Introduzione 1
Introduzione
Con un corretto mix-design ed un adeguato processo di costruzione che include lo
studio della miscela, il getto, la vibrazione e il curing, il calcestruzzo è un materiale che
raggiunge una ragionevole durabilità. Tuttavia, anche quando tutti i dettagli vengono presi
in considerazione durante le fasi di costruzione, se compaiono le fessure sulla superficie
del calcestruzzo queste rappresentano un problema critico in termini di durabilità. Infatti la
presenza di fessure altro non è che un libero passaggio per tutte quelle sostanze ed agenti
aggressivi che possono portare il materiale ad un prematuro deterioramento e quindi ad una
sicura riduzione della vita di servizio della struttura.
Il ritiro in condizioni vincolate è una delle cause che porta alla formazione di fessure nel
calcestruzzo. Infatti se impossibilitate le variazioni volumetriche, che naturalmente
avvengono per effetto del ritiro, queste possono provocare lo sviluppo di tensioni di
trazione residue che sono sufficienti a causare la fessurazione.
L’entità delle tensioni di trazione che si sviluppano per effetto dell’impedimento delle
variazioni volumetriche del calcestruzzo è direttamente proporzionale al ritiro lineare,
quindi la riduzione di questa deformazione consentirebbe un miglioramento del
comportamento fessurativo.
Aggiungendo alla fragile matrice cementizia un materiale che sia in grado di resistere
alle sollecitazioni di trazione è possibile ridurre la vulnerabilità alla fessurazione di questo
materiale. Quindi, la presenza di fibre disperse all’interno della matrice cementizia
potrebbe migliorare il comportamento fessurativo del calcestruzzo, dal momento che le
fibre creano una sorta di cucitura interna della matrice cementizia, assorbendo e
trasferendo gli sforzi di trazione attraverso la fessura.
Molto spesso le fessure appaiono proprio quando il calcestruzzo ha una bassissima
resistenza agli sforzi di trazione, cioè nei primi giorni di “vita”. In particolare le strutture
più vulnerabili a tale problema sono soprattutto quelle con un basso rapporto
volume/superficie essiccante come ad esempio pavimentazioni industriali o solette di
ponti, per le quali non sempre si hanno a disposizione dei dispositivi di protezione del getto
durante i primi giorni.
Introduzione 2
L’analisi comparativa della tendenza alla fessurazione di calcestruzzi soggetti a ritiro
vincolato in presenza o meno di fibre, sia esse sintetiche o in acciaio, è stato argomento di
questo studio, nel quale sono riportati i risultati ottenuti per quanto riguarda il tempo di
apparizione della fessura e l’effetto del creep su tale fenomeno tenendo sempre in
considerazione tutti i parametri che influiscono su tali effetti e che variano nel tempo in
funzione del processo di “maturazione” di un calcestruzzo.
Diversi test e studi sono stati fatti negli anni su campioni lineari, con vincoli attivi o
passivi, con i quali si ha una più facile interpretazione dei dati grazie alla geometria molto
semplice. Tuttavia nelle ultime due decadi si è diffuso molto l’uso di provini anulari, o
meglio del ring test, per la determinazione della suscettibilità e del potenziale di
fessurazione di una miscela.
La geometria di tale prova è sostanzialmente preferita per la qualità del controllo su di
essa e per la semplicità nell’impostazione di adeguate condizioni al contorno da adottare,
anche se poi è richiesta una trattazione analitica un po’ più complessa. Il maggior
vantaggio del ring test è che tiene conto di tutti i fattori del materiale che influenzano la
fessurazione da ritiro dal momento del getto, considera infatti simultaneamente: lo
sviluppo di tensioni dovute al ritiro, i cambiamenti dimensionali e la viscosità alle brevi
stagionature.
Per quanto riguarda la modellazione analitica si fa ricorso sia ad un modello
bidimensionale, in cui si considera uno stato piano di tensione, sia ad un modello
monodimensionale analizzando in entrambi i casi l’interazione tra le diverse parti in gioco,
acciaio e calcestruzzo. In ambedue i modelli la soluzione del problema elastico è ottenuta
in forma chiusa, nel primo tramite il metodo degli spostamenti mentre nel secondo tramite
il metodo delle forze. La modellazione analitica risulta necessaria in quanto serve per
l’interpretazione dei dati sperimentali che si ottengono in seguito alla messa a punto della
prova che è stata pensata per ottenere la misurazione delle deformazioni del vincolo in
acciaio in quattro punti sulla sua superficie interna attraverso estensimetri elettrici resistivi
(strain gauges) collegati ad una centralina di acquisizione che regista in continuo ed in
tempo reale, tramite un software di monitoraggio, quello che accade al vincolo stesso
durante la prova.
Capitolo 1: La fessurazione nei calcestruzzi alle brevi stagionature 3
Capitolo 1
La fessurazione nei calcestruzzi alle brevi
stagionature
1.1. Meccanismi di ritiro
La causa primaria del ritiro del calcestruzzo risiede nelle variazioni di volume della
pasta cementizia, che dipendono dall’umidità relativa dell’ambiente, mentre gli inerti
generalmente non si deformano per variazioni igrometriche.
Secondo Collepardi [1] il ritiro può essere suddiviso in:
Ritiro plastico
Ritiro igrometrico (autogeno, da essiccamento, differenziale)
Il ritiro plastico è la contrazione che si ha nel calcestruzzo durante le primissime ore
dopo il getto dovuta all’azione della pressione capillare e non al contributo del ritiro
chimico, principalmente perché solo una piccola parte dell’idratazione ha luogo entro le
prime ore; esso, quindi, avviene nella fase precedente l’indurimento dell’impasto
cementizio e può essere eliminato completamente mediante bagnatura o protezione del
getto per una durata relativamente breve (meno di un giorno), mentre il ritiro igrometrico
interessa il calcestruzzo indurito e può esistere per tutta la vita di esercizio della struttura.
Se l’essiccamento è rapido e non uniforme tra la zona corticale e quella più interna di una
struttura, si verifica un ritiro differenziale. La parte autogena del ritiro, provocata dalle
contrazioni di volume connesse all’idratazione del cemento ed alla formazione di pori
capillari, induce una deformazione decisamente minore di quella provocata
dall’essiccamento che può arrivare ad oltre 1000 µ ɛ, mentre l’entità scende a 100 µ ɛ a un
mese per il ritiro autogeno. In pratica, quindi, il ritiro da essiccamento includerebbe il
ritiro autogeno qualora quest’ultimo esistesse realmente [1].
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1.1.1. Ritiro igrometrico o da essiccamento
Il ritiro igrometrico o da essiccamento deriva dalla riduzione di volume associata allo
scambio d’umidità tra la pasta di cemento indurita e l’ambiente esterno. Inizia a svilupparsi
quando il calcestruzzo non si trova più in equilibrio igrometrico con l’ambiente ma si
manifesta più lentamente rispetto al ritiro autogeno.
I parametri che influenzano maggiormente il ritiro igrometrico sono il rapporto i/c e
quello a/c dell’impasto cementizio. L’entità del ritiro aumenta se cresce il rapporto a/c, sia
perché aumenta l’acqua evaporabile sia perché una struttura più porosa favorisce
maggiormente la fuoriuscita dell’acqua stessa, ed aumenta se il rapporto i/c diminuisce
perché diviene maggiore il volume della pasta cementizia che è responsabile del ritiro e
minore quello dell’inerte che invece contrasta il ritiro in funzione del suo modulo elastico.
I cambiamenti dimensionali, che hanno luogo nella fase in cui la massa si comporta
come un fluido, non sono di grande interesse dal punto di vista ingegneristico dal momento
che il materiale si deforma plasticamente senza generare tensioni. Tuttavia una volta
trasformato da fluido a solido viscoelastico nascono delle sollecitazioni:
i. Sforzi interni dovuti alle variazioni di dimensione della matrice cementizia
rispetto agli aggregati rigidi e stabili;
ii. Tensioni generate dalla presenza di vincoli esterni.
Nell’analisi dello stato tensionale, perciò, non si terrà conto di tutte le aliquote varie di
ritiro che non siano quella da essiccamento e cioè la parte più importante del ritiro null null null null
(drying shrinkage) che raggiunge valori significativi a lungo termine.
1.2. La componente viscosa
Lo scorrimento viscoso, detto anche fluage (in francese) o creep (in inglese), consiste
nell’aumento di deformazione nel tempo sotto l’applicazione di un carico costante.
Come suggerito da Neville (1981) [2], la deformazione viscosa può essere suddivisa in
due componenti: viscosità di base (basic creep) e viscosità da essiccamento (drying creep).
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1.2.1. La viscosità di base
La viscosità di base è la deformazione nel tempo del calcestruzzo sollecitato con uno
stato tensionale costante in assenza di scambio di umidità con l’ambiente esterno, in modo
che la deformazione da ritiro non possa avvenire.
1.2.2. La viscosità da essiccamento
La viscosità da essiccamento di un calcestruzzo è la deformazione viscosa aggiuntiva
rispetto a quella di base, che si osserva in presenza di scambio di umidità tra la pasta di
cemento indurita e l’ambiente esterno. A differenza della viscosità di base, la viscosità da
essiccamento dipende dalle dimensioni e dalla forma dell’elemento strutturale per
l’influenza che esse hanno sullo sviluppo del processo di essiccamento.
Sperimentalmente si verifica che la deformazione totale dipendente dal tempo ɛ
tot
non è
uguale alla somma delle deformazioni del calcestruzzo non caricato esposto al ritiro ɛ
fs
e
del calcestruzzo caricato e protetto dall’essiccamento ɛ
bc
, ma differisce per un’extra-
deformazione chiamata creep da essiccamento ɛ
dc
:
null null null null = null nullnull + null null null + null null null
Si considera che questo fenomeno, chiamato effetto Pickett [3], sia l’eccesso di
deformazione viscosa da essiccamento ( null null null null − null nullnull ) sul creep di base null null null , oppure l’eccesso
di deformazione da ritiro sotto carico ( null null null null − null null null ) sul ritiro libero null nullnull ; può essere anche
definito come ritiro indotto dal carico o dalle tensioni.
Il meccanismo fisico dell’effetto Pickett può essere spiegato attraverso le variazioni di
volume dei pori capillari in presenza d’un carico.
Si può dimostrare che il volume equivalente dei pori si incrementa in trazione e
diminuisce in compressione. Il coefficiente di Poisson del calcestruzzo è minore di 0.5 (si
considera 0.2 quando non fessurato e 0 quando fessurato) e si verificano cambiamenti di
volume sia degli elementi caricati sia dei pori. Conseguentemente il raggio di curvatura dei
menischi d’acqua nei capillari aumenta sotto trazione e diminuisce sotto compressione e
ciò indebolisce la tensione capillare sotto trazione e la rafforza sotto compressione.
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Rispetto ai calcestruzzi tradizionali (NSC), i calcestruzzi ad alte prestazioni (HPC)
sono caratterizzati da una bassa capacità di sviluppare deformazioni viscose da
essiccamento a causa della notevole riduzione d’umidità interna, dovuta all’auto-
essiccazione iniziale, ed alla minore porosità che ostacola il movimento dell’acqua libera
nella pasta di cemento.
Complessivamente, quindi, i calcestruzzi tradizionali esibiscono una viscosità
maggiore.
1.3. Comportamento viscoso in trazione
Il comportamento viscoso in trazione del calcestruzzo non è ben conosciuto,
principalmente perché gli esperimenti richiesti per caratterizzarlo sono considerevolmente
più difficili da eseguire rispetto a quelli in compressione.
In particolare, i dati sperimentali sul creep di base in trazione nei primi giorni dopo il
getto non sono molto frequenti in letteratura a causa della complessità delle proprietà del
materiale in questo stadio, dei cambiamenti chimici e fisici che rendono difficile la lettura
e l’interpretazione del creep di base. Per esempio, provini in calcestruzzo sigillati sono
spesso utilizzati per misurare il creep di base ma l’isolamento dall’ambiente non elimina
l’essiccamento interno e quindi il valore di viscosità registrato includerà l’interazione con
il ritiro autogeno sviluppato alle brevi stagionature.
In uno studio non molto recente (Altoubat e Lange, 2001) [4] sono stati eseguiti test di
viscosità in trazione su provini ad osso di cane vincolati all’estremità e sigillati con fogli
d’alluminio autoadesivi mentre su altri analoghi provini, la stessa modalità di prova, li
vedeva coperti da teli bagnati. I risultati hanno mostrato che il ritiro autogeno ha un valore
non trascurabile sia per i calcestruzzi ad alte prestazioni, sia per quelli con rapporto
acqua/cemento di 0,5. Anche un essiccamento parziale che rimuove l’acqua dai pori
capillari può generare considerevoli tensioni da essiccamento; in aggiunta, il ritiro chimico
associato all’idratazione del cemento alle brevi stagionature può contribuire alla
deformazione osservata.
Sigillare il calcestruzzo, in particolare alle brevi stagionature, disturba temporaneamente
il suo equilibrio termodinamico con l’ambiente incrementando cosi la pressione di vapore
interna che porta ad un rigonfiamento, come suggerito da Kovler [5]. Il grado di
Capitolo 1: La fessurazione nei calcestruzzi alle brevi stagionature 7
rigonfiamento dipende dalla pressione di vapore interna al momento dell’isolamento
dall’ambiente e dal volume e dimensione dei pori, che variano continuamente nel
calcestruzzo giovane. Questo complica maggiormente la misura e l’interpretazione del
creep di base, che è sensibile all’età alla quale viene sigillato il provino.
Per eliminare il ritiro autogeno alle brevi stagionature non è insolito adottare una tecnica
di “moist curing”: coprendo il calcestruzzo con teli bagnati si incrementa cosi la pressione
di vapore interna ed il calcestruzzo rigonfia, il che fronteggia una parte del ritiro autogeno
causato dall’idratazione; inoltre l’umidità addizionale migra nel calcestruzzo attraverso il
trasporto capillare il che compensa l’acqua consumata dalla continua idratazione del
cemento. L’umidità relativa misurata nel calcestruzzo in queste condizioni è circa costante
nella sezione del provino e questo spiega, almeno in parte, il ritiro quasi nullo.
Alcune sperimentazioni hanno rilevato un elevato tasso iniziale di creep di base in
trazione durante le prime 10-20 ore di caricamento; dalle quali si nota che la maggior parte
della viscosità a trazione del calcestruzzo ordinario si manifesta durante le prime 20 ore
dopo il carico; dopodiché la velocità diminuisce sostanzialmente ed il creep raggiunge
asintoticamente un valore costante. Da alcune osservazioni risulta che il creep di base in
trazione è più elevato per i calcestruzzi con rapporto a/c più basso. Ciò va in
contraddizione con il comportamento generale riportato in letteratura per il calcestruzzo
maturo: di solito, infatti, si pensa che il creep cresca con il rapporto a/c; allora i risultati
sperimentali suggeriscono che il comportamento viscoso alle brevi stagionature è
governato da fattori differenti rispetto al calcestruzzo maturo [4]. Inoltre il tasso iniziale di
creep non è solo alto, ma anche sensibile all’età al caricamento, particolarmente alle brevi
stagionature: infatti prima si carica, più alta è l’aliquota iniziale di viscosità e più veloce è
il rilassamento delle tensioni di trazione nel calcestruzzo giovane (Fig. 1.1).