CAPITOLO 1
InullRODUZIOnullE
1.1 Problema diretto e problema inverso
Quando si progetta un’opera si fanno una serie di ipotesi, più o meno ragionevoli, che servono ad
impostare un modello di calcolo dell’opera stessa. In particolare nel settore delle costruzioni spesso
si lavora con i modelli agli elementi finiti (Finite Elements Model) che riproducono in tutto o in
parte la struttura che si sta progettando. Le successive fasi del lavoro consistono essenzialmente nel
caricare il modello con gli scenari di carico statici e dinamici tipici dei vari stati limiti e condurre le
adeguate verifiche. L’attuale normativa (D.M.’08) prevede la possibilità di condurre, per la parte
dinamica, 3 tipi di analisi a complessità e precisione crescente:
• Analisi pseudostatica
• Analisi dinamica modale a spettro di risposta
• Analisi al passo temporale con accelerogramma
In sostanza il problema dinamico viene sempre affrontato in maniera diretta seguendo il consueto
iter:
AZIOnullI ⇒ SISTEMA DInullAMICO ⇒ USCITE
dove conosciamo le azioni e il sistema dinamico e si tratta di calcolare le uscite e condurre le
adeguate verifiche.
Tutte queste analisi hanno come denominatore comune quello di essere condotte appunto su un
modello della struttura: i modelli possono essere più o meno distanti dalla realtà. E’ naturale che è
inutile condurre analisi sempre più accurate, spesso con il conseguente maggior onere
computazionale che ne deriva, se si hanno in mano modelli che non riproducono in maniera
sufficientemente approssimata il comportamento reale della struttura. Nella dicitura
“sufficientemente approssimata” si gioca gran parte della questione: significa semplicemente che il
1
modello riproduce bene i caratteri essenziali che governano il problema strutturale in tutti gli stati
limite. Ottenere un modello perfettamente aderente alla fisica delle cose è evidentemente un
processo asintotico: si immagini infatti di avere un modello “perfetto” della struttura, nel senso che
riproduca perfettamente tutte le caratteristiche di rigidezza e resistenza dei materiali presenti, che le
ipotesi fatte siano perfettamente adeguate alla realtà, che siano infine riprodotte anche quelle
imperfezioni di costruzione che possono riguardare la geometria degli elementi strutturali: ebbene
esisterà sempre irrimediabilmente uno scarto tra il modello e la struttura dovuto alla inesorabile
necessità di costruire il modello con enti (punti, rette, curve, superfici) che nella realtà non esistono.
Questa è solo una riflessione: dal punto di vista ingegneristico ovviamente interessa capire dove sta
quel “sufficientemente approssimato” di cui si diceva sopra. Il processo di miglioramento asintotico
forse è materia per fisici e matematici.
L’analisi a ritroso, conosciuta nella letteratura scentifica come “back analysis”, si colloca proprio in
questo ambito. Si tratta di tecniche che consentono, tramite una serie di misurazioni sulla struttura
reale, di cogliere comportamenti caratteristici della stessa in modo da capire qual’è il modello che la
approssima meglio. Riprendendo in mano il precedente schema, il problema è sostanzialmente
posto in termini inversi:
USCITE + (AZIOnullI) ⇒ SISTEMA DInullAMICO
dove a partire dalla conoscenza delle uscite, ovvero della risposta della struttura, ed eventualmente
anche delle azioni, si deve ricostruire il sistema dinamico.
Nel presente lavoro di tesi verranno considerate alcune di queste tecniche cercando di capire quale
sia la più adatta per un’applicazione ingegneristica diretta, quale è il monitoraggio dinamico in
tempo reale di strutture idrauliche.
2
1.2 Monitoraggio dinamico di reti idrauliche
L’esigenza classica che sta alla base di un’attività di monitoraggio è quella di osservare il
comportamento dell’oggetto in modo da capire quanto le previsioni del modello siano vicine alla
realtà fisica. In particolare il monitoraggio dinamico delle reti idrauliche, con il loro complesso
schema di strutture, artefatti e opere d’arte che le compongono, costituisce un aspetto di importanza
strategica rilevante sia per quanto riguarda il normale esercizio delle opere, sia e sopratutto per
quanto riguarda l’eventuale presentarsi di eventi intensi.
Nell’ambito del normale esercizio delle opere il monitoraggio consente, a partire dalla misurazione
della risposta delle componenti, di calibrare con maggiore efficacia le attività di manutenzione nel
corso del tempo prevenendo guasti e rotture.
Nell’ambito degli eventi intensi il concetto è che si vuole essere sufficientemente sicuri che, quando
si presenteranno eventi del calibro di quelli afferenti agli stati limite ultimi considerati, la struttura si
comporterà come è stato previsto in fase di progettazione e collaudo.
Tutte le tecniche di monitoraggio e analisi dinamica a ritroso prevedono la strumentazione
dell’oggetto in esame con accelerometri le cui specifiche dipendono dal tipo di tecnica che si sta
implementando: nel caso di una rete idraulica esistono una serie di punti indispensabili al corretto
funzionamento della rete stessa e, dunque, strategicamente più importanti, come ad esempio ponti
tubo, serbatoi pensili, impianti di sollevamento, sui quali è opportuno porre maggiore attenzione.
Nel presente lavoro di tesi sarà affrontato il caso di studio del serbatoio pensile facente parte del
complesso idrico di Ponte di Nona, zona ad est di Roma, costruito su una diramazione
dell’acquedotto dell’acqua marcia per le esigenze della zona, nella quale la domanda idrica è
aumentata negli ultimi anni a causa della costruzione di nuove abitazioni. Verranno presentati i
risultati dell’applicazione di una tecnica di analisi modale operazionale al serbatoio pensile.
3
1.3 Premessa ai capitoli successivi
Nel capitolo 2 si affronta la trattazione dalle basi teoriche della dinamica dei sistemi lineari sia nel
dominio del tempo che in quello della frequenza: i concetti sono i medesimi ma alcuni sono più
facilmente comprensibili in un dominio rispetto all’altro.
Nel capitolo 3 si presentano in linea generale, senza pretesa di esaustività, le tecniche di
identificazione modale principali. Per una migliore comprensione della formulazione delle
equazioni di governo dei sistemi ad un grado di libertà e di quelli multinullingresso multinulluscita, si
descrivono in maniera più dettagliata i vari strumenti di cui le tecniche di identificazione modale
fanno uso.
Nel capitolo 4 viene affrontata più nel dettaglio la tecnica dell’analisi modale operazionale,
distinguendo tra tecnica classica nel dominio della frequenza (Peak Picking) e decomposizione in
valori singolari.
Nel capitolo 5, dopo una descrizione della struttura oggetto di studio, viene riassunto l’iter che si è
seguito nello studio dinamico a ritroso.
Nel capitolo 6 si introducono i modelli teorici messi a punto per lo studio della struttura, sia analitici
che numerici.
Nel capitolo 7 si descrive l’intervento di misura per l’esecuzione dell’analisi modale operazionale
della struttura. Viene proposto il modello sperimentale della struttura ottenuto dalla Essebi s.r.l. a
valle dell’elborazione dei dati e, come ulteriore termine di confronto, una rielaborazione del dato
grezzo effettuata nell’ambito del presente lavoro;
Nel capitolo 8 vengono calibrati, là dove possibile, i modelli teorici sulle uscite del modello
sperimentale in termini di frequenze proprie. Viene condotta l’analisi dinamica su questi modelli
aggiornati facendo i dovuti confronti con i modelli “vergini”;
Nel capitolo 9, a valle di quanto ottenuto, si conduce la progettazione di un intervento di
monitoraggio sismico permanente della struttura.
4
CAPITOLO 2
DInullAMICA DEI SISTEMI LInullEARI
2.1 Sistema dinamico elementare
Si consideri il sistema lineare dell’oscillatore elementare ad un solo grado di libertà, noto in
letteratura come SDOF (Single Degree Of Freedom), alla base della dinamica classica,
rappresentato in figura 2.1:
figura 2.1 dal corso di Costruzioni in zona sismica del Prof. Braga
L’oscillatore ha tutta la massa m concentrata in sommità, tutta la rigidezza k concentrata nell’asta,
supposta dunque priva di massa, e uno smorzatore classico di costante c che sottrae energia al
sistema in maniera proporzionale alla velocità della massa. L’equazione di governo (D’Alembert), a
forzante nulla, si scrive come:
0 ) ( ) ( ) (
. ..
= + + t ku t u c t x m
avendo posto che:
5
) ( ) ( ) (
.. .. ..
t u t x t x g + =
dove u è l’unico spostamento possibile della massa relativamente al terreno,
.
u è la velocità
..
u è
l’accelerazione entrambe relative al terreno; x
g
è il vettore dello spostamento del terreno.
L’accelerazione assoluta ) (
..
t x è dunque somma dell’accelerazione del terreno ) (
..
t x g e
dell’accelerazione relativa della massa rispetto all’incastro alla base ) (
..
t u : è un modo semplice per
trattare l’azione sismica. Da notare che tutti questi vettori sono funzione del tempo. I tre termini
rappresentano nell’ordine in cui compaiono nell’equazione di D’Alambert la forza di inerzia, la
forza viscosa e la forza elastica.
Consideriamo inizialmente il problema delle oscillazioni libere del sistema, dunque consideriamo
che il terreno sia in quiete ) (
..
t x g = 0. Le oscillazioni libere del sistema, indipendentemente dalla
forzante sono sempre rette dalla:
0 ) ( ) ( ) (
. ..
= + + t ku t u c t u m
Si pone:
f
T m
k
π
π
ω 2
2
= = =
cr
c
c
m
c
= =
ω
ζ
2
dove ω è la frequenza angolare in rad/s, T è il periodo in s, f è la frequenza in Hz, c
cr
è lo
smorzamento critico e ζ è il rapporto di smorzamento in percentuale. La frequenza in Hz
rappresenta il numero di cicli al secondo che compie l’oscillatore, dunque misura la rapidità
dell’oscillazione che sarà tanto maggiore quanto minore è il suo periodo, ovvero il tempo che ci
mette il sistema a compiere un’intera oscillazione. Dividendo per la massa l’equazione può essere
scritta più semplicemente come:
0 2
2
. ..
= + + u u u ω ζω
6
consideriamo una soluzione del tipo:
pt
e t u = ) (
sostituendola nell’equazione otteniamo:
0 2
2 2
= + + ω ζωp p
la quale, dal punto di vista strettamente analitico ha una soluzione che può essere scritta
completamente solo con una parte reale ed una immaginaria, dal momento che, per definizione, la
grandezza ζ è sempre minore di 1. Dunque scriviamo la soluzione complessa come:
d
i i p ω ωζ ζ ω ωζ ± − = − ± − =
2
2 , 1
1
la soluzione immaginaria oscilla con una frequenza
d
ω che per i valori classici dello smorzamento
delle strutture civili (<5%) è ragionevolmente vicina alla frequenza naturale ω . I numeri
immaginari possono essere pensati come vettori del piano complesso, la cui componente seno è la
parte immaginaria, mentre la componente coseno è quella reale. Scriviamo quindi la parte reale
della soluzione, che è la descrizione fisica dell’oscillazione:
) cos( ) ( ϕ ω
ωζ
− =
−
t Ae t u
d
t
dove le costanti di integrazioni possono essere scritte come:
5 , 0
2
0
0
.
2
0
+
+ =
d
u u
u A
ω
ζω
+ =
0
0
.
arctan
u
u
d d
ω
ζ
ω
ω
ϕ
essendo 0
.
u e
0
u rispettivamente la velocità e lo spostamento iniziali. Naturalmente le oscillazioni
libere possono avvenire se la posizione iniziale o la velocità iniziale o entrambe sono diverse da
zero (siamo in assenza di forzante). Per capire meglio il ruolo giocato dalle grandezze introdotte
osserviamo l’andamento temporale della parte reale della soluzione per tre oscillatori di uguale
periodo T (T = 1,4 s), ma diversi rapporti di smorzamento:
7
Oscillazioni libere
null0,015
null0,01
null0,005
0
0,005
0,01
0,015
0 5 10 15 20 25
t
u (t)
5%
20%
0%
figura 2.2
Tutte le soluzioni hanno le stesse condizioni iniziali ( 0
.
u = 0;
0
u = 0,01). La curva azzurrina che non
ha smorzamento (ξ = 0%) ha come soluzione una cosinusoide perfetta che torna periodicamente
sempre sul valore di
0
u : si tratta del pendolo perfetto. La curva blu rappresenta invece il tipico
andamento di una soluzione smorzata di una quantità tipicamente usata nelle strutture di cls
ordinarie: l’ampiezza della cosinusoide decresce in maniera esponenziale. La curva rossa (ζ = 20%)
mostra come al crescere dello smorzamento la massa tenda a tornare nella propria posizione di
equilibrio con sempre meno oscillazioni: ad esempio il tachimetro analogico di un’automobile è
dotato di una smorzatore di percentuali molto elevate, se così non fosse si osserverebbe, anche per
le piccole e più brevi variazioni di velocità dell’automobile durante la marcia, un’oscillazione
velocissima e continua della lancetta. Un oscillatore con rapporto di smorzamento pari al 100%,
ovvero con
c pari a c
cr
, torna nella posizione di equilibrio senza oscillare. Se si vogliono
diagrammare le storie temporali delle velocità e delle accelerazioni della massa nella soluzione
libera non si deve fare altro che derivare rispettivamente una e due volte nel tempo le soluzioni
prima ottenute.
8
Fin qui si sono discusse le proprietà dell’oscillatore elementare con un solo gdl: da notare che tali
proprietà sono proprie dell’oscillatore indipendentemente dalla forzante che lo sollecita, sia essa
dipendente o no dal tempo.
Passando all’analisi del comportamento dinamico in presenza di una forzante dipendente dal tempo
è utile scrivere e spiegare le soluzioni sia nel dominio del tempo che in quello della frequenza: i
concetti del problema sono i medesimi nei due domini, ma alcuni loro aspetti, nonchè alcune
operazioni, sono notevolmente più semplici in un dominio rispetto all’altro.
9
2.2 Oscillazione forzata nel dominio del tempo
Consideriamo il medesimo sistema dinamico del precedente paragrafo e pensiamo di sollecitarlo
con una fozante sinusoidale:
) ( ) (
0
t sen r t F
f
ω =
dove
f
ω è la frequenza della forzante. Ponendo:
m
r
r
0 '
0
=
l’equazione di D’Alembert diventa:
) ( 2
'
0
2
. ..
t sen r u u u
f
ω ω ζω = + +
se il problema fosse trattato in termini statici, trascurando i primi due contributi (inerzia e
smorzamento) dell’equazione del moto di D’Alembert, e la forzante fosse indipendente dal tempo,
la soluzione coerente dell problema elastico sarebbe ovviamente:
k
r
u st
0
_
=
che nel caso di un SDOF è una equazione in una incognita. In realtà la soluzione del problema
dinamico, ovvero la storia temporale degli spostamenti raggiunge un picco diverso dalla soluzione
statica che chiamiamo u
max
. Definiamo il rapporto tra la frequenza della forzante e quella
dell’oscillatore come:
ω
ω
β
f
=
Come è noto la soluzione di un’equazione differenziale non omogenea è costituita da una somma
della soluzione all’omogenea associata, dunque la soluzione dell’oscillazione libera, più una
soluzione particolare; tale somma possiamo scriverla come:
) ( ) cos( ) (
_
f f
st
d
t
t sen u R t Ae t u ϕ ω ϕ ω
ωζ
− + − =
−
dove la quantità R è funzione di β e di ξ ed è data da:
10
( ) ( ) [ ]
5 , 0
2
2 2
1 2
−
− + = β ζβ R
si vede quindi che la parte libera della soluzione oscilla con frequenza ω
d
(ricordando che per
smorzamenti classici ω ω ≅
d
) mentre la soluzione particolare viaggia sulla frequenza della forzante
f
ω . La loro somma istante per istante rappresenta l’andamento nel tempo dello spostamento u(t).
Consideriamo un’oscillatore delle caratteristiche riportate in figura 2.3:
Oscillatore ad 1 gdl
M c k
[t] [/] [kN/m]
500 223,6068 10000
null ωd ζ T
[rad/s] [rad/s] [%] [s]
4,472136 4,460956 0,05 1,404251
figura 2.3
Consideriamo quindi una forzante sinusoidale con le caratteristiche riportate in figura 2.4:
Forzante sinusoidale
R0 ωf T
[kN] [rad/s] [s]
100 0,5 12,56
Β R φf u st
[/] [/] [rad/s] [m]
0,111803 1,012593 88,32091 0,01
Figura 2.4
Si tratta di una forzante che è circa dieci volte più lenta della frequenza propria dell’oscillatore (β =
0,1). E’ utile osservare l’andamento nel tempo delle soluzioni in termini di spostamento:
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