“ Il montaggio è struttura, colore, movimento,
manipolazione del tempo, tutto questo ed altro ancora…” Walter Murch
1.Cos’è il montaggio? Le prime pellicole della storia del cinema (sia quelli di Lumiére 1
sia quelli di Mélies 2
)
erano perlopiù costituite da un’unica inquadratura di circa un minuto dove la
macchina da presa non veniva mossa, limitandosi a riprendere la scena in modo
teatrale. Siamo dunque al “grado zero” del montaggio cinematografico. L’invenzione
1
“Il 13 febbraio 1895, due fratelli, figli di un produttore di lastre fotografiche, depositano (con il
numero 240032) il brevetto del Cinematografo. E il 22 marzo, Louis e Auguste Lumiére – cioè luce:
un nome, un destino per quest’arte che verrà proiettata nel buio delle sale- presentano un breve
cortometraggio di qualche secondo sull’uscita degli operai dalla fabbrica che dirigono a Lione.” P.
Murrat, M. Grisolia, Cinegamebook, Tutto quello che c’è da sapere sul cinema. Editrice Il Castoro,
Milano 2006
2
Meliés ha creato per primo la magia dell’illusione nel cinema. All’inizio è stato realista (come i
fratelli Lumiére) con Una partita di carte (1986) . Dopo “ Meliés è ossessionato dal fantastico e da
una latente visione morbosa dell’esistenza: in Sparizione di una signora al Robert Houdin (1896),
un illusionista fa scomparire una donna che riappare… sotto forma di scheletro.”da P. Murrat, M.
Grisolia , Cinegamebook , cit. p14
Meliés si può considerare l’inventore della finzione ( Il viaggio sulla luna) , si può chiamare “il
nonno” di S. Spielberg e G.Lucas.
3
del montaggio è avvenuta forse durante i continui sperimenti degli appassionati del
cinema (D.W. Grifith 3
e Edwin Porter 4
), o magari è stato un’avvenimento casuale:
“ […] il banditore foraneo che giunta gli spezzoni rimasti di una pellicola incendiata, il
tecnico dei laboratori Lumiére che prova per scherzo ad attaccare insieme gli scarti di
lavorazione, l’operatore di cinegiornale cui si inceppa la pellicola nello chassis e che, dopo
aver riparato il guasto, è costretto a spostarsi dal primitivo punto di ripresa 5
.”
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Negli anni venti, quando i teorici del cinema cominciarono a comprendere le
potenzialità, il montaggio è stato la tecnica cinematografica a cui si dedicarono di più.
Ma che cos’è il montaggio? Ci sono due parole chiave in cui possiamo identificare il
montaggio, “tagliare” e “cucire”.
Il taglio di una inquadratura, composta appunto da uno o più fotogrammi in
successione su una striscia di pellicola, si deve avvenire in quello che Cartier-
Bresson 7
chiama “il momento decisivo”. Il taglio non si deve basare solo sui punti
difettosi delle scene, ma anche sulla struttura della narrazione, sul colore, sul
movimento.
Se la fotografia definisce la messa in scena di un film, il montaggio ne definisce la
narrazione. Per costruire la struttura della narrazione non serve solo tagliare, ma
3
Vincent Pinel sostiene nel suo testo, Il montaggio. Lo spazio e il tempo nel film, che Griffith non fu
propriamente “l’inventore” del montaggio, ma un illuminato sperimentatore della narrazione
cinematografica che non smise di produrre innovazioni nell’ambito dei numerosi piccoli film di
finzione. Invece nel libro Cinegamebook dei due autori citati sopra si dice: “ […] Griffith ha
inventato il cinema.[…]. Le sue numerose opere […] gli hanno permesso di creare una grammatica
e una sintassi del film basate sul montaggio, il primo piano,il movimento di machina […].”
4
Uno dei primi maestri del cinema americano, nel suo The great train robbery, uno dei primi film di
finzione effettua una panoramica per seguire la fuga dei banditi.
5
“Sono sempre gli operatori”, scrive Brunetta, “che scoprono, ancora nell’Ottocento, le possibilità
di articolare l’azione lungo uno sviluppo temporale e logico che coordini fatti diversi” G.P.
Brunetta, Nascita del racconto cinematografico, Patron, Bologna 1974, p.42
6
D. Cassani , Manuale del montaggio, cit.p.14
7
Fotografo francese, considerato il padre del fotogiornalismo 4
anche cucire. La cucitura, o meglio, la transizione 8
da una inquadratura all’altra,
avviene tramite lo stacco, (ossia il passaggio diretto da un piano a quello successivo),
o tramite la dissolvenza che può essere in chiusura, (dove la fine scurisce fino a
ottenere un’immagine nera), in apertura, (in cui l’immagine affiora dal nero), o
incrociata, (in cui si sovrappone brevemente la fine di un’inquadratura A e l’inizio di
un’inquadratura B).
Altre soluzioni cadute col tempo in disuso, sono quelle dell’iris, dove un foro
circolare si apre o si chiude intorno a una parte dell’immagine, o della tendina, in cui
la nuova immagine si sostituisce alla precedente facendola scorrere via dallo
schermo.
Secondo Cassani nel Manuale del montaggio, la transizione possiede un contenuto
concettuale, esprime il significato di un passaggio, la volontà di evidenziare ,
enfatizzare quel medesimo passaggio, di farlo interpretare come differenti dagli altri,
un contenuto grafico e naturalmente anche un contenuto stilistico. E la dissolvenza
possiede un significato tipico, di rappresentazione simbolica di un passaggio di tempo
perché può rappresentare un avanzamento, il passaggio a un momento temporale
successivo, ma anche un arretramento.
1.1 Perché tagliare?
Spesso ci troviamo di fronte a questa domanda perché tagliare? Spesso diciamo
perché spezzare una continuità spazio-temporale, quella dell’inquadratura? Gli artisti
cinematografici degli anni cinquanta risponderebbero “Non si interrompe
un’emozione!”.
“ Sulle orme del cinema di Welles e di Wyler, sarebbe portato a concludere che, al limite non
esiste nessuna necessità […] di frammentare la forza emotiva prodotta dall’intenso gioco
8
Spesso, la tradizionale grammatica del cinema ha definito le transizioni come “segni di
interpunzione”:[…]. da D. Cassani , Manuale del montaggio, UTET Roma 2000, p.322
5
recitativo degli attori 9
; di troncare con una spada il denso fluire del tempo
nell’inquadratura.
10
” Un discorso che - a partire dagli anni quaranta – è stato tra i più dibattuti, con i suoi
registi sostenitori, spesso di formazione teatrale.
Alle origini “tagliare” è stata una conquista, ed è proprio da qui che nasce la
narrazione cinematografica, il cinema come forma artistica, capace di raccontare.
“ Quanto al montaggio, derivato principalmente, come si sa, dai capolavori di Griffith,
Malraux scriveva nella Psicologie du cinema che esso rappresentava la nascita del cinema
come arte: il che lo differenzia davvero dalla semplice fotografia animata facendone
finalmente un linguaggio.
11
” Negli anni cinquanta, “tagliare” è stata sicuramente prima che un’esigenza artistica ,
un’opportunità produttiva.
Molti studiosi del cinema sostengono che il fondamento delle prime convenzioni del
montaggio lo si debba cercare partendo dallo sguardo dello spettatore teatrale.
Scorsese valuta il primo piano come uno dei mattoni della “grammatica del cinema”.
La prima grande rivoluzione del montaggio, è in questo taglio per passare da un
campo medio a un primo piano o da un primo piano a un dettaglio. Semplicemente
come lo chiama Cassani “principio del binocolo da teatro”.
9
Nell’aprile del 1959, i “ Cahiers du cinéma” pubblicano un’intervista a Rossellini dove il regista
traccia un vero e proprio manifesto anti-montaggio: “Il montaggio non è più essenziale. Le cose
sono lì, perché manipolarle?[…]. Il montaggio era probabilmente essenziale nel cinema muto. Un
film di Stroheim non esisterebbe senza il montaggio. Stroheim provava dieci soluzioni per vedere
quale era la più efficace. Allora era questione di costruire un linguaggio proprio del cinema, un
linguaggio come veicolo, e non un linguaggio poetico. Oggi non è più necessario.” (citato da G.
Rondolino, Roberto Rossellini, La Nuova Italia, Firenze 1974, p.12)
10
D. Cassani, Manuale… cit, p.20
11
A. Bazin, Che cos’è il cinema? , Garzanti Editore, 1986, p.76
6
Alla domanda perché tagliare poniamo una contro-domanda: perché funzionano gli
stacchi? La domanda la troviamo leggendo il libro di W. Murch, In un batter
d’occhi 12
, che con parole semplici ci spiega che il cinema rappresenta la vita reale, ed
anche se questa realtà “di tutti i giorni” ci sembra continua invece esiste un’altra
realtà: la realtà onirica “di tutte le notti”, in cui passiamo un terzo della nostra vita. E
nei sogni le immagini non sono chiare come nella vita reale, sono frammentarie e
intrecciate in un modo strano, un modo che si avvicina all’interazione del montaggio.
Cosi accettiamo gli stacchi, perché le immagini concatenate assomigliano ai nostri
sogni .
“ Secondo me il film perfetto è come se si svolgesse dietro i nostri occhi e fosse proiettato
dagli occhi stessi, cosi che vedremo quello che abbiamo voglia di vedere. Il cinema è come il
pensiero. Di tutte le arti e quella che si avvicina di più. Guarda quella lampada dall’altra parte
della stanza. Adesso guarda di nuovo me. Guarda ancora la lampada. Adesso torna a guardare
me. Hai visto cos’hai fatto? Hai battuto gli occhi. Quelli sono stacchi. Dopo il primo sguardo,
lo sai che non c’è ragione di fare panoramica continua da me alla lampada, perché sai già cosa
c’è in mezzo. La tua mente taglia la scena. Prima guardi la lampada- Stacco- Poi guardi me.
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” In questa intervista si sostiene che il batter d’occhi interrompe la continuità visiva
delle nostre percezioni e spezza il flusso delle immagini in parti significativi.
“Quando abbiamo un’idea o una sequenza di idee collegate, battiamo gli occhi per
puntualizzare e separare quell’idea dal resto. Analogamente nel film, un’inquadratura ci
12
W.Murch, In un batter d’occhi. Una prospettiva sul montaggio cinematografico nell’era digitale,
Lindau Torino 2000
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W. Murch, In un batter d’occhi. Una prospettiva sul montaggio cinematografico nell’era digitale,
Lindau Torino 2000, p.56 (citato da “Christian Science Monitor”, 11 agosto 1973. Intervista con
John Huston di Louise Sweeney.)
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