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PREMESSA
PASSATO E PRESENTE DEL MEDIOEVO: breve profilo
storiografico di Jean Claude Schmitt
Segno è tutto ciò che, manifestandosi sensibilmente, indica, rivela che una cosa è
presente o vi è stata. Il Medioevo è vivo nella nostra quotidianità attraverso un gran
numero di questi elementi. Spesso, senza accorgercene, il nostro sguardo si posa su edifici
civili ed ecclesiastici, pievi, chiese, edicole, ruderi, piante cittadine ed altro ancora, a
testimonianza di un passato che è ancora attuale. Siti archeologici che raccontano la nostra
Storia nei diversi periodi, dall’Antichità al Medioevo e ad oggi, sono lì a testimoniare
quanto il passato sia ancora vicino a noi.
Gesti comuni che, nel tempo, non hanno cambiato forma accompagnano il
quotidiano pur conservando una memoria lontana.
L’attualità è dunque legata a ciò che è stato, a ciò che noi siamo stati: la civiltà coeva
prende vita dai tempi lontani e l’Oggi è il frutto della Storia vissuta attraverso le diverse
componenti che hanno determinato - più di quanto pensiamo - ciò che siamo.
Simboli, credenze, superstizioni e folklore affondano le loro radici in ciò che è stato
e sopravvivono nella civiltà contemporanea.
Ecco quindi, negli ultimi decenni, il moltiplicarsi delle ricerche sulle “culture
popolari” dell’Europa che permettono agli storici di mettere in opera metodi nuovi e
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scoprire nuovi oggetti (relazioni di parentela, sistemi simbolici, ecc.) avvalendosi
dell’antropologia storica e di altre scienze sociali.
E’ di tutto ciò finora descritto che si è occupato e si occupa Jean Claude Schmitt,
storico e antropologo francese, direttore degli studi all’Ecole des Hautes Etudes en
Sciences Sociales a Parigi, membro autorevole della scuola delle Annales e direttore del
GAHOM (Gruppo d’Antropologia Storica dell’Occidente Medievale), secondo il quale è
proprio nei secoli XI, XII e XIII che nasce la modernità occidentale.
In questo elaborato sono riassunti alcuni suoi lavori con considerazioni e commenti
della candidata, individuabili da un rientro tipografico.
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BIOGRAFIA
Jean Claude Schmitt nasce a Colmar, comune francese dell’Alto Reno nella regione
dell’Alsazia, il 4 Marzo1946.
Direttore di studi all’Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales (EHESS) a Parigi
dal 1983, si è sempre interessato agli aspetti socio - culturali dell’Occidente medievale
trattati in prospettiva storico - antropologica. Alterna il tipo di studio microstorico alle più
vaste sintesi riguardanti il tema delle superstizioni, dei fantasmi, dei sogni, dei riti immersi
nella società medievale e nella sua struttura sociale, economica, politica e religiosa.
I singoli studi sono accompagnati da un lavoro di équipe che si conclude con la
pubblicazione di antologie, con la costituzione di una banca - dati e con la realizzazione di
una biblioteca specializzata presente nel “Centro di Ricerche Storiche”, nato all’interno del
Gruppo di Antropologia Storica dell’Occidente Medievale - GAHOM- fondato da Jaques
Le Goff nel 1978.
Nel 1971 è paleografo archivista e associato di Storia, mentre nel 1973 è impegnato
nel Dottorato di ricerca in Storia. Dal 1973 al 1983 svolge il ruolo di docente e di Direttore
di Studio presso EHESS ma già dal 1976 inizia i suoi numerosi viaggi di ricerca e di
insegnamento in importanti Atenei esteri, ad oggi non ancora conclusi.
Ricopre alte funzioni amministrative dal 1985 e nel 2010 diventa Membro del Consiglio
Accademico consultivo dell’autorevole istituto internazionale ungherese “Collugium
Budapest” . Componente di Comitati scientifici di molti atenei, si trova impegnato anche
nel campo dell’editoria con il ruolo di co-direttore di varie collane.
Nell’ultimo decennio gli sono stati conferiti prestigiosi riconoscimenti come, per
esempio:
- Cavaliere dell’Ordine delle Palme Accademiche ( Francia, 2002);
- Dottore Honoris Causa presso l’Università di Munster (Germania, 2003);
- Medaglia d’argento del CNRS (Centro Nazionale della Ricerca Scientifica, Francia,
2003);
- Cavaliere della Legion d’Onore (Francia, 2005. E’ la più alta onorificenza
attribuita dalla Repubblica francese);
- Corrispondente membro dell’Accademia Medievale d’America (2008);
- Membro della fondazione Reimar Lust-Preis, Alexander von Humboldt Stiftung
(2008).
Ancora oggi è autore di molti articoli.
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1. TRADIZIONI FOLKLORISTICHE E RELIGIOSE
La visione della cultura medievale privilegia una contrapposizione: quella tra la
cultura dotta, letterata, scritta, latina, clericale e la cultura folklorica, intesa nei suoi
contenuti e nella sua logica di funzionamento, come un polo opposto al primo.
In epoca medievale, le tradizioni possono riguardare tutti i ceti, ma è soltanto presso
alcuni di essi - principalmente fra i chierici - che vengono confrontate le pratiche culturali
diverse da quella orale (scrittura, lettura) con gli altri contenuti culturali (letteratura scritta,
scienza, teologia, ecc.). Naturalmente la diversità di questi ceti litterati è molto grande, ma
quella degli illitterati non lo è meno, e fra il X e il XII secolo il folklore europeo si
riorganizza attorno a tre cellule fondamentali: il linguaggio cavalleresco, la città o il
quartiere e la comunità rurale.
I documenti d’epoca sono buone guide per identificare le tradizioni folkloristiche e
valutarne la loro diffusione sociale; il folklore non risulta essere esclusivamente rurale, né
limitato ad una particolare classe sociale.
Esso non si perde nelle varie epoche storiche e presenta caratteristiche più o meno
diverse e cambiamenti di ritmi a secondo dei condizionamenti socio-culturali e religiosi; si
lega ad una “mitologia cristiana”, ai cicli del calendario e al simbolismo carnevalesco.
La cultura folkloristica che si fonda sul calendario trova la sua coerenza sulla
combinazione del computo solare (equinozi, solstizi) e di un computo lunare: noviluni e
pleniluni dividono il ciclo dell’anno in otto periodi di quaranta giorni e il perno di questo
sistema calendariale è il 2 Febbraio, la "Candelora", giorno in cui l’orso, o l’uomo
Schmitt J. C., Religione, folklore e società nell’Occidente Medievale
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selvaggio, esce dalla sua caverna per verificare l’inizio della primavera, quaranta giorni
dopo il solstizio d’inverno.
La Candelora è una sorta di porta immaginaria che dall’inverno conduce alla
primavera; è il periodo adatto ai riti propiziatori di fertilità e fecondità per l’annata agricola
che sta per cominciare: si passa dal freddo, dal buio e dalla morte dell’inverno al
rinnovamento primaverile. Le sue origini sono legate alle antiche celebrazioni delle
divinità romane e, come momento di passaggio rituale nel cerchio dell’anno, essa è
presente in tutte le culture di origine indoeuropea.
Nella Roma antica il mese di Febbraio è un momento contrassegnato dal caos, dal
rimescolamento tra vecchio e nuovo e non a caso è ancora oggi legato al Carnevale, la
festa celebrativa della confusione e del ribaltamento delle regole. In questo periodo,
dedicato al dio Februus, vengono purificate le città e onorati i defunti e gli appartenenti al
mondo degli inferi; in questo senso, i riti di Febbraio (februare significa purificare) sono
considerati speculari alle feste autunnali dedicate ai morti e oggi caratterizzate dalla festa
di “Ognissanti” (1° Novembre, quaranta giorni dopo l’ equinozio di autunno) e dalla
Commemorazione dei Defunti, feste cattoliche autunnali situate al termine dell’anno
agricolo.
Il rito della Candelora fu introdotto dalla Chiesa solo nel VII secolo, adottando una
festa della Chiesa orientale che celebrava, fin dal IV secolo, la Presentazione al Tempio del
Signore e la relativa purificazione rituale di Maria (che veniva purificata nel momento
stesso in cui il fanciullo era presentato al Tempio). Nella februatio, la purificazione della
città, le donne giravano per le strade con ceri e fiaccole accese, simbolo di luce.
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A Roma - tra la fine del IX e l’inizio del X secolo - vi è l’usanza di benedire e
distribuire le candele ai fedeli (da qui Candelora) a simbolo del nuovo fuoco vitale della
primavera. Popolarmente le candele benedette acquistano dunque poteri terapeutici e
protettivi: vengono infatti conservate e accese solo in caso di calamità, come ad esempio
per temporali violenti, tempeste, agonie di un malato, epidemie, parti difficili ed altro
ancora.
Oggi i sacerdoti invitano a conservare le candele distribuite in
chiesa durante la Messa del 2 Febbraio e ad accenderle soltanto in
caso di bisogno o di fronte ad eventi particolarmente significativi
(come, ad esempio, la fine del mondo annunciata prima dell’anno
2000).
Nella realtà contadina, la Candelora è un momento di demarcazione del tempo e i
proverbi legati a questa data, facili da ricordare, rimandano a precetti e comportamenti che
richiamano un arco di millenni e che si sono diffusi attraverso una cultura orale: accanto a
quelli recitati in latino ve ne sono molti in lingua italiana, tutt’oggi citati e conosciuti un
po’ da tutti, anche da coloro che non sono a contatto con la realtà agreste.
La Luna Nuova di Febbraio segna la data d’inizio del Carnevale, poiché la Pasqua
giungerà esattamente quaranta giorni dopo (ovvero una lunazione e mezza) e questo
novilunio è una demarcazione fondamentale dell’annata contadina perché influenza il
clima di questo periodo
e per il coltivatore - ieri come oggi - è importante capire se iniziare
le semine o aspettare ancora: sbagliare tempo significa infatti, da
sempre, avere un magro raccolto.