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1. L’evoluzione normativa del
servizio di consulenza finanziaria
1.1 La Legge 2 gennaio 1991, n. 1
Nel 1991, con l’entrata in vigore della legge n. 1 del
2 gennaio, ha avuto luogo la prima importante riforma
dell’ordinamento dell’intermediazione mobiliare.
In passato non esisteva alcuna disciplina generale
dell’intermediazione mobiliare, lasciata, quindi, al diritto
comune
1
; l’unico tipo di intermediario disciplinato era
rappresentato dagli agenti di cambio, ai quali, però, era
preclusa ogni attività diversa dalla negoziazione per conto
terzi. Non si prevedeva, pertanto, alcun controllo sulle
attività di intermediazione e, allo stesso tempo, si
impediva all’unica figura di intermediario regolamentata
l’esercizio di attività come quella di consulenza
2
.
La legge 2 gennaio 1991, n. 1 ha risolto questa
situazione, introducendo la Società di Intermediazione
1
Art. 1176 C.C.
2 Si veda, COSTI R. , Il mercato mobiliare, G. Giappichelli Editore,
Torino, 2008, pagg. 32 – 33.
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Mobiliare (SIM), in grado di svolgere tutte le attività di
intermediazione mobiliare, nel rispetto di regole dirette a
contenere i conflitti di interesse che potessero sorgere dal
fatto che un soggetto svolgesse ad un tempo diverse
mansioni, e stabilendo che le attività di intermediazione
mobiliare potessero essere svolte da soggetti a tal fine
autorizzati.
Più in dettaglio, la legge 2 gennaio 1991, n. 1
definiva la consulenza in materia di valori mobiliari come
un’attività di intermediazione mobiliare; l’elenco di tali
attività era contenuto nell’articolo 1 della legge, e
comprendeva, oltre la consulenza, la negoziazione per
contro proprio o per conto terzi, ovvero sia per conto
proprio che per conto terzi, di valori mobiliari; il
collocamento e la distribuzione di valori mobiliari con o
senza preventiva sottoscrizione o acquisto a fermo, ovvero
assunzione di garanzia nei confronti dell’emittente; la
gestione di patrimoni, mediante operazioni aventi ad
oggetto valori mobiliari; la sollecitazione del pubblico
risparmio effettuata mediante attività anche di carattere
promozionale svolta in luogo diverso da quello adibito a
sede legale o amministrativa principale dell’emittente, del
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proponente l’investimento o del soggetto che procede al
collocamento.
Per quanto riguarda l’esercizio professionale delle
attività di intermediazione mobiliare, l’articolo 2 stabiliva
che lo stesso fosse riservato alle Sim, rimandando inoltre
agli articoli 16, 17, 18 e 19, i quali dettavano le
disposizioni relative all’esercizio di tali attività da parte
delle banche, delle società fiduciarie, degli agenti di
cambio.
In particolare, il primo comma dell’articolo 3
stabiliva che le Sim dovevano essere iscritte ad un
apposito albo istituito presso la Consob, che esercita,
insieme alla Banca d’Italia e al Ministero dell’Economia e
delle Finanze, i poteri di vigilanza e di controllo sul
mercato mobiliare, mentre il secondo comma dello stesso
articolo attribuiva alla Consob il potere di autorizzare lo
svolgimento, da parte di una Sim, delle attività di
intermediazione mobiliare, disponendone inoltre
l’iscrizione all’albo, indicando le attività per le quali le
società stesse erano state autorizzate.
Le banche, alle quali era impedita la negoziazione di
valori mobiliari, dovevano invece essere autorizzate, ai
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sensi dell’articolo 17, dalla Banca d’Italia, la quale doveva
informare immediatamente la Consob circa le
autorizzazioni rilasciate.
Nello svolgimento delle loro attività i soggetti
autorizzati dovevano attenersi ad alcuni principi generali
stabiliti dall’articolo 6, aventi come punto di riferimento
la cura dell’interesse del cliente.
La vigilanza sulle Sim, come stabilito dal primo
comma dell’articolo 9, era esercitata dalla Consob per
quanto riguarda gli obblighi di informazione e correttezza
e dalla Banca d’Italia per quanto riguarda i controlli di
stabilità patrimoniale. Il secondo comma dello stesso
articolo, inoltre, attribuiva alla Consob il potere di
determinare, d’intesa con la Banca d’Italia, le regole di
comportamento che le Sim devono osservare nello
svolgimento delle attività per le quali sono autorizzate.
Le banche, invece, erano sottoposte, ai sensi
dell’articolo 17, alla vigilanza della Banca d’Italia.
L’esercizio della vigilanza pubblica, ripartita, come
già detto, tra Banca d’Italia e Consob, si traduceva
nell’assunzione, da parte delle autorità di controllo, di
provvedimenti cautelari e nell’irrorazione di sanzioni
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amministrative, come previsto dall’articolo 13; inoltre,
chiunque svolgeva attività di intermediazione mobiliare
senza essere iscritto all’albo o senza essere autorizzato
veniva punito ai sensi del primo comma dell’articolo 14.
La legge 2 gennaio 1991, n. 1 ha introdotto una
nuova figura professionale: quella del promotore
finanziario, definita dall’iscrizione in un albo nazionale
tenuto a cura della Consob, la quale fissava inoltre con
proprio regolamento le regole di comportamento che i
promotori finanziari dovevano osservare nei rapporti con
la clientela.
Nell’offerta dei propri servizi effettuata in un luogo
diverso dalla sede sociale o dalle proprie sedi secondarie,
le Sim, come stabilito dal primo comma dell’articolo 5
della suddetta legge, dovevano avvalersi esclusivamente
dell’opera dei promotori finanziari.
Questa normativa, infine, ha apportato delle
innovazioni relative alle tecniche di negoziazione dei
valori mobiliari, che potevano essere realizzate con
l’ausilio di strutture telematiche ed informatiche.
La legge n. 1 del 1991 ha rappresentato senza
dubbio un cambiamento importante nel settore
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dell’intermediazione mobiliare; tuttavia, essa presentava
un limite rilevante, in quanto non garantiva parità di
condizioni di concorrenza sui mercati, visto che le
disposizioni relative all’esercizio delle attività di
intermediazione mobiliare da parte degli intermediari
autorizzati avevano una portata esclusivamente nazionale.
Si perdeva così di vista l’obiettivo della libera
circolazione di capitali tra Stati membri e paesi terzi,
definito dall’articolo 57, paragrafo 2, del Trattato di
Roma, istitutivo della Comunità economica europea.
Questa problematica è stata poi affrontata e risolta
dalla direttiva 93/22/CEE, la quale stabiliva che le
autorizzazioni rilasciate alle imprese di investimento dalle
autorità di vigilanza nazionali avessero una portata
comunitaria e non più soltanto nazionale.
1.2 Il recepimento della direttiva
93/22/CEE: il decreto Eurosim
A seguito del recepimento nel nostro ordinamento
della direttiva 93/22/CEE, l’attività di consulenza
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finanziaria viene “declassata” da servizio di investimento
principale a servizio di investimento accessorio.
Tale impostazione, recepita dal D. Lgs. 23 luglio
1996, n. 415 (c. d. decreto Eurosim), e riconfermata dal D.
Lgs. 24 febbraio 1998, 58 (Testo Unico
dell’intermediazione finanziaria), ha comportato che, sino
all’applicazione della direttiva MiFID, il servizio in
questione potesse essere svolto liberamente da chiunque,
non essendo soggetto a riserva di attività né,
conseguentemente, a specifica autorizzazione.
Nel 1993 la Comunità Europea emanò la direttiva
93/22, c.d. ISD (Investment Services Directive), il cui
obiettivo era quello di creare le condizioni per consentire
alle imprese di investimento di prestare determinati servizi
in altri Stati membri sulla base dell’autorizzazione e della
vigilanza del paese d’origine.
In particolare, le imprese di investimento, definite
come persone giuridiche che esercitano abitualmente una
professione consistente nel prestare a terzi un servizio di
investimento a titolo professionale, potevano esercitare le
attività oggetto dell’autorizzazione sia nella forma della
libertà di stabilimento (costituendo una succursale, cioè
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una sua sede di attività priva di personalità giuridica, nel
territorio dello Stato ospitante), sia nella forma della libera
prestazione di servizi, (direttamente dal paese d’origine e
senza stabilire succursali).
Le autorità di vigilanza degli Stati membri, ai sensi
dell’articolo 23 della direttiva in questione, erano tenute a
collaborare strettamente, comunicando tutte le
informazioni atte a facilitare il controllo sulle imprese di
investimento operanti in uno o più Stati membri diversi, al
fine di garantire la stabilità e l’efficienza del sistema
finanziario e la tutela degli investitori.
La direttiva 93/22 elencava in un allegato i servizi di
investimento; tra questi, non rientrava la consulenza, che
era invece inserita tra i servizi accessori, non assoggettati
a riserva di attività e, quindi, ad autorizzazione.
Il servizio di consulenza è stato così liberalizzato.
In questo contesto, però, si sarebbe potuta generare
una situazione di confusione per gli intermediari, visto
che, nello svolgimento del servizio di consulenza, si
sarebbe potuto configurare l’esercizio non autorizzato del
servizio di ricezione e trasmissione di ordini, se non
addirittura la gestione abusiva di portafogli di
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investimento, laddove il consulente avesse ottenuto una
procura a trasmettere ad un intermediario, in nome e per
conto del cliente, ordini di compravendita di uno
strumento finanziario. Questi due servizi, infatti,
rientravano nell’elenco dei servizi di investimento: per
l’esercizio degli stessi era necessaria l’autorizzazione.
La Consob avvertì l’esigenza di fare chiarezza su
questo punto attraverso una comunicazione
3
, nella quale
ribadì che l’attività di consulenza consisteva, in linea
generale, nel fornire al cliente indicazioni utili per
effettuare scelte di investimento e nel consigliare le
operazioni più adeguate in relazione alla situazione
economica ed agli obiettivi del cliente stesso.
Inoltre, l’autorità di vigilanza dichiarò che la
consulenza si caratterizzava per l'essere onnicomprensiva,
vale a dire esente da limitazioni quanto alla tipologia dei
valori mobiliari oggetto dei consigli di investimento,
nonché per la neutralità dell'intermediario rispetto alla
conclusione delle operazioni eventualmente conseguenti
3 Comunicazione n. BOR/RM/94005134 del 23 maggio 1994.
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all'esercizio della consulenza, nella quale si esaurisce la
prestazione dell'intermediario stesso.
Sulla presenza di tali attributi, quindi, si poggiava la
distinzione tra la prestazione del servizio di consulenza e
le prestazioni consulenziali potenzialmente insite in ogni
attività di intermediazione mobiliare.
La normativa comunitaria fu recepita in Italia
attraverso l’emanazione del D. Lgs. 23 luglio 1996, n.
415, noto come decreto Eurosim, che ha dato attuazione
alle direttive comunitarie del 10 maggio 1993, n. 93/22 e
del 15 marzo 1993, n. 93/6.
Il recepimento di queste direttive ha permesso di
garantire un’armonizzazione minima delle discipline
nazionali dei servizi d’investimento, a sua volta necessaria
per dare concreta applicazione al principio del mutuo
riconoscimento delle autorizzazioni nazionali all’esercizio
di tali servizi.
Il decreto, infatti, oltre ad abrogare la maggior parte
delle norme della legge n. 1 del 1991, ridisciplinava le
attività di intermediazione mobiliare e fissava il principio
secondo il quale le imprese di investimento autorizzate in
un paese della Comunità europea potessero operare anche