INTRODUZIONE
Zitella acida ed eccentrica o dolce e affettuosa zia, angelo del focolare domestico e prediletta
dai suoi numerosi nipoti, Jane Austen, della quale è probabilmente difficile dare un’immagine
coerente e ben definita, offre un valido esempio della faticosa conquista, da parte della donna,
della possibilità di far ascoltare la propria voce e di occupare uno spazio tutto suo, in una
società fortemente patriarcale come quella borghese dell’Inghilterra delle guerre napoleoniche
e della rivoluzione industriale, governata da un rigido codice comportamentale che impedisce
alla donna di liberarsi da un ruolo femminile ormai cristallizzato: quello di moglie e di madre
perfetta. Nella placida campagna del North Hampshire, dove sorge la canonica di suo padre e
dove trascorre un’infanzia felice, Jane, tra l’affetto ed il sostegno della famiglia a lei tanto
cara, trova il coraggio e la forza di realizzare il suo sogno più ambizioso: vedere i propri
romanzi pubblicati e poter vivere della propria penna. Da adolescente diffidente ed introversa,
la giovane Jane, acuta e attenta osservatrice, intrattiene familiari e vicini di casa con le sue
pungenti parodie, prendendo parte alle recite in salotto o nel granaio e ricevendo quel costante
incoraggiamento e quell’approvazione, che continuerà a cercare e a tenere in grande
considerazione, anche quando diventa una scrittrice affermata.
Esaminando alcuni dei suoi romanzi più significativi, Pride and Prejudice, Mansfield
Park e Persuasion, questo lavoro si propone di tracciare il contorno dell’esistenza stessa
dell’autrice,un’esistenza interamente percorsa da quella sua tipica sottile vena ironica, che la
porta ad assumere un atteggiamento disincantato nei confronti della vita, ma sempre sereno,
senza amarezza o rimpianto alcuno. Jane Austen è quell’unica scrittrice che riesce, con
un’ironia garbata, mai crudele ed offensiva, a rappresentare perfino quelle situazioni penose, a
volte addirittura tragiche per i personaggi che vi sono coinvolti, ma che suscitano nei lettori
una divertita riflessione. L’autrice conosce a fondo l’ambiente dell’intimità domestica in cui si
svolgono i suoi romanzi, interamente immersi nell’atmosfera noiosamente tranquilla e
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pettegola della provincia, in cui si dà importanza alle piccole cose del quotidiano piuttosto che
agli eventi del mondo esterno, ai fatti della storia, che appaiono quasi essere dimenticati. La
sua spontanea e vivace immediatezza colgono a pieno i caratteri individuali ed il lato
potenzialmente comico della vita umana, evidenziando quelle falsità ed ipocrisie su cui è
costruito il mondo borghese cui Jane appartiene. Essa sa bene come spesso nascano situazioni
imbarazzanti ed equivoci assurdi dall’incontro di persone che hanno ben poco in comune, se
non quel codice comportamentale previsto dall’etichetta, che ciascuno si ostina
disperatamente a recitare nell’eterna commedia dell’esistenza umana, in un mondo che ha nel
denaro e nel prestigio sociale i suoi unici parametri di giudizio. Jane Austen, tuttavia, non
trasgredisce apertamente le convenzioni della società cui appartiene; la sua scrittura mantiene
sempre, almeno esteriormente, il rispetto della tradizione. Nello stesso tempo però, dietro
quest’apparente accettazione, si nasconde un deciso rifiuto e l’intento di rivendicare in ogni
caso la propria autonomia di giudizio.
Questa bisbetica ed intraprendente zitella, con le sue cuffiette ridicole e fuori moda,
riesce a conquistarsi un posto di tutto rispetto nel vasto panorama della letteratura inglese,
accanto a romanzieri ben più noti di lei, come Richardson e Scott.
In un periodo di netta predominanza maschile nella letteratura e d’inferiorità culturale della
donna, Jane oltrepassa l’unico ruolo prestabilito per lei dalla sua società: quello di moglie e
madre e dimostra come, una giovane donna di modesta estrazione sociale e di buona
educazione, possa realizzarsi non necessariamente nel matrimonio e nel raggiungimento di
una posizione sociale prestigiosa. Libera da costrizioni familiari e da obblighi domestici, Jane
si rassegna con consapevole serenità, o meglio sceglie una vita fatta sì di sacrifici e rinunce,
ma ugualmente ricca di soddisfazioni e di ricompense, una vita dedita interamente alla sua
passione per la scrittura come da lei è sempre stata desiderata, forse anche più del matrimonio
stesso e della possibilità di avere una famiglia tutta sua
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CAPITOLO 1
LA GIOVANE JANE: “PARODIST AND CINIC”
1. STEVENTON
E’ una cosa certa di Jane Austen, afferma Elizabeth Hardwick
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, che è molto più divertente
leggere qualcosa scritto da lei che qualcosa scritto su di lei, alludendo al fatto che non
dobbiamo aspettarci di trovare avvenimenti particolarmente sconvolgenti o sensazionali nella
biografia della scrittrice. Jane Austen trascorre la sua esistenza piuttosto breve, circondata
dall’affetto rassicurante della sua cerchia familiare, senza mai oltrepassare il perimetro di
pochi villaggi della provincia inglese. La Rivoluzione Industriale non ha ancora deturpato i
paesaggi dell’Inghilterra, lasciando intatta la bellezza e la serenità della campagna, che farà da
sfondo a tutti i romanzi austeniani. Jane vive i suoi primi venticinque anni nella placida
tranquillità della canonica di suo padre, il Reverendo George, a Steventon, nel North
Hampshire. Il piccolo villaggio di Steventon è costituito da alcune fattorie e da una serie di
cottage, disposti a casaccio, con i loro giardini, lungo la strada principale che congiunge
Londra a Basingstoke.
Sebbene si parli della guerra con la Francia su tutti i giornali, nella loro modesta
abitazione, circondata dai boschi di olmi e ginepri, che sembrano proteggerla dai tumulti del
mondo esterno, la famiglia degli Austen continua ad occuparsi delle solite faccende. La
marina militare garantisce all’Inghilterra una protezione sicura e gli eventi che stanno
sconvolgendo il resto d’Europa, non riguardano la vita della borghesia in ascesa al potere e
della piccola nobiltà terriera, che imperturbabili, organizzano feste e ricevimenti nelle
lussuose ville di campagna, di cui Jane avrebbe tanto scritto. La vita della piccola provincia,
al di là delle visite ai vicini, dei tè, del cucito e di banali pettegolezzi, non presenta
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E., Hardwick, “An Engaging Story of Human Beings”, cit. in B. C., Southam, Jane Austen: Northanger Abbey
and Persuasion, London, MacMillan, 1995, p. 98.
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decisamente molte attrattive per una ragazza. Per quanto l’andirivieni del parroco e dei
contadini indaffarati faccia del vilaggio un piccolo mondo autosufficiente e indipendente
dall’esterno, la monotonia della routine quotidiana è interrotta solo di tanto in tanto dai balli,
dai pranzi e da qualche ricevimento pomeridiano organizzato nel vicinato.
La vita di città, al contrario, è modaiola e frizzante, ricca di eventi mondani e di
divertimenti. Ne sono un esempio i fratelli Crawford che, provenendo da Londra, con la loro
vivacità, portano lo scompiglio nel decoro e nella calma apparente di Mansfield Park e dei
suoi abitanti. Tuttavia, i costi elevati dei trasporti e le difficili comunicazioni non rendono
molto semplice per una ragazza di media estrazione sociale viaggiare spesso. Le traversate
con le navi durano dei mesi e inoltre parte dell’Europa non è accessibile agli inglesi, a causa
delle guerre con la Francia e con la Spagna.
Bisogna comunque ricordare che questa è un’epoca di grandi cambiamenti e di importanti
scoperte geografiche. Proprio sei anni prima che Jane Austen nasca, viene disegnata la cartina
della Nuova Zelanda: la mappa del mondo sta cambiando di giorno in giorno. Persino le
sorelle Brontë, nel loro isolamento, hanno modo di attraversare il Mare del Nord per studiare
nell’Europa continentale, a Bruxelles. D’altra parte, Charlotte Brontë afferma, riferendosi ai
personaggi austeniani: “I should hardly like to live with her ladies and gentlemen, in their
elegant but confined houses.”
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Jane invece, non ha occasione di compiere viaggi all’estero,
né di vedere molto della sua Inghilterra, al di là dello Hampshire e del Kent.
Nonostante tutto, Jane ama il suo stile di vita, una vita semplice e condotto nel vivace e
colto ambiente familiare di Steventon, cui è molto affezionata. In seguito alla morte del
padre, dopo aver vissuto per qualche anno a Bath e a Southampton, ritorna vicino Steventon, a
Chawton Cottage, per vivere con la madre e l’inseparabile sorella Cassandra. Abbandonata
ancora giovane l’idea del matrimonio, zia Jane, con le sue cuffiette e i vestiti fuori moda, si
cala nel ruolo di zia dei suoi numerosi amati nipoti e si dedica completamente alla scrittura,
2
T., Tanner, Jane Austen, Cambridge, Mass., Harvard University Press, 1986, p. 103.
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lasciando raramente la sua casa. Comincia così a formarsi quell’immagine stereotipata
dell’autrice: una tranquilla e nello stesso tempo vivace zitella che vive ai margini della sua
epoca. Jane però è sempre stata felice di prendersi cura della casa e degli affetti domestici,
“without any self-seeking or craving after applause.”
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La sua giovinezza è trascorsa seguendo
gli schemi che la cultura del tempo imponeva ad una ragazza del suo rango.
2. L’EDUCAZIONE FEMMINILE
‘Jenny’, come la chiamano da bambina, viene educata secondo il modello tipico
dell’anglicanesimo ortodosso che attribuisce particolare valore a virtù quali la capacità di
autocontrollo, la riflessione pacata, l’altruismo, e riserva alla donna uno spazio
esclusivamente limitato alla famiglia. Come previsto dalle regole, Jane impara a disegnare e a
dipingere, a ricamare, ad occuparsi della casa e a conversare con proprietà. “In short, she was
as accomplished as was proper for a girl of her day, and considerably more so than most.”
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Le ragazze di buona famiglia vengono, in base alle possibilità economiche, educate a casa
dai genitori o da una governante, oppure sono seguite da un tutore, o ancora mandate in
collegio. Prendono inoltre lezioni di piano, di ballo e di francese o italiano. Dal momento che
le donne non sono destinate ad una carriera politica o a rivestire ruoli di pubblica importanza,
non si avverte il bisogno di dare loro un’istruzione superiore; ovviamente non frequentano le
scuole pubbliche, come quella di Eton, o le università (Cambridge e Oxford), esclusivamente
riservate agli uomini. “A woman must have a thorough knowledge of music, singing,
drawing, dancing, and the modern languages, to deserve the word”
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,
afferma la raffinata Miss Bingley in Pride and Prejudice.
Jane interrompe gli studi all’età di undici anni, dopo aver frequentato, con la sorella
Cassandra, alcune scuole private, dove però le ore effettive di lezione sono poche e trascorse
3
J., Halperin, The Life of Jane Austen, Baltimore, The Johns Hopkins University Press, 1996, p. 4.
4
M., Lasky, Jane Austen, London, Thames and Hudson, 1986, p. 25.
5
J., Austen, Pride and Prejudice, New York – London, Norton Critical Editions, 2000, p. 39.
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soprattutto ad imparare il cucito e a spettegolare. La sua istruzione è poi completata a casa
dietro la guida del padre, accedendo alla fornita biblioteca di famiglia, dove Jane
approfondisce la sua preparazione sulla lettura inglese, la storia e la religione. Non può perciò
essere presa del tutto sul serio, quando afferma di essere la donna più disinformata e ignorante
che abbia mai osato diventare una scrittrice. Secondo Tony Tanner si tratta di un’ironica falsa
modestia: l’autrice è abbastanza colta e certamente bene informata. Jane possiede una buona
conoscenza dei maggiori autori inglesi da Shakespeare a Johnson, nonché di quelli del suo
periodo. Se poi ha scelto di dare di sé l’idea di una zitella provinciale “enjoying (or suffering)
a very limited horizon of contemporary experience …”
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, deve essere perché, come sostiene
Tanner, non ha intenzione di confrontarsi con autori del calibro di Richardson o Scott, per non
citarne altri.
La sua è stata, se così possiamo definirla, un’educazione liberale, senza alcuna restrizione
sugli argomenti di lettura o di conversazione. Jane Austen ha sempre ritenuto che la
conoscenza dei classici, riservata all’educazione maschile, sia alla base di una buona
istruzione; le ragazze, a suo giudizio, hanno bisogno di essere educate in modo da diventare
“rational, well-judging beings of taste, integrity and discrimination.”
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Per raggiungere tale
scopo, la migliore preparazione è quella basata sulla storia, la letteratura e sulla cultura
generale, acquisibile attraverso conversazioni serie e interessanti scambi d’idee. Bisogna
piuttosto evitare ad ogni costo il mero “ladysm”, che comporta affettazione, vanità e
ignoranza. “Jane Austen believed that the final ends of all didacticism should be sound
morality and the capacity to comport oneself sensibly and judiciously in the world.”
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Una vera “lady” che si rispetti, non ha altro da fare se non essere approvata dall’uomo e
realizzare quel modello di perfezione femminile, che il capo famiglia pretende di ritrovare
nella moglie e nelle figlie. Con l’aumentare della propria ricchezza, le classi medio - alte e la
6
T., Tanner, op. cit., p. 2.
7
O., MacDonagh, Jane Austen. Real and Imagined Worlds, New Haven & London, Yale University Press, 1991,
p. 80.
8
Idem, p. 81.
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