5
INTRODUZIONE
La terminologia “sviluppo sostenibile” può essere intesa come capacità di vivere, produrre e
consumare in modo che si possano soddisfare i bisogni del presente, senza compromettere le
esigenze delle future generazioni. Il concetto di sviluppo sostenibile è diventato ampiamente
accettato a seguito della relazione della Commissione Mondiale sull'Ambiente e lo Sviluppo
(1987). La Commissione è stata istituita dalle Nazioni Unite perché l'entità e le irregolarità dello
sviluppo economico e la crescita della popolazione sono state e sono tutt’ora causa di una
pressione senza precedenti sulle terre, le acque e le altre risorse naturali del nostro pianeta.
Alcune di queste pressioni sono abbastanza gravi da minacciare la sopravvivenza stessa di alcune
popolazioni e, a più lungo termine, portare a catastrofi globali.
Nel corso del 21° secolo, si avranno ulteriori aumenti dei consumi mondiali di energia per la
crescente industrializzazione e la domanda di paesi invia di sviluppo. I combustibili fossili,
seppur in quantità significativa, non sono di recente sfruttamento e quindi le scorte presenti sono
in ultima analisi limitate. Il tipo dominante di combustibile fossile, in termini di massa, è il
carbone, con petrolio e gas in dimensioni molto minori. La durata di risorse petrolifere e di gas è
di pochi decenni, mentre per il carbone è di qualche secolo. Ciò significa che i modelli attuali di
consumo di energia, sempre più in crescita, non sono sostenibili nel lungo periodo.
Un’altra limitazione per l'utilizzo di combustibili fossili (e ciò vale indirettamente anche per
l'energia nucleare) sono le emissioni di CO
2
. Le emissioni prodotte dalla combustione di
combustibili fossili hanno incrementato in maniera significativa la concentrazione di CO
2
nell'atmosfera, con gravi conseguenze sul riscaldamento globale. Pertanto, per questi motivi è
fondamentale incentivare lo sviluppo di energie rinnovabili, perché sono molto più compatibili
con uno sviluppo sostenibile rispetto a quanto lo siano i combustibili fossili ed il nucleare. Tali
conclusioni sono ulteriormente supportate in economia se la totalità dei costi esterni di entrambi i
carburanti più usati, petrolio e carbone, siano comprensivi del costo dei danni da emissione.
Quest’ultima analisi in particolare porta a considerare le energie rinnovabili, compreso l'uso
efficiente di tali energie, una strada più conveniente per la società rispetto all'uso tradizionale di
fonti fossili e del nucleare.
Dello stesso parere è l'Unione Europea: il 9 marzo 2007 l' UE ha garantito che entro il 2020
utilizzerà per il 20% del suo fabbisogno energetico complessivo, fonti rinnovabili di energia.
Attualmente, i paesi industrializzati generano la maggior parte della loro energia elettrica in
grandi strutture centralizzate , come le centrali elettriche a carbone, reattori nucleari, idroelettrici
6
o alimentati a gas. Questi impianti, hanno ottime economie di scala, ma di solito la trasmissione
di energia elettrica deve coprire lunghe distanze, poiché essi sono lontani dai centri abitati. Gli
impianti a carbone devono farlo per prevenire l'inquinamento delle città. I reattori nucleari si
pensa siano poco sicuri in una città; stessa cosa vale per una diga di una centrale idroelettrica.
Le centrali a carbone e quelle nucleari sono pertanto molto spesso troppo lontane dalla città per
poter pensare allo sfruttamento del loro calore residuo per il riscaldamento degli edifici.
L’inquinamento basso è un vantaggio fondamentale per gli impianti a ciclo combinato che
bruciano gas naturale, permette agli impianti di essere installati abbastanza vicino ad una città in
modo tale da sfruttarli anche per sistemi di riscaldamento e raffreddamento.
La generazione distribuita è un altro approccio. Si riduce la quantità di energia persa nella
trasmissione di energia elettrica, perché l'elettricità è generata molto vicino a dove serve, forse
anche nello stesso edificio. Questo riduce anche le dimensioni e il numero di linee di
alimentazione che deve essere costruito. Tipiche fonti di energia distribuita sono a bassa
manutenzione, a basso inquinamento e alta efficienza. In genere i generatori distribuiti utilizzano
fonti rinnovabili di energia come radiazione solare, idroelettrica, eolica, biomasse, geotermica,
ecc. Nell’ambito delle fonti di energia rinnovabile il crescente interesse, a livello mondiale, nella
tecnologia fotovoltaica è imputabile ai seguenti motivi [1] [2]: il combustibile è vasto e infinito,
la tecnologia ha costi di gestione quasi nulli ed è affidabile (impianti installati alla fine del 1970
stanno ancora lavorando oggi). Inoltre: gli impianti fotovoltaici sono veloci da installare, sono
sicuri, e qualsiasi emissione è legata alle operazioni di installazione; non hanno alcuna parte in
movimento; funzionano a temperatura ambiente il che significa bassi problemi di usura o per
temperatura di sicurezza; possono essere integrati in strutture nuove o già esistenti e sono
ampiamente accettati da parte del pubblico.
Ma è negli ultimi dieci anni, con nuove scoperte e con le enormi evoluzioni tecnologiche avute,
che varie celle fotovoltaiche innovative sono diventate oggetto di un particolare interesse, oltre
alle tradizionali celle solari al silicio. Il mercato del solare, infatti, fino a pochi anni fa, era
coperto per il 98,2% solo dalla tecnologia di prima generazione.
La figura 1 [3] mostra che la produzione di moduli fotovoltaici al silicio cristallino è stata ogni
anno inferiore rispetto alla capacità di produzione. Questo fenomeno, dovuto al problema di
fornitura di silicio di grado elettronico, sempre più costoso a causa del monopolio che esso ha
avuto nel settore della componentistica elettronica, ha portato alla necessità negli anni di
allontanarsi dalla prima generazione di celle fotovoltaiche.
7
Figura 1. Andamento della produzione di moduli fotovoltaici in silicio, dal 1993 al 2007 [3].
Ora possiamo contare su celle multigiunzione in arseniuro di gallio, capaci di sfruttare un più
ampio spettro della luce, fabbricate in film sottili molto flessibili o con applicazioni a
concentrazione solare, raggiungendo efficienze fin’ora inimmaginabili. Celle solari organiche
(OSC), basate su molecole o polimeri coniugati, sicure dal punto di vista ambientale, flessibili,
leggere, adatte ad applicazioni a basso costo. Celle fotovoltaiche elettrochimiche (Dye Sensitized
Solar cell - DSSc) che funzionano come le foglie degli alberi, accumulano energia esattamente
come avviene per la fotosintesi clorofilliana. Purtroppo, il valore ancora basso di efficienza di
conversione energetica per le celle organiche e le celle DSSc e il costo ancora alto delle
multigiunzione, si rivela essere un ostacolo ancora da superare, prima che la corrispondente
produzione industriale possa diventare economicamente attraente e sbaragliare così
definitivamente ogni dubbio sulla potenzialità di tali fonti rinnovabili.
Il problema principale per le celle organiche e le DSSc deriva da meccanismi di perdita, come
ricombinazione di carica e bassa mobilità, con una conseguente ridotta estrazione di foto-
corrente agli elettrodi e bassa efficienza di conversione di potenza. Per questo motivo, il
miglioramento dell’efficienza di conversione è una delle caratteristiche più importanti, sulle
quali la ricerca in materia di celle solari sta attualmente focalizzando l’attenzione. Una spinta
tecnologica verso una migliore efficienza di conversione accompagnata però ad una filosofia di
ottimizzazione delle perdite e dei costi di produzione. Tutto ciò è garantito solo da una accurata
procedura di studio e sperimentazione il cui elemento cardine rimane fondamentalmente l’uso di
un adeguato modello circuitale equivalente. La determinazione dei modelli circuitali per le celle
solari risulta pertanto essere di grande importanza per caratterizzare, simulare e poter così
8
progredire tecnologicamente nelle diverse tipologie di celle fotovoltaiche. L'efficienza deve
essere misurata in condizioni quanto più simili a quelle reali ma tali da essere uguali per ogni
tipologia, Standard Test Condition (STC). Esperimenti semplici possono però non essere
sufficienti a riprodurre in modo accurato le caratteristiche elettriche di una cella solare. Verranno
affrontate, pertanto, in questo lavoro di tesi tutta una serie di studi e modellizzazioni nelle varie
tipologie di celle solari, con l’intento di far sempre più chiarezza su di un mondo, quello del
fotovoltaico, sempre più avanzato e sempre più pronto per una nuova filosofia energetica che
rispetti l’uomo ed il suo ambiente.
9
CAPITOLO 1
1. La cella fotovoltaica e suoi modelli circuitali equivalenti
1.1 Principio di funzionamento
Il principio di funzionamento base di una cella fotovoltaica, può essere facilmente descritto
prendendo come riferimento fisico un modello a bande di energia, di una giunzione p-n, in un
semiconduttore e come esempio pratico la cella solare più conosciuta ed impiegata, quella al
silicio cristallino [1] [4].
Nella banda di valenza gli elettroni sono legati ai singoli atomi del reticolo cristallino e non
contribuiscono alla conduzione. Nella banda di conduzione, invece, gli elettroni sono svincolati e
possono partecipare alla circolazione di corrente. Tra le due bande si trova quindi una regione
costituita da livelli energetici non disponibili, indicata come banda proibita.
Nella regione di semiconduttore, adiacente alla giunzione tra le due regioni n e p, si crea una
barriera di potenziale dovuta ad un fenomeno di diffusione delle cariche, che porta alla
contemporanea formazione di un campo elettrico. A ridosso della giunzione cioè ci saranno,
nella regione di tipo p, elettroni diffusi dalla regione n ed il contemporaneo addensarsi di lacune
nella regione di tipo n.
In condizioni di non illuminazione (di “buio”), il comportamento della cella è determinato
semplicemente dai meccanismi di conduzione di una giunzione p-n. In tali circostanze, la
caratteristica corrente - tensione della cella solare sarà identica a quella di un normale diodo.
Secondo tale modello la corrente ideale della giunzione è esprimibile come segue:
1 exp
T
A
sat d
V
V
I I (1)
I
d
è la corrente che attraversa il diodo quando è applicata la tensione V
A
, V
T
è la tensione
termica , I
sat
è la corrente inversa di saturazione del diodo (o corrente di buio) che dipende dalla
quantità di drogaggio e dalla bontà del semiconduttore e quindi dalla bontà della giunzione p–n.
Quando invece la giunzione p–n è illuminata, la frazione della radiazione incidente, costituita da
fotoni con contenuto energetico superiore all’ampiezza della banda proibita ν > E
g
/h (1,1 eV per
10
il silicio), promuove alcuni elettroni dalla banda di valenza alla banda di conduzione e crea le
coppie di portatori elettroni–lacune.
Figura 2. Schema funzionale di una cella solare [4].
Pertanto un fotone con un contenuto energetico minore dell’ampiezza della banda proibita,
attraversa la sezione trasversale della cella senza partecipare alla conversione di energia. Invece
un fotone con contenuto energetico maggiore, assorbito nelle vicinanze della giunzione, genera
portatori di carica che diffondono nella regione di svuotamento i quali vengono separati dal
campo elettrico. Gli elettroni che attraversano la barriera di potenziale, per raggiungere la carica
positiva accumulata nella regione n, permangono in essa, poiché è abbastanza improbabile che
abbiano un’energia sufficiente a riattraversare la barriera di potenziale ed essendoci poi poche
lacune, la probabilità di ricombinazione è trascurabile. Una situazione analoga si ha quando la
coppia di portatori elettrone-lacuna è creata dalla radiazione luminosa nella regione n. In tale
caso, se una lacuna diffonde nella regione di giunzione, essa è accelerata fino alla regione p,
dove permane senza potersi ricombinare con elettroni. Con il procedere della separazione delle
cariche, se non sono realizzate delle connessioni esterne, si stabilisce una differenza di potenziale
sulla regione di svuotamento. La giunzione p–n è così polarizzata e circolerà una corrente di
ricombinazione analogamente a quanto accade in un diodo.
A regime stazionario, tale corrente di ricombinazione, equilibra la corrente indotta dalla
radiazione incidente e si stabilisce così una condizione stazionaria con tensione uguale alla
tensione a vuoto V
oc
.
11
Quando è connesso un carico elettrico, gli elettroni generati dalla radiazione luminosa circolano
attraverso il carico dalla regione n alla regione p e si ricombinano in essa con le lacune
chiudendo il circuito. In tale circostanza ovviamente la tensione della cella si riduce rispetto alla
condizione di circuito aperto.
Graficamente la caratteristica I-V del diodo, quando la giunzione è illuminata, risulterà traslata
del valore di corrente generata I
ph
(figura 3) [2], [5].
Figura 3. Caratteristica I -V di una cella solare, senza (in alto) e con (in basso)
illuminazione. V
m
e I
m
sono i termini relativi alla potenza massima P
m
[2].
La corrente I
d
, cioè, non sarà più nulla quando la tensione è a zero ma risulterà spostata sull’asse
di un valore pari a I
ph
( equazione 2) [2], [5].
ph
T
A
sat d
I
V
V
I I
1 exp (2)
Questa energia elettrica prodotta potrà dunque essere utilizzata da un carico.
La figura 3 definisce tre quantità importanti: V
oc
tensione a circuito aperto che si ottiene quando
nessuna corrente viene prelevata dalla cella, I
sc
corrente di corto circuito, (la massima corrente
che la cella può erogare) che è identica a I
ph
, ed il punto di potenza massima P
m
nel quale il
prodotto di V e I
d
è massimo.
P
m
(V
m
, I
m
) è pertanto, il punto di funzionamento ottimale della cella solare, dove la tensione V e
la corrente I assumono il loro valore massimo. Da ciò risulta ovvio, che una cella solare ideale ha
una caratteristica che approssima il più possibile la forma di un rettangolo.
12
Tramite l'equazione (2) si può anche riconoscere l'importanza della corrente di saturazione I
sat
e
lo si può dimostrare meglio partendo dalla (2) e considerando la condizione di circuito aperto in
cui I
d
= 0.
Si avrà:
1 ln
sat
ph
T oc
I
I
V V (3)
Il termine I
ph
/ I
sat
, anche con bassa densità di corrente, risulta essere grande rispetto a 1 pertanto
V
oc
≈ V
T
ln(I
sc
/ I
sat
), cioè la tensione a circuito aperto è proporzionale al logaritmo del rapporto
tra I
sc
e I
sat
.
Ciò significa che, sebbene I
sat
sia una quantità molto piccola rispetto a I
ph
, abbassando la corrente
di saturazione si ottiene una forte influenza sull’aumento dell'efficienza. Dalla studio fisico della
cella solare si ottiene che ci sono tre fonti fondamentali che danno vita a I
sat
: a) la corrente di
dispersione minoritaria della regione di emettitore, b) una dispersione di corrente minoritaria
portante della regione di base, e c) una corrente di ricombinazione di carica spaziale.
1.2 Modelli circuitali equivalenti di una cella fotovoltaica
In una cella fotovoltaica avvengono complessi fenomeni di conduzione. Se si dovesse modellare
l’intero sistema composto dai fotoni assorbiti dalla cella ed il conseguente processo di
conversione fotovoltaica mettendo in conto gli effetti di dispersione, si dovrebbe pensare ad un
sistema elettromagnetico molto complesso ed impossibile da studiare. Per questo motivo ci si
serve di modelli circuitali equivalenti, cioè modelli matematici basati sull’approssimazione a
parametri concentrati [6].
Essi ci permettono di studiare il sistema trascurando la geometria del circuito, considerando solo
la sua topologia, ovvero le connessioni del grafo corrispondente, sostituendo le equazioni di
Maxwell con le leggi di Kichhoff.
Nella letteratura tecnica sono stati suggeriti diversi schemi circuitali a parametri concentrati, per
simulare il comportamento di una cella fotovoltaica. Tali schemi si differenziano per la loro
topologia e per il numero di componenti che li costituiscono. Maggiore è il numero di variabili
13
considerate e di relazioni tra esse, maggiore è l'accuratezza del sistema, ma anche la sua
complessità.
Alla base di ogni modello circuitale ci sono due condizioni di funzionamento fondamentali [7]:
(a) Il funzionamento di ciascun componente è descritto dalle intensità delle correnti elettriche
che attraversano i suoi terminali e dalle stesse tensioni elettriche tra di essi. (b) Le interazioni tra
i diversi componenti di un circuito avvengono prevalentemente tramite i loro terminali e le leggi
che descrivono queste interazioni sono le leggi di Kirchhoff. Queste due proprietà sono alla base
di ogni modello circuitale.
Fondamentalmente si è osservato che: in condizioni di non illuminazione, il comportamento
della cella fotovoltaica elementare è determinato dal comportamento di una giunzione p-n e può
essere, dunque, assimilato a quello di un comune diodo.
In condizioni di cella illuminata, le coppie di portatori elettroni–lacune, che si creano dalla
radiazione solare incidente sulla cella, danno vita alla cosiddetta foto-corrente I
ph
che si può
rappresentare nel circuito equivalente con un generatore di corrente posto in parallelo al diodo.
La corrente I
ph
può essere interpretata come la corrente in uscita dalla cella in condizioni ideali e
senza perdite, dipendente dall’intensità luminosa, dallo spettro della radiazione incidente e dalla
temperatura operativa della cella (per pannelli fotovoltaici che incorporano più celle, essa varia
anche proporzionalmente alla superficie esposta).
Una volta illuminata la cella, il diodo rappresenterà a quel punto, l’effetto di ricombinazione
interna alla cella stessa. La resistenza parassita della cella, invece, comprendente la resistenza dei
due strati di materiale che costituiscono la cella e la resistenza ohmica dell’interfaccia tra gli
elettrodi ed il semiconduttore stesso, verrà modellata attraverso la resistenza serie R
s
. Ed infine,
tutte quelle perdite dovute alle correnti di dispersione che si richiudono all'interno della cella,
verranno rappresentate dalla resistenza di shunt R
sh
posta in parallelo al diodo. In condizioni
ideali, la resistenza R
sh
, assume un valore infinito. Mentre un valore finito per la resistenza R
sh
è
attribuibile a perdite in percorsi di conduzione all’interno della cella o sulla superficie esterna
dovuti ad irregolarità nel reticolo cristallino o ad impurità metalliche che provocano un parziale
cortocircuito della giunzione.
Pertanto, il circuito equivalente, che è comunemente adottato per rappresentare il comportamento
statico di una cella fotovoltaica è quello riportato in figura 4 [8] [9]:
14
Figura 4. Circuito equivalente standard di una cella fotovoltaica (modello ad un diodo) [8].
Esso, sebbene sia basato sulla struttura della singola cella, è comunemente adattato, nella
letteratura tecnica, per rappresentare l’intero sistema di generazione fotovoltaica, con un
sufficiente livello di approssimazione.
La caratteristica I-V riportata in figura 3, fornisce una grande quantità di informazioni sul
comportamento di una cella solare. Buona parte dei parametri utili per una modellizzazione
circuitale sono pertanto estraibili da essa. La maggior parte dei metodi proposti in letteratura [10]
rappresentano in realtà procedure approssimate per rendere le caratteristiche I-V analiticamente
gestibili, estraendo ogni parametro da regioni ristrette, dove alcuni altri parametri vengono
considerati trascurabili.
Figura 5. Due regioni distinte sulla Caratteristica I-V per l’estrazione dei parametri [11].
In figura 5 [11], sono evidenziate le regioni di caratteristica più tipicamente utilizzate, regione I e
II, per l'estrazione dei parametri. Nella regione I, il diodo viene considerato spento ed il circuito è
costituito solo da un generatore di corrente e da due resistenze. In questa regione possono essere
estratti i valori delle resistenze e della foto-corrente. Nella regione II, invece, il diodo lo si
presume acceso ed è dominante sul comportamento del circuito. Così da questa regione si
ottengono i valori del fattore di qualità a
f
e della corrente inversa di saturazione del diodo I
sat
.
15
Si noti che non c'è separazione definitiva tra le due regioni, e tale separazione deve essere
definita su basi sperimentali di volta in volta.
Questi approcci possono funzionare finché regioni distinte siano effettivamente presenti nelle
caratteristiche. Questo non è il caso quando è presente una notevole conduttanza parassita o
notevole resistenza serie o di shunt. In questo caso, l'ipotesi di regioni separate non è più valida,
ed è emerso che i parametri sono in tal caso fortemente correlati.
L’importanza del modello circuitale equivalente è comunque enorme. Tramite la formulazione di
esso è possibile studiare la cella ed equivalentemente l’intero sistema fotovoltaico. Valori
essenziali per le prestazioni del sistema come il fattore di riempimento FF (Fill Factor), la
corrente di corto circuito o la tensione a circuito aperto saranno appunto estratte dal modello per
diverse condizioni operative. Perciò è importante essere in grado di estrarre i valori dei parametri
circuitali. In effetti, essere in grado di eseguire una estrazione corretta dei parametri è un grande
passo avanti nella valutazione delle possibilità innovative di una particolare tecnologia [11].
1.2.1 Modello circuitale equivalente ad un diodo
Il modello circuitale, visto nel paragrafo precedente (fig. 4) è il modello equivalente elementare
più utilizzato per lo studio della cella solare. Per distinguerlo da altri modelli più complessi ed in
particolare da un modello identico ma con un diodo aggiuntivo, lo si indica come modello
semplificato a singolo diodo, i cui parametri sono determinati, nel senso di modello di errore
minimo e di effetto della temperatura [8].
Tale approccio generale che nasce per la cella singola è valido anche per la simulazione dei più
comuni pannelli fotovoltaici realizzati anche in materiali diversi, tipo: in film sottile CIS, in
silicio multicristallino o silicio mono-cristallino. L'efficacia di questo approccio è valutato
attraverso il confronto dei risultati della simulazione ed i dati forniti dal costruttore nel datasheet.
Questo modello consente la connessione tra due parametri di input: l’intensità della radiazione
solare incidente o irradianza solare incidente E
s
[W/m²] e la temperatura ambiente T
0
[ºC] con
due parametri di output: la corrente I
s
[A] e la tensione V
s
[V] [9].
Applicando al circuito di figura 4 la legge di Kirchhoff delle correnti avremo:
sh d ph s
I I I I (4)
16
dove:
0 3 0 2 1
1 T T k E E k E k I
j s s ph
(5)
E
0
=1000W/m² e T
0
= 298.15K corrispondono rispettivamente ad una irradianza solare di
riferimento e una temperatura ambiente di riferimento; k
1,
k
2
e k
3
sono parametri costanti con
unità di misura k
1
[Am²/W], k
2
[m²/W] e k
3
[1/K]; T
J
(K) è la temperatura a cui si trova la cella.
Nella (5) si nota, dunque, la dipendenza della foto-corrente dall’irradianza solare e dalla
temperatura.
La corrente di perdita I
d
[A] che attraversa il diodo, dovuta alla ricombinazione di carica è data
da:
1 exp
0
j
s s s
f
sat d
T
I R V
K a
e
I I (6)
dove:
j
g
j sat
KT
E
T k I exp
3
4
(7)
è la corrente di saturazione.
Queste equazioni descrivono, pertanto, le caratteristiche I-V di una cella solare basata sul
semplice modello circuitale mostrato in (Fig. 4). Dove I
s
e V
s
sono rispettivamente corrente e
tensione in uscita dalla cella; e
0
è la carica dell'elettrone; a
f
è il fattore di idealità del diodo (1< a
f
<2) e K la costante di Boltzmann.
Ricordiamo che I
sat
è la corrente di saturazione inversa e che per una cella in condizioni ideali,
I
sat
e a
f
sono indipendenti dalla intensità della radiazione stessa. Nella (7) k
4
] / [
3
K A è un
parametro di correzione ed E
g
l’energia di band-gap.
Infine, la corrente di shunt I
sh
[A] è determinata da:
sh
s s s
sh
R
I R V
I
(8)
17
Pertanto l’equazione (4) diventa:
sh
s s s
j
s s s
f
sat ph s
R
I R V
T
I R V
K a
e
I I I
1 exp
0
(9)
Se si considera un certo numero di celle solari identiche tra di loro e collegate in serie (N
s
), per
formare ad esempio un modulo fotovoltaico, la relazione tensione corrente ora scritta diventerà
la seguente:
sh
s s s
j
s s s
s f
sat ph s
R
I R V
T
I R V
KN a
e
I I I
1 exp
0
(10)
1.2.2 Modello circuitale equivalente a due diodi
Il modello con due diodi riportato in figura 6, [8] [9], ha il vantaggio di essere più accurato
rispetto al modello ad un diodo. Oltre al processo di ricombinazione nella struttura del materiale,
infatti, si tiene in conto tramite il secondo diodo (D
2
), anche del meccanismo di ricombinazione
negli strati superficiali della cella. Di contro ha lo svantaggio di considerare più parametri per
l'attuazione.
La corrente in uscita dalla cella I
s
[A] in questo modello è data da:
sh d d ph s
I I I I I
2 1
(11)
dove:
1
.
exp 1
.
exp
0
2
0
1 2 1
j
s s s
f
sat
j
s s s
f
sat d d
T
I R V
K a
e
I
T
I R V
K a
e
I I I
(12)
α e β sono due parametri di forma nel modello a due diodi, di valore pari ad 1 e 2
rispettivamente.
18
La dipendenza delle correnti di saturazione dalla temperatura è dato da:
j
g
j sat
KT
E
T k I exp
3
01 1
(13)
j
g
j sat
KT
E
T k I
2
exp
2
3
02 2
(14)
Dove k
01
] / [
2
K A e k
02
] / [
2 3
K A sono parametri costanti.
Figure.6. Circuito equivalente di una cella fotovoltaica con modello a due diodi [8].
Si dimostra anche, secondo una serie di passaggi matematici e delle approssimazioni [8], che nel
modello a due diodi la foto-corrente I
ph
può essere espressa in forma più semplice secondo
quanto evidenziato nell'equazione (15). Si nota bene la diretta proporzionalità con l’irradianza
solare E
s
e la dipendenza lineare con la temperatura della cella T
J
:
s J ph
E T k k I
2 1
(15)
k
1
[Am²/W] e k
2
[Am²/WK] sono parametri costanti [8].
19
1.3 Caratteristiche di uscita I-V, P-V
Il funzionamento di una cella solare illuminata può essere, dunque, descritto dalla sua
caratteristica volt-amperometrica I-V. Tale funzione rappresenta la relazione tra la corrente di
uscita e la tensione quando il carico varia dalle condizioni di cortocircuito (massima corrente),
alle condizioni di circuito aperto (massima tensione).
La figura 7 mostra la caratteristica I-V del modello circuitale a due diodi in figura 6, il cui
funzionamento è descritto dall’equazione 11, dove la corrente I
sat2
è stata trascurata essendo una
ragionevole ipotesi per una buona cella al silicio cristallino. Sono riportati tre punti di
funzionamento importanti per una cella solare: la corrente di corto circuito I
sc
, la tensione di
circuito aperto V
oc
ed il punto di potenza massima P
m
(V
m
, I
m
) dove P
m
=
V
m
x I
m
. Di particolare
interesse è proprio il punto P
m
: in questo punto di funzionamento come già detto si ha
l’erogazione al carico, della massima potenza prodotta dal sistema. Questo punto detto MPP
(Maximum Power Point) è il punto sulla caratteristica I-V in cui vengono garantite le condizioni
ottimali per quella specifica cella e per specifiche condizioni ambientali [4].
Figura 7. Caratteristica I-V di una cella solare [4].
Come si può notare, osservando la caratteristica in figura 7, il punto di massima potenza (V
m
, I
m
)
definisce un rettangolo, la cui area è la più grande rispetto a qualsiasi altro rettangolo per ogni
punto della curva I-V.