INTRODUZIONE
“È forse il male soltanto un difetto di natura, un’imperfezione che scompare da sé con lo
sviluppo del bene oppure una forza effettiva che domina il mondo per mezzo delle sue
lusinghe sicché per una lotta vittoriosa contro di esso occorre ave re un punto di appoggio in
un altro ordine di esistenza ” 1
?
Questo è l’interrogativo che il filosofo russo Vladimir Solov’ëv si pone negli ultimi tre anni
della sua vita. In rea ltà il quesito , al quale l’autore dà una chiara risposta già attraverso la
formu lazione dello stesso, serve al filosofo per cercare di mettere in chiaro i vitali aspetti della
verità cristiana in connessione col problema del male sui quali da varie parti si lascia calare la
nebbia, specie negli ultimi tempi.
Avendo la consapevolezza c he ormai la morte non sarà poi così distante Solov’ë v sente forte
l’esigenza di render pubblico questo suo pensiero attraverso la stesura de: I tre dialogh i e il
racconto dell’Anticristo .
La convinzione dell’utilità per l’intera umanità della sua opera lo spinge a sostenere che con il
proprio lavoro egli ha “adempiuto ad un dovere morale”, infatti, non a caso il filosofo russo
non ne vuole rimandare la pubblicazione, una volta terminato, ad un’epoca incerta ed
indeterminata.
La cosa importante per l’autor e in questa opera era definire nel modo più reale l’imminente
terribile scontro fra due mondi e nello stesso tempo cercare di spiegare in modo evidente
l’assoluta necessità della pace e di una sincera amicizia tra le nazioni europee. Ed è proprio
questa pr eoccupazione che dà il senso profondo dell’attualità del suo pensiero, della sua
concezione del male nell’ambito dello scontro tra i due mondi diversi, lo scontro tra religioni,
nel modo in cui sconfiggerlo fino ad arrivare al trionfo del bene.
Solov’ë v ri teneva impossibile la cessazione della guerra, in generale, prima della catastrofe
definitiva, ma allo stesso tempo vedeva nello strettissimo riavvicinamento e nella pacifica
collaborazione di tutti i popoli cristiani, non solo possibile ma indispensabile e moralmente
obbligatoria, la strada della salvezza per il mondo cristiano dall’essere inghiottito da elementi
inferiori.
1
V. S. Solov’ëv, I tre dialoghi e il racconto dell’Ant icristo, Marietti, Milano 1996, p. LXV
2
L’elaborato che segue ha pertanto lo scopo di analizzare il pensiero di Solov’ëv, da molti
considerato il più grande filosofo russo, svolgendo un’attenta analisi della sua vita. Il lavoro
puntualizzerà la sua attenzione soprattutto sul concetto del male nel pensiero del filosofo e la
figura dell’Anticristo.
Il primo capitolo ha lo scopo di illustrare l’ambiente di crescita e gli inizi della vita e del
pensiero filosofico dell’autore, si farà riferimento ai primi due, dei quattro, in cui molti suoi
studiosi suddividono il pensiero e la vita di Solov’ëv: teosofico, teocratico, teurgico e
apocalittico.
Il secondo capitolo concentrerà l’attenzione sull’ultima fase della sua vita e del suo pensiero
la cosiddetta “ teurgica, apocalittica”, dove abbandona le speranze teocratiche e raggiunge la
consapevolezza dell’importanza dell’idea del male nella storia e nella politica.
Nel terzo capitolo sempre partendo dalla concezione del male si vedrà che la posizione di
Solov’ëv è ormai di disperazione intorno alla forme tradizionali come potere politico, chiesa e
popolo russo. In conseguenza di ciò il filosofo profetizza uno scenario apocalittico, dove
nascerà la figura dell’Anticristo e dove ci sarà alla fine uno scontro tra le forze del male e
quelle che lo contrappongono. Tutto ciò è sarà descritto e analizzato nel Breve racconto
dell’Anticristo.
3
CAPITOLO 1
VLADIMIR SERGHEJEVIČ SOLOV’ЁV 1.1 Sviluppo del suo pensiero filosofico
Vladimir Serghejevič Solov’ëv, figlio del grande storico russo Serghej Michailovič Solov’ëv,
nacque a Mosca il 16/28
1
gennaio del 1853.
Egli crebbe in un ambiente, non frequente nel suo ceto, fatto di caldi affetti familiari, rispetto
per i valori morali e religiosi e di buona cultura.
Le principali figure del pensiero filosofico e teologico russo del ventesimo secolo riconobbero
il lui il loro maestro , così pure i grandi protagonisti del simbolismo russo. Alcuni grandi
protagonisti della teologia del Novecento in occidente, fra cui, Hans Urs von Balthasar,
definirono la sua opera come “la creazione speculativa più universale dell’epoca moderna” 2
e
Solov’ëv stesso, paragonato a Tommaso D’Aquino, “come il più grande artefice d’ordine e
d’organizzazione nella storia del pensiero” 3
.
In realtà Solov’ëv resta una delle figure più complesse della cultura russa del XIX secolo, in
quanto non è facile cogliere il suo pensiero nel suo sviluppo interiore. Come dice, infatti, uno
dei suoi studiosi italiani: “In esso si raccolgono una molteplicità di suggestioni non sempre
sufficientemente elaborate assieme ad un costante sforzo di fondarle in una sintesi organica” 4
.
Così da una parte si è potuto vedere in lui il primo creatore di un sistema filosofico russo
originale, “colui che anzi avrebbe aperto alla filosofia russa il «periodo dei sistemi»,
sottraendola ad un certo carattere anarchico, che le veniva dall’urgenza di un
approfondimento appassionato dei problemi che l’attualità storica poneva, e riscattando gli
elementi migliori che pure in queste riflessioni emergevano” 5
. Dall’altra parte, si è notato che
l’eredità della sua opera filosofica e poetica è stata raccolta e sviluppata in direzioni diverse,
1
La doppia data di nascita dipende dal fatto che, la chiesa ortodossa non ha adottato il calendario gregoriano,
vigente in occidente; la prima data corrisponde a questo ultimo e, dopo la rivoluzione d’ottobre, al calendario
civile russo, la seconda al calendario ecclesiastico.
2
H. U. Balthasar, Gloria III , Jaca Book, Milano 1985, p. 263. citato in R. Righetto, E torna l’opera di
Solov’ëv: così l’Oriente sfida il razionalismo del pensiero accintale .
3
Ivi, p. 270.
4
G. Riconda, Introduzione a I tre dialoghi , Marietti, Milano 1996, p. VII.
5
N. O. Losski, Storia della filosofia russa dalle origini al 1950, Parigi 1854, p. 134.
4
come per esempio è accaduto alle sue riflessioni metafisico–teologiche incentrate sulla
dottrina della Sofia raccolte da P. A. Florenski e S. N. Bulgakov.
L’ambiente di formazione del giovane Solov’ëv è simile a quello descritto da Turgheniev in
Padri e figli (1862), ambiente nel quale le tendenze idealistiche della filosofia russa trovano la
loro espressione culturale nello slavofilismo e si scontrano con le nuove concezioni
positivistiche e materialistiche; Dostoevskij lo rappresenta in maniera ancora più complessa
nei Demoni (1871), romanzo in cui è vivamente rappresentato lo scontro fra teorie filosofiche
rivoluzionarie e nuove e vecchie aspirazioni religiose, nel presagio di una rinascita dello
spirito religioso e mistico.
Ciascuna di queste filosofie erano animate, ognuna in modo diverso, da una sorta di religiosità
laica e non confessionale. Ciò nonostante è proprio in questo periodo (anni Settanta del XIX
secolo) che la Russia colta conosce una rinascita dell’Ortodossia dovuta in parte all’influenza
di taluni ambienti monastici.
Come egli stesso confessava, Solov’ëv ancora adolescente, attraversa una profonda crisi
religiosa: “Non riuscivo a capire come ci potessero essere persone intelligenti che,
ciononostante, conservassero la fede in Cristo. Mi spiegavo questo fatto strano o supponendo
ipocrisia, oppure una specie di follia propria degli intellettuali”. È proprio in questo periodo
della sua vita che si nota l’avvicinamento di Solov’ëv ad alcune letture filosofiche, soprattutto
di studiosi occidentali.
Dapprima Spinoza, suo primo e mai rinnegato «amore filosofico» di cui lo colpisce
profondamente l’idea di Dio “come causa unica e immanente di sé e di tutto” 6
, poi Kant e
Schopenhauer. Di Kant lo colpisce il punto di vista e il metodo trascendentali, “che rendono
impossibile il ritorno al realismo” 7
; di Schopenhauer “l’affermazione della vanità della vita e
dalla necessità di sopprimere la volontà di vivere, per liberare il mondo dal male e dal dolore
in cui è immerso” 8
.
La sua crisi religiosa e di fede fu superata solo a diciotto anni, quando, avendo perso fiducia
sia nella scienza che nella filosofia cadde in uno stato di profonda crisi interiore. È l’inizio di
un nuovo momento per la sua vita, durante il quale rovescia la sua disperazione nella fede di
Dio che si è rivelato in Cristo .
6
Nynfa Bosco, Vladimir Solov’ëv ripensare il cristianesimo , Rosenberg & Sellier, Torino 1999, p. 26.
7
Idem .
8
Idem.
5
1.2 Crisi della filosofia occidentale Il confronto con la storia è già presente nella prima opera importante del filosofo russo, La
crisi della filosofia occidentale (1874) la quale gli valse il grado di magister in filosofia. In
quest’opera si profila un suo confronto con la storia della filosofia occidentale.
Dopo aver notato, che la filosofia, a differenza del mito e del linguaggio, non è opera
collettiva ma individuale, e non tanto dell’intelligenza quanto della ragione, per questo
lontana dall’origine, Solov’ëv cercherà di verificare la sua tesi attraverso una ricostruzione
sommaria della storia della filosofia occidentale, che veniva da lui percepita come la storia di
una lunga crisi, dapprima latente, e poi sempre più conclamata: “In realtà la crisi investe, non
solo la filosofia, ma l’intera civiltà occidentale. La filosofia, in quanto discorso individuale e
raziocinante, pecca di soggettivismo e di formalismo e perciò si lascia sfuggire le verità
essenziali e l’aspirazione alla cosiddetta conoscenza integrale” 9
.
I primi segni della crisi sono individuati da Solov’ëv nella tarda Scolastica, quando
rompendosi il precario equilibrio tra fede e ragione, la retta ragione, ormai fondata
esclusivamente nella natura umana, diventa il criterio della vera autorità.
L’obiettivo principale a cui mirava Solov’ëv era cercare di eliminare le barriere filosofiche fra
Occidente ed Oriente attraverso il compimento di una nuova filosofia capace di inglobare sia
le grandi intuizioni religiose dell’Oriente pagano e soprattutto cristiano, sia i dati delle scienze
naturali nelle formule della logica occidentale.
Il ragionamento teoretico del filosofo russo poggiava su alcune considerazioni storiche che
egli svolse ad esempio nel saggio Le tre forze . Qui le tre forze a cui si faceva riferimento
sono: l’Occidente, l’Islam e la Russia.
Secondo Solov’ëv, “la civiltà occidentale era in quel periodo in decomposizione a causa
dell’eccesso di individualità. L’unica grandezza che l’Occidente ancora conservava era quella
relativa al capitale” 10
.
La civiltà islamica rappresentava il suo contrario, poiché la sua “monoliticità” le aveva
impedito di svilupparsi sul piano interiore nel corso degli ultimi secoli.
Solo l’Oriente slavo (ridotto da Solov’ëv alla sola Russia) aveva tutte le risorse per trovare
una sintesi tra questi due opposti sistemi religiosi e culturali. Pertanto la vera missione della
9
V. Solov’ëv, La crisi della filosofia occidentale , La Casa di Matriona, Milano 1986, p. 19.
10
V. Solovëv, Le tre forze , citato in R. Righetto, E torna l’opera di Solov’ëv… op. cit.
6
Chiesa Ortodossa era quello di “dare attuazione al principio «teandrico», il solo in grado di
conciliare libertà e autorità, unità e diversità” 11
.
Nonostante, tuttavia, il popolo russo in quel periodo si presentasse come schiavo, in quanto
succube del regime zarista, per Solov’ëv “la sua vocazione religiosa nel senso più alto della
parola” ne faceva il portatore di una vera e propria missione per il mondo. Infatti, solo “la
Chiesa Greco–Ortodossa, la Chiesa madre del popolo russo, è da lui dichiarata unica
depositaria del vero Cristianesimo e considerata la sola ecumenica. Secondo Solov’ëv, infatti,
la Chiesa Cattolica si sarebbe allontanata dalla tradizione cristiana cedendo alla terza
tentazione 12
essendo guidata dall’idea di salvare il mondo con la forza” 13
. Per quanto riguarda
la chiesa Protestante avrebbe svolto un ruolo di semplice opposizione alla vita cattolica.
Altro fattore importante da ricordare nella ricostruzione del pensiero di Solov’ëv, è la sua
posizione molto vicina allo “slavofilismo” 14
, corrente filosofica, politica e letteraria tesa al
recupero dei valori della Russia patriarcale, contadina e cristiana, avversa all’autocrazia
giudicata prodotto delle riforme occidentalizzanti volute dallo Zar Pietro il Grande.
Solov’ëv, al pari degli slavofili, ritiene che la Santa Russia e il suo popolo (popolo portatore
di Dio) siano in grado di realizzare il compito di dar vita ad una civiltà veramente cristiana, di
esempio all’Europa Occidentale. Nonostante questi punti di contatto, Solov’ëv si distaccò
successivamente dal pensiero slavofilo; innanzi tutto egli accentua il momento universalistico
dello slavofilismo che presente in Kireievski e Khomiakov, era stato messo in secondo ordine
dai loro successori a favore dell’elemento nazionalistico. Inoltre come nota Riconda, “gli
slavofili che non miravano in fondo che all’attuazione di un’epoca di cultura più cristiana
instaurata dai Russi, non giungevano a pensare all’inizio di un’epoca in cui si sarebbe avuta
l’incarnazione finale della divinità nel mondo” 15
come invece faceva Solov’ëv.
È abbastanza chiaro quindi vedere come questa fase del pensiero di Solov’ëv sia stata
caratterizzata da uno spirito altamente critico nei confronti della Chiesa Cattolica e
dell’Occidente, un atteggiamento che in seguito egli muterà radicalmente nel corso della sua
esistenza.
11
N. Bosco, Vladimir Solov’ëv… op. cit. p. 66.
12
Le tre tentazioni che Cristo rifiutò nel deserto e a cui si fa riferimento sono: i miracoli, il pane e il potere.
13
G. Riconda, Introduzione a I tre dialoghi e il… , op. cit. p. XII.
14
Movimento intellettuale russo del XIX secolo nato sulle idee filtrate dall’Europa Occidentale.
15
G. Riconda, Introduzione ai tre dialoghi… , op. cit. p. XIII.
7