CAPITOLO 1
1.Gli anni della transizione
Il 20 novembre del 1975 muore Francisco Franco dopo trentanove
anni di dittatura. La conseguenza immediata di ciò fu l’apertura del sistema
politico, l’abolizione della censura, la dichiarazione del diritto alla libertà
di espressione e di associazione politica, la convocazione delle elezioni
generali nel 1977 e l’approvazione della Costituzione nel 1978. Il
raggiungimento di tali obbiettivi rappresentò una fase piuttosto delicata e
tutt’altro che indolore soprattutto per i protagonisti politici che, mentre si
accingevano a creare i presupposti per avviare il nuovo sistema
democratico, dovettero mediare tra i sostenitori del regime e i suoi
oppositori.
Una delle figure chiave che guidò questo processo fu Juan Carlos di
Borbone che Franco aveva individuato come suo successore nel 1969 e che
con la morte del caudillo ascende ai vertici dello stato. All’inizio la sua
posizione non è delle migliori. Juan Carlos in questo momento è ancora
poco conosciuto dagli spagnoli e contestato dai conservatori del regime che
sostengono Alfonso di Borbone, convinto sostenitore del regime e consorte
di una nipote di Franco. Inoltre i suoi rapporti col successore di Carrero
Blanco
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, Arias Navarro, sono pessimi. Tra i suoi sostenitori invece può
contare su una schiera di giovani politici aperturisti e soprattutto su un altro
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A Carrero Blanco Franco aveva affidato l’incarico di capo del governo ma fu ucciso dall’ETA nel 1973 e
tale carica fu assunta da Arias Navarro.
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dei protagonisti della Transizione, Adolfo Suárez, all’epoca direttore di
TVE.
Juan Carlos nomina Torquato Fernández Miranda a presidente della
Cortes del regno e il 12 dicembre 1975 si forma un governo guidato da
Arias Navarro, che comprende gli eredi riformisti del franchismo e alcuni
dei giovani politici legati al re. In questi mesi nel paese imperversano le
mobilitazioni sociali e le rivolte politiche, soprattutto di natura
antifranchista e autonomistica le quali, insieme alla politica di
democratizzazione intrapresa da Juan Carlos, minano il già debole governo
di Arias Navarro e portano alla nomina a presidente del governo di Adolfo
Suárez nel luglio del 1976. Juan Carlos, Fernández Miranda e Adolfo
Suárez intraprendono così una politica volta da una parte a rompere i
legami di continuità col regime e dall’altra ad attrarre parte
dell’opposizione democratica.
Una delle priorità del governo Suárez è quella di annullare ogni
ostacolo giuridico che impedisca il cambiamento politico; per questo
presenta alle Cortes la “Ley para la reforma política” che, una volta in
vigore, avrebbe permesso di convocare le elezioni generali e di trasformare
le Cortes. Il testo, approvato dalle Cortes il 18 novembre, prevedeva il
riconoscimento della sovranità popolare, il suffragio universale, attribuiva
il potere legislativo alle Cortes che d’ora in poi sarebbero state composte
da un congresso dei deputati e un senato, stabiliva la durata di quattro anni
del mandato parlamentare e prevedeva che la riforma costituzionale
dovesse essere attuata dal governo in seguito a un referendum. Muovendosi
ancora all’interno della legalità franchista, il nuovo governo punta così
all’abbattimento delle istituzioni del regime per favorire l’avvento della
democrazia. Questo fu uno dei momenti più delicati. Mentre in politica il
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governo cerca di negoziare con le opposizioni, gruppi di estrema destra e di
estrema sinistra tentano di influenzare il corso degli eventi con azioni
violente e atti terroristici. Il 24 gennaio 1977, tre avvocati legati al PCE
vengono assassinati da forze di estrema destra nella stazione madrilena di
Atocha. Il PCE organizza una manifestazione silenziosa in occasione dei
funerali che risulta avere un forte impatto pubblico, ma che purtroppo non
servirà a porre fine alla spirale di morte e violenza perché nello stesso anno
l’ETA mieterà altre vittime.
Intanto il panorama politico spagnolo a un passo dalle elezioni
democratiche vede schierati da una parte il PCE, guidato da Carrillo ma
impreparato ad affrontare le elezioni e il PSOE con a capo Felipe González
e dall’altra la destra estrema di Blas Piñar e AP di Fraga Ibarne, partito
prevalentemente neofranchista di stampo riformista. Il centro invece
raccoglie liberali, socialdemocratici, democristiani e riformisti del regime
che nel maggio dello stesso anno andranno a formare l’UCD il cui leader
sarà lo stesso presidente del governo. Infine vi sono gli schieramenti
nazionalisti tra cui vale la pena menzionare il PNV per i paesi baschi e il
PDC per la Catalogna.
Le elezioni vengono indette per il 15 giugno e ne uscirà vincitrice la
neo-nata UCD seguita rispettivamente de PSOE e AP. Le priorità che il
nuovo governo si trova ad affrontare sono la stesura di una Costituzione e
la questione delle autonomie. Nei Paesi Baschi e in Catalogna, infatti, la
politica dittatoriale é stata particolarmente dura e oppressiva sotto tutti i
punti di vista e, una volta caduto definitivamente il regime, le richieste e le
spinte autonomistiche tornano ad essere uno dei principali nodi da
sciogliere. In Catalogna in questo momento sono i nazionalisti di sinistra,
guidati da Jordi Pujol, ad avere più consensi e a mobilitarsi per l’autonomia
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così Suárez, per evitare un’eccessiva monopolizzazione da parte di queste
forze, decide di richiamare dall’esilio l’ex presidente delle Generalitat
2
,
Josep Tarradellas. Nell’ottobre del 1977 vengono ripristinate le Generalitat
e, seppur in forma provvisoria, viene ristabilita l’autonomia catalana.
Una soluzione analoga viene tentata anche nei paesi baschi, ma senza
successo. Qui il presidente del governo basco Jesús María de Leizaola non
aveva lo stesso prestigio di cui godeva Tarradellas in Catalogna e i
nazionalismi erano più radicali. Inoltre l’ETA continuava imperterrita la
sua offensiva militare, ragion per cui fu impossibile raggiungere un accordo
definitivo sull’autonomia. Il 30 dicembre il Consejo General basco firma
un patto pre-autonomico, ma questo lavoro rimane minato dalle profonde
ostilità nate all’interno del PNV in seguito alla sua esclusione dal testo
costituzionale.
Nel 1978 si discute sull’ipotesi di concedere l’autonomia a tutte le
regioni e il processo si estende in un primo momento a Galizia, Valencia,
Aragona, Canarie e Andalusia e in una fase successiva a tutto il territorio
nazionale.
L’altra questione di grande interesse è la stesura della Costituzione
alla quale il governo lavora intensamente fino all’estate del 1978. Una volta
resi pubblici i risultati la Costituzione viene discussa da Cortes e Senato e
in seguito votata da quest’ultimo e dalla camera dei deputati. Il referendum
popolare del 6 dicembre 1978 sancisce l’entrata in vigore della nuova
Costituzione votata dall’87,78 % degli spagnoli e marca il passaggio da un
sistema dittatoriale e fortemente centralizzato a uno stato democratico a
tutti gli effetti. Il nuovo testo costituzionale era il frutto dell’accordo tra le
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Sistema autonomo di governo proprio della Catalogna, all’interno dello stato spagnolo che non è sotto
l’autorità diretta del governo centrale di Madrid.
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principali parti politiche, ma non bisogna dimenticare che anche
l’astensione fu alta (34%), soprattutto in alcuni settori della sinistra dove il
desencanto
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nei confronti del governo Suárez era un sentimento sempre
più diffuso.
Il 1978 tuttavia è anche un anno di tensioni sociali e di conflitti.
Mentre il governo concentrava gran parte delle sue energie nella stesura
della Costituzione il paese era nel pieno di una crisi economica aggravata
ulteriormente dalla paura degli ormai sistematici attentati dell’ETA e dallo
scontento dei sostenitori del regime. In questo contesto Suárez aveva
cercato l’appoggio delle sinistre firmando con il PCE ei PSOE i “Patti della
Moncloa” nell’ottobre del 1977. Questi avrebbero dovuto risanare la
situazione economica ma, se da una parte permisero il controllo
dell’inflazione, dall’altra non poterono evitare che gli effetti peggiori della
crisi ricadessero soprattutto sul salariato, andando ad alimentare
ulteriormente il desencanto. Anche i sindacati si erano trovati a gestire una
situazione difficile perché dovevano difendere la neo-nata democrazia e al
tempo stesso tener testa al sempre più forte malcontento dovuto soprattutto
alla politica monetaria restrittiva e all’aumento della disoccupazione.
Il 1978 è stato perciò un anno caratterizzato da molti conflitti
soprattutto in campo lavorativo dove, nonostante i “Patti”, l’UCD finì con
l’assumere posizioni sempre più conservatrici in seguito alle pressioni e
alle critiche ricevute dalla Confederazione delle Imprese.
3
Tale termine indica un senso di insoddisfazione e illusione peculiare di questo momento storico che
aleggia soprattutto tra i settori più progressisti della sinistra, i quali non vedono nell’atteggiamento del
governo Suárez una rottura definitiva col regime. Inoltre la vittoria dell’UCD fu il anche il risultato di una
campagna politica che cercò di limitare in tutti i modi il dibattito pubblico e soprattutto di evitare il
confronto col passato e ciò non fece che alimentare il desencanto.
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Le elezioni generali del 1°marzo 1978 rappresentano un’altra vittoria
per l’UDC, ma questa volta la percentuale delle astensioni fu ancora più
alta. Un mese dopo circa è il turno delle municipali in cui l’UCD ottiene un
gran numero di consiglieri nei centri medio-piccoli mentre nelle grandi
città trionfano le sinistre e in particolare i socialisti, tra cui Tierno Galván a
Madrid e Narcís Serra a Barcellona.
L’entrata in vigore della Costituzione coincide anche col passaggio da
uno stato centralista a uno stato delle autonomie. Essa infatti riconosce la
Spagna come patria comune di tutti gli spagnoli
4
, ma anche che l’unità di
stato è compatibile con un pluralità di situazioni nazionali. Tra le leggi più
importanti a sostegno delle autonomie vi sono senz’altro quella che regola i
referendum sugli Statuti e quella sul finanziamento delle Comunità
autonome
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. Le questioni basche e catalane sono tra tutte quelle più urgenti
da risolvere ed è per questo che viene data la priorità agli Statuti di queste
regioni. Qui, in seguito all’approvazione degli Statuti, si tengono le prime
elezioni autonome che vedono la vittoria di CiU in Catalogna e PNV nei
Paesi Baschi. Suárez non vuole concedere alle altre regioni lo stesso grado
di autonomia, ma in alcune le richieste sono pressanti come nel caso
dell’Andalusia, in cui il capo del governo si vede costretto a convocare il
referendum. Qui, nonostante l’invito di Suárez all’astensione, nel 1982 il
PSOE vince le elezioni e Rafael Escuredo diventa il primo presidente della
Comunità autonoma andalusa.
All’inizio degli anni ’80 non c’è solo la questione autonomica che
rischia di minare la giovane democrazia, ma vi sono anche altri problemi
4
Art. 2.
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Suddivisioni territoriali sancite dal titolo VIII della Costituzione del 1978, con un proprio governo e
parlamento autonomi e un Tribunale Superiore di Giustizia. Sono in tutto diciassette e gestiscono
competenze in materia di Sanità, Istruzione, Ambiente, Agricoltura, Artigianato, concessioni
amministrative, contratti, assicurazioni e ordinamento di credito delle banche.
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che affliggono il paese come l’inflazione, la chiusure di molte fabbriche e
l’aumento della disoccupazione, tutte conseguenze della crisi economica
legata soprattutto al settore petrolifero. Il malcontento scatenato dalle
riduzioni salariali e dal peggioramento delle condizioni lavorative fa sì che
questo sia un momento di alta conflittualità sociale. A tutto ciò si aggiunge
il dilagare della violenza e degli attentati, soprattutto per mano dell’ETA
ma anche di organizzazioni estremiste di destra o alcuni settori della polizia
o dell’esercito che spesso mantenevano legami con i sostenitori del regime.
I cambiamenti messi in atto con l’avvento della democrazia non vengono
accettati dai nostalgici del regime che volevano tornare a uno stato
centralizzato, e questo malcontento che serpeggiava soprattutto in alcuni
settori militari, sfocerà in provocazioni nei confronti del governo e in
tentativi golpisti che alimenteranno ulteriormente la spirale di violenza e il
conseguente senso di insicurezza della Spagna dei primi anni ’80.
Juan Carlos e Adolfo Suárez
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CAPITOLO 2
La Spagna socialista
2.1 La crisi dell’UCD e le trasformazioni dei partiti
Le elezioni del 1979 avevano fatto affiorare tensioni all’interno
dell’UCD le quali, insieme alla perdita di prestigio in seguito alla questione
andalusa, mettono a dura prova il presidente Suárez. Nel 1980 inoltre,
questi deve affrontare una mozione di censura da parte del PSOE ma,
nonostante tutto, viene riconfermato e porta avanti il suo incarico fino al
1981. La perdita di controllo sul partito, alla quale si aggiungono le altre
problematiche e le tensioni che attanagliano il paese, lo portano a
dimettersi il 27 gennaio, e il mese successivo viene designato Calvo-Sotelo
come nuovo capo del governo.
Nel frattempo anche il PCE e il PSOE attraversano un momento
difficile.
Nel primo, guidato da Carrillo, le tensioni raggiungono il culmine al
suo X congresso, che si tiene nell’estate del 1981 e che viene seguito
dall’espulsione di molti membri in rotta coi dirigenti del partito e da una
consistente perdita di iscritti.
Il PSOE di González invece esce rafforzato dalla crisi del 1979 in cui
il suo presidente era stato duramente attaccato dai radicali per il suo
atteggiamento moderato.
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L’UCD di Sotelo rifiuta la proposta del PSOE di formare un governo di
coalizione ma cerca di stringere accordi con questo per risolvere problemi
interni al paese, come quello delle autonomie. In politica estera invece vi
sarà un forte scontro tra i due blocchi. Il processo di elaborazione degli
Statuti aveva subito un arresto nell’ultima fase del governo Suárez così,
sempre nel 1981, il governo presenta alle Cortes la “Ley Orgánica de
Armonización del Proceso Autonómico” (LOAPA) per regolare il processo
di decentramento.
A parte la Canarie e il País valenciano, che raggiunsero il massimo
livello di competenza, e la Navarra, il cui statuto fu rettificato dalle Cortes
senza referendum popolare, il resto degli Statuti vengono modellati in base
agli accordi del 1981. Da questo momento in poi l’intero territorio
nazionale è suddiviso in Comunità che però godono di due distinti livelli di
competenza: Paesi Baschi, Catalogna, Navarra, Galizia, Andalusia, Canarie
e Comunità valenciana sono quelle che ottengono il livello massimo di
autonomia, mentre le restanti godono di un livello inferiore. Tale
differenzazione porta anche a una diversa distribuzione di competenze e di
risorse finanziarie fra i due gruppi.
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In politica estera invece Sotelo mira all’entrata della Spagna nella
NATO e per questo si scontra con PSOE e PCE. L’adesione al trattato di
Washington non frena la crisi dell’UCD che, nel 1982, è profondamente
diviso tra riformisti seguaci di Suárez e favorevoli agli accordi con PSOE e
PCE e conservatori di AP schierati con Fraga il quale, in seguito alla legge
sul divorzio promossa da alcuni deputati dell’UCD (aprile 1981), aveva
attirato le simpatie della Chiesa. La perdita delle elezioni galiziane (1981) e
andaluse (1982), insieme all’abbandono di Suárez che nel luglio 1982
lascia il partito per formare Centro Social Democrático (CDS), decretano la
disfatta dell’UCD e spingono Sotelo a convocare le elezioni anticipate.
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2.2 Il trionfo socialista e la prima legislatura
Il 28 ottobre 1982 è un’altra data importantissima nella storia della
Spagna democratica perché marca la fine della Transizione e apre una
nuova fase che, seppur non priva di problemi e contraddizioni, apporterà
allo Stato riforme e trasformazioni radicali volte a cancellare i legami col
passato e con la dittatura e a far camminare il paese verso la modernità.
Quel giorno si tengono le elezioni generali che vedono la vittoria del
PSOE con un 40,82% di voti contro il 26,46% di AP
6
, seguiti da PSC,
UCD, PCE e tutti i partiti nazionalisti. L’UCD aveva perso parecchi
consensi e arriverà a sciogliersi definitivamente nel 1983. Il 3 dicembre
1982 nasce ufficialmente il primo governo socialista guidato da Felipe
González e dal suo vicepresidente Alfonso Guerra. I presupposti per il
cambiamento che nel giro di dieci anni investirà la Spagna risiedono già nel
fatto che per la prima volta, dopo quasi mezzo secolo, ad occupare le
poltrone è una generazione nuova di politici, che non ha più nessun vincolo
con la dittatura, ma che al contrario proviene da ambiti antifranchisti e che
per questo mira a chiudere col passato in favore del progresso e del
cambiamento.
Felipe González
6 I dati qui riportati provengono dalla Junta Electoral Central del Ministerio del Interior
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Inizia così un ciclo di riforme che investono vari settori. Nell’esercito
e nelle forze armate, il PSOE deve agire con cautela evitando di provocare
reazioni da parte dei nostalgici e dei golpisti. Vengono professionalizzate le
forze armate, modificato il codice penale militare, rimodernate le
infrastrutture, acquistati nuovi armamenti e promossi numerosi
pensionamenti anticipati affinché le forze militari siano meno autonome e
più subordinate al potere civile.
In ambito giuridico desta molte polemiche tra le Chiesa e i suoi
sostenitori la depenalizzazione parziale dell’aborto nel 1985, che però
consente tale pratica solo in caso di violenza sessuale, rischio di vita per la
madre o malformazione del feto.
Cambiamenti profondi e significativi avvengono soprattutto nel
mondo dell’istruzione. Qui vale la pena menzionare il decreto legge
sull’autonomia delle Università del 1983, che concede a queste la facoltà di
stabilire i propri statuti e piani di studi, e la LODE (Ley Orgánica del
derecho a la educación), che stabilisce la gratuità della scuola dell’obbligo,
libertà di insegnamento, fondi per le scuole private e la formazione di
organismi rappresentativi di insegnanti, alunni e genitori. Nella seconda
metà del decennio, il ministero dell’Educazione deve affrontare numerose
contestazioni da parte del movimento studentesco che stava investendo
tutto il paese. Questo scontro porta, nel 1987, alla concessione di borse di
studio e della gratuità dell’insegnamento medio e professionale. Seguono
scioperi del personale docente che vuole ottenere la livellazione salariale al
pari degli altri dipendenti pubblici e che, nel 1988, portano alle dimissioni
del ministro Maravall, sostituito da Javier Solana, che accoglierà tali
richieste. Nel 1990 si arriva alla strutturazione attuale del sistema scolastico
che prevede, dopo la scuola dell’infanzia, un ciclo di sei anni di scuola
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primaria (6-12 anni) seguita da quattro anni di educazione secondaria
obbligatoria gratuita (ESO), più due anni di bachillerato.
Sul versante economico il PSOE si trova a gestire una situazione di
crisi a cui il ministro Boyer cerca di far fronte con un politica di bassi
redditi, volta a contenere il deficit e l’inflazione e ad incrementare la
produttività. Il prezzo da pagare però è alto e ricade ancora una volta sui
ceti sociali più deboli, che vedono ridursi il potere d’acquisto dei salari e
salire la percentuale dei disoccupati, che raggiunge il 20%.
Nel 1983 il governo si accolla l’espropriazione della Rumasa,
gigantesco complesso bancario e industriale sull’orlo di una bancarotta che
avrebbe minato l’intero sistema economico spagnolo. L’operazione fu
delicata e piuttosto costosa ma necessaria per evitare il peggio e a tal fine si
rivelò fondamentale il sostegno al governo di tutto il mondo economico.
In politica interna, inoltre, va affrontata l’emergenza terrorismo. Nel
1981, Calvo Sotelo era riuscito a raggiungere un accordo con l’ETA
secondo il quale questa si sarebbe sciolta e avrebbe rinunciato alla lotta
armata. Il PSOE si adopera per inserire gli ex militanti nella società in
cambio di una rinuncia definitiva all’uso delle armi ma ciò causa le
rappresaglie delle cellule ancora attive contro coloro che si dimostrano
disponibili a collaborare col governo. Nel 1986 la polizia spagnola, con la
collaborazione di quella francese, riesce a smantellare un nucleo
dell’organizzazione che aveva sede nel sud della Francia e ciò provoca una
reazione violenta dell’ETA, la quale torna a colpire -mietendo 21 vittime-
con un attentato all’Hipercor di Barcellona. Il governo cerca di giungere a
trattative con l’ETA ma inutilmente. Un problema analogo è quello dei
GRAPO, gruppi nati come organismo di repressione antifascista ed
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evolutosi in una vera e propria organizzazione terroristica che si muove
nell’illegalità, così che anche il tentativo di raggiungere a un accordo con
questi fallisce. Infine vi sono i GAL (Gruppi antiterroristi di liberazione),
illecitamente sostenuti dallo stesso governo, che commettevano azioni
repressive -talvolta violente- mietendo molte vittime, soprattutto in
territorio francese.
Per quanto riguarda le autonomie, il PSOE completa l’approvazione
degli Statuti e favorisce i trasferimenti di competenze, dotando le comunità
di risorse umane, finanziarie e tecniche. Rimaneva irrisolta la questione dei
differenti livelli, e le comunità che avevano ottenuto meno competenze
iniziano a richiederne l’ampliamento appellandosi alla Costituzione, in
particolare all’articolo 148, che consente tale procedura in seguito a cinque
anni di autonomia. Se si conservava tale differenzazione sarebbero venute a
crearsi disuguaglianze di Status e difficoltà gestionali, se invece si
portavano allo stesso livello tutte le comunità si sarebbero annullate
importanti diversità culturali. Per avere una svolta in questo senso
bisognerà attendere gli anni ’90, e precisamente il 1992, con la Legge
organica sul trasferimento delle competenze, che viene effettuato in
maniera uniforme, e il 1994, con l’approvazione degli Statuti riformati.
In politica estera uno dei principali obiettivi del PSOE è l’entrata
della Spagna nella Comunità Europea, percepita come un passo
indispensabile non solo per il raggiungimento della modernità ma anche
per tornare a competere con gli altri paesi europei dopo decenni di
isolamento. Così il 1 gennaio 1986 la Spagna entra ufficialmente a far parte
della comunità e ciò costituisce un grande successo per il PSOE. Durante i
primi anni il paese deve far fronte a un grosso deficit dovuto
principalmente al maggior numero delle importazioni rispetto alle
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esportazioni, ma riesce a risanarlo soprattutto grazie al sostegno economico
fornito dagli investimenti stranieri, che contribuiscono notevolmente alla
modernizzazione tecnologica e alla crescita economica spagnola.
Sulla questione della permanenza nella Nato, invece, il paese rimane
profondamente diviso, così come lo è lo stesso PSOE. González indice un
referendum il 12 marzo 1986 da cui emerge una maggioranza a favore,
anche se la percentuale dell’astensione raggiunge il 40%
7
.
Infine, durante i primi anni del mandato, González mostra un
atteggiamento palesemente anti-americano sostenendo la
democratizzazione in Uruguay, Cile e Argentina e cercando di consolidare i
rapporti col mondo arabo e con Israele.
2.3 La seconda legislatura socialista
Nel 1986 González decide di sfruttare il prestigio di cui gode in
questo momento il suo partito e convoca le elezioni anticipate per il 22
giugno, nelle quali il PSOE viene riconfermato mentre il centro-destra si
mantiene sulle stesse posizioni del 1982 e per di più perde il suo leader
storico, Fraga Ibarne, entrando in una fase complicata e problematica che si
concluderà solo con l’arrivo di Aznar il quale, nel 1990, ne diventa
presidente. Aznar risolleverà il centro-destra che tornerà a costituire
7
L.Aguilar de Luque, R. Blanco Canales, Constitución Española, 1978-1988, 3 voll., Centro de Estudios
Constitucionales, Madrid, 1988, p. 351.
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