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INTRODUZIONE
Questo studio tenta di ricostruire la disciplina sulla trasparenza delle condizioni
contrattuali bancarie predisposta a tutela del cliente e in particolare del consumatore
analizzando specialmente i contratti di credito al consumo. Parlare di trasparenza in ambito
bancario significa far riferimento a dei canoni di comportamento che le banche, come tutti
gli intermediari creditizi, devono rispettare non solo per la salvaguardia del cliente-
consumatore, ma anche per il buon funzionamento del mercato finanziario. Il governatore
della Banca d’Italia Draghi nel 2008, in occasione delle considerazioni finali, sottolineava
la connessione che esiste tra il rispetto delle norme sulla trasparenza e correttezza e la
fiducia del pubblico nell’istituto creditizio. Minimizzare il cosiddetto “rischio
reputazionale” dato dalle conseguenze negative che la banca subirebbe in caso di
comportamenti scorretti pregiudizievoli per la clientela, è l’obiettivo da raggiungere.
Il concetto di trasparenza in ambito creditizio venne impiegato per la prima volta nella
predisposizione di norme volte a regolare i rapporti tra banca e clientela messe a punto
dall’Associazione Bancaria Italiana
1
nel 1988. Oggi, il termine trasparenza è utilizzato in
molteplici ambiti giuridici, quale indispensabile elemento per qualificare i servizi offerti:
basti pensare alla pubblicità commerciale in generale.
2
Divenuto sinonimo di correttezza
del comportamento assunto dall’intermediario nei confronti dell’utente, così che ogni
difformità rispetto ai parametri di trasparenza previsti comporta sanzioni (inefficacia o
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Associazione di categoria che raggruppa la quasi totalità delle banche Italiane. Essa rappresenta gli interessi
delle stesse all’esterno, svolgendo compiti di assistenza tecnica e consulenza in varie forme. D’ora in poi
indicata con l’acronimo ABI.
2
Cfr: B. Russo, Trasparenza delle condizioni contrattuali e la gestione dei conflitti di interesse a tutela del
consumatore, Rivista trimestrale di diritto dell’Economia- Supplemento n° 2-2010- , pp 5 e 6
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nullità del contratto e in taluni casi il risarcimento del danno).
In ambito bancario e finanziario è stata data particolare tutela ad una particolare categoria
di soggetti più deboli, bisognosi di protezioni speciali: i consumatori. Proprio la disciplina
dei contratti di credito al consumo ne è un esempio. Viceversa negli altri contratti bancari
le norme sono dirette alla tutela della clientela in generale.
Il legislatore nazionale ha predisposto la disciplina della trasparenza in ambito bancario
articolandola su più livelli normativi, ai quali si farà costante riferimento nei capitoli che
seguono per illustrare l’argomento. In primo piano per importanza e quantità dei contenuti
c’è il Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia,
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che d’ora in poi
chiameremo T.U. Bancario. Il Titolo VI è rubricato “Trasparenza delle condizioni
contrattuali e dei rapporti con i clienti” e si compone di 3 capi ai quali recentemente è stato
aggiunto il Capo II-bis: Servizi di Pagamento
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. Nell’agosto 2010 ad opera del d.lgs n. 141
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numerosi articoli di questo Titolo sono stati modificati e ne sono stati introdotti di nuovi, e
proprio la rilevanza delle recenti modifiche è l’oggetto della presente ricerca. In un
secondo momento fu il Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio,
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attraverso
importanti delibere come quella del marzo 2003 recante la disciplina della trasparenza
delle condizioni contrattuali e delle operazioni bancarie e finanziarie
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a chiarire nei dettagli
l’applicazione pratica delle norme sulla trasparenza, anche perché è proprio dal T.U.
Bancario che provengono i numerosi richiami alle delibere del Comitato.
Un ulteriore e importante fonte normativa, è costituita, dalle disposizioni di attuazione
8
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D.lgs. n° 385 del 1° settembre 1993, entrato in vigore 1° gennaio 1994.
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Capo aggiunto dall’ art. 34, comma 1, lettera b, d.lgs. 27 gennaio 2010, n° 11
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Decreto legislativo con il quale il governo ha dato attuazione alla delega contenuta nella “legge comunitaria
2008”, in particolare l’art. 33 l. 7 luglio 2009 n° 88, e successive modifiche ad opera della “legge comunitaria
2009” annoverando i principi direttivi ai quali il governo doveva attenersi.
6
D’ora in poi CICR.
7
Questa delibera con i suoi 14 artt, disposti in 4 sezioni, riorganizza l’intera normativa sulla trasparenza
bancaria, tenendo conto anche delle evoluzioni successive.
8
La Banca d’Italia, in attuazione della delibera CICR 2003, emanò delle istruzioni, per puntualizzare e
precisare l’applicazione pratica della disciplina della trasparenza, attenuandone le criticità. Sono suddivise in
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emanate dalla Banca d’Italia
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contestualmente alla suddetta delibera del 2003 e
successivamente modificate ed aggiornate negli anni. Il potere di emanare provvedimenti e
istruzioni è conferito alla Banca d’Italia dallo stesso T.U. Bancario (art. 4).
Si è già accennato al duplice obiettivo che le norme di trasparenza perseguono nel settore
bancario incentivando la concorrenza del mercato e l’efficienza nello svolgimento
dell’attività finanziaria. Le cosiddette norme bancarie uniformi
10
, indicate con l’acronimo
NUB, predisposte dall’ABI rappresentano un accordo interbancario sulla pubblicità e la
trasparenza delle condizioni da applicare alla clientela, uniformi per tutti gli istituti di
credito aderenti all’associazione. Coordinare prassi negoziali diverse praticate dalle banche
in schemi contrattuali standardizzati per tutti gli istituti incentiva la concorrenza del
mercato del credito facilitando l’accesso all’offerta di prodotti da parte degli istituti più
piccoli.
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Infine, parte della disciplina dei contratti in generale è presente nel Codice Civile: in
particolare gli articoli 1341, 1342 e 1370 rispettivamente in materia di condizioni generali
del contratto, contratti conclusi mediante utilizzo di moduli o formulari e interpretazione
sezioni. Nella primavera del 2009,è iniziato un lungo iter di revisione delle stesse, che ha condotto
all’approvazione del nuovo provvedimento, nel luglio 2009, contenente le nuove disposizioni. Le recenti
modifiche legislative avvenute nel 2010 hanno modificato ulteriormente tali disposizioni.
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La Banca d’Italia è stata in passato fondamentale per la crescita economica del paese. Essa è un’Autorità
Creditizia, insieme al Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio (CICR) e al suo presidente: il
Ministro dell’Economia e delle Finanze. Nel 1926, con la legge bancaria, gli venne attribuita l’esclusività per
l’emissione nazionale di banconote, successivamente ottenne poteri di vigilanza sulle banche. Col tempo
sono mutate le sue funzioni, e il suo ruolo: diviene supervisore del sistema bancario e finanziario nazionale.
Ha il compito di gestire i tassi d’interesse ufficiali, deve tutelare la concorrenza bancaria, sorveglia i sistemi
di pagamento (assegni, trasferimento di denaro). Oggi è istituto di diritto pubblico, ha funzioni di banca
centrale, ovvero si occupa di gestire la politica monetaria dei paesi dell’euro zona, è inserita nel Sistema
Europeo delle Banche Centrali (SEBC), al cui vertice c’è la Banca Centrale Europea (BCE).
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Costituiscono una fonte di produzione del diritto bancario originata dall’autonomia negoziale delle banche
facenti parte dell’ ABI, le quali, in virtù della forza contrattuale che possiedono nei confronti dei clienti,
predispongono unilateralmente ed in via preventiva il contenuto dei contratti. È discussa la loro natura
giuridica: una minoranza della dottrina reputa tali norme assoggettabili alle consuetudini ma manca il
requisito soggettivo (convinzione generalizzata di adempiere ad un obbligo giuridico) così che tale opinione
non può essere sostenuta validamente. Mentre, l’orientamento prevalente, attribuisce a tali disposizioni
efficacia vincolante per il cliente solo se inserite nel contratto sottoscritto dallo stesso. Quindi sarebbero delle
semplici condizioni contrattuali sottoposte alla disciplina di cui all’art. 1341 c.c. (Cfr: Nuovissima
enciclopedia di banca borsa e finanza ASSONEBB, www.bankpedia.org)
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Cfr: A. Antonucci, Diritto delle Banche, Giuffrè Editore, Milano, 2009 p. 326 e ss
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contro l’autore della clausola. Il Codice Civile, pertanto, regola la materia rimanendo
indifferente rispetto alla qualificazione economico-giuridica delle parti, delle quali
garantisce la parità meramente formale; uniche eccezioni sono proprio i suddetti articoli,
che apportano una tutela, seppur formale, al contraente debole.
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“La qualifica di debole
riconosciuta al contraente aderente non deriva certo dalla situazione patrimoniale (più o
meno) florida nella quale egli versi, né dalla sua appartenenza (più o meno dubbia) ad una
piuttosto che ad un’altra categoria sociale, bensì dal fatto che la grande impresa, avendo la
possibilità di controllare e dirigere il mercato nel quale opera in posizione dominante è in
grado di ridurre a vuota formula la libertà di contrattare”.
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Quello fin qui menzionato è il contesto normativo dal quale ricavare le norme regolatrici
delle condizioni contrattuali da applicare alla clientela facendo particolarmente attenzione
al consumatore. L’ordinamento predispone meccanismi di controllo da parte delle Autorità
competenti indispensabili a presidiare il rispetto delle norme di trasparenza bancaria
verificando che gli istituti di credito pongano in essere gli strumenti e le procedure
organizzative interne adeguate a tale scopo. Solo così infatti è possibile annullare il rischio
reputazionale che corrono le imprese bancarie e gli enti creditizi, e salvaguardare gli
interessi degli utenti consumatori.
12
Cfr: A. Antonucci, cit, p. 281
13
A. Liserre, Tutele costituzionali dell’autonomia contrattuale in G. Monteleone, Condizioni generali di
contratto nei contratti bancari, Magistra banca e finanza, marzo 2001 – www.magistra.it .
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CAPITOLO I
LA TRASPARENZA NEI CONTRATTI BANCARI
1.1 La disciplina di diritto comune dei contratti e le evoluzioni a
favore del consumatore
La disciplina di diritto comune contenuta nel Codice Civile è riconducibile ai contratti di
massa in generale e quindi anche ai contratti bancari. L’articolo 1341 ne è un esempio,
facendo implicito riferimento alla contrattazione di massa. La legittimità delle condizioni
contrattuali predisposte unilateralmente è valida, a detta dell’articolo, solo se conosciute o
conoscibili secondo l’ordinaria diligenza al momento della conclusione del contratto.
14
Il
secondo comma dell’art. 1341 affronta il problema delle clausole vessatorie, valide solo se
approvate specificatamente per iscritto: sempre più spesso nella pratica dei commerci
questo si traduce in una serie di firme, apposte in calce ad un lungo elenco di frasi per lo
più incomprensibili. Vessatorie sono le clausole che aggravano la posizione di un
contraente rispetto all’atro, lo stesso art. 1341 ne contiene un elenco tassativo, ma nella
prassi se ne sono sviluppate di altre non comprese nell’elenco. Perciò la semplice
sottoscrizione delle suddette clausole è insufficiente a garantire il contraente debole, che
non ha la possibilità di negoziare le condizioni di contratto e modificarle a suo vantaggio,
14
Cfr: A. Antonucci, cit, p. 282
8
diventa quindi una mera imposizione di clausole di ogni tipo da parte dell’impresa che
predispone il contratto.
15
Le condizioni generali proposte alla clientela attraverso moduli o formulari non
costituiscono sempre un danno per il contraente debole. Uno dei vantaggi ricavabili
dall’utilizzo di condizioni uguali per tutti i clienti è il notevole risparmio in termini di
tempo e di denaro per l’impresa e, automaticamente, per il cliente.
Il Codice Civile, all’art. 1342, disciplina il contratto concluso mediante utilizzo di moduli
e/o formulari, definito anche contratto-tipo (o standard), da non confondere con la
predisposizione standardizzata delle condizioni generali di contratto, volte a regolare in
maniera uguale i rapporti contrattuali tra predisponente e cliente.
16
Il contratto-tipo, come
definito nel Codice, è impiegato allo scopo di uniformare la conclusione di una serie di
rapporti contrattuali compilando e sottoscrivendo un modulo. L’ art. 1342 al primo comma
afferma che nella conclusione dei contratti standard, le clausole aggiunte al modulo o
formulario, prevalgono su quelle stampate in automatico negli stessi in caso di
incompatibilità, anche se queste ultime non sono state cancellate. Ancora una volta questa
previsione è scarsamente protettiva nei confronti del contraente debole perché le clausole
aggiunte non hanno effettivo potere di modificare il contenuto economico del contratto.
Dunque, anche il contratto di cui all’art. 1342, finisce inevitabilmente per essere imposto al
cliente, inoltre esso contiene una parte regolamentare, del tutto identica alle condizioni
generali di contratto di cui sopra, ecco perché il secondo comma del 1342 richiama
espressamente il secondo comma dell’articolo precedente in merito alla sottoscrizione
delle clausole vessatorie.
15
Cfr: G. Monteleone, Condizioni generali di contratto nei contratti bancari, Magistra Banca e Finanza,
marzo 2001 – www.magistra.it
16
Ibidem.
9
A completamento dell’impianto civilista a tutela del contraente debole è opportuno
considerare un’altra norma: l’art. 1370. Quest’ultima norma afferma che le clausole di
contratto inserite nelle condizioni generali o nei formulari predisposti unilateralmente
vanno nel dubbio interpretate a favore dell’altro contraente, “interpretatio contra
proferentem”.
17
L’utilizzo dell’articolo è comunque limitato a poche ipotesi, non riuscendo
perciò ad assolvere il suo ruolo.
La continua evoluzione delle prassi commerciali e degli strumenti di contrattazione
impiegati dalle imprese ha fatto emergere l’inadeguatezza delle norme del Codice Civile
così che recentemente si è cercato di rimediare con numerosi interventi legislativi, anche di
matrice comunitaria. Il punto nevralgico è proprio la constatazione della disparità
sostanziale insita nella natura stessa delle parti, da cui la necessità di rafforzare la tutela
della parte debole identificata nel consumatore. Questo soggetto è definito come la persona
fisica che stipula il contratto per scopi estranei alla sua attività d’impresa o professionale
(art. 3, lett. a del Codice del Consumatore
18
). La tutela del consumatore ispira, ormai da
decenni, la legislazione nazionale e transfrontaliera; ne sono un esempio la “Carta europea
dei consumatori” del 1973 e, qualche anno dopo, nel 1975, il “Programma preliminare
della CEE per una politica di protezione e informazione dei consumatori”. Nel 1987, con
l’emanazione dell’Atto Unico Europeo, la tutela dei consumatori diviene definitivamente
uno dei fini perseguiti dalle istituzioni comunitarie, nonché uno dei punti chiave per la
creazione del “mercato unico interno”.
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Il Titolo VI del T.U. Bancario raccorda il
contenuto di due diverse leggi: la prima è la n° 142 del 1992 derivante dalla direttiva
comunitaria n. 87/102/Cee relativa alla disciplina del credito al consumo; la seconda legge
è la n° 154 del medesimo anno in tema di trasparenza delle condizioni contrattuali. Le due
17
Cfr: G. Monteleone, Condizioni generali di contratto nei contratti bancari, Magistra Banca e Finanza,
marzo 2001 – www.magistra.it
18
D.lgs. del 6 settembre 2005 n° 206 e successive modifiche. D’ora in poi CdC.
19
Cfr: A. Antonucci , cit. p. 282