraviglia di un pubblico strettamente selezionato.
Il carattere composito di queste raccolte cedette il passo alla successiva
specializzazione delle discipline e delle collezioni prodotta dal “secolo dei Lumi”, in
virtù di un processo di settorializzazione del sapere che si intensificherà
progressivamente nel corso dell’Ottocento per l’influsso dei nuovi indirizzi filosofici
e culturali tesi ad una comprensione razionale della realtà.
L’Illuminismo si preoccupò di creare uno spazio architettonico appropriato
per l’istituzione museo
7
; parallelamente, invocando il libero accesso alle raccolte
private dei sovrani, del clero e dei neonati Stati di diritto, la battaglia illuminista per la
diffusione della cultura tra strati più ampi della popolazione trasformava i musei, i
teatri e le biblioteche, in strumenti fondamentali di educazione culturale. Nascevano
così i primi musei delle scienze e delle tecniche, «depositi di reperti storici eccellenti,
centri di ricerca e di formazione e, insieme, “templi” evocativi della razionalità
scientifica, considerata come strumento fondamentale per il riscatto e per il progresso
5
De Benedictis C., Per la storia del collezionismo italiano…, op. cit.
6
Mottola Molfino A., Il libro dei musei…, op. cit.
7
Mottola Molfino A., Il libro dei musei…, op. cit.
4
dell’umanità»
8
, e si inauguravano i primi musei d’arte, «collezioni di opere “belle”
capaci, proprio perché belle, di educare al buongusto e di elevare la qualità morale dei
soggetti che vi avevano accesso»
9
.
Fu però con la Rivoluzione francese che la funzione didattica e l’apertura al
vasto pubblico, i concetti fulcro del museo ideale illuministico, trovarono la piena
realizzazione, in seguito alla requisizione e alla statalizzazione dei beni artistici e
monumentali di proprietà aristocratica ed ecclesiastica
10
.
Il 10 agosto 1793 con un decreto dell’Assemblea Nazionale lo Stato aprì a
tutti i “cittadini” francesi la collezione reale del Palazzo del Louvre, ribattezzato
Musée Français
11
. L’ingresso libero (il sabato e la domenica, dalle 9 alle 16), la presenza
di cartellini esplicativi, le visite guidate, un catalogo ad un prezzo accessibile, ne
palesavano il carattere di strumento educativo universale, completamente a carico
dello Stato.
Il ruolo educativo e il carattere di pubblica istituzione del museo divennero
però successivamente l’alibi morale attraverso il quale si giustificarono i sistematici
saccheggi di opere d’arte compiuti durante le campagne estere napoleoniche.
Nonostante le proteste di molti intellettuali dell’epoca, sull’esempio del Louvre, i
musei del XIX secolo si arricchirono di capolavori strappati ai loro luoghi d’origine,
veri e propri bottini di guerra nonché, ovviamente, strumenti di propaganda politica e
simboli del prestigio nazionale.
«Mille cause riunite hanno concorso a fare dell’Italia una specie di museo
generale, un deposito completo di tutti gli oggetti che servono allo studio delle arti.
[…] Il vero museo di Roma, quello del quale io parlo, si compone è vero, di statue, di
colossi, di templi, di obelischi, di colonne trionfali, di terme, di circhi, di anfiteatri, di
archi di trionfo, di tombe, di stucchi, di affreschi, di bassirilievi, d’iscrizioni, di
frammenti ornamentali, di materiali da costruzione, di arredi, di utensili […], ma si
compone altresì di luoghi, di paesaggi, di montagne, di strade, di vie antiche, di
posizioni rispettive delle città dissepolte, di rapporti geografici, di reciproche relazioni
tra tutti i reperti, di memorie, di tradizioni locali, di usanze ancora in vita, di paragoni
8
Galluzzi P., «Nuove tecnologie e funzione culturale dei musei. Opportunità e scenari per il
terzo Millennio», in Galluzzi P., Valentino P. A. (a cura di), I formati della memoria. Beni culturali e nuove
tecnologie alle soglie del terzo millennio, Firenze, Giunti, 1997, cit., p. 9.
9
Ibidem.
10
Mottola Molfino A., Il libro dei musei…, op. cit.
11
Mottola Molfino A., Il libro dei musei…, op. cit.
5
e di raffronti che non possono farsi che sul posto»
12
. Così scriveva Quatremère de
Quincy al generale Francisco de Miranda nel 1796, scagliandosi contro la
depredazione dei capolavori d’arte perpetrata in Italia da Napoleone Bonaparte, in
quanto lesiva dei contesti nei quali le opere erano nate, fondamentali per il loro
studio e la loro interpretazione. Polemiche di questo tipo ancora oggi non sono
sopite, si pensi, ad esempio, alle numerose richieste di restituzione alla Grecia dei
marmi prelevati dal Partenone, attualmente in possesso del British Museum di
Londra, e recentemente riproposte in concomitanza con l’inaugurazione del nuovo
Museo dell’Acropoli di Atene nel giugno 2009: «Il fatto che certe parti del fregio del
Partenone si trovino oggi in Inghilterra è un esempio di arroganza imperiale chiaro
come il marmo. “Più vasti e più vasti ancora saranno i tuoi confini”: non contento di
reclamare la sua sovranità su altri Paesi, l’Impero Britannico si è appropriato dell’arte
che racchiude l’ethos, la storia, la mitologia religiosa e le fondamenta di un popolo.
[…] Per prima cosa, dovremmo smetterla di parlare di “marmi Elgin”. I marmi non
appartengono e non sono mai appartenuti a Lord Elgin; non è quella la loro origine.
[…] I marmi “Elgin” sono sezioni, capitoli di pietra, recisi da una meraviglia artistica:
una narrazione brutalmente interrotta nel suo legittimo luogo d’appartenenza. La
magnifica coerenza di una delle maggiori opere d’arte della storia incredibilmente
sopravvissuta fino a noi è stata così, in quanto opera d’arte e in quanto unità con un
suo significato specifico, negata e distrutta. […] La restituzione alla Grecia dei
capitoli di marmo della narrazione del fregio del Partenone da parte del British
Museum sarebbe una conquista per la Grecia e per l’umanità intera»
13
.
1.3 Il museo contemporaneo
Nei musei ottocenteschi, i “musei dell’imperialismo”
14
, quadri, statue e
frammenti architettonici, abbandonati i contesti originari per i quali erano stati
concepiti, avevano bisogno di nuovi sensi di lettura, che scaturivano attraverso gli
accostamenti con le altre opere in sala, anch’esse provenienti da differenti luoghi,
12
A. Quatremère de Quincy, «Lettres sur les prejudices qu’occasioneroient aux Art et à la
Science le deplacement des monuments de l’art de l’Italie […]», Parigi, 1796, citato in De Benedictis
C., Per la storia del collezionismo italiano…, op. cit., p. 316.
13
Gordimer N., «Prefazione», in Hitchens C., I marmi del Partenone. Le ragioni della loro restituzione,
Roma, Fazi Editore, 2009, disponibile su Archivio Storico del Corriere della Sera.it,
<http://archiviostorico.corriere.it/2009/giugno/02/Restituite_alla_Grecia_marmi_del_co_9_090602
042.shtml>.
14
Mottola Molfino A., Il libro dei musei…, op. cit.
6
secondo criteri di allestimento ideati dagli storici dell’arte. Gli oggetti esposti, persa
ogni relazione con la cultura materiale che li aveva creati, ognuno concepito come
esistente in sé, portatore dell’aura mistica delle civiltà antiche, furono iniziati ad un
percorso di sacralizzazione e preservati in “musei-templi”, hortus conclusus degli
studiosi, “torri d’avorio” che finirono per allontanare progressivamente il pubblico
comune da un’istituzione percepita sempre più come lontana dal presente, chiusa in
se stessa, isolata nel culto e nella contemplazione estetica del passato.
Tale pregiudizio gravava ancora sulle spalle dei musei europei della prima
metà Novecento, gravemente danneggiati o ridotti in macerie dai bombardamenti
della Seconda Guerra Mondiale, ed ebbe un peso notevole nelle priorità di scelta
della ricostruzione. L’impegno finanziario dei governi postbellici era concentrato
sulla ristrutturazione e realizzazione di abitazioni, industrie, infrastrutture e servizi
essenziali, così la rinascita dei musei, rimandata a tempi migliori, fu possibile solo a
partire dagli anni Sessanta e Settanta, a ricostruzione terminata. La ripresa economica
consentiva lo stanziamento di fondi da destinare finalmente alle istituzioni museali e,
allo stesso tempo, favoriva la creazione di una società avviata alla cultura del tempo
libero, la quale riscopriva ora i musei come nuove mete del nascente fenomeno del
turismo di massa.
1.3.1 Il museo-impresa
Durante la seconda metà del XX secolo si è avviato un florido processo di
ristrutturazioni, costruzioni, ampliamenti e ammodernamenti dei musei, sostenuto da
donazioni e sponsor privati, e dai rappresentanti politici, per gli evidenti ritorni
d’immagine o per rilanciare aree urbane degradate o abbandonate (gli esempi più
celebri in proposito sono sicuramente il Centre Georges Pompidou di Parigi, ad
opera di Renzo Piano e Richards Rogers, o il Museo Guggenheim di Bilbao, di Frank
Gehry).
L’idillio tra curatori museali, mecenati privati e pubblici governanti però ha
avuto breve durata: quello culturale, infatti, spesso rappresenta un settore
“cuscinetto”, destinato ad ammortizzare gli effetti delle crisi economiche e dei
dissesti di bilancio attraverso i tagli dei finanziamenti
15
. Così, nel corso degli ultimi
decenni, obbligati a considerare nuove forme di reperimento dei fondi, i musei hanno
15
Schubert K., Museo. Storia di un’idea…, op. cit.
7
imparato a parlare il linguaggio dell’economia e, sebbene tra molte polemiche e
resistenze, termini come management e marketing sono entrati nel lessico quotidiano
museale.
Pur senza tralasciare le tradizionali funzioni proprie di conservazione e di
esposizione, il “museo-impresa” contemporaneo ha spostato il proprio centro di
attenzione verso il pubblico dei visitatori, trasformando l’offerta museale in direzione
dell’ampliamento della domanda
16
, sino a comprendere attività e servizi un tempo
inconcepibili in una istituzione culturale, come caffetterie
17
, ristoranti, librerie e
boutique, al fine di rendere più piacevole l’esperienza della visita, nonché in qualità di
possibili ulteriori fonti di entrate economiche necessarie a finanziare le attività
dell’istituzione.
L’insieme delle funzioni svolte dai musei sono riconducibili a tre aree
principali, l’area scientifica, l’area tecnico-operativa e l’area amministrativa
18
: la prima,
direttamente collegata alla tutela e allo sviluppo delle collezioni, include lo studio, la
ricerca e le pubblicazioni, la documentazione e la conservazione; la seconda interessa
la sicurezza, i servizi tecnici, come per esempio la manutenzione degli edifici, e
l’allestimento delle esposizioni permanenti e temporanee; l’ultima comprende tutte
quelle attività di supporto alle precedenti, come la gestione del personale, la
contabilità, i servizi generali, le attività di fundraising e di public relationship.
Il museo offre ai suoi visitatori un servizio di base e una serie di servizi
periferici
19
. Il servizio di base rappresenta ovviamente la ragione centrale che spinge
un potenziale visitatore ad entrare in un museo, la soddisfazione dei suoi bisogni
culturali, cioè l’esposizione della collezione permanente. «Museo è dove esiste una
raccolta di oggetti da conservare: senza oggetti non esiste museo. Le attività
cosiddette museali, culturali e di rapporto col pubblico sono una conseguenza
dell’esistenza degli oggetti; una conseguenza che potrebbe anche non verificarsi.
Tant’è vero che esistono anche i musei chiusi»
20
. Originariamente legata alla necessità
16
Zan L. (a cura di), Conservazione e innovazione nei musei italiani. Management e processi di
cambiamento, Milano, Etas, 1999.
17
Ricordiamo in proposito la provocatoria campagna promozionale per il Victoria and Albert
Museum di Londra, ideata nel 1988 dalla Saatchi & Saatchi, agenzia pubblicitaria di fama mondiale, e
trainata dal celebre slogan: «An ace caff with quite a nice museum attached».
18
Bagdadli S., Il museo come azienda. Management e organizzazione al servizio della cultura, Milano,
Etas, 1997.
19
Bagdadli S., Il museo come azienda…, op. cit.
20
Mottola Molfino A., Il libro dei musei…, op. cit.
8
di definire un criterio ordinatore per le opere possedute, l’attività espositiva si
sostanzia nelle scelte che sovrintendono alla selezione delle opere da esporre,
all’allestimento e alla disposizione dei supporti informativi per il pubblico dei
visitatori (pannelli espositivi, cartellini didascalici, schede illustrative, etc.). «Nessun
museo è uguale ad un altro; ognuno ha una sua identità inconfondibile; nessun
museo dovrebbe apparire simile a un altro e quindi emettere gli stessi messaggi
culturali»
21
.
«Il servizio periferico è un servizio di minore importanza offerto
dall’istituzione, che non risponde a nessuna delle due condizioni del servizio di base,
cioè quella dell’unicità e quella di essere la ragione principale per la quale il cliente si
rivolge all’impresa di servizi»
22
. I musei, a seconda delle dimensioni e della rilevanza
dell’istituzione, possono offrire ai loro visitatori un certo numero di attività
complementari al servizio di base nonché alcuni servizi accessori, che spesso
rappresentano un’ulteriore fonte di finanziamento, allo scopo di arricchire l’offerta
museale. Rientrano nella categoria generale dei servizi periferici
23
: i servizi di
divulgazione, relativi alla produzione e alla distribuzione tra il pubblico di materiale
informativo a proposito dell’istituzione e della sua collezione (pubblicazioni,
audiovisivi, siti web, etc.), alla possibilità di offrire visite guidate, assistenza didattica,
servizi di fototeca e biblioteca, raccolta e proiezione di audiovisivi, etc.; i servizi di
accoglienza, quali parcheggio, prenotazione degli ingressi, guardaroba, caffetteria,
ristoranti, negozi, punti di incontro, spazi di intrattenimento per bambini, infermeria,
etc., destinati al miglioramento della qualità complessiva dell’offerta museale; e,
infine, gli ulteriori servizi realizzati per utilizzare al meglio gli spazi eventualmente
disponibili nelle strutture (auditorium, teatri, cinema, sale per conferenze, etc.).
Occorre notare che il confine tra servizi di base e servizi periferici non è
sempre ben definito, inoltre, in alcuni musei questi ultimi possono essere inclusi nella
categoria di servizi derivati
24
, cioè servizi periferici che per alcune categorie di
21
Mottola Molfino A., Il libro dei musei…, op. cit., p. 129.
22
Eiglier P., Langeard E., Il marketing strategico dei servizi, McGraw-Hill, Milano, 1998, cit., p. 113,
citato in Bagdadli S., Il museo come azienda…, op. cit., p. 82.
23
Candela G., Scorcu A. E., «I musei e le biblioteche», in Candela G., Scorcu A. E., Economia
delle arti, Bologna, Zanichelli, 2004; Solima L., «Le imprese culturali», in Solima L., L’impresa culturale.
Processi e strumenti di gestione, Roma, Carocci editore, 2004.
24
Bagdadli S., Il museo come azienda…, op. cit.
9
visitatori costituiscono il servizio di base (si pensi, ad esempio, ai cicli di conferenze
dedicati al pubblico di studenti ed esperti).
«Servizi centrali e servizi periferici formano il sistema dell’offerta di servizi.
Una considerazione importante a questo proposito è che il cliente valuta il servizio
globale effettuando una sintesi degli elementi di cui ha beneficiato: un solo servizio
carente, anche periferico, può pregiudicare l’intera valutazione sul sistema di offerta;
è dunque preferibile non introdurre servizi aggiuntivi se questi non possono essere
curati sotto il profilo della qualità. Bisogna inoltre ricordare che i servizi derivati si
rivolgono a segmenti di clientela con motivazioni differenti e ciò può costituire un
problema – in caso di compresenza di questo pubblico così eterogeneo nel museo –
che deve essere opportunamente gestito, pena il discredito dell’intero servizio; il
museo rischia infatti di non specializzarsi su nessuno dei segmenti, creando così
scarsa soddisfazione in tutti i clienti»
25
.
1.3.2 Musei in Rete e reti di musei
I musei devono impegnarsi nella creazione di un “prodotto museale” che
possa riuscire a soddisfare le diverse categorie di pubblico nonché i nuovi potenziali
fruitori; la sfida è ardua, oggigiorno, infatti, i musei si trovano a competere in un
settore, quello del tempo libero, fortemente concorrenziale
26
: si trovano a
fronteggiare, in primo luogo, il consumo casalingo di programmi televisivi, home-video,
videogiochi, musica, libri, computer, etc.; il consumo di tipo alternativo a quello
museale (cinema, escursioni naturali, parchi, eventi sportivi, etc.); la partecipazione ad
attività culturali diverse dal museo (teatro, opera, biblioteca, fiere, etc.); infine la
stessa competizione diretta con gli altri musei. Nel corso degli ultimi anni il pubblico
museale è aumentato di numero al punto che oggi ben poche persone possono
affermare di non aver mai visto in vita loro un museo o una mostra, al contempo, i
visitatori si mostrano in genere molto più competenti, attenti ed esigenti, bisognosi di
instaurare un rapporto attivo con i curatori e gli operatori delle istituzioni museali.
L’introduzione delle nuove tecnologie informatiche e telematiche all’interno
dei musei ha comportato una rivoluzione concettuale e materiale dell’istituzione che
25
Bagdadli S., Il museo come azienda…, op. cit, p. 85.
26
Candela G., Scorcu A. E., Economia delle arti, Bologna, Zanichelli, 2004.
10
risulta ancora oggi in atto
27
. Le nuove tecnologie digitali possono infatti essere
impiegate sia nei sistemi di gestione e conservazione del patrimonio museale, sia per
quanto riguarda le modalità di fruizione dello stesso: si pensi, ad esempio, alla
creazione di archivi digitali che ottimizzano la ricerca e il reperimento delle
informazioni; all’automatizzazione delle biglietterie e delle prevendite dei ticket di
ingresso; al posizionamento di postazioni informatiche (“totem informativi” e
computer) all’interno delle strutture museali come supporto didattico per il pubblico;
all’opportunità di godere della stessa visita museale direttamente da casa, attraverso
vari supporti multimediali (CD-ROM e DVD sono i formati attualmente più diffusi)
o una connessione alla rete Internet; e proprio la rete Internet, attraverso la creazione
di un proprio sito Web, rappresenta per i musei un eccezionale strumento di
presentazione e promozione.
Il World Wide Web è un servizio Internet nato nel 1989 da un’idea di Tim
Berners-Lee, ricercatore del CERN di Ginevra. Nel 1993 Marc Andreesen ed Eric
Bina del National Center for Supercomputer Applications (NCSA) dell’Università
dell’Illinois misero a punto Mosaic, il primo browser grafico di navigazione del Web
28
;
l’anno successivo fecero la loro prima comparsa in Rete i primi musei italiani: il
Museo della Specola di Bologna, a Firenze l’Istituto e Museo di Storia della Scienza e
il Museo di Storia Naturale dell’Università, il Museo di Fisica di Napoli presso il
Dipartimento di Scienze Fisiche dell’Università “Federico II”, il Museo Nazionale
Ferroviario di Pietrarsa di Portici (Napoli) e il Museo dell’Immagine Fotografica e
delle Arti Visuali dell’Università di Roma “Tor Vergata”. All’estero alcuni storici siti
Web di musei sono quelli del Louvre, del Prado e il Museum of Modern Art di New
York
29
.
Nel corso degli ultimi anni la presenza dei musei in Internet si è fatta sempre
più fitta, basta consultare i principali motori di ricerca o repertori specializzati per
rendersene conto, e i progressi compiuti nelle tecnologie informatiche e nello
sviluppo di nuovi linguaggi Web hanno permesso l’evolversi dei siti museali, dalle
prime laconiche presentazioni delle istituzioni fino allo sviluppo di contenuti sempre
più approfonditi e interattivi, all’offerta vera e propria di servizi on line (vendita e
27
Per approfondire, si rimanda alla bibliografia di riferimento del Capitolo III.
28
Curtin D. P., Foley K., Sen K., Morin C., Informatica di base, Edizione italiana a cura di Ciotti
F., Milano, McGraw-Hill, 2005.
29
Granata L., Dopo i Beni Culturali. Biblioteche e musei nell’era di Internet, Napoli, Edizioni Simone,
2001.
11
prenotazione dei biglietti, attività di merchandising, visite virtuali, etc.). «Tra l’altro, tutti
i dati dei quali al momento disponiamo indicano che – contrariamente al timore
diffuso tra gli operatori dei musei – la crescita degli utenti virtuali non produce una
contrazione dei visitatori reali, ma, al contrario, li incrementa. Evidentemente, le
informazioni offerte dai web site dei musei stimolano il desiderio del contatto con le
opere in carne ed ossa»
30
.
La sempre più numerosa presenza sulla rete Internet e l’incrementata
articolazione dei contenuti dei siti Web museali rappresentano un’ulteriore fase di
quella “scoperta” del pubblico di massa a cui si è accennato prima. A questo punto
emerge una visione del museo molto diversa da quella di alcuni anni fa, e cioè quella
del deposito polveroso, di un’istituzione tradizionalmente autarchica, che oggi ci
appare invece orientata non solo in direzione del pubblico di visitatori, ma
intenzionata a porsi come nodo di collegamenti strategici con l’esterno, verso la
collaborazione con imprese, enti locali, università, teatri, biblioteche e altri soggetti
culturali, musei compresi.
Le esperienze organizzative dei cosiddetti network museali
31
costituiscono in
proposito una soluzione concreta per coniugare le esigenze gestionali ed economiche
delle istituzioni museali con i bisogni dei fruitori. Per allargare o anche solo per
svolgere le proprie attività, infatti, un museo deve poter disporre di strutture e
attrezzature dal costo proibitivo per molti istituti: ad esempio le grandi esposizioni
temporanee, di moda negli ultimi anni, i cosiddetti eventi blockbusters, richiamano
ingenti folle di pubblico ma richiedono investimenti finanziari non indifferenti; così
anche i vantaggi economici derivanti dalle attività commerciali e dai servizi di
ristorazione necessitano di un discreto numero di visitatori per rendere conveniente
l’offerta.
Entrare a far parte di una rete museale consente alle istituzioni coinvolte di
ridurre i costi amministrativi e di gestione, quindi porre in essere un maggior numero
di servizi, a prezzi inferiori, e migliorare la qualità dell’offerta. All’interno di un
network, infatti, è possibile beneficiare di risorse, iniziative e servizi comuni, gestiti
centralmente; inoltre ciascun museo ha l’opportunità di godere di maggiore visibilità
derivante dalle attività promozionali e commerciali della rete. D’altra parte, la
30
Galluzzi P., «Nuove tecnologie e funzione culturale dei musei…», op. cit., p. 21.
31
Per approfondire, si rimanda alla bibliografia di riferimento del Capitolo II.