SIMULAZIONE NUMERICA 3D DELL’IDRODINAMICA
COSTIERA. APPLICAZIONE ALLA RADA DI AUGUSTA
MICHELANGELO GRANATA
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CAPITOLO I
“ DINAMICA DEI FLUIDI”
Prima di entrare nel merito della dinamica dei fluidi, faremo una breve
introduzione sui fluidi e sulle loro principali proprietà.
I.1 Introduzione : Fluidi e proprietà.
Un fluido è un sistema continuo che non può opporre sforzo di taglio quando è a
riposo. Lo sforzo di taglio è una forza che agisce parallelamente alla superficie
considerata (forza per unità di superficie), mentre prende il nome di pressione la forza
che agisce perpendicolarmente alla superficie considerata (fig. I.1).
• T = F// / S (sforzo di taglio)
• P = F⊥ / S (pressione)
Fig. I.1
Consideriamo un esperimento che, sfruttando la definizione di fluido appena
data, permette di decidere se un dato materiale è un fluido. Si ponga il materiale fra due
lastre parallele e lo si sottoponga ad uno sforzo di taglio esterno. In fig.I.2 è mostrato
l’esperimento; lo sforzo di taglio è ottenuto mediante un peso. PoichØ un fluido non può
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opporre alcun tipo di resistenza fin
fluido se la lastra superiore si muove verso destra
indipendentemente dall’entità dello sforzo.
La lastra che si sposta verso
funzione di una proprietà del fluido che prende il nome di viscosità. Piø viscoso è il
fluido e piø lento è il movimento della lastra. La forza per unità di superficie della
lastra, quindi lo sforzo di taglio
di questa ed inversamente proporzionale alla distanza h tra le due lastre:
Il coefficiente di proporziona
Così, per quel particolare esperimento si ha:
Il rapporto tra viscosità dinamica di un fluido e la sua dens
cinematica e si indica con υ
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tipo di resistenza fin quando è a riposo, il materiale sarà considerato un
fluido se la lastra superiore si muove verso destra finchØ è applicato lo sforzo di taglio,
indipendentemente dall’entità dello sforzo.
Fig. I.2
La lastra che si sposta verso destra si muoverà con una certa velocità che è
funzione di una proprietà del fluido che prende il nome di viscosità. Piø viscoso è il
fluido e piø lento è il movimento della lastra. La forza per unità di superficie della
lastra, quindi lo sforzo di taglio T esercitato sulla lastra, è proporzionale alla velocità v
di questa ed inversamente proporzionale alla distanza h tra le due lastre:
null null null null ∝ null null
Il coefficiente di proporzionalità è detto viscosità dinamica esi indica con
Così, per quel particolare esperimento si ha:
null null null
null null
Il rapporto tra viscosità dinamica di un fluido e la sua densità è detto viscosità
υ,
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a riposo, il materiale sarà considerato un
è applicato lo sforzo di taglio,
destra si muoverà con una certa velocità che è
funzione di una proprietà del fluido che prende il nome di viscosità. Piø viscoso è il
fluido e piø lento è il movimento della lastra. La forza per unità di superficie della
T esercitato sulla lastra, è proporzionale alla velocità v
di questa ed inversamente proporzionale alla distanza h tra le due lastre:
(1.1)
lità è detto viscosità dinamica esi indica con null .
(1.2)
ità è detto viscosità
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null =
null null (null null /nullnullnull) (1.3)
In generale, quanto maggiore Ø lo sforzo di taglio applicato, tanto maggiore è la
velocità di scorrimento della lastra.
La reologia studia il legame esistente tra lo sforzo di taglio applicato e il
gradiente di velocità prodotto. Per mezzo della reologia è possibile differenziare il
comportamento dei fluidi in diverse categorie.
Quando il legame tra lo sforzo di taglio ed il gradiente di velocità Ø una costante,
il fluido viene detto newtoniano. L’acqua Ø un fluido newtoniano. Questo
comportamento può essere espresso attraverso la relazione:
null = null
nullnull nullnull (1.4)
dove T Ø lo sforzo di taglio, dv/dy Ø il gradiente di velocità e null Ø la viscosità dinamica. I
fluidi per i quali per i quali non esiste una proporzionalità semplice tra sforzo di taglio e
gradiente di velocità vengono generalmente definiti non newtoniani.
Tipici fluidi non newtoniani sono, ad esempio, le vernici le colle, le gelatine,
molti prodotti alimentari, il sangue ecc. I fluidi non newtoniani possono essere suddivisi
in diverse categorie. Quelli nei quali la viscosità diminuisce all’aumentare del gradiente
di velocità sono detti fluidi pseudo plastici ; analiticamente ciò può essere espresso dalla
relazione:
null = null null nullnull nullnull null n
(1.5)
dove k Ø definita viscosità apparente, ed n<1; Ø il comportamento tipico di tutti quei
fluidi che contengono in sospensione molecole di peso molecolare elevato;
incrementando lo sforzo di taglio, le molecole tendono ad allinearsi nella direzione di
scorrimento offrendo sempre meno resistenza.
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Sono detti fluidi dilatanti, ad esempio gli amidi ed i grassi utilizzati per la
produzione alimentare, quelli per i quali vale la relazione:
null = null null nullnull nullnull null n
(1.6)
con n>1.
I fluidi di Bingham sono fluidi che si comportano come i fluidi newtoniani
(null =cost), solo dopo che Ø stato raggiunto un certo valore dello sforzo di taglio applicato;
sono un particolare caso di fluidi plastici. Esempi di fluidi plastici sono le soluzioni
molto concentrate e i colloidi, per i quali Ø necessario uno sforzo di taglio tale da
rompere la struttura reticolata che essi presentano.
I.2 Dinamica dei fluidi
Dopo aver definito le proprietà fisiche, la statica e la cinematica dei fluidi,
affronteremo ora il problema del moto dei fluidi come effetto di forze applicate, sia
esternamente che generate all'interno del fluido stesso. Questo argomento costituisce la
dinamica dei fluidi e comprende la derivazione delle equazioni di bilancio e
conservazione (rispettivamente quantità di moto, massa ed energia).
Le leggi di conservazione della Massa, della Quantità di Moto e dell’Energia
costituiscono le relazioni di base della Fluidodinamica. Esse si ricavano applicando
alcuni principi fisici fondamentali ad una parte del fluido in studio (il Sistema), sia in
termini finiti che infinitesimi. La forma finita o integrale, applicata ad una porzione di
spazio scelta in maniera opportuna (il Volume di Controllo), permette di ottenere le
equazioni da utilizzare per la risoluzione degli esercizi in casi di flussi piø o meno
semplici. La forma differenziale porta invece alle equazioni alle derivate parziali che
reggono i moti fluidi piø generali.
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1.2.1Definizione di Sistema
Il Sistema è una quantità di fluido avente una ben determinata identità, che
pertanto deve considerarsi come composto sempre dalle stesse particelle fluide, e che
può muoversi, deformarsi, e interagire con l’ambiente esterno. Una immediata
conseguenza della precedente definizione deriva dall’applicazione al Sistema del
principio fisico di conservazione della massa: durante l’evoluzione del Sistema, la sua
massa si mantiene costante.
1.2.2 Definizione di Volume di Controllo
Il Volume di Controllo è un volume individuato nello spazio, scelto in maniera
completamente arbitraria. E’ un’entità geometrica indipendente dalla massa, e con un
volume che può essere fisso, mobile, indeformabile o deformabile.
La dinamica dei fluidi studia il moto dei fluidi, ossia delle correnti fluide.
Esistono diversi tipi di correnti fluide:
stazionaria o non stazionaria;
comprimibile o incomprimibile;
viscosa o non viscosa;
rotazionale o non rotazionale.
In una corrente stazionaria la velocità (vettoriale) delle particelle di fluido in
ogni punto è costante nel tempo. La maggior parte dei liquidi è incomprimibile, cioè la
massa volumica non varia con la pressione. Per contro i gas sono altamente
comprimibili. Un fluido è viscoso quando non fluisce facilmente . Invece un fluido con
viscosità nulla fluisce senza impedimenti o attriti. Una corrente fluida è rotazionale
quando una parte del fluido si muove di moto rotatorio oltre che di moto traslatorio.
L’atto di moto di un sistema continuo può essere studiato assegnando, in ogni
istante, la velocità posseduta da una generica particella del sistema, intendendo per
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particella un elemento che comprenda un numero di molecole sufficientemente grande,
in modo che la risultante delle velocità “termiche” sia nulla, ma tale da potere ritenere
che le forze agenti siano applicate in un unico punto. Per individuare una tale particella,
si può assumere la posizione P
0
che essa occupa all’istante t
0
; allora l’atto di moto del
sistema, note le posizioni iniziali r
0
di ogni particella, è dato dal vettore velocità,
funzione di r
0
e del tempo t:
v(r
0
, t). (1.7)
Il punto di vista assunto è forse il piø spontaneo e viene chiamato punto di vista
lagrangiano. Peraltro, trattandosi di un sistema a molte particelle, è praticamente
impossibile formulare e risolvere il problema in questi termini. Tuttavia, l’atto di moto
di un sistema continuo può essere assegnato, ponendosi da un altro punto di vista: il
punto di vista euleriano. Esso consiste nell’assegnare, in ogni istante t, la velocità v che
possiede una particella imprecisata, la quale, in quell’istante, transita per un determinato
punto P del campo del moto, individuato dal vettore posizione r, (fig.I.3). Perciò l’atto
di moto è dato dal vettore velocità:
v(r, t). (1.8)
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Fig I.3 Punto di vista Lagrangiano
Il punto di vista lagrangiano implica la descrizione “storica” della velocità di
ogni particella; viceversa il punto di vista euleriano descrive, in ogni istante, la
distribuzione delle velocità nei punti del campo di movimento. L’equazione precedente
fornisce dunque la velocità, a un certo istante, della particella che transita per P e
definisce così l’atto di moto all’istante considerato. Se, in particolare, l’atto di moto non
dipende dal tempo, cioè la velocità di ogni particella che transita per P è la stessa, il
moto si dice stazionario. Nel campo euleriano delle velocità, definiamo linea di flusso
una linea che, in ogni suo punto e ad ogni istante, ha per tangente il vettore velocità
della particella di fluido che transita in tale punto. La linea di flusso si riferisce a un
certo istante e può cambiare col tempo. Se il moto è stazionario le linee di flusso sono
chiamate linee di corrente o, se non sussistono ambiguità, ancora linee di flusso. La loro
configurazione evidentemente non muta nel tempo. L’insieme delle linee di flusso
passanti per i punti di una linea chiusa, determina un tubo di flusso il quale, nel caso di
moto stazionario, è fermo ed assume lo stesso ruolo di un tubo reale all’interno del
quale scorre il fluido (fig.I.4) .
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Fig. I.4 tubo di flusso
I.2.3 Equazione di continuità
Nella Meccanica classica la massa non varia durante il moto; se il sistema è
isolato l’invariabilità della massa è in accordo con l’intuizione; se non è isolato la massa
può variare. In questi casi, considerato un sistema piø esteso, si verifica solo un
trasferimento di massa da una parte all’altra del sistema complessivo; la conservazione
della massa è sempre verificata e costituisce una legge fondamentale della Meccanica
classica.
Nel caso di un sistema continuo, detta ρ la densità, la massa del sistema sarà:
(1.3.1)
e l’invariabilità della massa, principio di conservazione della massa, si traduce
nell’equazione :
(1.3.2)
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Da questa equazione discende che detto V il volume occupato ad un certo istante
da una porzione di fluido, sempre formato dagli stessi elementi materiali, vale la
relazione:
(1.3.3)
L’equazione di continuità, come già detto, traduce matematicamente il principio
fisico di conservazione della massa.
In notazione vettoriale l’equazione di continuità può essere scritta:
0 ) ( = +
¶ ¶ u r r div
t
(1.3.4)
dove ρ è la densità del fluido e u è il vettore velocità.
Per i fluidi omogenei e incomprimibili, per i quali la densità è costante in tutta la
massa fluida e nel tempo, l’equazione di continuità si particolarizza nella forma
indefinita:
0 = u div
(1.3.5)
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I.3 Equazioni di Navier-Stokes
Il comportamento di un fluido dal punto di vista macroscopico è descritto dalle
equazioni di Navier-Stokes, un sistema di equazioni differenziali alle derivate parziali
non lineare. Esse presuppongono la continuità del fluido in esame.
L’ipotesi di base è che il fluido possa essere modellato come un continuo deformabile.
La grande efficienza predittiva di tali equazioni viene pagata in termini di difficoltà di
calcolo. A causa della loro non linearità, infatti, le equazioni di Navier-Stokes non
ammettono quasi mai una soluzione analitica (ovvero una soluzione esatta), ma
esclusivamente numerica (una soluzione approssimata con un metodo numerico).
Tali equazioni si ricavano a partire delle equazioni di bilancio (o leggi di conservazione)
e, in particolare, dalla legge di conservazione della massa, dalla legge di conservazione
della quantità di moto (secondo principio della dinamica) e dalla legge di conservazione
dell’energia.
I modelli numerici per la simulazione dell’idrodinamica partono tutti dalla
risoluzione del sistema di equazioni differenziali.
Distinte le forze applicate ad una massa fluida ed introdotte opportune relazioni
costitutive per i fluidi newtoniani, si può ricavare l’equazione indefinita dell’equilibrio
dinamico, nota come equazione di Navier – Stokes, qui riportata nella formula valida
per fluidi incomprimibili:
0
2
= - - + f u
u
n r p
Dt
D
(1.3.1)
nella quale ciascun termine ha le dimensioni di una forza per unità di massa ed
in particolare u è il vettore velocità, p è la pressione, ρ è la densità, ν è la viscosità
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cinematica determinata dal prodotto tra la viscosità dinamica null e la densità ρ, f è la forza
di massa per unità di massa.
L’equazione di Navier – Stokes e l’equazione di continuità riunite insieme
forniscono il seguente sistema vettoriale:
= +
¶ ¶ = - - +
0 ) (
0
2
u
f u
u
r r n r div
t
p
Dt
D
(1.3.2)
Si tratta di un sistema di quattro equazioni differenziali alle derivate parziali nei
quattro campi incogniti u
1
(x,y,z,t), u
2
(x,y,z,t), u
3
(x,y,z,t), p(x,y,z,t).
Il sistema ottenuto può essere riscritto utilizzando la notazione di Einstein:
=
¶ ¶ = - ¶ ¶ +
¶ ¶ ¶ - ¶ ¶ +
¶ ¶ 0
0
1
2
j
j
i
i j j
i
j
i
j
i
x
u
f
x
p
x x
u
x
u
u
t
u
r n (1.3.3)
Se si indica con Φ la latitudine e si orientano localmente gli assi x1, x2, x3,
rispettivamente, lungo la direzione del parallelo passante per il punto considerato, lungo
quella del meridiano e lungo la normale del geoide, il vettore accelerazione di Coriolis
assume la forma:
r c u ω f = 2
(1.3.4)
Tornando all’equazione di Navier – Stokes, è possibile scomporre in due il
termine f
i
relativo alle forze di massa.
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Si possono esplicitare infatti il termine g
i
, che si riferisce agli effetti della forza
di gravità ed il termine f
c
che tiene conto degli effetti della forza di Coriolis.
Il sistema precedente si può quindi riscrivere come segue:
=
¶ ¶ = + - ¶ ¶ +
¶ ¶ ¶ - ¶ ¶ +
¶ ¶ 0
0
1
2
j
j
c i
i j j
i
j
i
j
i
x
u
f g
x
p
x x
u
x
u
u
t
u
r n (1.3.5)
I.4 Moto turbolento ed esperimento di Reynolds
Il moto dei fluidi reali avviene molto raramente nella maniera regolare e
gradualmente variata che viene considerata nei modelli e negli schemi studiati nella
parte introduttiva del corso.
I fenomeni che si incontrano nella vita di tutti i giorni evidenziano anzi
frequentemente l' estrema variabilità spaziale e temporale del moto dei fluidi; variabilità
che inoltre spesso non sembra possedere alcun aspetto di regolarità ed appare del tutto
caotica.
Si consideri ad esempio la scia che segue qualunque veicolo che si muova in
aria: la velocità fluttua in maniera imprevedibile, cambiando continuamente di direzione
e modulo. Una semplice visualizzazione di questo fenomeno è costituita dai gas di
scarico che spesso ritornano verso la parte posteriore del veicolo, oppure dalle gocce di
pioggia e fango che formano una nuvola indistinta (spesso la parte posteriore è la parte
piø sporca di un' autoveicolo).
Fenomeni di scia non stazionaria e caotica del tutto analoghi sono visibili a
poppa delle imbarcazioni, nella zona di corrente a valle dei piloni di un ponte su un
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fiume, o su scala spaziale maggiore si possono avvertire stando nella zona sottovento di
un edificio o di un pilone in un giorno molto ventoso.
Un altro esempio evidente è rappresentato dalle linee di fumo generate dalla
combustione di una sigaretta: il primo tratto immediatamente sopra la zona di
combustione è un getto regolare; alcuni centimetri piø in altro la colonna di fumo
comincia ad oscillare in maniera abbastanza regolare; piø in alto ancora il movimento
diventa agitato e imprevedibile.
In tutti questi casi, il fatto piø notevole Ø questo: il moto del fluido è in una certa
zona (a monte dell'ostacolo o del veicolo, nel primo tratto della colonna di fluido)
sostanzialmente stazionario ed uniforme; altrove invece esso diventa fortemente
variabile nello spazio e nel tempo senza alcuna causa apparente: niente nello spazio
circostante sembra causare tale comportamento. ( le pareti od il fluido circostante sono
fermi o si muovono di moto regolare).
Tale variazione spaziale e temporale non è riconducibile ad alcuna regolarità ed
appare del tutto casuale ed imprevedibile: il moto Ø caotico.
A questo comportamento dei fluidi di dà il nome di TURBOLENZA. Lo studio e
la comprensione della turbolenza sono il principale problema della Meccanica dei
Fluidi.
La classica esperienza di REYNOLDS, che descriveremo nei paragrafi
successivi, fornisce un ulteriore ed importantissimo esempio di moto turbolento.
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I.4.1 Esperimento di Reynolds
Fig. I.5 – L’impianto costruito da Reynolds
Nel 1880 un ingegnere inglese Osborne Reynolds affrontò il problema del moto
dei fluidi in un condotto cercando, con l’ausilio di esperimenti, di definire le leggi che
lo governano.
L’apparecchiatura usata consisteva in una cassa, riempita con acqua, dalle pareti
di vetro lunga 1,8 m, larga 0,45 m ed altrettanto alta. All’interno pose un tubo di vetro
con un imbuto di legno verniciato e perfettamente collimante con il bordo del tubo.
Come si può osservare dall’illustrazione il tubo prosegue al di fuori della cassa, scende
al di sotto del piano della vasca fino ad arrivare a una valvola V(vedi fig. I.5) azionabile
tramite una lunga leva. Dal lato opposto, all’esterno della cassa, è situata un’ampolla A
(vedi fig.I.5.) che contiene liquido colorato ed è collegata mediante un condotto che
termina ad ugello all’interno dell’imbuto di legno.
L’ immissione del liquido colorato nel condotto viene regolata tramite un
rubinetto R (vedi fig.I.5). All’apertura della valvola V all’interno del tubo si crea un
R
A
V
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flusso d’acqua. Tale flusso può essere colorato agendo sul rubinetto R che permette il
rilascio del colorante.
In questo modo Reynolds riuscì ad osservare le caratteristiche del moto
dell’acqua nel condotto, egli rilevò che aprendo lentamente la valvola l’acqua scorreva
nel condotto in modo lineare, aprendo invece, la valvola velocemente l’acqua compiva
vortici e gorghi all’interno del condotto.
I.4.2 Regime di moto dei fluidi
In base alle osservazioni effettuate, Reynolds distinse due tipi diversi di moto di
un fluido viscoso all'interno di un condotto che, successivamente, furono definiti
rispettivamente regime laminare e regime turbolento.
Nel regime laminare le particelle del fluido scorrono seguendo linee di flusso
lineari, è come se il fluido venisse suddiviso in cilindri concentrici di “spessore“
infinitesimo che scorrono l’uno accanto l’altro.
Il regime turbolento si ottiene aumentando la velocità del flusso che si rompe in
una serie di gorghi non perfettamente prevedibili neppure con le moderne teorie.
Ogni fluido presenta una velocità w
c
alla quale avviene la transizione da un
regime all’altro. Tale valore è stato definito velocità critica ed è funzione della densità
rr r r , della viscosità dinamica mm m m del fluido e del diametro D del condotto tramite un fattore
di proporzionalità.
D
w
c
r m Re =
(1.4.2.1)