6
INTRODUZIONE
In ogni sistema democratico la partecipazione della società civile alla vita
pubblica è espressione della democraticità del sistema. La costituzione in
partiti politici non è mai stata la sola forma attraverso la quale la società si
organizza al fine di prendere parte alla cosa pubblica. La società civile, come
osservava già Tocqueville nel XIX sec., si organizza e si struttura in
associazioni o gruppi, con il compito di rappresentare una parte degli interessi
della società stessa di fronte ai poteri politici, di cui lo Stato è l’espressione piø
alta
1
. Infatti, negli USA, per supplire alla mancanza di un collegamento tra
partiti politici e collettività, si costruisce una società fondata su una moltitudine
di gruppi d’interesse, che democratizzano il sistema, rendendo possibile
l’accesso a tutti.
Alla nascita della Comunità europea, il deficit democratico presente permise lo
sviluppo di una struttura di gruppi d’interesse attratti dalle potenzialità che la
Comunità poteva loro offrire. Lo spazio dell’azione pubblica, che prima si
organizzava all’interno dei confini nazionali, dopo i Trattati di Roma si spostò
a Bruxelles, divenuta arena di discussioni legislative con forte impatto sulle
legislazioni nazionali. L’integrazione europea è stata motore della
mobilitazione degli interessi che da nazionali sono divenuti europei,
alimentando a loro volta l’integrazione stessa nei settori in cui la Comunità
aveva competenze esclusive e/o concorrenti.
In questo quadro, la politica agricola, come prima politica integrata a livello
comunitario, offre un importante spunto di riflessione. Le istanze agricole sono
state le prime a riorganizzare la propria struttura d’interesse a livello
comunitario, costituendo il COPA-COGECA (Comitato delle organizzazioni
1
Alexis de Tocqueville, La democrazia in America , a cura di Giorgio Candeloro Milano, Rizzoli,
1989.
7
professionali agricole dell’Unione europea - Confederazione generale delle
cooperative agricole dell’Unione europea). Si è creata così una struttura
altamente istituzionalizzata di consultazioni in seno alla Commissione, che ha
reso possibile l’influenza reciproca tra stakeholders e Commissione europea.
L’interesse per l’azione di lobby e per la rappresentanza degli interessi
scaturisce dal corso di Lobbying europØen, frequentato presso l’Institut
d’Etudes Politiques (IEP) di Parigi. L’idea per questa tesi nasce dalla
consapevolezza che le lobby agricole debbano compiere le proprie battaglie
principalmente in Europa e successivamente a livello nazionale.
Un breve saggio, redatto alla conclusione del corso di Lobbying europØen,
sull’influenza della lobby vitivinicola di Federvini alla luce della riforma OCM
vino (Reg.479/08), e uno studio francese
2
sulla risposta delle lobby agricole
nazionali alla riforma dell’OCM vino precedente (Reg. 1493/99), forniscono lo
spunto iniziale di riflessione per questa tesi. Lo studio francese mette in luce
come la collaborazione tra i diversi attori della filiera, le alleanze
internazionali, la definizione di una posizione comune nazionale abbiano posto
le basi per una buona gestione della trattativa agricola. Tutto questo ha
stimolato l’interesse per le potenzialità dell’associazionismo agricolo italiano
nella trattativa comunitaria.
Come in Francia, infatti, anche in Italia il settore vitivinicolo è estremamente
importante. L’Italia è il primo Paese produttore al mondo con un fatturato
annuo stimato intorno agli 11 miliardi di euro ed è anche tra i primi Paesi al
mondo per consumo, nonostante il trend sia in calo. La produzione italiana, a
differenza di quelle di altri Paesi europei, è una produzione di qualità con 316
DOC e quasi 38 DOCG. Il settore vitivinicolo riveste dunque un’importanza
fondamentale nel panorama agroalimentare - economico italiano. Alla luce di
tali considerazioni, ci si è chiesti quale fosse stata la risposta italiana alla
riforma OCM vino. La nostra attenzione si è concentrata sull’azione svolta
2
Jacques de Maillard , La Commission, le vin et la réforme , «Politique européenne», n° 5, 2001.
8
durante i negoziati che portarono al Reg. 479/08 delle tre principali
organizzazioni professionali agricole italiane: Confederazione Italiana
Agricoltura (CIA), Coldiretti e Confagricoltura.
La tesi si articola in quattro capitoli. Il primo e il secondo capitolo affrontano le
questioni agricole comunitarie, gettando le fondamenta per la comprensione del
sistema agricolo europeo, con particolare attenzione all’OCM vino. Il primo
capitolo si concentra sull’evoluzione della Politica agricola comune (PAC),
mentre il secondo delinea la struttura del mercato vitivinicolo a livello
mondiale, europeo ed italiano, analizzando attentamente la struttura dell’OCM
vino alla luce del nuovo regolamento. L’obiettivo è quello di fornire un quadro
generale del settore e delle politiche europee e italiane per l’analisi dello studio
di caso.
Il terzo capitolo analizza la teoria della rappresentanza degli interessi e
l’associazionismo agricolo in Europa. Attraverso la teoria dei gruppi
d’interesse, dell’azione collettiva e delle strategie d’influenza e d’opportunità
politica, si tenta di dare una definizione generale dell’azione di lobby. In
seguito ci si concentra sulla rappresentanza degli interessi a livello europeo,
mettendo in luce le diverse vie d’accesso alle istituzioni. Nell’ultima parte si
descrive il sistema neocorporativo della rappresentanza agricola europea, in
particolare analizzando la rappresentanza degli interessi settoriali con il ComitØ
europØen des entreprises vins (CEEV).
L’ultima parte della tesi esamina il ruolo delle organizzazioni agricole italiane
nel processo di riforma OCM vino, alla luce degli strumenti e delle analisi di
settore sviluppati nei capitoli precedenti. Lo studio si sviluppa attraverso una
serie di chiavi interpretative: la posizione degli attori nei confronti di aspetti
specifici della riforma, il livello di collaborazione istituzionale, i legami
internazionali, l’accesso e l’influenza nei confronti delle istituzioni
comunitarie, il coinvolgimento dell’opinione pubblica e la struttura lobbistica
dell’organizzazione. I risultati presentati in questo lavoro sono in larga parte il
frutto di un’analisi condotta attraverso l’esame di documenti formali e
9
informali, e attraverso una serie di interviste con attori provenienti da CIA,
Coldiretti, Confagricoltura, CEEV e Ministero delle Politiche agricole e
forestali italiano (MIPAF). Le conclusioni avanzeranno una chiave
interpretativa dei risultati ottenuti, sia in merito al grado d’influenza sia alla
capacità di azione a livello comunitario da parte delle associazioni
professionali agricole italiane nell’ambito del settore vitivinicolo.
10
1. La Politica Agricola Comune
tra passato e presente
11
Le origini della Politica agricola comune (PAC) devono essere ricercate nel
processo d’integrazione europea. La fusione delle differenti politiche agricole
dei sei paesi membri, in un sistema comune, diede l’opportunità di accrescere
l’esperienza del processo decisionale a livello europeo
3
.
1.1 Dai primi tentativi d’integrazione alla nascita di una
politica agricola comunitaria
Alla fine della Seconda guerra mondiale, l’Europa si trovava in uno stato di
crisi economica profonda e i primi due anni postbellici furono completamente
dedicati all’opera di ricostruzione interna nel tentativo di rifondere
politicamente ed economicamente i Paesi. In seguito grazie all’European
Recovery Program (ERP), annunciato il 5 giugno 1947 dall’allora segretario di
Stato Statunitense Marshall, incominciarono a prefigurarsi gli scenari per una
possibile integrazione europea sotto il profilo economico. Tale piano aveva
come obiettivo principale, infatti, la ripresa delle relazioni commerciali tra Stati
Uniti ed Europa, con l’intento di migliorare la bilancia dei pagamenti
statunitense in deficit a causa delle ingenti somme sborsate per la guerra. Il
Piano Marshall aveva inoltre come obiettivo politico la ripresa economica
europea per il contenimento del blocco sovietico.
3
Cit. Marjoleine Hennis, Globalisation and the European integration , Oxford, Row-
man&Littlefield Pubblishers, 2005, p. 38.
12
Federalisti
4
del calibro di Altiero Spinelli denunciarono l’azione di
europeizzazione con tali parole:
Prima che il governo degli Stati Uniti possa procedere nello sforzo ad alleviare la
situazione […] l’iniziativa deve venire dall’Europa e il programma dovrebbe
essere concertato in comune, con l’accordo di un certo numero di nazioni, se non
di tutte
5
.
La situazione europea, dominata da un sistema di Stati-nazione, era molto
diversa dalla situazione in cui le tredici colonie americane si trovavano nel
XVIII secolo. La differenza tra il contesto atlantico e quello europeo creerà
incomprensioni tra Stati Uniti e paesi europei sulla gestione del processo
d’integrazione europea
6
.
Tuttavia l’iniziativa statunitense segnò la prima fase dell’integrazione europea.
Infatti il Piano Marshall condusse all’Organizzazione Europea per la
Cooperazione Economica (OECE) e all’istituzione del Consiglio d’Europa.
L’OECE aveva il compito di promuovere la cooperazione economica tra i 16
paesi europei facenti parte del Comitato, a cui si aggiungeranno in seguito la
Repubblica Federale di Germania e la Spagna. Il suo compito era quello di
ridistribuire gli incentivi finanziari e di liberalizzare gli scambi. A tale scopo
verrà creata l’Unione europea dei pagamenti (UEP). Per quanto riguarda la
cooperazione politica venne creato il Consiglio d’Europa il 5 maggio 1949 con
il compito di «favorire la creazione di uno spazio democratico e giuridico
4
Per sommi capi possiamo rilevare che esistono tre principali approcci al processo
d’integrazione europea. La corrente confederalista vede una cooperazione tra Stati per la
cura di interessi economici e politici, senza alcuna delega di sovranità ad organi centrali. La
corrente federalista è la filosofia del Manifesto di Ventotene del 1941. La tesi dei federalisti
era quella che il crollo dello Stato sovrano assoluto, di cui il fascismo era stata la rappresenta-
zione ormai evidente della crisi, avrebbe portato alla creazione di una organizzazione federale
europea, cui avrebbe dovuto far seguito anche una riorganizzazione interna ai singoli Stati. La
corrente funzionalista , il cui padre fondatore è Jean Monnet, afferma la necessità di una “po-
litica di piccoli passi” attraverso integrazioni settoriali successive, con crescenti cessioni di
sovranità a nuove istituzioni. Per i funzionalisti la creazione di strutture economiche avrebbe
favorito lo svuotamento progressivo delle sovranità nazionali.
5
Edomondo Paolini, Altiero Spinelli: appunti per una biografia , Bologna, il Mulino, 1988, p 56
13
comune in Europa, organizzato nel rispetto della Convenzione europea dei
diritti dell'uomo e di altri testi di riferimento relativi alla tutela dell'individuo»
7
.
Esso era formato da 10 Paesi membri fondatori
8
, ed era composto da un
Consiglio dei ministri degli Affari esteri, un’Assemblea consultiva, formata da
membri designati dai parlamenti nazionali e un Segretario Permanente.
L’integrazione europea subì un’accelerazione con la nascita delle istituzioni
annesse al Piano Marshall e si concretizzarono le aspettative con la
Dichiarazione Schumann del 9 maggio 1950.
9
Nacque la seconda fase
dell’integrazione europea, quella relativa agli approcci di settore. L’idea
funzionalista di procedere lentamente alla creazione di un’Europa unita
attraverso delle realizzazioni di fatto, si trasformò in realtà il 18 aprile 1951
con l’istituzione della Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA)
formata da Francia, Italia, Repubblica Federale di Germania, Belgio, Olanda e
Lussemburgo. Gli anni successivi furono ricchi di fermento politico, da cui
scaturirono nuove iniziative, tra cui quella di una Comunità europea di difesa
(CED) alla quale si aggiunse un progetto di Comunità politica europea (CEP).
La fine della CED e dalla Comunità politica misero fine alle illusioni di una
6
Giuliana Laschi, L’agricoltura italiana e l’integrazione europea , Bern, Editions scientifiques
européennes, 1999, cap. 1.
7
Cfr http://www.coe.int/T/I/Com/A_proposito_Coe/, Sito internet ufficiale del Consiglio
d’Europa (visionato il 20 luglio 2009).
8
Belgio, Danimarca, Francia, Irlanda, Italia Lussemburgo, Paesi Bassi, Regno Unito e Svezia,
sono i membri fondatori del Consiglio d’Europa. Attualmente i membri sono quarantasei.
9
Robert Schuman, ministro degli Esteri francese tra il 1948 e il 1952, è considerato uno dei
padri fondatori dell’unità europea. In collaborazione con Jean Monnet redasse il famoso Pia-
no Schuman pubblicato il 9 maggio 1950, giorno che oggi è considerato la data di nascita
dell’Unione europea. Tale dichiarazione diede inizio alle consultazioni per l’istituzione della
CECA (Comunità europea del carbone e dell’acciaio). Schuman sostenne inoltre la formulazio-
ne di una politica europea di difesa comune e fu presidente del Parlamento europeo dal 1958
al 1960.
Sulla personalità di Schuman, tra le molte pubblicazioni, cfr. Raymond Poidevin, Robert Schu-
man: homme d’état (1886-1963) , Parigi, Imprimerie nationale, 1986; Audisio Giuseppe, Ro-
bert Schuman : costruttore dell'Europa, Torino, Elle Di Ci, 1992. Il testo della dichiarazione
Schuman si trova sul sito http://europa.eu/abc/symbols/9-may/decl_it.htm (visionato il 20
luglio 2009)
14
rapida e semplice integrazione. Il Piano Schuman e la CED vengono visti
tutt’oggi come i due momenti piø alti dell’integrazione funzionale per singoli
settori. Nondimeno, altri settori vennero coinvolti nel processo d’integrazione,
quali quello dei trasporti e quello dell’agricoltura.
1.1.1 Il pool verde: primo esperimento di politica agricola
Il settore agricolo, diversamente da quanto era accaduto per il settore
carbonifero e siderurgico, muoverà i suoi primi passi verso una collaborazione
multilaterale solo a partire dai Trattati di Roma. L’integrazione agricola
europea avvenne principalmente su base bilaterale nel periodo 1947-51. Fu di
quegli anni il fallimento del progetto di Unione doganale italo-francese, un
accordo economico che avrebbe compreso il settore agricolo.
La guerra aveva dimostrato quanto l’autosufficienza alimentare fosse
importante, incrementando le pratiche protezionistiche alla fine del 1945. Lo
scenario agricolo europeo prefigurava un aumento della produzione e degli
scambi agricoli. Il numero di agricoltori rimaneva ancora molto elevato e
grazie a una politica d’integrazione si sarebbe potuto raggiungere uno sviluppo
economico maggiore, innalzando il reddito degli agricoltori, sostenendo la
domanda di beni e servizi a livello europeo
10
. La paura di un abbandono delle
campagne e di un progressivo spostamento verso le città portò i Paesi europei a
focalizzare la loro attenzione sulla necessità di una riforma agricola.
In occasione dell’istituzione della CECA, il Consiglio d’Europa incaricò una
Commissione composta da sette membri di elaborare le proposte per la nascita
di un’Autorità europea con poteri in materia agricola
11
. L’idea era quella di
realizzare un “Pool Verde” per sviluppare un’integrazione in campo agricolo,
10
G. Laschi, op. cit., p. 203.
11
La Commissione speciale era formata da importanti esponenti del mondo agricolo tra cui
Lodovico Benvenuti (Italia), Marc Antoine Charpentier (Francia).
15
simile a quella già avviata in campo siderurgico. L’origine del “Pool Verde” va
ricercata nell’insuccesso delle iniziative in campo agricolo dell’OECE. Con il
trattato sulla liberalizzazione degli scambi, firmato nell’agosto 1950 in sede
OECE, si dovevano abolire le restrizioni quantitative sul 75% del valore delle
importazioni. Il trattato fu osteggiato e il comportamento dei Paesi firmatari ne
favorì l’insuccesso. I francesi e gli olandesi, che necessitavano di mercati
esterni per le loro eccedenze, ripiegarono sul Consiglio d’Europa caldeggiando
il celebre “Pool Verde”, e progettarono delle proposte di piano per riformare il
mercato agricolo europeo.
Nell’agosto 1950, fu istituita una Sottocommissione dell’Agricoltura e
dell’Alimentazione, incaricata di stimolare la creazione di un’Europa agricola.
La Sottocommissione produsse quattro progetti: due francesi (Pflimlin e
Charpentier), uno inglese (Eccles) e uno olandese (Mansholt). Questi progetti
definivano i criteri per la realizzazione del mercato comune agricolo e i
principi fondamentali che sarebbero poi stati ripresi nei Trattati di Roma.
12
Il progetto Pflimlin, dal nome dell’allora ministro dell’Agricoltura francese, si
concentrava sulla necessità di assicurare l’approvvigionamento interno alla
Comunità e di diminuire le importazioni, pagate principalmente in dollari,
creando mercati stabili a lungo termine e assicurando la stabilità dei prezzi,
così da risolvere i problemi interni all’agricoltura francese
13
. Si proponeva la
creazione di un mercato comune europeo per le materie agricole piø importanti
come il grano, lo zucchero, il burro e il vino, senza però attribuire particolari
poteri nØ all’Alta Autorità nØ a un organo sovranazionale. Tale piano venne
accolto con poco entusiasmo da parte di tedeschi e italiani, questi ultimi appena
esclusi dal progetto di unione doganale con la Francia, su pressione del mondo
12
Alberto Mattei, Politiche Comunitarie. La politica agricola, gli interventi strutturali e le rela-
zioni esterne, Torino, Giappichelli, 1996, p. 3.
13
G. Laschi, op cit., p. 208.
16
agricolo. Il ministro olandese dell’Agricoltura Sicco L Mansholt
14
è
considerato il padre della Politica agricola europea. La necessità olandese di
trovare uno sbocco alle proprie esportazioni agricole, indirizzandole verso i
mercati esteri, favorì l’idea di un mercato europeo libero, dove merci e servizi
agricoli potessero circolare liberamente. Il Piano Mansholt si ispirava alle
affermazioni di Schuman, che avevano dato avvio alla CECA e alla creazione
di una piattaforma comune per i prodotti agricoli europei. L’organizzazione di
una Comunità agricola europea prevedeva l’istituzione di un’Alta Autorità,
sotto l’egida del Consiglio dei ministri dei Paesi membri, con il compito di
stabilire il prezzo europeo e le quote all’importazione e all’esportazione. Oltre
al meccanismo dei prezzi, Mansholt prevedeva anche un fondo europeo di
sostegno ai settori in difficoltà.
Le due visioni principali, quella francese e quella olandese, sostenute
rispettivamente dai ministri Pflimlin e Mansholt, stimolarono la
Sottocommissione a proporre altri due rapporti, i cosiddetti progetti
Charpentier e Eccles.
Il Progetto Charpentier era molto simile a quello Pflimlin, anche se prevedeva
l’istituzione di un’Alta Autorità dell’Agricoltura a carattere sovranazionale e
sosteneva la creazione di un prezzo europeo per tutti i rapporti di scambio, a
differenza del Piano Mansholt che ne prevedeva due differenziati, uno per gli
scambi tra paesi europei e uno con i Paesi terzi.
Il Progetto Eccles affermava la centralità del consumatore, differenziandosi
notevolmente dai primi due, poichØ proponeva la costituzione di un comitato
intergovernativo consultivo, in seno all’OECE.
14
Sicco L Mansholt è il primo commissario all’Agricoltura della Comunità nel 1958. Nel 1968
presiedette per sette mesi la Commissione europea. E’ considerato il padre ispiratore della
PAC, anche se non ne condivise l’evoluzione a partire dai primi anni di vita. In una lettera a-
perta a Malfatti, presidente della Commissione europea nel 1972, egli denunciava lo spreco
della società dei consumi e si faceva porta parola della “crescita zero”, contrapponendosi alle
idee dominanti in seno alle istituzioni. Morì nel 1995 a 87 anni.