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Premessa
L’insegnamento dell’italiano avviene nelle più varie realtà culturali.
L’originaria bipolarità fra lingue diverse italiano letterario/dialetto
dell’uso vivo si è trasformata in un articolato sistema di modalità
espressive, ovvero di varietà linguistiche corrispondenti a classi di
sistematici usi linguistici condizionati da fattori di varia natura
(socioculturali, strutturali). Lo sviluppo spontaneo dell’italiano come
L2 si orienta sempre più a considerare tale processo come collocato
all’intersezione di diversi piani che convergono fra di loro in maniera
complessa: da un lato, il piano delle modalità e dei processi che
sembrano superare la specificità delle singole lingue; dall’altro, le
condizioni sociali e culturali che motivano e che rendono possibile
quest’apprendimento. L’italiano viene definito «lingua materna» forse
impropriamente, visto che in molti casi la L1 è il dialetto nelle sue
innumerevoli e ben marcate varietà regionali. L’italiano è lingua
seconda quando viene insegnato a parlanti non italofoni; tale
insegnamento avviene in un contesto situazionale dove l’italiano è
utilizzato come lingua di comunicazione quotidiana (Italia, Canton
Ticino, alcune aree dell’Istria). Nella situazione di lingua seconda è
stato posto il problema del rapporto tra l’italiano - modello offerto dal
docente, di solito la variante colta di quello che si parla nella regione
in cui avviene l’insegnamento; l’italiano popolare parlato in ambiente
extrascolastico e le altre varietà regionali di italiano, usate dai mass
media e presentate dagli eventuali supporti audio o audiovisivi
utilizzati nel corso. Una glottodidattica specifica per le lingue seconde
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deve studiare modi e mezzi di raccordo tra la realtà linguistica
extrascolastica e il lavoro in classe poiché deve essere raccolto il
prezioso e vivo contributo dell’esterno, aiutando l’allievo ad
acquisirlo e ad interrarlo con quanto già conosce. L’italiano come
lingua straniera viene insegnato in un contesto in cui non è presente se
non nella scuola. Bisogna superare il problema dell’estraneità, dovuta
alla distanza psicologica e culturale oltre che fisica della lingua
d’apprendere; stimolare e sostenere la motivazione, soprattutto per
lingue come l’italiano che non presentano una rilevante dimensione
utilitaristica, veicolare; reperire materiale didattico che presenti
modelli d’italiano aggiornati ed autentici dal punto di vista linguistico
e culturale, materiale da integrare con documenti autentici orali, scritti
e multimediali, di varia tipologia testuale, funzionale e
sociolinguistica; trovare insegnanti che uniscano la padronanza
linguistica del parlante di madrelingua alla qualificazione
glottodidattica che è necessaria per trasformare un parlante di una
lingua in un insegnante di quella lingua; trovare forma di raccordo con
altre lingue insegnate allo stesso allievo, che interagiscono nella sua
mente con l’italiano. L’italiano insegnato ai figli e ai nipoti degli
emigranti viene appellata lingua etnica. Quest’espressione descrive
l’insegnamento della lingua ad una persona per la quale questa non è
la lingua materna, ma la usa nell’ambiente familiare o nella sua
comunità culturale di riferimento. Il principale problema della
didattica della lingua etnica consiste nel far sì che l’allievo faccia
perno su quell’italiano che ode in casa o nella comunità senza
assorbirne i frequenti dialettalismi, gli arcaismi, le diffuse interferenze
con la lingua del paese d’accoglienza.
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Le lingue svolgono un ruolo fondamentale nella formazione della
persona. Poche lingue europee dal dopoguerra ad oggi hanno
conosciuto un’evoluzione fonologica, morfosintattica, lessicale,
testuale, sociolinguistica così rapida e totale come quella dell’italiano.
Stando alla tendenziale anglomania epidermica e talora risibile dei
rapporti internazionali in numerosi settori, l’italiano assume lo status
di lingua inutile. Può essere utile nei paesi in cui c’è la prospettiva
d’emigrare in Italia; presso coloro che intendono frequentare le nostre
università; presso ditte multinazionali che intendono inviare il proprio
personale a lavorare nelle filiali italiane. Forse l’italiano può essere
inutile per le grandi masse su un piano pragmatico o di utilità
strumentale, ma conosce un alto quoziente formativo per la
culturizzazione della persona, per la sua socializzazione e per la sua
promozione. Tutto quello che l’inutilità strumentale fa perdere
all’italiano in sistemi istruttivi lo riguadagna nella qualità della
proposta educativa. L’educazione è il processo in cui si aiuta ad
emergere ciò che il soggetto ha come potenzialità di sviluppo del sé
(autopromozione), di rapporto con gli altri (socializzazione) e di
raccordo con il suo e con gli altri ambienti culturali (culturizzazione).
La culturalizzazione include l’inculturazione nella propria cultura (i
valori, i comportamenti, i modi di rapportarsi agli altri) e
l’acculturazione nelle altre culture poiché la civiltà fa corpo con la
lingua, attività umana; essa mira alla creazione di un atteggiamento di
relativismo culturale e di interesse per l’altro da sé.
L’interculturazione definisce l’acquisizione dei modelli culturali della
propria comunità ed è condizione necessaria per esservi accolti.
L’acculturazione significa la conoscenza da parte di uno straniero di
modelli culturali, necessari per socializzare in Italia e del relativismo
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culturale: ogni modello culturale è la risposta originale di una cultura
ad un problema di natura (nutrirsi, procreare, organizzarsi, parlare); è
degno di rispetto e va valutato in base ai parametri propri della cultura
in cui si inserisce. Gli insegnanti, suscitatori di esperienze ed
occasioni educative, hanno come primo compito educativo quello di
portare gli allievi al rispetto di ciò che l’Italia ha di diverso rispetto al
loro Paese e, allo stesso tempo, di mettere in luce le matrici comuni
che legano gli utenti alla cultura italiana. La competenza culturale è
condizione necessaria per la socializzazione: lo studente d’italiano che
non rispetta i modelli culturali condivisi dagli italiani viene infatti
tenuto ai margini, espulso, ignorato dalla nostra comunità. La lingua
svolge un ruolo cardine ai fini della socializzazione, in quanto è il
principale strumento di interazione e la persona può proseguire la
propria autopromozione. Per proseguire in Italia i suoi scopi
esistenziali, professionali, affettivi, uno straniero deve fare
affidamento su una solida competenza comunicativa, che gli permetta
di interagire, di realizzare il proprio progetto di sé. Il processo
d’acquisizione è interpretato come il dispiegarsi attraverso precise
tappe maturazionali di un programma attivato dall’esposizione ai fatti
linguistici che circondano l’apprendente. Alcuni studi indicano che il
cosiddetto periodo critico ipotizzato per la lingua materna influenza
l’apprendimento di una L2. Per periodo critico s’intende un lasso di
tempo nel processo maturativo durante il quale le capacità di
acquisizione di una certa competenza raggiungono il proprio massimo,
per poi declinare. In contesto naturale l’apprendimento di L1 e L2 ha
dei punti di contatto: sequenza di strutture errate ed ipotesi per
scoprire le regole implicate nel linguaggio; asimmetria tra
comprensione e produzione poiché la prima precede la seconda. Nel
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processo d’insegnamento e apprendimento entrano in gioco numerosi
fattori, ed è dalla loro complessa interazione che scaturisce il risultato
finale. Lo studente è al centro dell’atto educativo e la materia
linguistica è lo strumento che si adegua alle reali capacità, alla vera
configurazione dell’apprendente. Non si imposta un metodo didattico
applicando semplicemente dati linguistici, pur rigorosamente valido
dal punto di vista scientifico. Si deve tener conto dei naturali processi
di acquisizione della lingua da parte di un soggetto visto in una
situazione concreta, in funzione della sua formazione e delle finalità
culturali che si deve proporre l’insegnamento. Il compito del docente
d’italiano non è di valutare i fini dell’allievo, ma quello di garantirgli
una conoscenza dell’italiano che gli consenta di raggiungere al meglio
i suoi fini di vita. All’estero gli insegnanti di origine italiana
propongono l’italiano come lingua di cultura per antonomasia, il cui
insegnamento è finalizzato alla ciceroniana cultura animi. Gli studenti
insistono perché vogliono conoscere modelli d’italiano odierni. Se gli
studenti stranieri studiano l’italiano in Italia, essi il più delle volte si
troveranno di fronte un docente privo di formazione glottodidattica
comparativa che ripropone il modello formativo della scuola italiana e
la noncuranza per la dimensione utilitaria. Per i comportamentisti
l’errore è indice di mancato apprendimento e sarebbe dovuto alla
persistenza del sistema della lingua materna sul sistema della lingua
L2 che si sta cercando di plasmare nella mente degli studenti. Oltre ad
evitare nell’insegnamento ogni riferimento al sistema di L1 si creano
sforzi per graduare e selezionare il materiale linguistico in modo da
presentare ed esercitare un solo elemento di difficoltà alla volta ed
evitare così ogni possibilità d’errore che comprometterebbe la corretta
acquisizione delle nuove abitudini linguistiche. Nel processo di
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formulazione e verifica delle ipotesi riguardo la natura delle diversità
tra il sistema della L2 e quello della L1, l’errore sembra un fatto
inevitabile e perfino indispensabile. Esso può essere considerato come
una strategia per apprendere ed è usato il tal senso anche dal bambino
nell’acquisizione della L1.
L’insegnamento delle lingue finora si è basato sulle componenti
grammaticali inventate dai greci senza la conoscenza di un confronto
scientifico con il comportamento linguistico, insieme di processi di
vario ordine di cui la struttura linguistica è solo uno degli elementi
costitutivi. I processi grammaticali non sono la causa del linguaggio
ma la conoscenza di processi non linguistici. Per arrivare ai
meccanismi grammaticali dobbiamo conoscere e controllare prima i
processi non linguistici: il sistema grammaticale s’impara dopo i due -
tre anni dalla nascita dopo aver maturato processi non linguistici, a
differenza degli adulti. Gli analfabeti, senza conoscere le categorie
grammaticali, parlano e comprendono in limiti accettabili la lingua
materna. Gli studenti, attraverso lo studio grammaticale, conoscono le
categorie grammaticali ma non parlano e non capiscono la lingua
straniera. La teoria che vuole insegnare la lingua attraverso le regole
grammaticali è priva di un fondamento scientifico. La natura dei
processi mentali e biologici del cervello dovrebbe essere uguali a tutti
gli esseri umani. La grammatica è il risultato di due combinazioni:
struttura biologica e socio - culturale. I linguisti tendono a fare della
linguistica una scienza di precisione, basata su regole rigidamente
logiche, che perde ogni contatto con l’uso pratico che ne fanno i
locutori nella vita quotidiana. La glottodidattica si occupa
dell’insegnamento/apprendimento linguistico. I docenti devono
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insegnare il comportamento verbale, cioè come gli italiani, francesi,
spagnoli si comportano linguisticamente allorché adoperano la loro
lingua. Lo scopo della glottodidattica è di insegnare ad usare la lingua
in termini di comunicazione. Quando si parla di
insegnamento/apprendimento di una lingua si devono tenere in
considerazione i processi non linguistici (storic -psico-socio-culturo-
ambientali) indissolubilmente legati. Lo studente di lingua straniera
non solo ha bisogno di conoscere come si formano grammaticalmente
le frasi, ma deve sapere quando e come inserirsi linguisticamente nella
conversazione, in che modo può mantenerla e come concluderla,
facendo riferimento a situazioni realmente ricorrenti. La lingua
straniera non deve essere insegnata indipendentemente dalle attività
umane. La «grammatica dell’anticipazione» (expectancy grammar)
opera sulla base della consapevolezza situazionale, soprattutto in
ordine all’argomento e agli scopi degli interlocutori; in base alla
ridondanza, cioè ai supplementi di informazioni reperibili nel contesto
e nel paratesto; sulla base della conoscenza del mondo che permette di
creare ipotesi. Malgrado gli interessi dei docenti siano umanistici,
spesso sono chiamati ad insegnare microlingue in ambito tecnico -
scientifico agli studenti del Progetto Erasmus: si tratta di un
programma di scambi finanziato dalla Comunità Europea che offre
agli studenti universitari una borsa di studio per un soggiorno fino ad
un anno presso università di paesi diversi da quelli d’origine. Gli
esami sostenuti all’estero vengono riconosciuti presso l’università di
appartenenza. La lingua non è qualcosa di distinguibile da altri
processi biologici, fisiologici, mentali, sociali, ambientali, culturali.
Nell’insegnamento delle lingue l’aspetto del lessico e il suo uso in
rapporto alla situazione socio-culturale dovrà avere un ruolo
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fondamentale. La struttura lessicale è connessa con tutta una serie di
processi di ordine non linguistico, complessi e dinamici.
La competenza linguistica è un sistema complesso composto da:
competenza fonologica che permette di riconoscere e produrre i
fonemi e le curve intonative di una lingua; competenza morfosintattica
che permette di legare le parole tra di loro in una frase o in un periodo;
competenza lessicale che permette di comprendere le regole, di
memorizzarle, di organizzarle, di reperirle e di utilizzarle in campi
lessicali; competenza testuale che consente di riconoscere e di
produrre testi coerenti sul piano logico semantico e competenza
grafemica che consente di leggere e di stendere testi scritti. Per
curricolo intendiamo l’integrazione di un programma e di un corpus
linguistico e culturale con l’aggiunta delle indicazioni metodologiche
per la didattica e per la verifica. Nel curricolo d’italiano per stranieri
si devono elencare: i processi necessari per realizzare le varie abilità; i
contenuti funzionali, lessicali, morfosintattici che compongono la
competenza linguistica e comunicativa; i processi della
metacompetenza comunicativa e di quella glottomatetica. Le mete
specifiche dell’educazione linguistica si concretizzano nella
competenza comunicativa e nella competenza glottomatetica, cioè
nell’apprendere ad apprendere la lingua. La Glottomatetica raduna
principi, metodi, dati, modelli e teorie riguardanti tutte le dimensioni
dell’apprendimento linguistico, partendo da matrici semio-
linguistiche, psicolinguistiche, socio-antopolinguistiche. Obiettivo
primario è di insegnare all’allievo a riflettere autonomamente sulla
lingua e le sue regole sono intese come meccanismi di funzionamento,
non come norme da applicare e la riflessione si applica su uno schema
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aperto, predisposto per guidare la riflessione e per contenere i suoi
risultati, ben diverso dallo schema pieno e concluso fornito
dall’insegnante o dal libro tradizionale. L’allievo deve essere indotto
ad osservare la lingua con cui si entra in contatto per formulare delle
ipotesi generalizzanti sulla struttura linguistico - comunicativa
dell’italiano. Tali ipotesi vanno riconfermate nella realtà quotidiana e
in seguito valutare se la regola intuita può essere fissata,
trasformandola in un processo automatico. In prospettiva
glottodidattica, le rappresentazioni mentali consentono agli studenti di
padroneggiare quanto essi hanno interiorizzato spontaneamente e di
divenire autonomi nell’apprendimento: si pongono le basi perché nella
loro vita futura essi possono continuare ad apprendere i modelli.
Nella competenza comunicativa s’individuano il saper fare lingua
(abilità linguistiche primarie e integrate, capacità di padroneggiare le
abilità linguistiche, intese come fasci di processi interrelati: saper
comprendere richiede una serie complessa di processi cognitivi,
linguistici), il saper fare con la lingua (la competenza
pragmalinguistica: funzioni, atti linguistici e comunicativi da
utilizzare in un determinato contesto; sociolinguistica: varietà,
registri), saper la lingua, cioè il possesso della competenza linguistico
- semiotica e il saperla integrare con altri codici disponibili per la
comunicazione. Per l’italiano molti manuali usano il termine unità
didattica ma propongono lezioni. Lo studente riceve input dal corpus
linguistico offerto dall’unità, graduato nella qualità (deve seguire
l’ordine naturale di acquisizione) e nella quantità (deve essere un po’
più complesso di quanto già acquisito). Il concetto d’unità come
blocco autonomo e autosufficiente rimanda alla necessità di includere
tutti gli obiettivi basilari dell’insegnamento linguistico: i modelli
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culturali, che costituiscono parte integrante e fondamentale del
contesto in cui avviene la comunicazione; gli elementi pragmatici che
consentono di «fare» con la lingua, cioè di realizzare le proprie
intenzioni comunicative in un contesto socio-culturale preciso; le
componenti della competenza linguistica ed extralinguistica (cinesica,
prossemica, paralinguistica, olfattiva, tattile) e le abilità linguistiche,
bisognerà vedere le unità come un complesso di procedure atte a
presentare la lingua nella sua pienezza comunicativa.
Il laboratorio didattico è una struttura scientifico - organizzativa
che opera tanto a livello di formazione iniziale quanto a livello di
formazione continua e presenta i caratteri del pluralismo e
dell’interdisciplinarità. Le sue prestazioni andrebbero riconsiderate
per scoprire a quali funzioni il mezzo meccanico potrebbe assolvere
nell’ambito dell’attuale approccio metodologico al processo
d’insegnamento/apprendimento e a quale livello di apprendimento la
sua utilizzazione potrebbe essere più efficace, considerando la
progettazione -pianificazione, documentazione - ricerca sulle
tecnologie educative e didattiche condotte sui contenuti ed ancorate al
contesto. Le implicazione ricavabili dalle recenti teorie linguistiche
portano a rivalutare la funzione della comprensione della lingua orale
quale primo passo verso la produzione linguistica. La comprensione di
modelli originali di lingua è di vitale importanza ai fini della
formazione d’ipotesi sui meccanismi che operano nella lingua e
sull’uso a cui sono posti. Tali ipotesi una volta verificate e
riconosciute corrette, vanno ad ampliare quella consapevolezza che
guida gli allievi ad acquisire il senso della lingua. La comprensione
della lingua parlata presenta problemi differenti dalla comprensione
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della lingua scritta per l’uso diverso e più immediato a cui questo tipo
di lingua viene posto nella vita quotidiana dei parlanti nativi. Il
villaggio globale, con i suoi mezzi di comunicazione in tempo reale su
scala planetaria e con le sue tecnologie di registrazione che portano
ovunque cassette audio e video, sta minando alla base la possibilità
dell’insegnante di lingua italiana di essere sacerdote autorevole.