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Introduzione
Questa tesi nasce dal desiderio di fornire un contributo articolato alla comprensione delle
dinamiche storiche, politiche ed economiche che stanno alla base del rapporto privilegiato che
lega il nostro paese alla Libia di Gheddafi nonché alla comprensione della più recente
evoluzione delle relazioni bilaterali italo-libiche, attualmente oggetto di un ampio dibattito
nazionale. La tesi intende inoltre offrire degli spunti di riflessione sulla politica estera italiana
in Libia, con particolare attenzione alle differenze di priorità e di approcci che hanno
caratterizzato le iniziative di politica estera, in particolare nel Mediterraneo, dei governi di
centro-destra e di centro-sinistra degli ultimi vent'anni.
In tale ottica, il presente lavoro si propone di ricostruire ed analizzare la storia delle relazioni
bilaterali tra l‟Italia e la Grande Jamahiriyya Libica in due importanti fasi della storia recente
della Libia di Gheddafi che hanno condotto il regime rivoluzionario di Tripoli ad una
progressiva revisione della propria politica estera, nonché ad un graduale reinserimento, da
stato paria per eccellenza, nella comunità internazionale.
La prima fase è quella dell'isolamento diplomatico ed economico della Jamahiriyya che
sfociò, nell‟aprile 1992, nell'adozione di sanzioni multilaterali da parte del Consiglio di
Sicurezza delle Nazioni Unite, in risposta al presunto coinvolgimento libico nell'attentato di
Lockerbie del 1989.
La seconda fase è quella della progressiva riabilitazione internazionale della Jamahiriyya,
iniziata nell‟aprile del 1999 con la sospensione delle sanzioni ONU, che seguì la consegna dei
due sospettati libici per la strage di Lockerbie e si concluse nel 2003 con la rimozione delle
sanzioni multilaterali contro la Libia e l'avvio della normalizzazione dei rapporti con Gran
Bretagna e Stati Uniti.
Per contestualizzare tali periodi storici, le relazioni italo-libiche sono inoltre state analizzate
nel loro background storico relativo alla storia del colonialismo italiano in Libia (1911-1943),
al periodo che va dall‟ascesa al potere di Gheddafi alle sanzioni multilaterali (1969-1992),
nonché nel più recente periodo, successivo al completo reinserimento della Libia nella
comunità internazionale (2004-2010).
Per sviluppare l‟analisi proposta, la bibliografia generale relativa alla storia contemporanea
della Libia, alla politica italiana e al contesto internazionale del periodo preso in esame, è
stata integrata da: fonti documentarie relative alle sanzioni multilaterali adottate dalla
comunità internazionale contro la Libia; i testi dei principali accordi e documenti politici
firmati da Italia e Libia; fonti documentarie del ministero degli Esteri e dell'Interno relative ai
rapporti diplomatici tra i due paesi; gli atti parlamentari non legislativi reperiti dalla banca
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dati del Parlamento italiano; articoli tratti dalla rassegna stampa dei principali quotidiani
italiani dal 1992 al 2010; fonti in arabo relative ai discorsi ufficiali pronunciati dal leader
libico Gheddafi reperite con il contributo dell'Ambasciata libica in Italia e da siti libici
governativi.
Per la parte economica si è inoltre attinto dai dati relativi all'interscambio commerciale e ai
rapporti economici bilaterali forniti dal Fondo Monetario Internazionale e dell'Istituto
nazionale per il commercio estero, nonché dai dati relativi agli indicatori macroeconomici
riguardanti la Libia forniti dalla Banca Mondiale.
La stesura delle cronologie relative ai principali eventi e relazioni internazionali riguardanti la
Jamahiriyya (1969-2010) e alle relazioni diplomatiche bilaterali italo-libiche nel periodo
1992-2010 si è infine basata sulla consultazione delle cronologie storiche redatte dal
Keesing's Records of World Events, dal Middle East Journal e dagli annuari dell'Istituto di
Affari Internazionali.
Il primo capitolo, dedicato alla ricostruzione del contesto storico ed internazionale che fece da
sfondo all'adozione di misure unilaterali e multilaterali contro la Libia da parte della comunità
internazionale, analizza: 1) la componente politico-ideologica alla base delle scelte di politica
estera adottate dal regime di Gheddafi che, attraverso l'attenta combinazione di retorica
anticoloniale e di attivismo internazionale, portarono la Jamahiriyya - fin dai primi anni della
rivoluzione - a contrapporsi all'Occidente; 2) la dimensione unilaterale delle iniziative
intraprese dagli Stati Uniti contro la Libia sul piano militare ed economico-diplomatico e la
loro collocazione nel quadro della politica mediorientale degli Stati Uniti nel contesto
bipolare e dei rapporti euro-americani durante l'ultima fase della guerra fredda; 3) il contenuto
delle risoluzioni adottate contro la Libia dal Consiglio di Sicurezza dell'ONU nel 1992-1993,
con particolare attenzione al processo di costruzione politico-giuridico della legittimità
internazionale delle sanzioni, nonché ai costi che le misure di embargo comportarono per la
Jamahiriyya in termini economici, sociali e politici; 4) i fattori interni ed internazionali che
portarono all'avvio, alla fine degli anni '90, del processo di riabilitazione della Libia nella
comunità internazionale.
Il secondo capitolo fornisce un breve quadro storico delle relazioni bilaterali italo-libiche nel
periodo compreso dall'ascesa al potere di Gheddafi nel 1969 all'adozione delle sanzioni ONU
nel 1992, con particolare attenzione a due nodi politico-diplomatici destinati a rappresentare
una costante nello sviluppo dei rapporti privilegiati tra i due paesi e a condizionarne
l'andamento altalenante: il contenzioso relativo al passato coloniale italiano in Libia e alle
richieste di condanna e di risarcimento avanzate da Gheddafi e quello relativo ai beni
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espropriati alla comunità italiana espulsa dalla Libia nel 1970. Oltre a fornire una sintetica
ricostruzione storica della vicenda coloniale italiana in Libia (1911-1943), il capitolo si
sofferma in particolare sui limiti della diplomazia italiana degli anni '70 e '80 che
contribuiranno al trascinarsi per decenni di tali contenziosi.
Il terzo capitolo ricostruisce il quadro dei rapporti bilaterali italo-libici nel periodo di
applicazione delle sanzioni ONU contro la Libia (1992-1999), attraverso l'analisi delle
iniziative diplomatiche intraprese dai governi italiani di centro-sinistra, a partire dalla seconda
metà degli anni '90, per rompere l'isolamento diplomatico della Libia, nonché del contesto
della politica estera italiana nel quale tali iniziative sono collocate.
In merito al primo punto, vengono considerati la frequenza e la natura dei rapporti bilaterali,
ma anche il rapporto tra le tematiche politiche presenti nella retorica ufficiale adottata dai
rappresentanti del governo italiano in merito alla politica di dialogo verso la Jamahiriyya, e la
realtà dei rapporti bilaterali italo-libici, soffermandoci in particolare su: il presunto ruolo
pionieristico di ponte svolto dall'Italia nel processo di riabilitazione internazionale della Libia;
il grado di originalità e di indipendenza delle iniziative diplomatiche italiane rispetto alla
politica dei precedenti governi italiani e alla posizione degli alleati; il contributo alla
risoluzione dei tradizionali contenziosi politici analizzati nel secondo capitolo.
Nell'analisi del quadro della politica estera italiana degli anni '90, è invece dedicata particolare
attenzione all'evoluzione degli interessi italiani nel Mediterraneo, nel contesto di ridefinizione
degli equilibri internazionali nel passaggio da un sistema bipolare a post-bipolare nonché
all'influenza che le dinamiche politico-ideologiche legate alla composizione delle
maggioranze di governo hanno esercitato sulla definizione della politica estera del centro-
sinistra degli anni '90.
Nel contesto della normalizzazione dei rapporti tra la Libia e l'Unione Europea, processo
incoraggiato alla fine degli anni '90 dalle aperture diplomatiche dell'Italia, è svolta anche
un'analisi sintetica del rapporto tra la Libia ed il quadro di cooperazione euro-mediterranea
istituito nel 1995 dalla Dichiarazione di Barcellona.
Il quarto ed ultimo capitolo è infine dedicato all'analisi delle relazioni bilaterali italo-libiche
sviluppatesi tra il 2001-2010 in seguito all'avvio del processo di riabilitazione internazionale
della Libia, che hanno visto come principali fautori tre governi di centro-destra guidati dal
premier Silvio Berlusconi. Dopo una breve contestualizzazione del nuovo attivismo bilaterale
italo-libico all'interno del quadro generale della politica estera inaugurata dal centro-destra
dopo l'11 settembre, ci concentreremo sulla cooperazione bilaterale in materia migratoria,
campo che nel corso dell'ultimo decennio è andato assumendo un'assoluta centralità nelle
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relazioni politico-diplomatiche dei due paesi. Oltre alla panoramica delle iniziative e degli
accordi bilaterali in materia migratoria, nonché delle principali critiche interne ed
internazionali che tale cooperazione ha sollevato per le ricadute negative in termini di
violazioni dei diritti dei migranti, saranno oggetto di analisi due aspetti legati al rapporto tra la
Libia ed i flussi migratori: la doppia collocazione geopolitica della Jamahiriyya -come paese
di transito e di immigrazione - all'interno delle rotte migratorie provenienti dall'Africa; la
lettura del fenomeno migratorio da parte delle autorità libiche, sulla quale la traduzione
dall'arabo del discorso pronunciato nel 2006 dal colonnello Gheddafi in occasione del vertice
euro-africano su immigrazione e sviluppo, offre alcuni spunti di riflessione.
L'analisi delle disposizioni contenute nel Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione
firmato a Bengasi nel 2008 e considerato un documento fondamentale per il rafforzamento del
rapporto privilegiato tra i due paesi nei diversi campi di cooperazione, evidenzierà inoltre i
punti di forza ed i limiti della strategie negoziali messe in atto dal governo italiano per il
superamento dei contenziosi politici relativi al passato dei due paesi, che a lungo hanno pesato
sull'andamento altalenante dei rapporti bilaterali.
Il quadro delle relazioni tra Italia e Libia nei periodi presi in esame, si conclude infine con una
panoramica dei rapporti economico-commerciali tra i due paesi, soffermandosi in particolare
su: l'andamento e i settori dell'interscambio commerciale durante il periodo di applicazione
delle sanzioni ONU contro la Libia (1992-1999) e nel periodo successivo alla sospensione di
quest'ultime (2000-2010) ; i principali campi d'investimento reciproco; i vantaggi ed i limiti
della strategia di penetrazione economica in Libia promossa dal Trattato di Bengasi del 2008.
La presente ricostruzione storica delle relazioni bilaterali italo-libiche intende in ultimo
costituire una base di partenza per la comprensione dei più recenti sviluppi in Libia, dal 17
febbraio 2011 teatro di un‟insurrezione popolare contro il regime di Gheddafi, trasformatasi in
guerra civile, che ha visto l‟intervento di un contingente internazionale a sostegno dei
rivoltosi autorizzato dalle Nazioni Unite.
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Tabella di traslitterazione dall’arabo
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1. La Jamahiriyya libica e l'Occidente: da paria a stato riabilitato (1969-2001)
1.1 La rivoluzione di Gheddafi e la contrapposizione con l'Occidente
La contrapposizione con l'Occidente, nella forma di retorica antioccidentale o di dinamico
attivismo internazionale, è stato uno degli elementi centrali nell'universo di simboli e miti
attentamente costruito dal leader libico Mu'ammar Gheddafi (Mu'ammar al-Qaddāf ī) fin dai
primi anni della rivoluzione.
Durante il primissimo periodo che seguì il colpo di stato del 1° settembre 1969 fino al 1973,
tale contrapposizione rimase per lo più uno strumento retorico utilizzato principalmente a
scopi propagandistici e riconducibile all'accurato tentativo, attuato dal nuovo regime, di auto-
legittimazione e di mobilitazione politica della popolazione libica a favore della rivoluzione.
L'ideologia anticoloniale che contraddistinse il nuovo regime non rimase tuttavia ancorata alla
pura retorica, ma si tradusse in una serie di provvedimenti di alto valore propagandistico volti
a eliminare dal paese i segni della presenza imperialista occidentale.
A partire dal 1973, completati i primi tentativi di mobilitazione popolare, si crearono le
condizioni che permisero al regime di intraprendere una serie di iniziative economiche e
politiche radicali sul piano interno ed internazionale. Come vedremo, le politiche di attivismo
rivoluzionario sul piano internazionale porteranno ad una contrapposizione sempre più
dinamica e netta con l'Occidente.
1.1.1 L' anticolonialismo: tra nazionalismo arabo e confronto col passato
L'appello alla condivisione della memoria storica del colonialismo italiano attraverso il
richiamo ai ricordi delle brutalità compiute dagli italiani durante il periodo coloniale (1911-
1943), fu fin da subito un segno distintivo del nuovo regime e, insieme al richiamo al generale
risentimento per la presenza imperialista delle potenze occidentali nella regione, nonché per la
collusione tra interessi occidentali e la corrotta monarchia senussita, diventò ben presto un
leitmotiv nell'ideologia di Gheddafi, sfruttato per creare un sentimento di unità tra la
popolazione libica, fondato su un senso di sofferenza e sfruttamento condivisi.
Il primo comunicato ufficiale pronunciato dal ventisettenne Gheddafi alla radio di Bengasi la
mattina del colpo di stato, contiene infatti già tutti gli elementi tipici della retorica nazionalista
rivoluzionaria:
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Nel nome di Dio, il compassionevole, il misericordioso, o grande popolo di Libia! Interpretando la
tua libera volontà; esaudendo i tuoi voti più cari; rispondendo ai tuoi reiterati appelli per una
trasformazione ed un risanamento del paese che andassero di pari passo con il tuo legittimo
desiderio di agire e di costruire; ascoltando, infine, i tuoi incitamenti alla rivolta, le tue forze armate
si sono assunte il compito di rovesciare un regime reazionario e corrotto, il cui fetore ci soffocava e
la cui vista ci inorridiva. Con rapida determinazione le tue valorose forze armate hanno abbattuto
gli idoli e infranto i simulacri. Di un sol colpo si è illuminata la cupa notte durante la quale si sono
succeduti nel nostro paese la dominazione turca, il colonialismo italiano e infine l'oppressione di un
regime autocratico e marcio, preda della concussione, delle fazioni, dei peggiori tradimenti.
1
É importante ricordare che la retorica anticoloniale del regime di Gheddafi si colloca in una
posizione di continuità con la tradizione araba nazionalista. L'anticolonialismo fu infatti una
delle componenti essenziali del complesso fenomeno politico, ideologico e culturale che va
sotto il nome di nazionalismo arabo.
2
In particolare nella seconda fase di tale fenomeno
(1900-1945), durante la quale il nazionalismo arabo assunse un carattere spiccatamente
politico fungendo da motore propulsore delle rivendicazioni a favore dell'autodeterminazione
e dei movimenti di indipendenza che percorsero il mondo arabo, l'ideologia anticoloniale si
affermò come reazione alla penetrazione coloniale europea nella regione (1830-1945) che finì
per comportare delle pesanti ripercussioni sul destino e lo sviluppo degli stati nazionali arabi
che si formarono sotto l'egida coloniale.
La dominazione occidentale, che fece seguito al collasso dell'impero ottomano, significò
infatti per il mondo arabo l'imposizione di un sistema di stati-nazione, in molti casi
caratterizzati da confini etnici e territoriali artificiali, che comportò la frammentazione della
regione in una serie di piccoli stati politicamente e militarmente deboli, nonché la loro
integrazione in un sistema di dipendenza politica ed economica dalle potenze occidentali,
anche grazie alla cooptazione delle classi dirigenti arabe e delle élites politiche che
condussero il processo di decolonizzazione.
3
Al termine di tale processo i fallimenti, la debolezza e la corruzione delle élites arabe al potere
ancora legate alle vecchie potenze coloniali da rapporti clientelari, furono i bersagli di una
nuova generazione di nazionalisti arabi, provenienti dall'emergente classe media, la cui
1
Il testo integrale in lingua inglese del primo comunicato è contenuto in: “The Libyan Revolution in the words
of its Leaders”, Middle East Journal, vol.24, n.2, Spring 1970.
2
Per un'analisi approfondita del contesto storico-ideologico del nazionalismo arabo si veda: Youssef CHOUERI,
Arab nationalism – a History: Nation and State in the Arab world, Oxford, Blackwell Publishing, 2000.
James JANKOWSKI, Israel GERSHONI, (edd.), Rethinking Nationalism in the Arab Middle East, New York,
Columbia University Press, 1997.
3
Raymond HINNEBUSH, The International Politics of the Middle East, Manchester, Manchester University Press,
2003, pp.15-21.
15
mobilitazione portò alla destituzione delle monarchie e oligarchie conservatrici al potere.
In quest'ultima fase (1945-1973) il nazionalismo arabo acquisì una dimensione spiccatamente
rivoluzionaria e populista intrecciando l'ideologia antimperialista alla promozione di
programmi radicali in campo economico, politico e culturale di ispirazione socialista.
L'ideologia antimperialista del nazionalismo arabo ebbe inoltre un ruolo rilevante durante la
guerra fredda. L'integrazione del mondo arabo nel sistema bipolare comportò infatti la
prosecuzione del rapporto di dipendenza tra le grandi potenze e la maggior parte degli stati
arabi indipendenti che, nell'ottica del contenimento del pericolo comunista, rimasero
subordinati agli interessi delle vecchie potenze coloniali in termini di relazioni clientelari
economiche, politiche e militari, nel quadro di una polarizzazione della regione tra regimi
conservatori filo-occidentali e regimi nazionalisti.
4
Tornando alla Libia, mentre la storia del periodo coloniale italiano (1911-1943) verrà
approfondita nel secondo capitolo in relazione alle richieste di riparazioni avanzate da
Gheddafi, vale qui la pena di ricordare in breve la storia dell'indipendenza libica e della
monarchia senussita.
Nel 1943 la definitiva conquista del paese da parte degli alleati al termine della campagna del
Nord Africa, durante la Seconda Guerra Mondiale, portò alla creazione di un'amministrazione
militare britannica, la British Military Administration (BMA) in Tripolitania e Cirenaica e di
un'amministrazione militare francese nel Fezzan.
In seguito alla rinuncia formale dell'Italia alla sovranità della Libia nel 1947 su pressione delle
grandi potenze – Gran Bretagna, Francia, Stati Uniti ed Unione Sovietica - , la questione della
sorte dei territori libici fu trasferita all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 15
settembre 1948. Le opzioni possibili per il processo di decolonizzazione libica erano infatti
due: a) amministrazione fiduciaria delle tre province libiche; b) concessione dell'indipendenza.
La prima soluzione venne in un primo momento sostenuta da Gran Bretagna e Francia che nel
maggio 1949 pubblicarono il piano Bevin-Sforza. Il piano, che proponeva un'amministrazione
fiduciaria francese per il Fezzan della durata di dieci anni, una britannica per la Cirenaica e
una italiana per la Tripolitania, venne tuttavia definitivamente affossato dall'Assemblea
Generale delle Nazioni Unite che, con la risoluzione 289 del 21 novembre 1949, raccomandò
l'indipendenza della Libia non oltre il 1°gennaio 1952. A supervisione dell'attuazione della
risoluzione e del processo di transizione fu nominato l'olandese Adrian Pelt Commissario
delle Nazioni Unite nel Paese. La Libia ottenne infine l'indipendenza il 24 dicembre 1951
4
HINNEBUSH, op.cit., pp. 21-35.
16
come Regno Unito di Libia
5
sotto la guida di re Idris al-Sanusi.
6
Secondo diversi osservatori, dietro l'adozione di tale soluzione che finì per essere approvata
da tutte le grandi potenze, si cela il dispiegarsi di interessi politici ed economici di grande
portata. Le logiche della Guerra Fredda e la posizione della Libia nel Mediterraneo, nonché la
sua vicinanza all'Egitto del canale di Suez, imposero una rivalutazione del paese sul piano
strategico e la necessità di nuove basi militari la cui istallazione sarebbe stata impossibile
sotto un'amministrazione fiduciaria delle Nazioni Unite. La firma tra il 1952 ed il 1954 di un
trattato di alleanza militare anglo-libico e di un accordo ventennale per la concessione della
base americana di Wheelus Field dimostrano infatti che dietro al sostegno anglo-britannico
all'indipendenza libica sotto la guida del filo-britannico Idris, ci fosse probabilmente la
convinzione che tale formula avrebbe consentito di coltivare in misura maggiore i propri
interessi politici ed economici.
7
La storia dei rapporti tra il neonato Regno Unito di Libia e Gran Bretagna e Stati Uniti rivelò
in parte la fondatezza di tale previsione.
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In primo luogo in cambio della concessione delle
basi militari sul territorio libico, il regno senussita ricevette aiuti tecnici, militari ed
amministrativi da Gran Bretagna e Stati Uniti per il primo decennio successivo all'
indipendenza, diventando un vero e proprio stato cliente delle potenze occidentali.
L'accordo italo-libico del 1956 permise inoltre all'Italia di conservare i propri interessi tra cui
la permanenza della comunità italiana in Libia e la garanzia del libero esercizio dei diritti
previdenziali e di proprietà dei cittadini italiani residenti in Libia. L'articolo 9 del trattato
stabiliva inoltre:
5
Dall'indipendenza fino al 1963 il neonato Regno Unito di Libia adottò la formula federale, sancita dalla
Costituzione. Nell'aprile 1963 tale soluzione venne abbandonata ed il nome del paese paese cambiò
ufficialmente in Regno di Libia.
6
Nipote del fondatore della confraternita della Senussia, Sayyid Idris al-Sanusi, assunse la guida dell'ordine
politico-religioso senussita nel 1917. Nominato emiro della Cirenaica, fuggì in Egitto nel 1923 in
seguitoall'avvio delle operazioni di riconquista fascista della Libia. Allo scoppio della seconda guerra
mondiale, Sayyid Idris offrì il proprio sostegno allo sforzo bellico britannico costituendo un esercito arabo
libico composto da esuli libici sotto comando britannico. Nominato emiro di entrambe le province
(Tripolitania e Cirenaica) guidò i negoziati con la Gran Bretagna ed in seguito con le Nazioni Unite sul futuro
dell'indipendenza del paese.
7
Dirk V ANDEWALLE , Storia della Libia contemporanea, Roma, Salerno Editrice, 2007, p.52;
Sulla storia dell'indipendenza libica si veda: Adrian PEL T, Libyan Indipendence and United Nations: A Case
of Planned Decolonization, London, Yale University Press, 1970; Giovanni BUCCIANTI, Libia: petrolio e
indipendenza. L'analisi di Giovanni Buccianti dell' intreccio di interessi e della trama dei negoziati
diplomatici tra le potenze occidentali che precedettero la nascita dello Stato libico, suggerisce un'altra
interessante interpretazione. In particolare Buccianti avanza l'ipotesi che, benchè la scoperta del petrolio in
Libia sia fatta risalire al 1959, il petrolio abbia giocato un ruolo fondamentale nei calcoli di Gran Bretagna e
Stati Uniti i quali, dopo la seconda guerra mondiale, acquisirono l'esatta percezione dell'importanza del
petrolio libico, venendo in possesso delle ricerche geologiche preliminari svolte negli anni '30 dal geologo
italiano Ardito Desio per conto del governo fascista.
8
Per un analisi dei rapporti tra Gran Bretagna e Stati Uniti e il neonato Regno Unito di Libia dal processo di
indipendenza all'avvento al potere di Gheddafi si veda: Massimiliano CRICCO, Il petrolio dei Senussi. Stati
Uniti e Gran Bretagna in Libia dall'indipendenza a Gheddafi (1949-1973), Polistampa, 2002.