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CAPITOLO I
1. IL BILANCIO.
“Gli amministratori devono redigere il bilancio d‟esercizio, costituito dallo
Stato Patrimoniale, dal Conto Economico e dalla Nota Integrativa .
Il bilancio deve essere redatto con chiarezza e rappresentare in modo
veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria della società e il
risultato economico dell‟esercizio.
Se le informazioni richieste da specifiche disposizioni di legge non sono
sufficienti a dare una rappresentazione veritiera e corretta, si devono fornire
le informazioni complementari allo scopo.
Se, in casi eccezionali, l‟applicazione di una disposizione degli articoli
seguenti è incompatibile con la rappresentazione veritiera e corretta, la
disposizione non deve essere applicata. La Nota Integrativa deve motivare la
deroga e indicarne l‟influenza sulla rappresentazione della situazione
patrimoniale, finanziaria e del risultato economico. Gli eventuali utili
derivanti dalla deroga devono essere iscritti in una riserva non distribuibile
se non in misura corrispondente al valore recuperato.
Il bilancio deve essere redatto in unità di euro, senza cifre decimali, ad
eccezione della Nota Integrativa che può essere redatta in migliaia di euro.”.
Così recita l‟art. 2423 c.c., sulla redazione del bilancio, sostanzialmente non
modificato dal Decreto Legislativo sulla riforma organica delle società di
capitali e cooperative (17 gennaio 2003, n.6), attuativo della legge 3 ottobre
2001, n.366.
Il bilancio d‟esercizio è uno strumento d‟informazione periodica
dell‟impresa in funzionamento che offre la possibilità di conoscere la sua
situazione patrimoniale, finanziaria ed economica.
Il bilancio è la raccolta di informazioni più immediatamente disponibili
sull‟assetto e sull‟andamento di un‟azienda, è dunque un mezzo per valutare
lo “stato di salute” di un‟impresa.
Il bilancio è, altresì, uno strumento tecnico la cui capacità informativa non
può essere appagata per i diversi destinatari se non in via mediata; saperlo
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interpretare correttamente è indispensabile sia a chi sta “dentro” l‟impresa,
come imprenditori e dirigenti, i quali hanno l‟esigenza di controllarne la
gestione, sia a chi si trova al di “fuori” come finanziatori, fornitori, clienti
che intendono avviare o mantenere con essa rapporti d‟affari.
Questa concezione del documento contabile rischia di diventare sovente un
principio astratto e di difficile attuazione se i suoi fruitori non hanno una
minima ma attendibile, informazione sul processo di costruzione e sulle
modifiche della normativa riguardante lo stesso.
Per interpretare esattamente un bilancio, però, occorre avere una conoscenza
non superficiale del suo “linguaggio”, ossia dei criteri e delle regole
secondo le quali esso è costruito. Diversamente, la lettura risulterà sempre
incerta e, le decisioni economiche prese in conformità a essa saranno
approssimative.
Il suo assetto attuale deriva in parte dal recepimento del D. Lgs. n.127 del 9
aprile 1991 che, nel nostro ordinamento giuridico, ha dato attuazione alla IV
Direttiva comunitaria; essa ha apportato interventi legislativi diretti a
modificare e rimodellare la struttura normativa della disciplina del bilancio
(per esempio sono state abrogate alcune voci del Conto Economico, è stata
eliminata “l‟area fiscale” e introdotto l‟ultimo comma dell‟art. 2426 c.c. sui
criteri di valutazione).
Il bilancio d‟esercizio deve essere compilato secondo le norme contenute: a)
nel Codice Civile (art.2423 – 2435 bis); b) nel Testo Unico delle Imposte
sui Redditi (TUIR); c) nei principi contabili.
La forma del bilancio è quella richiesta dai principi nazionali del Codice
Civile italiano e utilizzata dalla grande maggioranza delle società del nostro
paese. L‟Unione Europea con il Regolamento n. 1606/2002 ha introdotto
l‟obbligo di utilizzare i principi contabili internazionali, noti come IFRS
(International Financial Reporting Standards): essi rappresentano
l‟evoluzione degli IAS (International Accounting Standards), con i quali
tuttora coesistono. Tale obbligo è entrato in vigore il 31/12/2005 (ed esteso
alle società quotate con decorrenza 31/12/2006) con l‟intento di rendere più
facilmente confrontabili i bilanci di imprese appartenenti allo stesso settore,
ma operanti in paesi diversi.
L‟obiettivo che deve assolvere il bilancio è la rispondenza a tutti gli
obblighi contabili e fiscali previsti, avendo riguardo per la sua funzione
pubblicistica, nell‟ottica di una maggiore trasparenza, con l‟obbligo di
deposito presso la Camera di Commercio di competenza.
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Questo documento di sintesi è estremamente prezioso sia per l‟organo
direzionale sia per gli utenti esterni; permette di conoscere l‟andamento
gestionale degli anni passati ma anche le prospettive economiche e
finanziarie future, inoltre, evidenzia le cause che hanno toccato la dinamica
reddituale e patrimoniale determinando variazioni nella struttura
dell‟impresa. Un influente autore (cfr. Matacena A.) afferma: “Il bilancio
che si compila alla fine di ogni esercizio amministrativo nelle aziende di
produzione non è un documento di carattere semplice, che debba rispondere
a un fine determinato ed elementare, ma un documento sul quale possono
convergere interessi svariati, ciascuno dei quali, o ciascuna combinazione
dei quali, può dare al bilancio un fine singolare, caratteristico”.
1.1 I PRINCIPI DI REDAZIONE.
I principi della prassi contabile sono destinati a ricoprire un ruolo
fondamentale nella redazione del bilancio, interpretando e integrando le
norme dettate in proposito dal legislatore.
Il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e dei Ragionieri ha
provveduto a una rielaborazione dei principi contabili tradizionali, ai quali
se ne sono affiancati di nuovi ed ha individuato le finalità del bilancio nel:
a) fornire una periodica e attendibile conoscenza, secondo corretti principi
contabili, del risultato economico conseguito nell‟esercizio e della connessa
valutazione del patrimonio aziendale; b) fornire elementi informativi
supplementari in modo da rendere il bilancio intellegibile e corretto.
Il legislatore italiano ha rivolto maggiormente l‟attenzione sui principi della
chiarezza e della rappresentazione veritiera e corretta; i termini veridicità e
correttezza, infatti, sono stati preferiti al concetto di “quadro fedele” che,
volendo anticipare la IV Direttiva in modo un po‟ pericoloso, di fatto, non è
stato da questo ripreso.
Il principio della chiarezza (art. 2423 comma 2 c.c.) implica un “bilancio
trasparente”, sia in senso formale (raggruppando le voci omogenee ed
evitando le compensazioni) che sostanziale (con l‟obiettivo di esprimere
una realtà sostanziale in continua evoluzione). Tale principio, considerata la
finalità informativa del bilancio d‟esercizio, costituisce la regola di base alla
quale i redattori devono sempre ispirarsi nella consapevolezza che non è la
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quantità delle notizie sul patrimonio e sulle vicende della società, quanto il
modo con cui esse sono fornite ad assicurare la sufficienza e la
comprensibilità dell‟informazione che il bilancio deve fornire.
Per alcuni è un principio che si contrappone alla logica del bilancio, datosi
quest‟ultimo avere come caratteristica l‟ermetismo. Per altri il postulato
della chiarezza si correla direttamente alla struttura e alla forma dei conti di
sintesi d‟esercizio e al contenuto della nota esplicativa; si afferma che
affinché un bilancio sia tale occorra: a) classificare i valori in modo da
formare gruppi omogenei; b) rappresentare le singole classi di valori in
bilancio sotto definite denominazioni, atte a spiegarne l‟autentico
significato.
Chiarezza significa, inoltre, rispettare un principio, del quale la IV Direttiva
ha precisato il contenuto poiché, accettato nella prassi, correva il rischio di
essere dato per scontato nella pratica: la continuità dei bilanci. Quest‟ultima
vuole esprimere non solo la naturale corrispondenza tra bilancio di apertura
e bilancio di chiusura dell‟esercizio immediatamente precedente, ma anche
il mantenimento degli schemi dei conti annuali, del modo di presentazione
scelto dei documenti contabili, della nomenclatura e dell‟ordine delle voci.
E‟ importante quindi, che dal bilancio emerga la “storia” della società.
Quando si parla di bilancio di esercizio e di rappresentazione della
situazione d‟impresa, è quasi impossibile parlare di verità in senso assoluto,
perché lo stesso è la sintesi di valori certi, valori stimati e valori
congetturati. Per questo il principio della rappresentazione veritiera e
corretta deve essere interpretato come segue: il termine verità non può
essere considerato sinonimo di veridicità e un giudizio in tal senso sarà
espresso solo per i valori definiti certi.
Per i dati stimati e congetturati ci spostiamo sul concetto di correttezza e
credibilità, in termini di:
a) congruità delle premesse e congruenza delle relative ipotesi;
b) consapevolezza che la grandezza da misurare deve essere individuata in
un intervallo di numeri ipotizzato;
c) coerenza del ragionamento, dalla definizione delle premesse alla fase
conclusiva;
d) attitudine dei valori soggettivi a essere coerenti con le ipotesi e i
ragionamenti formulati.
Nel terzo punto dell‟articolo 2423 c.c. leggiamo che “si deve tener conto
dei proventi e degli oneri di competenza dell‟esercizio, indipendentemente
dalla data di incasso o di pagamento”.
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E‟ il principio della competenza che dona contenuto quantitativo alla logica
della continuità e trova la sua ragion d‟essere nella non coincidenza tra il
tempo in cui si manifestano economicamente i componenti reddituali e il
tempo in cui tali elementi sono rilevati contabilmente (con la loro
manifestazione numeraria).
Il CNDCR ha suggerito, come corollario dell‟appena citato postulato, la
fondamentale correlazione fra costi e ricavi, ovvero la necessità di
contrapporre ai ricavi dell‟esercizio i relativi costi (certi o presunti).
La continuità di applicazione dei criteri di valutazione costituisce la base
per consentire la comparabilità temporale e spaziale (quest‟ultima resa più
ostica dall‟esistenza di alternativi criteri di valutazione; difficoltà
riconosciuta anche dal CNDCR). I bilanci sottoposti ad analisi devono
necessariamente essere caratterizzati da omogeneità, sia di forma sia
sostanziale.
I bilanci devono essere, inoltre, presentati a bilanci comparati, per
raffrontare immediatamente, a livello visivo, i valori esposti in bilancio con
quelli dell‟anno precedente.
Infine, bisogna dare evidenza ai mutamenti strutturali che l‟azienda può
subire, anche se, normalmente, non si verificano, essendo per natura
operazioni straordinarie (acquisizioni, fusioni, etc.).
Non tutti i principi sono contenuti nella normativa civilistica, infatti, altri
criteri di redazione dello strumento contabile li ritroviamo nel documento n.
11 elaborato dal Consiglio Nazionale del Dottori Commercialisti e dei
Ragionieri, quali il principio della prevalenza della sostanza sulla forma,
della rilevazione dei fatti economici, della rilevanza delle poste.
Considerare la sostanza degli accadimenti significa individuare e
rappresentare la “vera natura degli stessi”, rendendo maggiormente
intellegibili i dati contenuti nel bilancio stesso.
Il significato e il contenuto del principio della rilevazione dei fatti economici
sono stati al centro di dibattiti, nel corso degli anni, per la sua complessità
interpretativa. Il bilancio può essere configurato, quindi, come un “quadro”
di tutti gli elementi che servono allo svolgimento dell‟attività sociale, con la
conseguenza di computare entità di difficile valutazione; inoltre, possono
esporsi fra gli elementi del patrimonio i fattori solo in virtù della loro
capacità di fornire utilità o cedere servizi, necessari al futuro svolgimento
della gestione aziendale.
Per concludere, la rilevanza delle poste sottende la loro significatività in
termini di grandezza del valore o dell‟errore conseguente a un‟omissione o a
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una distorta rappresentazione in bilancio. Le informazioni, caratterizzate da
quest‟attributo, influenzano le decisioni economiche, aiutano a valutare gli
eventi presenti o passati o confermano e correggono precedenti valutazioni.
Dall‟art. 2324 comma 4 c.c. si evince la deroga generale circa i suddetti
principi, ma, il ricorso alla stessa è limitato dal legislatore a casi veramente
eccezionali, circostanze concrete, il cui verificarsi determinerebbe una
situazione d‟impresa non più rappresentabile quantitativamente con
l‟applicazione delle norme generali stabilite dal codice (per esempio il
cambiamento di destinazione economica di un bene aziendale o
l‟eliminazione di vincoli che limitavano l‟uso economico di alcuni beni).
1.2. LO STATO PATRIMONIALE.
La IV Direttiva CEE ha attribuito pari rilevanza giuridico - informativa a
ciascun documento del “trittico” componente il bilancio d‟esercizio:
a) Stato Patrimoniale (fornisce indicazioni sull‟assetto patrimoniale e
finanziario);
b) Conto Economico (dal quale deve risultare il reddito del periodo
amministrativo);
c) Nota Integrativa (illustra e completa i dati contenuti nei due prospetti
predetti.) E‟ quest‟ultima la novità più interessante perché il legislatore con
essa ha voluto dare al bilancio, oltre alla funzione di accertamento
dell‟utile/perdita di esercizio, anche la non meno rilevante finalità di
informazione verso i soci e i terzi circa la situazione patrimoniale,
finanziaria ed economica della società.
I valori accolti nei primi due documenti concorrono congiuntamente alla
determinazione del risultato d‟esercizio, scopo primario del bilancio .
Lo schema dello Stato Patrimoniale è regolato dall‟art. 2424 c.c.
Il legislatore italiano ha optato per uno soltanto dei due schemi previsti dalla
IV Direttiva, cioè la forma a sezioni contrapposte. Prima del recepimento
della normativa comunitaria, il suddetto articolo ne disciplinava solo il
contenuto minimale, si trattava di uno schema aperto, recante la possibilità
di introduzione di poste nuove o di scomposizione di quelle previste in altre
più analitiche.
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Il vantaggio era la migliore adattabilità alle peculiari esigenze e
caratteristiche di ogni singola impresa. Il rovescio della medaglia si
constatava nel rendere impossibile qualsiasi confronto, comparazione sia
temporale che spaziale .
Lo Stato Patrimoniale rappresenta la struttura del capitale di funzionamento
alla data di riferimento. Il prospetto riporta gli elementi attivi e passivi di
detto capitale, distinti secondo la loro specie, e per differenza il patrimonio
netto, a sua volta distinto per poste, fra cui l‟utile o la perdita d‟esercizio.
In questo schema, come in quello del Conto Economico, si è definita una
gerarchia nelle voci che prevede quattro livelli:
I) le lettere maiuscole dell‟alfabeto indicano i gruppi strutturali
dell‟attivo e del passivo;
II) i numeri romani individuano le voci di genere, ovvero i sotto-
raggruppamenti nell‟ambito delle classi strutturali;
III) i numeri arabi rappresentano le voci analitiche di specie;
IV) le lettere minuscole, infine, per ulteriori suddivisioni del livello
precedente.
Lo Stato Patrimoniale si presenta come schema vincolante, in cui sono
predeterminati sia l‟ordine sia l‟esposizione delle singole poste anche se il
Codice Civile consente una limitata possibilità di adattamento del modello.
L‟art. 2423 ter c.c. concede la possibilità o la facoltà di compiere una più
articolata suddivisione (senza, tuttavia, eliminare la voce complessiva) per
le voci precedute da numeri arabi, o di procedere con un ulteriore
raggruppamento quando ciò favorisca la chiarezza o quando sia legato
all‟esiguità degli importi delle singole poste.
Inoltre, è possibile aggiungere altre voci o adattare quelle esistenti quando
lo esige la natura dell‟attività considerata, fermo restando il divieto di
modificare i primi due livelli, per favorire l‟armonizzazione nella redazione
dei documenti contabili.
Le principali differenze, rispetto la struttura regolamentata dall‟art. 9 della
già menzionata Direttiva, adottate dal legislatore italiano per tener conto di
peculiarità del nostro sistema giuridico, si riconducono principalmente alla
posta di “Trattamento di fine rapporto di lavoro subordinato” che, non è
stata inclusa come sottovoce nella posta contabile “Fondi rischi e oneri”,
ma indicata separatamente.
Inoltre, è stato scelto di:
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a) iscrivere i “Costi di impianto e di ampliamento” come prima sottovoce
delle “Immobilizzazioni immateriali” e non come voce strutturale dello
schema preceduta, cioè, dalla lettera maiuscola dell‟alfabeto;
b) indicare come voce strutturale i “Ratei e risconti” sia attivi che passivi, in
considerazione delle loro caratteristiche e dei loro importi, di non
trascurabile rilevanza;
c) indicare nella voce di struttura “Crediti verso i soci per versamenti
ancora dovuti” la quota di capitale richiamato, evitando di inserirli in
modo distinto fra le poste del “Patrimonio netto”;
d) evidenziare la voce “Perdita di esercizio” come parte ideale del
“Patrimonio netto”, esposta naturalmente con segno negativo.
Un‟altra caratteristica di questo prospetto riguarda la classificazione delle
voci dell‟attivo basate sul criterio informatore della destinazione delle poste
rispetto il processo produttivo aziendale; partite della stessa natura, per
esempio acconti a fornitori, possono trovare collocazione diversa tra le
“Immobilizzazioni” o fra gli elementi dell‟ “Attivo circolante”, a seconda
che siano destinati all‟acquisto di beni durevoli o di altri a breve ciclo di
utilizzo. Il criterio della destinazione facilita le conoscenze del lettore del
bilancio in tema di: composizione dei capitali impiegati e provenienza delle
risorse acquisite attraverso la separazione degli stessi per aree e circuiti
gestionali.
Così strutturato, lo Stato Patrimoniale destinativo - soggettivo equivale a un
documento contabile, il cui studio verticale, serve per conoscere e informare
sulle performance della gestione. Questo criterio, però, incide
negativamente sulla logica finanziario - monetaria della crescente/
decrescente liquidità, con cui dovrebbero classificarsi i gruppi omogenei di
voci.
Lo schema civilistico patrimoniale, quindi, non risulta idoneo
all‟interpretazione in chiave finanziaria della situazione dell‟impresa, cioè
non riesce ad evidenziare come in quella data sono investite le risorse
finanziarie (gli impieghi) e da dove sono state attinte le risorse attualmente
impiegate (le fonti).
Per quanto riguarda il Passivo, la classificazione delle voci avviene sulla
base della loro “natura”, per cui è possibile distinguere le fonti di
finanziamento di terzi dai mezzi propri. Tuttavia, questa modalità di
esposizione si discosta ulteriormente da quella finanziaria e non è compiuta
nessuna distinzione fra debiti consolidati e correnti, in quanto lo scopo del
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legislatore non è dare evidenza immediata alla durata delle fonti di
finanziamento.
Un altro aspetto che caratterizza questo documento è l‟obbligo di riportare
accanto a ciascuna voce l‟importo dell‟esercizio precedente, per consentire
la confrontabilità temporale dei dati dello Stato Patrimoniale.
E‟ da ricordare, inoltre, che le poste rettificative sono portate direttamente in
deduzione degli importi cui afferiscono, invece di figurare come “Fondi”
nel passivo patrimoniale. Le rettifiche di valore sono definite dall‟art. 19
della Direttiva CEE come “tutte le correzioni destinate a tener conto della
svalutazione, definitiva o meno, degli elementi del patrimonio rilevata alla
data di chiusura del bilancio” .
L‟Attivo patrimoniale è costituito da quattro classi di poste, la cui
individuazione è legata al criterio della destinazione funzionale, mentre il
Passivo patrimoniale è suddiviso in cinque aggregati di poste, tra cui il
Patrimonio Netto che contiene nove voci distinte, inerenti alla composizione
ideale dei mezzi propri dell‟impresa.
L‟ultimo comma dell‟art. 2424 c.c. ci presenta i cosiddetti conti d’ordine,
vasta categoria di fatti attinenti a momenti della vita aziendale che, per loro
natura, non influenzano né la formazione del reddito di periodo né la
composizione del correlato capitale di funzionamento, ma risultano di
estrema rilevanza. I fatti rientranti nei conti d‟ordine possono essere
classificati in tre distinti sistemi: a) degli impegni; b) dei rischi; c) dei beni
di terzi o presso terzi.
L‟art. 2435 bis c.c. sancisce la possibilità, prevista dal legislatore italiano,
per le imprese di minori dimensioni, di predisporre un bilancio in forma
abbreviata che comprenda soltanto le voci precedute da lettere e numeri
romani (con menzione separata per quanto concerne gli importi dei crediti e
dei debiti con durata residua superiore a un anno).
Un‟importante considerazione è che, nonostante si parli di bilancio in forma
abbreviata, le semplificazioni riguardano unicamente i contenuti dello Stato
Patrimoniale e della Nota Integrativa.
Il suddetto articolo fissa, inoltre, i valori dei limiti entro i quali è possibile
beneficiare delle facilitazioni di redazione previste dall‟articolo stesso.
In attuazione della normativa comunitaria, sono stati emanati con D. Lgs. n.
285 del 7 novembre 2006, i nuovi valori limite per la redazione del bilancio
abbreviato, con entrata in vigore dal 12/12/2006; il predetto decreto
stabilisce, anche l‟obbligo di nomina del collegio sindacale da parte delle
S.r.l. con capitale sociale superiore a € 120.000.
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Attualmente, occorre che nell‟esercizio di inizio attività o in due esercizi
consecutivi, non siano superati, contemporaneamente, due dei seguenti
parametri:
a) il totale dell‟Attivo patrimoniale è stato aggiornato da € 3.125.000 a €
3.650.000 (il valore è quello risultante dallo Stato Patrimoniale);
b) il totale dei ricavi delle vendite o delle prestazioni è stato incrementato da
€ 6.250.000 a € 7.300.000 (importo riportato nella voce A1 del Conto
Economico);
c) il numero di dipendenti mediamente occupati nell‟anno pari a cinquanta
unità, considerando la media giornaliera, è rimasto invariato.
A seguito di queste disposizioni, si è notevolmente ampliato il numero delle
società che possono redigere il bilancio in forma abbreviata.
1.3. IL CONTO ECONOMICO.
Lo schema del Conto Economico è regolato dall‟art. 2425 c.c., mentre la IV
Direttiva europea sancisce due modelli: con gli art. 23 e 24 si presenta il
Conto Economico “A costi e ricavi integrali della produzione realizzati nel
periodo” (definizione di L. Cossar) e con gli art. 25 e 26 si disciplina il
Conto Economico “A costi e ricavi della produzione venduta nel periodo”.
L‟appena citato art. 23 disciplina la forma scalare del Conto Economico,
nella quale i componenti di reddito sono classificati secondo la loro natura;
l‟articolo seguente, invece, riporta le voci in due sezioni e sostituisce la
voce “ Variazione delle scorte di prodotti finiti e in corso di fabbricazione”
con due poste distinte: “Riduzione delle scorte di prodotti finite in corso di
fabbricazione” e “Aumento delle scorte di prodotti finiti e in corso di
fabbricazione”..
La struttura disciplinata dall‟art. 24 è stata criticata in quanto:
a) la rappresentazione delle quote di ammortamento non è agevole nella
lettura, causa l‟eccessiva aggregazione;
b) le voci concernenti le imposte sono state ripartite in modo eccessivo;
c) non vi è indicazione separata per le quote dei fondi rischi e dei fondi
spese.
Anche gli art. 25 e 26 c.c., rispettivamente, propongono una struttura
descrittivo - progressiva e una a sezioni contrapposte; le voci, in questo