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Non sarebbe meglio starsene in pace
a casa invece di andarsene in giro
a cercare cose impossibili,
senza riflettere che tanti vanno
in cerca di lana e tornano tosati?
Cervantes
Alcuni nodi problematici del dibattito sul turismo internazionale
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CAP. 1 ALCUNI NODI PROBLEMATICI DEL DIBATTITO SUL
TURISMO INTERNAZIONALE
Il turista internazionale viene definito nelle pubblicazioni ufficiali come
“visitatore temporaneo che varca le frontiere nazionali allo scopo di viaggiare o
permanere per più di ventiquattro ore in uno stato diverso dal proprio”. Principali
motivazioni al viaggio sono il piacere, lo svago e il divertimento. Ma prima del
diciannovesimo secolo solo poche persone, appartenenti alle classi più elevate e
agiate, potevano viaggiare per ragioni non connesse con il lavoro o con gli affari.
Il fatto che un gran numero di persone si sposti per soggiornare in luoghi diversi
con ragioni fondamentalmente non collegate alla propria attività lavorativa è la
principale caratteristica del turismo di massa delle società occidentali. Le
vacanze costituiscono un elemento significativo della vita moderna, basata
sull’idea che la salute fisica e mentale possa essere conservata solo “andando
via” di tanto in tanto (Urry J., 1995, pag. 20-21).
I primi studi e le prime definizioni del fenomeno a livello istituzionale si
devono alla Commissione Economica della Lega delle Nazioni e risalgono agli
anni ’30; è in questo decennio che gli stati che componevano tale Commissione
incominciarono più precisamente a valutare l’impatto positivo, sulla bilancia dei
pagamenti, delle spese dei viaggiatori internazionali. E’ però dai primi anni ’60,
grazie all’imponente sviluppo economico generalizzato in tutti i paesi
occidentali, che il turismo internazionale aumenta le sue dimensioni e le
statistiche registrano una crescita, ininterrotta fino ai giorni nostri, nel
movimento dei turisti internazionali (Lanfant M.F., 1995, pag. 26-27).
In particolar modo, negli ultimi venti anni, il numero di viaggiatori è più che
raddoppiato. Le statistiche del Wto (World Tourism Organization,
Organizzazione Mondiale del Turismo), che registravano 222 milioni di arrivi
Turismo Sostenibile
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turistici internazionali nel 1975, evidenziano come il volume dei viaggiatori
abbia raggiunto i 561 milioni nel 1995.
Figura 1.1 Volume del turismo internazionale, modificato da Wto, 1996, pag. 5-7.
Così, il turismo nel mondo è un fenomeno in crescita costante annua del 5-
6% e sarà, probabilmente, la fonte di occupazione quantitativamente più rilevante
nel duemila.
Gli ultimi venti anni si sono caratterizzati anche per un progressivo
coinvolgimento dei paesi in via di sviluppo. Se i turisti provengono
prevalentemente dai paesi industrializzati e l’Europa continua ad essere la
principale area di destinazione, molti paesi in via di sviluppo hanno accresciuto
la loro presenza sulla scena internazionale, costituendo vere e proprie industrie
della ricezione e dell’ospitalità. Oggi più del 29% dei turisti scelgono come meta
delle loro vacanze proprio un paese del sud del mondo, un numero più che
doppio rispetto al 14% del 1975. Allo stesso modo, le entrate del turismo
internazionale sono passate dai 40 miliardi di dollari del 1975 ai 380 miliardi del
1995 (Wto, 1996, pag. 15) (vedi figura 1.2).
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Volume de l turismo internazionale
(in milioni di viaggiatori)
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1960 1970 1975 1980 1985 1990 1995
Volume de l turismo internazionale
(in milioni di viaggiatori)
Alcuni nodi problematici del dibattito sul turismo internazionale
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Figura 1.2 Entrate del turismo internazionale, modificato da Wto, 1996, pag.15.
Ma il turismo internazionale non è, come spesso si afferma, un evento che si
è generato spontaneamente; esso non si sviluppa in modo disordinato, mosso da
una domanda incontrollabile. E’ un prodotto della volontà: si diffonde sotto
l’impeto di un potente meccanismo di promozione turistica supportato da
organizzazioni internazionali quali Onu, Ilo, Unesco, Fmi e Banca Mondiale.
L’influenza di queste istituzioni internazionali si è manifestata non solo nella
discussione della politica, ma più concretamente nella promulgazione di strategie
globali di progettazione (Lanfant M.F., 1980, pag. 15).
Questo perché fin dai “primi anni ’60 era fuori discussione che il turismo
internazionale potesse essere un beneficio irrinunciabile [...]. Nel 1963 la
Conferenza su turismo e viaggi internazionali delle Nazioni Unite a Roma
dichiarò solennemente come il turismo fosse un contributo fondamentale allo
sviluppo economico dei paesi in via di sviluppo”. Considerato come secondario
in diversi paesi industrializzati, il turismo è ora visto come attività economica del
futuro, e il suo sviluppo come una necessità primaria. Per J. Lea, esaminando la
letteratura sul turismo, emerge come “tutti gli studi assumono che l’estensione
dell’industria (turistica) nel Terzo Mondo sia una buona cosa, pur essendo
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Entrate del turismo internazionale
(in miliardi di dollari)
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Entrate del turismo internazionale
(in miliardi di dollari)
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BENEFICI E COSTI DEL TURISMO
Il turismo può essere attraente per i paesi in via di sviluppo. Ma oltre ai vantaggi ci
sono svantaggi sociali, economici e ambientali spesso non conosciuti.
ENTRATE E LAVORO IMPORTAZIONE CONSERVAZIONE
dalle spese dei turisti di prodotti particolari del patrimonio culturale e
come veicoli e alimenti naturale per i turisti
DISTRUZIONE CONOSCENZA INFRAZIONE
dell’ambiente con la permettendo alle persone degli standard sociali
costruzione di alberghi di incontrarsi
COSTRUZIONE INQUINAMENTO ACCERTAMENTO
di nuovi servizi per dell’ambiente naturale di questi e di altri aspetti
l’intera comunità sulla natura e i livelli
del turismo.
È essenziale affinché il
turismo non diventi in futuro
una forza distruttiva.
riconosciuta l’esistenza di un numero di problemi associati ad essa […]. Questa
visione cambia radicalmente negli anni ’70, quando gli osservatori accademici
fanno propria una analisi più critica delle sue conseguenze” (Lea J., 1988, pag.
2).
Un riconoscimento istituzionale degli svantaggi del turismo viene dal
Programma Ambientale delle Nazioni Unite che evidenzia in modo preciso
benefici e costi di questa attività umana.
Figura 1.3 Benefici e costi e del turismo, T.d.R da U.N. Enviromental Program, 1979, in Lea, 1988, pag. 7.
Merito di questa complessa matrice di vantaggi e svantaggi è quello di
illustrare come i costi connessi al turismo siano di diversa natura; le dimensioni
economiche, sociali e ambientali sono strettamente collegate tra loro e qualsiasi
analisi sugli effetti del turismo internazionale non può escluderne alcuna.
L’espansione del turismo internazionale è stata spesso presentata come un
“miracolo economico” che necessita di un investimento minimo per produrre
Alcuni nodi problematici del dibattito sul turismo internazionale
13
vaste somme di valuta straniera con le quali finanziare lo sviluppo. In realtà il
turismo internazionale crea anche problemi economici, sociali ed ecologici ai
paesi del Terzo Mondo che non hanno la stessa capacità di assimilazione dei
turisti stranieri dei paesi industrializzati. Questi ultimi, nella maggior parte dei
casi, hanno una lunga tradizione turistica e maggiore esperienza nell’accoglienza
dei visitatori, potendo offrire loro sistemi economici e socio-culturali simili a
quelli a cui sono abituati.
L’impatto più evidente del turismo internazionale è quello di tipo economico.
La spesa dei turisti stranieri costituisce un contributo, spesso molto ampio, al
reddito nazionale di un paese in via di sviluppo. Un aumento dei consumi da
parte di turisti stranieri, comunque, non sempre corrisponde ad incrementi
quantitativi o qualitativi nel prodotto nazionale. Ciò dipende dal modo in cui il
paese ha integrato il turismo nella sua economia. Se il turismo non è stato
integrato appropriatamente, i visitatori sono alloggiati e sfamati in catene
alberghiere straniere che importano tutte le attrezzature e i beni di consumo ed
espatriano i profitti (Vellas F., Becherd L., 1995, pag. 316).
Secondo un rapporto dell’Onu, “i guadagni netti in valuta straniera sono
spesso più bassi di quel che le cifre dei redditi da turismo potrebbero suggerire”
(United Nations Centre on Transnational Corporations, 1990, pag. 3). In accordo
con questa affermazione alcune stime analizzate da C. Smith e altri suggeriscono
una estrema variabilità nella quota di reddito, derivante dall’attività turistica, che
resta effettivamente presente nel paese (vedi figura 1.4). Sembra evidente che
solo nei casi in cui la fuga di capitale verso l’estero è contenuta, si possa parlare
di reale beneficio del turismo nell’economia nazionale (Smith C. e altri, 1992,
pag. 58).
Spesso le regioni del sud si caratterizzano per uno sviluppo turistico recente
ed intenso dove le strutture più ampie e costose sono costruite dalle imprese
Turismo Sostenibile
14
multinazionali che lasciano agli imprenditori locali la parte del mercato più
piccola e meno redditizia. Sebbene esistano delle eccezioni a questo modello,
l’internazionalizzazione del turismo è chiaramente la norma, come è evidenziato
da tutta una serie di studi effettuati in diversi paesi, dalle isole del Pacifico a
quella di Malta, dalle Bahamas all’India, dal Kenya al Gambia, dai Caraibi
all’Africa meridionale e alla Thailandia (Harrison D., 1992, pag. 22-24).
Figura 1.4 Fuga verso l’estero del reddito prodotto dal turismo, Smith C. e altri, 1992, pag. 58.
Secondo D. Harrison, l’internazionalizzazione del turismo comporta anche
una concentrazione del mercato, le cui quote più consistenti sono gestite da un
gruppo ristretto di imprese; di fatto, poche multinazionali dominano l’intera
industria turistica.
Le multinazionali del turismo più importanti sono compagnie aeree, catene
alberghiere e di ristorazione, tour operator e agenzie viaggi; e sono tutte
strettamente collegate le une alle altre. Le compagnie aeree, che muovono più
dell’80% dei turisti internazionali, sono spesso coinvolte in altre attività collegate
al turismo: molte hanno investimenti diretti o accordi contrattuali con catene
Fuga verso l'estero del reddito prodotto
dal turismo
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nel paese
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dal turismo
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Reddito rimanente
Reddito verso l'estero
nel paese
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alberghiere e di ristorazione, di catering e agenzie viaggi. (United Nations Centre
on Transnational Corporations, 1990, pag. 92).
Di tutte le attività che formano l’industria turistica, gli alberghi hanno
probabilmente l’impatto più ampio sui paesi in via di sviluppo: la maggior parte
degli alberghi più grandi nel mondo sono posseduti, condotti e amministrati da
compagnie multinazionali. Molte catene alberghiere registrano una percentuale
del numero totale di camere più alta nei paesi in via di sviluppo che nei paesi
sviluppati (United Nations Centre on Transnational Corporations, 1982, pag. 9).
In Asia, ad esempio, la proporzione di stanze di albergo affiliate con catene
alberghiere multinazionali varia dal 10,4% in Thailandia al 44% nelle Filippine.
In Kenya, una delle maggiori destinazioni turistiche dell’Africa, ci sono stati
investimenti considerevoli da parte delle multinazionali del turismo. Nel 1988
c’era investimento diretto straniero in circa il 78% dei maggiori alberghi nelle
aree costiere, nel 67% a Nairobi e nel 66% dei lodge nei parchi nazionali e nelle
riserve (United Nations Centre on Transnational Corporations, 1982, pag. 26).
Le più grandi catene alberghiere del mondo sono generalmente fondate negli
Stati Uniti. Soltanto una catena alberghiera del Terzo Mondo, la New World
Renaissance di Hong Kong, è tra le prime 15 del mondo (vedi figura 1.5).
Quella turistica è un’industria di servizi a lavoro intensivo che occupa un
numero elevato di forza lavoro semispecializzata e non specializzata. Questa
caratteristica la rende ideale per molti paesi in via di sviluppo afflitti da alti tassi
di disoccupazione. L’orientamento del Wto è tutto volto a considerare il turismo
come “forza motrice nello sviluppo mondiale […]. Esso è senza dubbio in testa
alle opportunità generatrici di impiego e costituisce la fonte di valuta straniera
più facilmente sfruttabile per finanziare i propri investimenti interni” (Savignac
A.E., 1992, pag. 65-66).
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Le 15 catene alberghiere più grandi del mondo
(per numero di stanze)
Catena alberghiera multinazionale Numero di stanze
1. Hospitality Franchise Systems 384.452
2. Holiday Inn Worldwide 340.881
3. Best Western International 272.743
4. Accor 250.319
5. Choice Hotels International 229.784
6. Marriott International 173.048 Paese di origine
7. ITT Sheraton Corp. 129.714 Stati Uniti
8. Hilton Hotels Corp. 94.952 Francia
9. Forte 78.691 Gran Bretagna
10. Promus Cos 78.309 Hong Kong
11. Hyatt 76.057
12. Carlson/Radisson Colony 75.986
13. Club Med. 65.128
14. New World Renaissance 55.591
15. Hilton International 52.930
Figura 1.5 Le 15 catene alberghiere multinazionali più grandi del mondo, modificato da Madeley J.,
1995, pag.10.
Quello che spesso viene taciuto dalle élite dei paesi meno sviluppati che
sono promotrici dello sviluppo turistico, è che “comunque il potenziale del
turismo internazionale come creatore di lavoro, andrebbe confrontato con il
numero di lavori che potrebbero essere creati se fossero sviluppati altri settori
economici” (Vellas F., Becherd L., 1995, pag. 319).
Alcuni nodi problematici del dibattito sul turismo internazionale
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Molti lavori creati dal turismo sono non qualificati o bassamente qualificati e
pagati poveramente. Secondo un rapporto dell’Organizzazione Internazionale del
Lavoro (Ilo, International Labour Organization) di Ginevra, “in molte parti del
mondo la remunerazione dei lavoratori in alberghi e ristoranti sembra essere al
livello più basso nella scala salariale” (Ilo, 1990, pag. 43).
I carichi di lavoro negli alberghi tendono anche ad essere irregolari. Il
rapporto Ilo parla di “estrema irregolarità nel carico di lavoro (in alberghi e
ristoranti) congiunta alla fatica fisica e mentale di dover fornire sempre un
servizio cortese e amichevole”. Sebbene la maggioranza dei paesi abbiano
legislazioni che regolamentano i tempi di lavoro e altre condizioni, la debolezza
dei sindacati in molti paesi in via di sviluppo comporta che i criteri non siano
sempre rispettati.
Numerosi studi pongono attenzione alla natura “inferiore” degli impieghi per
i lavoratori locali nel turismo e alla tendenza ad assegnare le posizioni
amministrative e gestionali più ragguardevoli a lavoratori stranieri. Spesso viene
sostenuto che il turismo ha il potenziale di generare lavoro per i gruppi meno
privilegiati come le donne e i giovani. Ma l’indagine Ilo ha trovato che nel
settore formale dell’industria turistica, le donne occupano solo una piccola
proporzione degli impiegati, benché essa oscilli dal 2,9% in India e dal 14,9% in
Srilanka, al 35% dei Caraibi e dell’America Latina (Ilo, 1990, pag. 71).
Nel settore informale, poi, sono presenti tutta una serie di attività
imprenditoriali “non ufficiali” male o non retribuite: guide non autorizzate,
venditori di strada, ambulanti da spiaggia, prostituti maschili e femminili, adulti e
bambini, sono tutti in questa categoria omnicomprensiva. Le donne,
specialmente, eseguono molti di questi lavori di basso livello nella gerarchia
turistica, non soltanto perché il loro lavoro è più economico di quello degli
uomini, ma perché, sotto molti punti di vista “il viaggio per piacere e per
Turismo Sostenibile
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avventura è un fenomeno di genere tipicamente maschile” (Enloe, 1989, pag. 40-
41).
Ciò è di particolare evidenza nel turismo sessuale; il turismo internazionale
ha contribuito, secondo molti autori, direttamente o indirettamente, alla
prostituzione di tutti i tipi. Secondo una stima, almeno un milione di donne in
Thailandia sono coinvolte nella prostituzione, più che in qualsiasi altra
occupazione, ad esclusione di quelle agricole e di cura domestica (Meyer W.,
1988, pag. 301). Mentre alcuni autori sostengono che la prostituzione non sia
conseguenza diretta del turismo internazionale e che abbia origini nelle culture
tradizionali dei paesi interessati al fenomeno del turismo sessuale (Harrison D.,
1992, pag. 24-26), altri verificano correlazioni dirette tra turismo e prostituzione.
N. H. Graburn, ad esempio, argomenta come in Corea, Taiwan, Indonesia,
Filippine, Vietnam e Giappone la prostituzione sia strettamente collegata con
guerra e turismo; questo “implica che, moralmente, tutti e tre sono ugualmente
equivoci”. Egli arriva anzi a sostenere, in modo estremo, che lo stesso turismo
può essere considerato analogo rispetto alla prostituzione, in quanto “nazioni
povere con poche alternative di sviluppo devono vendere la loro bellezza per la
valuta straniera, essendo psicologicamente invase e penetrate dai turisti degli stati
sviluppati” (Graburn N. H., 1983, pag.441-442).
L’impatto economico del turismo si manifesta anche con un aumento
generale dei prezzi. L’influenza dell’industria turistica sul livello generale
dell’inflazione in uno stato dipende da quanto essa contribuisce al reddito
nazionale. Di solito l’impatto è piuttosto elevato soprattutto nelle aree dove più
forte è lo sfruttamento turistico e dove aumentano tutti i prezzi dei generi di
prima necessità. Inflazione significa anche aumento dei prezzi della terra e delle
proprietà immobiliari collegato allo sviluppo di nuove infrastrutture o dovuti alla
speculazione risultante dall’aumento di domanda per un bene a disponibilità
Alcuni nodi problematici del dibattito sul turismo internazionale
19
limitata. Un incremento nel prezzo della terra nelle aree turistiche causa un
incremento generalizzato nel prezzo della terra in tutto il paese, che non solo
riguarda gli usi turistici, ma anche quelli agricoli, industriali e sociali. Questo
perché il turismo, come industria che richiede risorse locali, deve competere con
le altre attività del luogo per assicurarsi le risorse più limitate indispensabili per
la sua sopravvivenza (McKercher B., 1993, pag. 7). Bisogna inoltre considerare
che la spesa per le infrastrutture turistiche costituisce il più alto peso sul budget
statale e che tali infrastrutture includono porti, aereoporti, strade,
telecomunicazioni, acquedotti, elettricità, gas, sistemi di eliminazione e
trattamento delle acque, servizi alla salute e attrezzature. Per essere competitivi i
paesi in via di sviluppo devono predisporre servizi di altà qualità e attrezzature di
livello comparabile a quello dei paesi industrializzati. In questo senso, lo
sviluppo turistico, concentrato in aree specifiche di un paese ha conseguenze
molto serie sullo sviluppo economico locale (Madeley J., 1995, pag. 20).
Una di queste diventa spesso “l’impoverimento delle riserve d’acqua. I turisti si
aspettano acqua illimitata: un ospite di un hotel può usare 500 litri di acqua al giorno, 10
volte di più di una persona locale. Molti paesi in via di sviluppo hanno seri problemi con
il rifornimento idrico. I turisti non sono generalmente consapevoli di questo, ma essi
competono con la popolazione locale per l’acqua. La domanda degli alberghi può
significare meno acqua per le fattorie vicine, con ripercussioni per la produzione di cibo”
e per la vita rurale (Madeley J., 1995, pag. 20-21).
Di fatto il turismo di massa ha effetto sia sugli uomini che sulle donne nei
paesi in via di sviluppo, ma “sono le donne che abitano in zone rurali vicino ai
grandi alberghi che spesso soffrono maggiormente.
I problemi quotidiani, come il raccogliere acqua, possono diventare più duri in
conseguenza dello sviluppo turistico. La domanda massiccia di acqua da parte degli hotel
può causare il prosciugamento delle sorgenti e delle fontane del villaggio, o il loro
inquinamento e salificazione. Questo significa che le donne, tradizionalmente destinate a
questo compito, devono cercare acqua più lontano (Rao N., 1995, pag. 4). Il problema
dell’acqua è ulteriormente aggravato dalla costruzione di campi da golf che “costruiti
quasi esclusivamente per i turisti, si stanno diffondendo soprattutto nei paesi asiatici
Turismo Sostenibile
20
[…]. Nei primi anni ’80 la regione aveva pochi campi al di fuori del Giappone. Ora ne
esistono circa 160 in Thailandia, 155 in Malysia, 90 in Indonesia, 80 nelle Filippine e
molti altri sono progettati […]. Un campo da golf standard a 18 buche utilizza 6.500
metri cubi di acqua al giorno, una quantità che può soddisfare i bisogni di 60.000
persone locali. Il mantenimento di campi da golf richiede un alto utilizzo di prodotti
chimici quali fertilizzanti ed erbicidi che possono inquinare l’acqua e provocare pericoli
alla salute” (Madeley J., 1995, pag. 22).
Il turismo internazionale è portatore, oltre che di vantaggi e svantaggi
economici, di cambiamenti di tipo sociale, derivanti dal contatto tra culture,
diverse per tradizione, economia e modi di vivere. E. DeKadt osserva come, nel
comprendere l’inevitabilità di cambiamento delle comunità ospitanti, sia
“importante riconoscere l’aspetto caratteristico del turismo se confrontato a tutti
gli altri sviluppi industriali. Il turismo produce ricchezza non esportando un
prodotto ai suoi clienti, ma importando clienti per consumare il prodotto in loco”
(DeKadt E., 1979, pag. 27). Il contatto culturale è quindi elemento ineliminabile
dell’attività turistica.
Se il Programma Ambientale delle Nazioni Unite individua nella conoscenza
tra culture un aspetto positivo di incontro e di aumentata comprensione (vedi
figura 1.3), altri autori hanno invece evidenziato come le differenze di status
sociale ed economico tra visitatori e visitati, comportino spesso un vero e proprio
scontro tra le culture stesse. A meno che non siano perseguite politiche di
isolamento completo, l’attrito è inevitabile, soprattutto in situazioni di rapida
espansione delle politiche turistiche. Uno degli obiettivi delle politiche per il
turismo internazionale è di controllarne gli effetti, allo scopo di eliminare o
ridurre i potenziali contrasti culturali. A questo fine sono principalmente
utilizzati due metodi.
Il primo metodo consiste nel concentrare il maggior numero di siti turistici
lontani dalle aree densamente popolate così da impedire il confronto tra due
diversi stili di vita. Sfortunatamente questa soluzione crea zone di attività
economica escluse dall’ambiente economico e sociale del paese.