~ 6 ~
INTRODUZIONE
La ricerca criminologica ha da sempre messo in rilievo come vadano
considerati con cautela i dati statistici ufficiali, i quali inevitabilmente ci
rimandano un‟immagine parziale della criminalità reale.
In base al principio di Sellin (1931), la veridicità delle descrizioni del
fenomeno criminale decresce con l„aumentare della distanza dal “fatto commesso”
e dunque con la moltiplicazione delle agenzie formali che registrano e filtrano i
fatti.
La rilevazione dei comportamenti criminosi è inevitabilmente
condizionata dai meccanismi di funzionamento degli organi di controllo, i quali
agiscono in modo differente a seconda dei contesti sociali in cui i reati vengono
posti in essere e, talvolta, anche delle caratteristiche dei soggetti che ne sono
autori.
Inoltre, in una società caratterizzata da un‟alta incidenza di delitti è facile
che si determini un abbassamento dello standard etico; l‟assenza di fiducia nelle
azioni di controllo da parte delle autorità preposte all‟identificazione e alla
persecuzione dei colpevoli induce i cittadini a denunciare più raramente i reati di
cui sono vittime.
Va rilevato, infine, che in contesti caratterizzati da carenza di strutture
destinate alla prevenzione ed al recupero della devianza, molte forme di disagio
~ 7 ~
vengono inevitabilmente gestite dal circuito giudiziario, con la conseguenza che
nelle fonti statistiche relative agli autori del crimine alcune categorie socialmente
marginali finiscono col risultare iperrappresentate.
Per i motivi appena esposti, quando il fenomeno criminoso che s‟intende
analizzare presenta particolari difficoltà di rilevazione dovute ad un numero
oscuro piuttosto elevato, come nel caso della delinquenza minorile, è preferibile
che il ricercatore faccia ricorso a strumenti e tecniche d‟inchiesta che chiamano in
causa direttamente l‟esperienza dei soggetti delle condotte devianti, in qualità di
autori e/o di vittime.
Sin dagli anni ‟40 i Self-Report Studies, consentendo ai ricercatori di
superare il filtro rappresentato dalle agenzie di controllo sociale, costituiscono una
soluzione metodologica in grado di fornire una conoscenza più attendibile, oltre
che più completa, del fenomeno criminale. Incrociando le informazioni raccolte
tramite l‟autoconfessione è possibile analizzare non soltanto la misura spazio-
temporale delle condotte delinquenziali, ma anche la dimensione socio-personale
in cui tali condotte sono attuate. La significatività delle relazioni tra le diverse
tipologie di reato e le variabili socio-economiche, culturali ed emotive della vita
degli individui può indicare la direzione educativa da seguire nelle azioni
preventive del disagio.
La dimensione metodologica ha assorbito buona parte del dibattito recente
sui Self-Reports: se, infatti, si profila tra i criminologi un consenso diffuso
sull‟importanza di tali inchieste al fine della più chiara comprensione della
diffusione e della frequenza dei comportamenti devianti, è innegabile che i
~ 8 ~
risultati di queste ricerche dipendono anche dalle scelte metodologiche
privilegiate dai ricercatori (Blakely et al. , 1980).
Al di là delle pur notevoli divergenze metodologiche, i self-reports hanno
contribuito al superamento di numerosi “luoghi comuni” sulla devianza,
ridimensionando notevolmente una serie di certezze sull‟eziologia dei
comportamenti criminali.
In particolare, nelle ricerche criminologiche in cui la delinquenza giovanile
è stata indagata con la tecnica dell'autoconfessione, i risultati hanno evidenziato
che il comportamento illegale dei minori, oltre ad essere più diffuso di quanto
emerge dai dati ufficiali, è un fenomeno esteso anche al genere femminile, di
norma poco rappresentato nelle statistiche nazionali, e frequente allo stesso modo
in tutte le fasce sociali.
Le inchieste di autoconfessione hanno avuto una notevole approvazione
soprattutto nel contesto anglo-americano, tuttavia, dagli anni ‟80 l‟uso dei self-
report studies si ritrova in alcune ricerche criminologiche condotte in Italia sui
comportamenti problematici degli adolescenti: condotte devianti, uso di alcool e
droga, bullismo (Ambroset, Pisapia, 1980; Olivieri, 1982; Mariani, Protti, 1987;
Russo, 1992 ; Gatti et al., 1991, 1994 e 1996, 2007; Coluccia, 2006, Melossi,
2008 ).
Agli aspetti metodologici di tali studi abbiamo dedicato un paragrafo del
primo capitolo, tuttavia riteniamo opportuno presentare in questa parte
introduttiva i risultati, relativi al nostro Paese, della prima ricerca internazionale
~ 9 ~
sulla delinquenza giovanile self-reported, che costituiscono la premessa del
secondo e più ampio studio comparato, oggetto specifico del presente lavoro.
In particolare, nel 1992 alcuni Centri di Ricerca italiani, fra cui anche la
Cattedra di Criminologia dell‟Università di Messina, hanno partecipato al “The
International Comparative Self-Report Study” (ISRD1), uno studio promosso ed
organizzato dal Centro di Ricerca e Documentazione del Ministero della Giustizia
Olandese e comprendente 13 Paesi
1
. L‟indagine italiana ha coinvolto 1009
studenti di scuola media superiore, di entrambi i sessi, residenti in tre città assai
diverse da un punto di vista geografico, economico e sociale – Genova, Siena e
Messina – di età compresa fra i 14 ed i 19 anni.
Da questa ricerca a livello nazionale è emerso che la quasi totalità dei
ragazzi intervistati (85.2%) ha infranto la legge almeno una volta e meno della
metà (45.3%) ha ammesso un‟irregolarità della condotta nella propria vita.
Le infrazioni più frequentemente riferite riguardano l‟uso senza un
regolare biglietto dei mezzi di trasporto (autobus, tram e metropolitana). La guida
senza patente è dichiarata in un numero rilevante di casi, seguono in ordine di
1
Belgio, Finlandia, Germania, Irlanda del Nord, Italia, Olanda, Portogallo, Spagna, Grecia, Nuova
Zelanda, Gran Bretagna, Svizzera, USA. La partecipazione italiana all'International Self-Report
Delinquency Study ha visto coinvolte tre città (Genova, Siena e Messina) assai diverse tra loro, sia
per la collocazione geografica (nord, centro e sud) sia per le caratteristiche socioeconomiche.
A livello internazionale, è emerso che le percentuali delle condotte delinquenziali risultate più
frequenti tra i giovani sono simili tra i diversi Paesi, con una maggiore incidenza del vandalismo
e dei reati contro il patrimonio; l‟età delle ragazze che mettono in atto comportamenti
delinquenziali è più alta rispetto a quella dei ragazzi, salvo per quanto riguarda l‟uso di droghe; la
misura della delinquenza minorile femminile è minore rispetto a quella maschile; il
comportamento deviante dei giovani risulta maggiormente influenzato dall‟assenza del padre che
da quello della madre ; la mancanza di controllo dei genitori sui figli e l‟insuccesso scolastico
sono risultati significativamente associati con tutte le condotte delinquenziali; i giovani delinquenti
trascorrono più tempo con gli amici, mentre i non delinquenti con i propri genitori; l‟appartenenza
ad un gruppo di pari numeroso aumenta la probabilità di mettere in atto comportamenti
delinquenziali; la prima sostanza psicotropa che usano i giovani è l‟alcool, seguita dalle droghe
leggere e poi da quelle pesanti; molti comportamenti illeciti dei giovani non sono scoperti e
quando lo sono non vengono puniti.
~ 10 ~
frequenza i reati contro la proprietà ammessi dal 30.4% dei soggetti, tra cui il
furto nei grandi magazzini è risultato il più diffuso.
Una percentuale piuttosto elevata di soggetti, pari al 25.5%, ha ricordato
almeno un atto di danneggiamento compiuto nella propria vita, ovvero di avere
scritto o disegnato graffiti sui muri e di avere commesso atti vandalici in genere.
Gli atti di violenza sulle persone sono stati riferiti piuttosto frequentemente
(20.1%) e non è trascurabile il fatto che il 5.2% dei ragazzi dichiari di aver portato
un‟arma almeno una volta.
La ricerca ha reso evidente che mentre alcuni comportamenti (il consumo
di sostanze stupefacenti e l‟uso irregolare di mezzi di trasporto) sono commessi
frequentemente, altri (i furti e le violenze contro le persone) di solito
rappresentano condotte occasionali.
I ragazzi commettono reati in percentuale maggiore rispetto alle ragazze,
anche se le differenze tra i due sessi non sono omogenee, ma variano secondo il
tipo di comportamento: le differenze sono piuttosto notevoli per gli atti di
violenza contro le persone e molto meno rilevanti per l‟uso dei mezzi di trasporto
senza regolare biglietto. I risultati della ricerca, confermando quelli di altri self-
report studies sulla delinquenza minorile, hanno avallato una differenza tra la
devianza maschile e quella femminile meno consistente rispetto a quella
presentata dalle statistiche ufficiali, con un rapporto tra autori maschi-femmine
notevolmente variabile da reato a reato. La devianza femminile è stata
particolarmente poco frequente nei casi di azioni criminali gravi osservate.
~ 11 ~
Nello studio, inoltre, si è voluta esplorare la relazione tra la devianza dei
giovani e la classe sociale di appartenenza. I risultati della ricerca italiana
segnalano solo modeste differenze tra i ragazzi di diversa estrazione sociale, non
inducendo pertanto a ritenere che una situazione socio-economica meno favorita
comporti necessariamente una maggiore propensione alla devianza. Tale
conclusione, tuttavia, non può riguardare le classi più marginali e deprivate, le
quali nella fascia di età del campione, in genere, sono già state espulse dal sistema
scolastico o se ne sono allontanate volontariamente.
Una variabile risultata fortemente correlata al comportamento sociale dei
giovani è l‟adattamento scolastico. L‟analisi multivariata di tale relazione
potrebbe aiutare a comprenderne la direzione: è l‟insuccesso scolastico ad indurre
i giovani a ricercare soddisfazioni “alternative” nel comportamento deviante,
oppure è il coinvolgimento in attività devianti che facilita l‟allontanamento del
minore dal mondo della scuola? Esistono condizioni particolari in grado di
incidere contemporaneamente sul disadattamento scolastico e sul comportamento
deviante?
La disgregazione familiare, la mancanza di comunicazione tra genitori e
figli e, in genere, un clima poco armonioso, sono le variabili risultate collegate ad
una più alta percentuale di comportamenti devianti dei ragazzi; diversamente
l‟impegno lavorativo della madre e, di conseguenza, la sua più prolungata assenza
da casa durante la giornata, non sembra incidere su tali comportamenti. Si può
quindi ipotizzare che le funzioni affettive e la qualità del rapporto tra genitori e
figli siano più importanti delle funzioni di supervisione parentale.
~ 12 ~
E‟ emerso, inoltre, che l‟uso di sostanze stupefacenti (prevalentemente
hashish e marijuana) presenta caratteristiche del tutto peculiari, discostandosi
spesso dagli altri comportamenti illeciti. L‟uso di droghe, in particolare, aumenta
col crescere dell‟età, differenzia meno i ragazzi dalle ragazze rispetto ad altri tipi
di condotte ed è più diffuso agli estremi della scala sociale.
Al fine di approfondire i risultati nazionali internazionali dell‟ISRD1
(Junger-Tas, Terlouw, Klein, 1994), è stata organizzata una seconda e più ampia
edizione del progetto di ricerca che ha coinvolto ben 30 Paesi
2
, ovvero il “The
International Self-Report Delinquency Study 2” (ISRD2) coordinato dall'Istituto di
Criminologia e Diritto penale dell'Università di Losanna.
Nella presente tesi sono riferiti i risultati dello studio condotto a Messina
nell‟ambito del “The International Self Report Delinquency Study 2”, al quale ho
personalmente partecipato curando la parte riguardante il campione di giovani
della nostra città, insieme al gruppo di ricerca diretto dalla Prof.ssa Gaetana Russo
presso la Cattedra di Criminologia dell‟Università di Messina.
Nel presente lavoro non si è proceduto al confronto dei risultati tra la
prima e la seconda edizione della ricerca, dal momento che i dati rilevati sono
difficilmente comparabili per due importanti differenze metodologiche volute dai
ricercatori:
2
Armenia, Austria, Belgio, Bosnia-Erzegovina, Canada, Cipro, Danimarca, Estonia, Francia,
Finlandia, Germania, Irlanda, Irlanda del Nord, Islanda, Italia, Lettonia, Lituania, Olanda,
Norvegia, Polonia, Portogallo, Rep. Ceca, Russia, Scozia, Slovenia, Spagna, Svezia, Svizzera,
Ungheria, USA. La partecipazione italiana al “The International Self-Report Delinquency Study
2” ha visto coinvolte 15 città (Bergamo, Brescia, Brindisi, Cormano, Firenze, Genova, Lecce,
Messina, Milano, Napoli, Padova, Perugia, Sassari, Siena, Ventimiglia).
~ 13 ~
• il questionario dell‟ISRD2, elaborato dal gruppo internazionale di
coordinamento, è stato modificato in alcune parti;
• il campione intervistato nell‟ambito dell‟ISRD2, oltre ad essere più
ampio, appartiene a fasce di età diverse, in quanto comprende gli studenti delle
ultime due classi delle scuole medie inferiori e delle prime due delle scuole
superiori
3
.
Nel primo capitolo della nostra ricerca, dopo alcune considerazioni di
carattere metodologico sull‟adozione del self-report in criminologia ed in
particolare sull‟uso del questionario autosomministrato, sono esposti i risultati
comuni emersi nei Paesi partecipanti all‟ISRD2, al fine di fornire una descrizione
delle dinamiche della delinquenza giovanile in una prospettiva internazionale . I
dati disponibili, opportunamente aggregati e rielaborati, sono stati presentati in
tabelle di contingenza al fine di sintetizzare e confrontare le numerose
informazioni raccolte dalle Unità di Ricerca dei singoli Paesi.
Il secondo capitolo è dedicato interamente alla partecipazione italiana
all‟ISRD2. Dopo la descrizione del percorso metodologico seguito a livello
nazionale e dei risultati emersi, sono stati calcolati ed analizzati, in rapporto ai
valori assoluti dei reati autodenunciati in ogni città, i quozienti territoriali della
delinquenza giovanile autorivelata. Tali quozienti sono stati poi confrontati con
quelli della delinquenza giovanile denunciata, elaborati attraverso i dati delle
statistiche ufficiali forniti dall‟ISTAT, al fine di evidenziare la rilevante differenza
3
Nella prima edizione dell‟ISRD il campione era costituito da studenti di tutte le classi delle
scuole superiori.
~ 14 ~
in termini quantitativi tra la delinquenza che appare dalle fonti ufficiali e quella
che emerge dall‟esperienza diretta dei giovani.
Nel terzo capitolo si è dato spazio esclusivamente alla partecipazione
messinese all‟ISRD2. La descrizione monovariata e bivariata della criminalità
autoconfessata dagli studenti della città è stata ulteriormente approfondita con
l‟analisi multivariata (analisi fattoriale e regressione lineare) del fenomeno.
Ponendo le condotte problematiche in relazione con le diverse variabili sociali e
ambientali è stato elaborato un possibile modello esplicativo dei fattori di rischio
più fortemente associati alle condotte delinquenziali diffuse tra gli adolescenti. I
software utilizzati in questa fase di calcolo sono l‟Excel ed il package statistico
SPSS 15.0.
~ 15 ~
CAPITOLO I
THE INTERNATIONAL SELF-REPORTED DELINQUENCY
STUDY 2: LA RICERCA INTERNAZIONALE
1.1. La metodologia e le tecniche di ricerca negli studi
criminologici
Nella vita di tutti i giorni quando vogliamo conoscere un determinato
fenomeno sociale, sia esso individuale o collettivo, disponiamo di due modalità
per raccogliere informazioni: osservare e domandare. La prima è la più diretta e
immediata per studiare i comportamenti manifesti; l'interrogazione è la via
obbligata per esplorare motivazioni atteggiamenti, credenze, sentimenti
percezioni, aspettative (Corbetta, 1999).
Una procedura nota e diffusa nella ricerca, sia sociologica che
criminologica, per la raccolta dei dati é l'inchiesta campionaria. Due sono gli
strumenti che si sono rivelati efficaci al fine di rilevare informazioni interrogando
un campione della popolazione: l‟intervista (face to face o telefonica) e/o il
questionario anonimo, che è divenuto, sin dalla seconda metà del ventesimo
secolo, uno strumento molto diffuso, ai fini della raccolta dei dati, nelle ricerche
criminologiche che utilizzano la tecnica del self-report.
~ 16 ~
L‟analisi di fenomeni criminologici di difficile rilevazione e caratterizzati
da un elevato numero oscuro, fondata in passato quasi interamente sui dati
ufficiali, oggi è supportata da nuovi e più efficaci metodi di raccolta dei dati, tra
cui il self-report, testato da numerosi studi metodologici condotti negli USA sia
per quanto riguarda l‟affidabilità che la validità.
1.2. I primi Self-Report Studies e la misurazione della
delinquenza: i nodi metodologici
Gli studi sui comportamenti devianti e criminali effettuati negli USA nella
prima metà del ventesimo secolo (Park, Burgess, McKenzie, 1925; Shaw, McKay,
1942), basati essenzialmente sui dati delle statistiche ufficiali della Polizia, dei
Tribunali e degli Istituti Carcerari, descrivono la distribuzione del crimine in
rapporto alle caratteristiche socio-demografiche degli autori di reato; questi ultimi
risultano in prevalenza soggetti provenienti da aree disagiate della città,
appartenenti a ceti sociali deprivati ed a gruppi di minoranze.
Il legame tra svantaggio – che fosse socio-economico, psicologico o
biologico – e devianza viene messo in discussione dagli studi di Sutherland
(1939). A partire dalla sua teoria delle associazioni differenziali, apparsa nel 1924
e formulata progressivamente fino al 1939, egli sostiene l‟ipotesi che vi sono
attività delinquenziali alternative e trascurate rispetto a quelle riportate dalle
statistiche ufficiali; risulta inevitabile, quando i dati istituzionali riportano la
massima parte dei crimini commessi dalle classi più povere, non stabilire tra
queste due variabili una dipendenza reciproca. Nella ricerca di Sutherland sono
~ 17 ~
identificati dei crimini parificabili alla categoria dei furti e delle rapine, che
essendo commessi nel corso delle loro attività da persone rispettabili riuscivano
ad ottenere la rimozione dei simboli esteriori del crimine. La scoperta
dell‟esistenza di una criminalità dei colletti bianchi sommersa (in quanto non
rilevata dalle fonti ufficiali), sprona i ricercatori alla ricerca e all‟uso di nuovi
metodi di raccolta dati, tali da misurare con maggiore esattezza la reale diffusione
della criminalità.
Austin Porterfield (1943, 1946) è il primo studioso americano a condurre
un‟inchiesta sulla criminalità giovanile applicando il metodo del self-report.
Dopo avere identificato 55 tipi di crimini per i quali 2049 giovani sono stati
giudicati colpevoli dai Tribunali minorili, l‟Autore seleziona un campione di 337
studenti, ai quali somministra un questionario per rilevare se e con quale
frequenza avevano commesso le stesse tipologie di reato. Tutti gli studenti
campionati hanno ammesso almeno un reato grave, ma solo in pochi sono stati
denunciati all‟autorità preposta. Porterfield evidenzia inoltre che il self-report si è
rivelato uno strumento gradito ai soggetti del campione, i quali non solo non
hanno manifestato ritrosia all‟inchiesta, ma hanno risposto in numero consistente
riducendo in tal modo l‟errore di non risposta.
Alla luce dei risultati raggiunti da Porterfield, ad applicare questo metodo
sono Wallerstein e Wylie (1947) su un campione di 1698 adulti di entrambi i
sessi, ai quali è chiesto di riferire su eventuali crimini commessi prima dei 16
anni: il 64% degli uomini e il 29% delle donne ammettono di avere compiuto
almeno un atto illegale prima di questa età.