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colloquiale.
L’obiettivo che mi propongo è verificare in quale misura il linguaggio
adottato da Ligabue nelle proprie opere abbia contribuito al successo della
sua produzione artistica. Come detto, è inevitabile, infatti, rilevare come il
parlato del cantautore emiliano sia contraddistinto da elementi peculiari,
non rintracciabili con la stessa frequenza nelle realizzazioni di altri artisti
italiani, e pare facile dimostrare che proprio queste caratteristiche
costituiscono un importante elemento di distinzione nel panorama della
musica leggera italiana. L’uso di parole dialettali e gergali e di modi di dire
particolari, nonché di vocaboli stranieri, l’espressione di determinati
concetti con una terminologia propria di un mondo prettamente giovanile o
per mezzo di metafore, l’adozione di una serie di elementi stilistici e
formali propri del linguaggio parlato (ed anche la rilevante inflessione
emiliana nella pronuncia ed il caratteristico timbro di voce, che pure non
prenderemo in considerazione nell’ambito di questa ricerca) consentono
un’immediata attribuzione di un testo a Ligabue, ne costituiscono una sorta
di ‘documento di riconoscimento’. Non va, inoltre, trascurato il fatto che
anche i contenuti delle canzoni rivestono un ruolo importante nell’ampia
diffusione commerciale registrata dalle opere di Ligabue: per questo
motivo, ho scelto di dedicare una sezione del mio studio a questo aspetto.
Prendendo in considerazione il panorama musicale italiano degli ultimi
anni, l’importanza del linguaggio come elemento in grado di influire sul
successo ottenuto da un cantante appare, peraltro, facilmente dimostrabile.
È sufficiente pensare ai testi delle canzoni di Vasco Rossi, idolo dei fans
italiani per quasi tre lustri a cavallo dei decenni ‘80 e ‘90. Testi ricchi come
pochi altri di sgrammaticature, volgarismi, modi di dire, periodi incompleti
e quant’altro, che proprio per questo è possibile sentire citati a memoria
anche (se non soprattutto) da chi, quel modo di parlare, lo riconosce come
proprio e lo utilizza nelle interazioni di tutti i giorni. Si consideri il seguente
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esempio:
Anche se... non lo so, non vorrei... ma però... No! Non credo
proprio che sia così, sarebbe comodo sì, ma io non sono come
te, anche se dove andrò non saprei... o non sarò. No! Questo è
un amore grande, sì, vuoi che ti dica così. (Ciao)
Per quanto, ad una prima lettura, possa sembrare esageratamente ricco di
devianze, in realtà - verrebbe da dire purtroppo - non è raro sentire persone
esprimersi in questo modo nel tentativo di raccontare un evento sul quale si
hanno le idee confuse.
Al contrario, autori come Venditti e Baglioni, che pure hanno ottenuto
grandissimi riconoscimenti di pubblico negli stessi anni, hanno visto il loro
target limitato da soluzioni linguistiche, lessicali e sintattiche non altrettanto
semplici da comprendere e ricordare, come le seguenti:
La troupe del fuggiasco stasera ha cambiato la scena, sulla
neve e sul fango lentamente arrancano piano, e si lasciano
indietro ridendo la ricca Milano, carovana di gente da circo
sbandata davanti alla nebbia. (Lo stambecco ferito, Venditti)
Io e i miei cassetti di ricordi e di indirizzi che ho perduto, ho
visto visi e voci di chi ho amato prima o poi andare via e ho
respirato un mare sconosciuto nelle ore larghe e vuote di
un’estate di città accanto alla mia ombra nuda di malinconia.
(Strada facendo, Baglioni)
Il presente lavoro mi pare interessante anche alla luce di un’ulteriore
considerazione. L’epoca in cui viviamo, infatti, si caratterizza, dal punto di
vista linguistico, per una frequente commistione tra la lingua che potremmo
definire ‘ufficiale’, riportata dalle grammatiche, e i diversi ‘modi espressivi’
adottati da personaggi influenti sull’opinione pubblica: soprattutto,
protagonisti dello spettacolo, della televisione, del cinema e della musica.
Rileva Marcato (1985, pag. 35) che «nell’età delle comunicazioni di massa
è riesplosa la questione della lingua, proprio perché il modo orale è regolato
più dai costumi che dal codice», vale a dire che la moda, o le mode,
linguistiche del momento, derivate in generale dai settori più disparati delle
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comunicazioni di massa e nello specifico dal mondo dello spettacolo, hanno
più presa, rispetto alle norme standard, sulla gente (e, aggiungerei io, in
particolar modo sulle fasce più giovani della popolazione, che risultano
essere le maggiori consumatrici di prodotti della comunicazione di massa e
che, nel periodo dell’apprendimento, si trovano ‘bersagliate’ da strumenti
linguistici che, inevitabilmente, entrano a far parte del loro bagaglio
comunicativo). Dunque, diventa importante prestare attenzione alla
modalità espressiva adottata da chi, come Ligabue, rappresenta un chiaro
punto di riferimento artistico e culturale per i giovani: sarà interessante
valutare se la commistione di stili procede in direzione univoca (elementi
dell’italiano colloquiale che vengono adottati da Ligabue nel tentativo di
rendere il proprio linguaggio aderente alle realtà sociali) o se, piuttosto,
esiste una sorta di scambio reciproco (ovvero, se accade anche che caratteri
propri della lingua del cantautore entrino stabilmente a far parte del
linguaggio informale comune). Se questo fatto potrà essere verificato, non
sarà, certamente, il primo caso di osmosi linguistica dalla canzone alla
società: da molto tempo, ormai, la musica è considerata uno degli strumenti
privilegiati per diffondere l’italiano in tutta la nazione, come messo in luce
da De Mauro nella prefazione al volume Storia della canzone italiana di
Borgna, in cui si legge «le canzonette hanno fatto da pattuglia avanzata per
fissare la conoscenza e l’uso della lingua e della cultura comune, e spesso
nuova, che la lingua implicava.» (Borgna 1985, pag. VII)
Oltre agli elementi connessi all’aspetto puramente concreto della lingua,
bisogna, inoltre, tener presente che la canzone ad ampia diffusione
commerciale investe, al giorno d’oggi, settori che possono essere
considerati ‘culturali’
1
. Sono in molti, ormai, gli studiosi che ritengono di
1
Quanto detto è, a mio parere, ancor più vero qualora si stia trattando, come nel caso in oggetto, di
artisti che sono convinti di ciò e che, pertanto, sentono di doversi comportare di conseguenza. Ha
dichiarato lo stesso Ligabue: «Ma non è cultura una canzone che comunica, dà emozioni nella sua
semplicità e arriva a tutti indistintamente? O, piuttosto, è cultura popolare quella della cosiddetta
canzone alta, quella che capiscono in pochi? No, la grande canzone è quella che arriva a tutti,
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dover prestare maggior attenzione al mondo della musica leggera, vista la
diffusione pressoché totale che questa registra tra la popolazione italiana.
C’è chi, come Sobrero (1990, pag. 223), si dichiara fermamente convinto
che «la canzone sia oggi l’unico canale che genera una qualche ‘attesa di
poesia’ da parte dei giovani [...] scorrendo i testi di queste canzoni trovo un
quadro delle varietà della lingua italiana ricco e vario quale non si ritrova,
forse, in nessun poeta contemporaneo». Lo studio del rapporto tra parole e
musica, o, se si preferisce, tra ‘parole in musica’ e ‘parole nella società’ è,
ormai, da considerarsi non un mero esercizio privo di finalità significative,
bensì un lavoro volto ad analizzare e comprendere uno degli aspetti che
determinano con maggior vigore la mutevolezza sociale della lingua
italiana.
Il lavoro che qui presento ha richiesto una lunga fase di preparazione,
consistita nello spoglio dettagliato di tutti i testi di Ligabue volta ad
evidenziare, superando la curiosità e l’interesse suscitati da una prima
distratta fruizione delle opere del cantautore, quali fossero gli elementi
peculiari di tale modalità espressiva. Il materiale era rappresentato da
cinquantasette canzoni ed un volume di circa centottanta pagine, ai quali si
è aggiunta, in un secondo tempo, la sceneggiatura di un film. In particolare,
mi sono trovato nell’incertezza di come procedere quando si è trattato di
decidere la struttura del lavoro, che doveva, nelle mie intenzioni, mantenere
un’impostazione prettamente improntata alla linguistica, senza troppe
concessioni ad elementi di carattere biografico o, peggio ancora,
promozionale. Per questo motivo, la scelta nell’impostazione è, infine,
caduta su una suddivisione degli elementi testuali più significativi in alcune
categorie ‘tradizionali’ della linguistica, categorie che sono, poi, state prese
singolarmente in analisi: all’interno di ciascuna di esse ho cercato di
questa è la cultura popolare. Non ha senso scrivere per il gruppo di ascolto, da artista di culto.»
(Riportato in Ginanneschi-Macale 1999, pag. 90).
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realizzare un confronto tra gli elementi rinvenuti nei testi di Ligabue e le
caratteristiche proprie del parlato italiano, confronto che mi consentisse di
mettere in evidenza le affinità eventualmente esistenti tra i due modelli di
lingua. Terminata la fase di catalogazione, il lavoro è proceduto in maniera
più scorrevole, seppur con qualche ostacolo rappresentato dalla scarsa, per
non dire nulla, collaborazione che mi è stata offerta da alcuni soggetti da
me interpellati: in particolar modo la WEA italiana, casa discografica di
Ligabue, che ha dichiarato di non poter collaborare per la necessità di
proteggere la privacy degli artisti, e lo stesso cantautore che, probabilmente
per motivazioni di carattere lavorativo (è prevista a breve termine l’uscita di
un nuovo disco), non ha inteso rispondere ad alcune mie domande.
Il mio studio presenta, inevitabilmente, una consistente impronta
personale che, mi rendo conto, potrebbe suscitare critiche e dissensi. Al di
là del fatto che solo la formulazione di una teoria consente ai suoi detrattori
di poterla falsificare, tuttavia, mi preme sottolineare che l’impostazione
soggettiva della mia ricerca trae spunto non solo dalla volontà di dichiarare
esplicitamente le mie convinzioni, bensì anche dal fatto che i documenti
bibliografici che trattano dell’argomento sono in numero davvero limitato e,
per di più, dedicati, nella maggior parte dei casi, alla lingua delle canzoni
dei decenni passati, che si caratterizzavano per la forte connotazione
politica dei testi. Confronti e spunti critici si sono rivelati, pertanto,
alquanto difficili da proporre, se non con scritti che solo in parte risultavano
inerenti la materia di questo lavoro, trattando l’argomento a livello
generale.
Nel primo capitolo propongo una concisa biografia di Luciano Ligabue,
che consentirà anche di conoscere in maniera più approfondita il materiale
oggetto della mia analisi.
Nel secondo capitolo, l’analisi è centrata sul rapporto esistente tra la
canzone intesa nel suo complesso ed il testo che la accompagna.
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Inizialmente, proporrò una breve indagine sugli elementi che influiscono in
misura più accentuata sulla creazione di un testo letterario da associare ad
una data melodia. In seguito, avvicinandomi al campo della mia ricerca,
evidenzierò i principali tratti caratteristici della testualità che investono
l’intero corpus artistico di Ligabue, gli stili adottati ed alcune altre
peculiarità riscontrabili non solo nei brani musicali, ma anche tra le pagine
di Fuori e dentro il borgo e della sceneggiatura di Radiofreccia.
Il terzo capitolo, che rappresenta il nucleo centrale della mia ricerca,
contiene una approfondita analisi di tutti i principali tratti caratteristici della
lingua definita italiano colloquiale che possono essere rinvenuti con
frequenza non casuale nelle opere del cantautore emiliano. Per ciascuno
degli elementi verranno evidenziati impieghi, valenze e funzioni: essi
verranno, inoltre, messi a confronto con impieghi analoghi riscontrabili in
altri contesti mediatici, quali la pubblicità o il giornalismo.
Nel quarto capitolo schizzo un quadro riassuntivo delle principali
tematiche trattate nei testi di Ligabue. Poiché ho voluto mantenere un punto
di vista che prediligesse gli aspetti linguistici della questione, anche
l’analisi delle tematiche è stata operata partendo da spunti di carattere
lessicale: in particolare, mediante un computo numerico volto ad
individuare quali fossero i vocaboli ricorrenti con maggior frequenza nei
testi di Ligabue sono state individuate alcune categorie semantiche, che
coincidono con gli argomenti che ricorrono più spesso nei racconti del
cantautore.
Infine, nell’ultimo capitolo ho ritenuto interessante prendere in analisi
alcuni aspetti che, più o meno direttamente, hanno a che vedere con la
testualità di Ligabue. Innanzitutto, ho voluto studiare il comportamento
linguistico dei soggetti che più facilmente possono essere considerati
‘seguaci’ di Ligabue, in particolar modo gli iscritti al fans club e gli
spettatori dei concerti; dove era possibile, ho messo in evidenza le analogie
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esistenti tra le loro modalità espressive e la lingua del cantautore, per
dimostrare l’effettiva commistione di stili esistente. In seguito, ho riportato
un certo numero di frasi tra le più significative scritte da alcuni ragazzi
iscritti al fans club in relazione all’argomento qui trattato: si tratta di
dichiarazioni spontanee, secondo il mio parere molto interessanti ed utili a
confermare le mie ipotesi di partenza, che i soci hanno inteso farmi avere in
seguito alla pubblicazione di un annuncio sulla fanzine. Infine, ho realizzato
una breve analisi dei dati di vendita in Italia ed all’estero per confermare
quanto già ricordato sopra, ovvero che il limitato successo di Ligabue
all’estero sembra confermare l’importanza della comprensione dei testi ai
fini del suo successo commerciale.
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CAP. 1 - LUCIANO LIGABUE
1.1 La vita
Luciano Ligabue nasce a Correggio, in provincia di Reggio Emilia, il 13
marzo 1960. Dopo aver vissuto pienamente la propria adolescenza nel
contesto del piccolo paese che lo circonda, si diploma in Ragioneria e
svolge diversi lavori senza però mai dimenticare la propria passione, la
musica. Nel febbraio del 1987 Ligabue tiene il suo primo concerto, con un
gruppo musicale chiamato Orazero, in un circolo culturale di Correggio.
All’inizio dell’anno successivo, il cantautore Pierangelo Bertoli decide di
incidere in un proprio disco una canzone scritta da Ligabue, Sogni di
Rock’n’Roll, seguita, nel 1989, da Figlio d’un cane, inserita in un nuovo
album di Bertoli. La grande occasione per Ligabue arriva, però, nel luglio
del 1988, con la vittoria al concorso provinciale per giovani artisti
Terremoto rock, che permette al cantautore di incidere il proprio primo
disco singolo, contenente i brani Anime in plexiglas e Bar Mario. A partire
da questo momento, la crescita di popolarità di Ligabue è piuttosto rapida,
si susseguono le vendite dei dischi, i premi ed i riconoscimenti da parte di
critica e pubblico. Tra le date da ricordare per il cantautore, va segnalato il
22 settembre 1995: in quel giorno, l’uscita del disco Buon Compleanno
Elvis consente a Ligabue di raggiungere, per la prima volta in carriera, la
vetta delle classifiche italiane di vendita, rimanendovi per settanta settimane
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e vendendo oltre 900.000 copie del disco. Oggi Ligabue può essere
considerato, insieme ad Eros Ramazzotti e a Vasco Rossi, tra i cantautori
italiani che ottengono il maggior seguito di pubblico.
1.2 La discografia
La prima opera musicale di Ligabue come cantautore professionista
risale al maggio del 1990: si tratta dell’album omonimo, Ligabue, che lo
consacra come una delle più importanti novità musicali nel panorama
italiano di quel periodo (dopo sette mesi riceverà il disco d’oro,
riconoscimento consegnato a chi vende centomila copie di un disco). Prima
di allora l’attività del cantante si era, come detto, limitata ad esibizioni a
carattere locale, in circoli ed altri locali in prevalenza nella zona di Reggio
Emilia. In Ligabue appare molto forte il legame tra Luciano Ligabue e il
linguaggio. Ciò è evidente fin dall’analisi della copertina dell’album: in
essa, infatti, vengono riportati tutti i testi delle canzoni contenute, ed inoltre,
al termine di ogni brano, sono scritte alcune frasi, pronunciate da
personaggi famosi, che Ligabue ha ritenuto avessero attinenza con il
contenuto dei vari brani. Nel settembre del 1991 è la volta di Lambrusco,
coltelli, rose e pop corn: anche questa volta emerge la voglia di Ligabue di
attribuire importanza alle parole, visto che, nel booklet che accompagna il
cd, viene proposto un abbinamento di titoli di opere celebri al testo di
ciascuna delle canzoni che compongono l’album. Seguono, in rapida
successione, gli album Sopravvissuti e sopravviventi (1993) e A che ora è la
fine del mondo? (1994). Nel ‘95 esce Buon compleanno Elvis, che sancisce
il definitivo successo di Ligabue, da molti considerato, ormai, fra i più
importanti autori italiani contemporanei di musica leggera. Nella primavera
del ‘97 appare nei negozi il primo disco registrato dal vivo, Su e giù da un
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palco, che contiene anche tre brani inediti. Infine, nel ‘98, in
contemporanea con l’uscita nelle sale cinematografiche del film
Radiofreccia, viene pubblicato un nuovo disco, dal titolo uguale a quello
della pellicola, contenente l’intera colonna sonora ed anche alcuni brevi
estratti del parlato del film che, a parere dell’autore, rivestono
un’importanza particolare.
1.3 Il libro
Nel 1997 compare, nelle librerie di tutta Italia, un piccolo volume edito
da Baldini & Castoldi, Fuori e dentro il borgo: l’autore è Luciano Ligabue,
che ha inteso scrivere un’autobiografia della propria vita, passata e recente,
trascorsa a Correggio e caratterizzata da molti personaggi e divertenti storie
che ruotano intorno alla cittadina emiliana. Per le particolari caratteristiche
della narrazione, l’opera risulta piuttosto estranea ai tradizionali dettami
della narrativa. Il testo viene accolto con molto scetticismo da parte della
critica letteraria, ma ‘va a ruba’, tanto che la casa editrice deve produrre tre
ristampe in pochi mesi. A furor di popolo, anche gli studiosi della materia
più scettici sono costretti a tornare sull’argomento per analizzare il
fenomeno una seconda volta, alla luce dei risultati di mercato. Giungono,
ora, anche i riconoscimenti ufficiali, tanto che il libro viene insignito, da
parte di qualificate giurie, di due premi letterari, Elsa Morante-Procida e
Città di Fiesole.
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1.4 Il film
Nell’ottobre 1998 è uscito, nelle sale cinematografiche italiane,
Radiofreccia, pellicola di cui Ligabue è regista e sceneggiatore. Il film
ripropone alcune delle storie raccontate in Fuori e dentro il borgo, con
particolare attenzione agli episodi relativi alla storia di una piccola
emittente radiofonica locale degli anni ‘80, attiva nella zona di Correggio e
conosciuta, appunto, con il nome Radiofreccia. In un’analisi attenta al
linguaggio, quale si propone di essere questa, diventa importante annotare
che, pochi giorni prima del debutto del film nelle sale, la commissione per
la censura cinematografica aveva imposto il divieto ai minori di quattordici
anni di assistere allo spettacolo poiché si sosteneva, tra le altre cose, che il
linguaggio era ricco di oscenità. In seguito al reclamo d’urgenza inoltrato
dalla produzione, la stessa commissione, con componenti differenti, rimosse
il divieto. Al di là delle considerazioni sulla reale legittimità dell’istituto
censorio per il cinema nella società odierna, considerazioni che non mi
competono in questa sede, resta da rilevare il fatto che, apparentemente, si
voleva evitare ai giovani con meno di quattordici anni di assistere ad uno
spettacolo che riproduce, anche nell’oscenità del linguaggio, l’ambiente in
cui noi tutti ci troviamo, volenti o nolenti, a vivere. Non solo: è stato
dimostrato (Banfi 1992) che quel linguaggio è di padronanza comune
proprio dei più giovani, che contribuiscono a modificarlo ed a farlo
evolvere, cosicché non è pensabile, a mio parere, che essi possano esserne
turbati vedendolo rappresentato in un film - il cui messaggio risulta,
peraltro, essere tutt’altro che negativo, dal momento che si tratta di un
invito a tenersi lontani dalle vere piaghe della società odierna, prima fra
tutte la droga.
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CAP. 2 - CANZONI E TESTI: QUALE RAPPORTO?
2.1 I fattori che determinano la creazione del testo di una canzone
Spesso, ascoltando una canzone, viene da chiedersi quali siano le
motivazioni che stanno alla base della scelta degli elementi testuali e
lessicali che costituiscono il testo di quel brano. Perché la comprensione di
molte canzoni richiede un livello di concentrazione che, per altre, non è
necessario, in virtù della più agevole interpretazione lessicale? Perché,
inoltre, alcuni autori trattano argomenti ‘leggeri’ ed altri parlano, invece, di
tematiche serie, che toccano gli ambiti più profondi del sociale? Cercherò di
dare una risposta a questi interrogativi nelle prossime pagine, valutando
anche quali siano i risultati raggiunti, fino ad oggi, dai lavori linguistici
completati sull’argomento.
In realtà, la linguistica ha trascurato, fino a pochi anni fa, l’intero ambito
della canzone italiana commerciale, come rilevato da Coveri (1987, pag.
75): «Stupisce il ritardo dei linguisti nel porsi sullo stesso terreno di
sociologi, musicologi ‘seri’ e storici, che fin dagli anni Sessanta non hanno
temuto di ‘sporcarsi le mani’ studiando il fenomeno della canzone di
consumo.» Cosicché, nel momento in cui si è presa coscienza
dell’importanza rivestita da tale strumento comunicativo, gli studi si sono
susseguiti senza sosta ma, anche a causa del volume non indifferente di
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materiale da prendere in considerazione, sono risultati spesso e volentieri
confusi e, in qualche caso, tra loro contraddittori. Alcune conclusioni cui si
è giunti paiono, comunque, inconfutabili e costituiscono una buona base di
partenza per un approfondimento del tema.
L’elemento fondamentale, che ci consentirà di fornire una soluzione al
problema proposto, è la capacità di capire come si scelgono le parole ed i
costrutti per un brano musicale, quali sono i fattori che determinano
l’adozione di un vocabolo o di un tipo di sintassi al posto di un altro. Coveri
individua tre precisi dettami ai quali lo scrittore di testi, o il cantautore, non
può sottrarsi: «Il poeta delle canzonette [...] è tutt’altro che libero di fronte
alla pagina bianca. Intanto, deve condensare il proprio testo nell’ambito dei
tre minuti che rappresentano la durata standard di una canzone; deve [...]
rispettare l’alternanza tra la strofetta, che serve da introduzione al tema, e il
ritornello [...] che dovrebbe essere alla base dell’’orecchiabilità’ di testo e
musica, cioè della capacità di memorizzare, che è garanzia del successo di
una canzone. Infine, il rapporto con le note. La musica, nella stragrande
maggioranza dei casi, viene composta prima del testo.» (Coveri 1992a,
pagg. 152-153) Si potrebbe, in base a ciò, essere tentati dal ritenere che le
uniche motivazioni, nella scelta delle parole di un testo, siano di carattere
pratico ed estetico: ciò che suona meglio verrà adottato per quella canzone.
D’altra parte, è lo stesso Coveri (1987, pag. 76) a precisare che «le esigenze
insopprimibili della melodia limitano fortemente la libertà del testo: la
‘mascherina’ rappresentata dallo schema ritmico preesistente segna il
confine invalicabile tra il poeta e il ‘paroliere’.» Questa spiegazione appare
però, in molti casi, troppo semplicistica, specialmente prendendo in
considerazione le produzioni di alcuni cantautori nelle quali è evidente che,
a monte della creazione, vi è stata un’attenta ricerca poetica e stilistica sul
testo. Molti studiosi di linguistica concordano, infatti, nell’affermare che il
testo di una canzone ha una funzione chiave nel successo che quel brano
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musicale otterrà presso il pubblico, e non è, dunque, soltanto una sorta di
riempitivo. «Le parole -sostiene Umberto Fiori- hanno la funzione di
orientare il destinatario, fornendo assieme ad altre informazioni
extramusicali (grafica, abbigliamento dei musicisti, ecc.) una sorta di
‘istruzioni per l’uso’, un ascolto preventivo e insieme un’aura ideologica.»
(riportato in Corti 1996, pag. 48). Insomma, spesso sarebbe sufficiente
prendere visione del testo di una canzone, senza sentirne neppure la
melodia, per decidere se potrebbe risultare di nostro gradimento.
Il testo, tuttavia, svolge non solo la funzione di orientare il pubblico nella
scelta musicale, ma produce anche un arricchimento della canzone non
ottenibile in altri modi: non si tratta, dunque, di un semplice completamento
della melodia attraverso l’inserimento più o meno casuale di parole, bensì
un attento sfruttamento di tutte le possibilità espressive fornite dall’aspetto
testuale. A questo proposito, Sobrero (1990, pag. 223) ritiene «che un uso
sicuro di più registri e varietà di lingua sia semplicemente un potente mezzo
espressivo, una marcia in più, a disposizione di chi ha cose da dire: e che, se
si tratta di un poeta o di uno scrittore vero, egli possa e debba utilizzare
anche questo strumento -e non solo il ritmo, la musica, il messaggio- per
rompere schemi logori, per parlare su una lunghezza d’onda godibile da
molti, dai più.»
Quanto detto finora fa riferimento, evidentemente, ad un punto di vista
prettamente lessicale e sintattico della questione. Il problema, tuttavia,
investe anche un altro aspetto del testo di una canzone, quello che riguarda
gli argomenti trattati da chi scrive i testi da abbinare ad una canzone.
Franco Fortini, poeta e paroliere contemporaneo, sostiene (1996, pagg.
60-61) che in una canzone la musica e le parole non possono coesistere allo
stesso livello di importanza: uno dei due elementi finisce, secondo l’autore,
per prevalere. Così, un brano che tratta di argomenti seri non potrà avere
una melodia ‘importante’; al contrario, pezzi che presentano musiche di una