L’ingresso della Turchia nell’Unione Europea: la scelta strategica per un Islam democratico
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INTRODUZIONE
Quali sono i confini dell‟Europa? È questa una discussione che ha
sempre avuto scarso rilievo in ambito europeo fino alla caduta del muro di
Berlino: in seguito a questo evento di portata storica, si è invece cominciato a
riflettere seriamente su quale potesse essere il futuro dell‟Unione Europea,
l‟organizzazione politica che aveva raggruppato fino ad allora la maggior parte
dei Paesi dell‟Europa occidentale, riunendoli in pace per quasi mezzo secolo –
obiettivo che sembrava irrealistico fino alla prima metà del „900. Il cambiamento
di prospettiva fu dovuto alle prevedibili candidature dei paesi dell‟ex blocco
sovietico a divenire membri dell‟Unione per poter godere dei benefici da essa
derivanti in termini politici, economici e di sicurezza. Per allargamento
dell'Unione Europea si intende, appunto, il processo in base al quale nuove
nazioni chiedono di far parte dell‟organizzazione tramite un percorso di
adeguamento legislativo concordato; ma quali sono i criteri necessari per poter
ottenere la candidatura? Quali i valori comuni che definiscono l‟identità
europea? E quali i connotati geografici per poter essere riconosciuto come
Paese europeo?
All‟epoca della dissoluzione dell‟URSS, il presidente francese Mitterrand
avanzò l‟ipotesi di dar vita ad una confederazione europea che legasse in
qualche modo tutti gli aspiranti futuri membri dell‟Unione a quelli che già lo
erano, una sorta di status intermedio tra quello di membro e quello di Paese
legato all‟UE da un semplice accordo di associazione. Questa strada, che allora
non venne percorsa, è tornata ad essere invocata recentemente in occasione
del riconoscimento ufficiale della candidatura della Turchia a divenire membro
dell‟Unione, trattandosi di un Paese islamico, situato all‟estremità dell'Europa,
con una popolazione seconda solo alla Germania tra i Paesi dell‟UE e con
condizioni socioeconomiche ben al di sotto della media europea. Il caso turco
ha dunque il merito di aver stimolato negli ultimi anni una discussione sugli
obiettivi, l‟identità e i confini di un‟Europa che non può limitarsi a rappresentare
un‟unione economica priva delle ambizioni politiche e ideali che avevano in
mente i suoi padri fondatori. L‟adesione della Turchia – con la quale è stato
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intrapreso un lungo percorso negoziale dagli esiti quanto mai incerti –
costituisce inoltre uno snodo chiave anche per i futuri allargamenti dell‟Unione:
se infatti è difficile da un punto di vista meramente geografico considerare la
Turchia un Paese extraeuropeo, sono facilmente prevedibili le conseguenze
che l‟ingresso di Ankara determinerebbe su molti altri aspiranti membri
dell‟Unione, in primis la Russia, la cui candidatura minaccerebbe di stravolgere
in termini di popolazione e di superficie i connotati dell‟Europa.
1
Nel dibattito che si è aperto sull‟argomento oggetto della presente
dissertazione sono stati proposti e trattati vari temi: alcuni riflettono problemi
autentici, altri abbondano di stereotipi ed irrigidimenti a sostegno della tesi che
la Turchia non è un Paese europeo o che la sua adesione significherebbe la
fine dell'Unione Europea per l‟invasione musulmana che ne deriverebbe. È
bene invece approcciarsi all‟argomento abbandonando ideologismi e
preconcetti culturali per poter valutare quali sarebbero effettivamente i vantaggi
e gli svantaggi di un possibile ingresso della Turchia nell‟UE.
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Con questo
intento ho cercato di approfondire un tema di grandissima attualità che non da
ora ha destato il mio interesse di cittadino attento agli sviluppi della politica
internazionale e sensibile al progetto di un‟Europa federale, fondata sui concetti
di pace e libertà, splendidamente riassunti nel celebre Manifesto di Ventotene
redatto da Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi durante il periodo di confino cui li
aveva condannati il Fascismo negli anni ‟40, che trovano nella Turchia un solido
alfiere di cui l‟Europa, a mio avviso, non può assolutamente privarsi.
Facendo ricorso ad una bibliografia costituita essenzialmente dalla
letteratura critica sul tema oggetto della presente dissertazione, mi sono
proposto di seguire un itinerario che si snoda lungo tre direzioni, che cercherò
ora di riassumere brevemente.
Nel primo capitolo ho affrontato il tema dei rapporti tra l‟Europa e la
Turchia dal secondo dopo guerra ad oggi, per comprendere il contesto
all‟interno del quale si sviluppa il percorso negoziale avviato sul finire del 2005
1
Enrico Letta, L'Europa a venticinque. Dai referendum alla Turchia: le sfide della nuova Europa,
Il mulino, 2006. Pagg. 113-114.
2
Commissione Indipendente sulla Turchia, Turchia in Europa: Più che una promessa?, British
Council and Open Society Institute, Bruxelles, 2004. Pag. 7. Si veda il sito internet:
www.independentcommissiononturkey.org.
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nella prospettiva di una futura adesione del Paese alle istituzioni comunitarie
che allo stato attuale si profila quanto mai incerta e lungi dall‟essere raggiunta.
Dopo alcune considerazioni sul profilo identitario, sugli obiettivi della
costruzione europea e sulla loro compatibilità con la complessa identità di un
Paese come la Turchia, a cavallo tra il continente europeo e quello asiatico, che
rappresenta un ibrido tra due culture che si sono a lungo scontrate nel corso
della storia, ho preso in analisi il percorso di progressivo avvicinamento del
Paese della Mezzaluna alle istituzioni di Bruxelles che muove i suoi primi passi
a partire dall‟Accordo di Ankara del ‟63, il quale aveva carattere prettamente
economico, e che passando per l‟unione doganale, istituita dopo travagliate
vicende solo nel 1996, trova il suo coronamento nell‟attribuzione dello status di
Paese candidato alla membership comunitaria giunta nel 1999, seguita
dall‟apertura dei negoziati di adesione nell‟ottobre del 2005. In seguito ho
cercato di abbozzare le linee guida dello straordinario processo riformatore di
cui la Turchia si è resa protagonista negli ultimi anni, non solo in ambito
economico, ma anche e soprattutto nel campo dei diritti umani, che dopo anni di
continui rinvii ha reso finalmente possibile l‟apertura del processo negoziale con
Bruxelles. Prima di approfondire gli altalenanti umori dell‟opinione pubblica
turca ed europea in merito alla prospettiva di un allargamento dell‟UE alla
Repubblica di Turchia, mi sono soffermato sul particolare valore politico che tale
Paese rappresenterebbe per un‟Europa che voglia rendersi protagonista della
politica mondiale, in ragione della sua strategica collocazione geografica in
un‟area chiave per gli equilibri di politica internazionale, oltre che per la storica
vocazione occidentale di Ankara. Sul finire di questo primo capitolo, mi sono
quindi occupato dell‟impatto che ha avuto l‟immigrazione turca in Europa sulla
percezione che gli europei hanno della Turchia, svolgendo inoltre delle
valutazioni in merito alla politica di controllo dei flussi migratori da parte di
Ankara e al riconoscimento del diritto d‟asilo in conformità con quanto previsto
in materia dal diritto internazionale. Infine, ho preso in considerazione
l‟incredibile performance positiva di cui si è resa protagonista l‟economia turca
dopo la crisi finanziaria del 2001, cercando di delineare le possibili ripercussioni
sull‟Unione Europea di un allargamento alla Turchia, sia da un punto di vista
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economico, sia da un punto di vista politico, in considerazione delle vaste
dimensioni del Paese, di una popolazione che presto si prevede supererà
quella della Germania e di un‟economia appunto che sta vivendo una fase di
transizione e promette di conseguire in futuro risultati straordinari.
Il secondo capitolo è dedicato invece ai rapporti tra stato e religione che
sono all‟origine di accese controversie nell‟odierna società turca, dove
assistiamo al riemergere di tendenze islamiste critiche nei confronti del rigido
laicismo di stato imposto da Atatürk con la sua rivoluzione secolarista di inizio
„900, che trovano una sponda nella politica dell‟attuale premier Erdogan il
quale, pur fedele al principio di laicità dello stato, con l‟intento di riconoscere
alla religione maggiori spazi pubblici nella società turca è riuscito recentemente
a riaffermare il diritto per le donne ad indossare il velo islamico nelle università,
suscitando la protesta del fronte kemalista. Dopo aver delineato i contorni della
questione religiosa che costituisce uno degli ostacoli principali sulla strada per
l‟ingresso di Ankara nell‟Unione, ho cercato di fare una breve panoramica di
quello che è il ruolo riconosciuto alla religione in Europa, per poi fare un
confronto con il secolarismo turco che costituisce una rara eccezione nel
contesto mediorientale, dove vige in linea generale una commistione tra stato e
religione che lascia campo libero ai richiami del fondamentalismo islamico.
Successivamente, dopo un breve excursus storico per meglio comprendere le
origini della Turchia moderna, mi sono soffermato sul percorso che ha condotto
all‟assoggettamento della religione allo stato e che ha mosso i suoi primi passi
sin dagli inizi del XIX secolo, quando l‟Impero Ottomano, a seguito di numerose
sconfitte ad opera delle potenze europee, venendo incontro alle richieste di
rinnovamento provenienti da alcuni amministratori locali di impostazione
riformista, lanciò il “Nuovo ordine” (Tanzimat) segnando una rottura definitiva
con la sharia e garantendo l‟uguaglianza di tutti i cittadini dell‟Impero, a
prescindere dalla loro fede religiosa. Ma sarà poi con l‟affermazione del
movimento dei Giovani Ottomani e dei Giovani Turchi che il principio di laicità
dello stato troverà piena affermazione, per poi conseguire il suo coronamento
sotto la guida di Mustafa Kemal Atatürk con la fondazione della moderna
Repubblica di Turchia, cui ho dedicato un apposito paragrafo. La mia attenzione
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è quindi ricaduta sul nuovo scenario delineatosi a seguito del secondo conflitto
mondiale con l‟apertura al multipartitismo, che ha segnato l‟emergere dell‟Islam
politico e della controversa figura di Necmettin Erbakan, più volte bandito dalle
istituzioni e dal gioco politico, in seguito all‟irruzione sulla scena dell‟esercito a
difesa dei principi del kemalismo. Contestualmente ho preso in analisi
l‟evoluzione interna allo schieramento politico islamico, con particolare
riferimento all‟affermazione della linea moderata rappresentata da Abdullah Gül
e Recep Tayyip Erdogan che nei primi anni 2000 hanno condotto alla guida del
Paese una nuova formazione politica, l‟AKP (Partito della Giustizia e dello
Sviluppo), che ha rotto con il fondamentalismo, accettando l‟impostazione
secolare dello stato ma promuovendo un atteggiamento più aperto e rispettoso
nei confronti della religione. Dopo essermi soffermato poi sulla minaccia
terroristica, della quale il fondamentalismo islamico figura tra i principali
responsabili, ho analizzato l‟atteggiamento della società turca nei confronti della
religione islamica verificandone l‟immunità dalle tendenze dell‟estremismo
religioso ed infine ho preso in analisi il ruolo dei militari che più volte si sono resi
custodi dell‟unità e della laicità della Repubblica, esercitando fino ad oggi una
sorta di ipoteca sul sistema politico nazionale.
Da ultimo, nel terzo capitolo affronto la questione dei diritti umani che
costituisce uno dei banchi di prova più difficili nei negoziati di adesione in corso
tra Ankara e Bruxelles. Sebbene infatti negli ultimi anni la Turchia abbia avviato
un serio processo di rinnovamento del proprio sistema legale e costituzionale in
favore di una maggiore garanzia dei diritti dell‟uomo, aderendo a numerose
Convenzioni internazionali, riformando il proprio Codice Penale ed abolendo
(almeno sul piano formale) la tortura, la pena di morte e i Tribunali di sicurezza
dello Stato, gli standard europei sono ancora ben lungi dall‟esser raggiunti e
molte questioni rimangono irrisolte. Innanzitutto mi sono occupato della
condizione delle donne turche, molto simile a quella dei Paesi occidentali per
ciò che concerne i diritti politici e civili, ma che deve fare i conti con le strutture
patriarcali alla base della società, che continuano a persistere tuttora - per lo
meno a livello degli strati sociali inferiori - rendendo le donne soggette a
fenomeni di violenza domestica, “crimini d‟onore” e matrimoni combinati, specie
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nelle più arretrate regioni orientali del Paese, dove si registra uno scarso livello
di alfabetizzazione femminile. Successivamente mi sono soffermato sull‟annoso
conflitto che vede contrapposte la comunità greca e la comunità turca dell‟isola
di Cipro, ulteriormente complicatosi col fallimento del referendum svoltosi nel
2004 e l‟ingresso dell‟isola nell‟UE nel maggio dello stesso anno, che ha
contribuito a rafforzare lo strisciante scetticismo europeo nei confronti di
Ankara, introducendo un ulteriore ostacolo nel processo negoziale intrapreso
con le istituzioni comunitarie. Ma una delle più frequenti accuse mosse contro le
autorità turche riguarda il rifiuto da parte di quest‟ultime di riconoscere la
responsabilità del regime dei Giovani Turchi nei misfatti che tra il 1915 e il 1916
avrebbero condotto alla morte di un numero impressionante di armeni con un
preciso intento sterminatore che viene invece negato dagli storici filo-turchi.
Infine, l‟intento da parte turca di costruire una società etnicamente omogenea
sarebbe alla base del discusso trattamento riservato dalle istituzioni turche nei
confronti della minoranza curda, oggetto in passato di feroci persecuzioni ed
oggi guardata con sospetto a causa della nuova strategia terroristica messa a
punto dai combattenti del rivoluzionario PKK (Partito dei lavoratori del
Kurdistan), che agiscono liberamente dal confinante Kurdistan iracheno
facendo strage di militari e civili tra la popolazione turca, col rischio di
compromettere i risultati della politica moderata inaugurata dal governo
Erdogan nell‟intento di riconoscere alle minoranze le adeguate tutele previste
dal diritto internazionale.
L‟obiettivo del presente lavoro è dunque quello di fornire un quadro
quanto più completo di una vicenda, quella della candidatura turca all‟ingresso
nell‟UE, che suscita forti contrapposizioni, spesso fondate su pregiudizi e
preconcetti che impediscono un‟analisi attenta ed obiettiva delle cose, e che
merita invece l‟attenzione che si deve ad un evento di portata storica, quale
sarebbe l‟allargamento dell‟Europa ad un Paese chiave nel dialogo tra
Occidente e mondo islamico, in grado di neutralizzare le logiche da scontro di
civiltà che stanno minacciando l‟ambizioso ed incompiuto progetto di pace
perpetua elaborato da Immanuel Kant sul finire del XVIII secolo.