9
Introduzione
L’ambiente naturale diventa sempre piø un fattore condizionante e di grande peso nella
vita dell’uomo; quest’ultimo fa parte della natura ed è influenzato dalla stessa nei
comportamenti e nelle decisioni. In alcuni casi l’uomo ha causato all’ambiente dei danni
che poi hanno avuto ritorsioni sullo stesso. La necessità di salvaguardare la natura non è
un principio estraneo alle persone ma i danni che si arrecano all’ecosistema incidono
indirettamente sulle stesse.
Episodi come il disastro ambientale della piattaforma petrolifera Deepwater Horizon che
ha versato il petrolio nelle acque del Golfo del Messico, a seguito di un incidente
riguardante il Pozzo Macondo posto a oltre 1.500 m di profondità o ancor prima della
superpetroliera Exxon Valdez che nel 1989 si incagliò in una scogliera dello stretto di
Prince William, un'insenatura del golfo dell’Alaska, disperdendo in mare 40,9 milioni di
litri di petrolio e il recente episodio della centrale nucleare di Fukushima sono tutti
esempi di come le azioni dell’uomo a danno dell’ambiente si ripercuotono sullo stesso.
E’ diffusa la convinzione che sono le imprese le responsabili del degrado ambientale ed è
proprio dal settore industriale che dovrebbero giungere le soluzioni per il rispetto
dell’ambiente.
Esse hanno il ruolo di fornire una guida e dare l’esempio agli uomini di come poter
ottenere benefici e vantaggi mantenendo una condotta sostenibile.
Molte imprese stanno allentando il legame con i vecchi modi di operare non sostenibili e
dannosi e stanno convergendo verso un’idea di business rispettosa dell’ambiente.
L’impegno di questi attori economici aiuterà a rafforzare e a guidare il sentimento verde
del mondo del consumo.
Le aziende potranno approcciarsi al consumatore manifestando l’impegno a soddisfare
realmente le sue esigenze chiedendo, in cambio, di acquistare i propri prodotti per fare la
differenza e contribuire al sostegno ambientale.
Per comprendere il grado d’impegno che dovrà essere manifestato dalle imprese per
coinvolgere il mercato è necessario capire l’approccio e il pensiero dei consumatori verso
l’ambiente naturale. E’ vero che la sostenibilità sta diventando un valore sempre piø
preponderante nella vita dell’uomo? Quanto contano gli attributi “green” nei prodotti per
il cliente? Questi sono alcuni degli interrogativi con cui l’attore economico si confronterà
nella sfida al green business.
10
L’adesione al business green rappresenta un percorso lungo e impegnativo e sicuramente
non esente da sforzi e difficoltà elevate, quindi sembra che l’obiettivo delle imprese non
debba piø convergere verso un profitto di breve periodo ma verso il successo
raggiungibile solo nel lungo. La chiave del successo sta nel vedere nell’ambiente
un’opportunità piuttosto che una minaccia e così rafforzare il vantaggio competitivo. Le
imprese si dovranno interrogare su quali sono le “green strategies” da utilizzare per
raggiungere il vantaggio competitivo individuando quella che si adatta maggiormente alla
propria struttura e al settore in cui opera.
I temi della sostenibilità ambientale e della competitività delle imprese sono sempre piø
convergenti vista la crescente scarsità di risorse e il conseguente aumento del loro prezzo.
L’adozione di una strategia verde dovrà essere supportata da azioni sui prodotti/servizi,
sui processi, sulle organizzazioni che possano diminuire l’impatto ambientale e, nei casi
piø emblematici, annientarlo; la strategia di fondo dovrà essere accompagnata da
decisioni di marketing strategico coerenti quindi con le azioni. La comunicazione è uno
dei momenti determinanti del green marketing ma successivo ad una serie di scelte
strategiche ed operative che convergono verso la sostenibilità.
Le strategie da adottare non implicano solo un cambiamento nel modo di comunicare ma
un nuovo approccio allo sviluppo di prodotto e comprendono l’abilità delle imprese a
stabilire alleanze costruttive con tutti gli stakeholders.
Attraverso l’innovazione tecnologica, l’immaginazione, la creatività e abilità nel pensare
in modo nuovo le imprese potranno reinventare i loro prodotti e proporre soluzioni che
permettano di mantenere l’attuale stile di vita e anzi di migliorarlo; gli attributi green di
un prodotto basteranno a convincere il consumatore ad acquistarlo? O la sfida delle
imprese è quella di sviluppare prodotti compatibili con l’ambiente ma anche di soddisfare
i consumatori in termini di efficacia, qualità, risparmio?
Secondo Ottman (1995) le aziende che riusciranno a conciliare i bisogni dell’ambiente
con quelli dei consumatori saranno ripagate con: aumento di quota di mercato,
miglioramento dell’immagine, incremento dei profitti, gratificazione personale; come
coniugare il beneficio collettivo al profitto privato (Orsato, 2006)?
Il panorama economico sta evolvendo, soprattutto dopo la crisi del 2008, verso la
prospettiva green; molte imprese erano consapevoli ben prima del periodo di recessione
dell’importanza di condurre business verdi individuando il cambiamento nel modo di
pensare e di agire del fine della propria attività: il consumatore. Alcuni attori hanno tratto
spunto da normative sempre piø stringenti, non rifiutandole, per rivedere o cambiare
11
radicalmente le proprie strategie, costruire nuove fonti di vantaggio competitivo,
anticipare i tempi per trovarsi pronte di fronte ai cambiamenti. Le normative ambientali
rappresentano uno strumento di stimolo e guida all’innovazione?
Secondo Porter e van der Linde (1995a) le questioni ambientali da vincolo possono
divenire un’opportunità, fonte di un vantaggio competitivo sostenibile.
Percorrere la strada della sostenibilità porta a vantaggi di tipo economico, competitivo, ad
una crescita occupazionale? Se tale impegno viene condiviso dagli stakeholders interni,
porta a dei miglioramenti del clima aziendale in termini di rapporti di collaborazione e
qualità della vita?
In sintesi le finalità della trattazione sono quelle di individuare le opportunità per le
imprese di investire nei green business in particolare in relazione ai vincoli istituzionali,
al cambiamento delle preferenze, stili di vita e atteggiamenti del consumatore orientati
sempre di piø al green e alle opportunità derivanti dallo sviluppo della tecnologia.
Il successo sarà di lungo periodo in quanto l’abilità delle imprese è quella di anticipare i
trend emergenti green seguendo i tre driver menzionati che in futuro saranno sempre piø
presenti e aumenteranno la loro influenza. Gli investimenti in tecnologie, il
miglioramento della gestione del processo in un’ottica di Life Cycle Assessment orientato
al green non verranno ripagati immediatamente.
La tesi vuole, inoltre, descrivere come una strategia di marketing orientata al green è un
fattore critico di successo che accompagna e non sostituisce il business operativo
dell’impresa; è necessaria una concordanza fra green business e green marketing.
Il primo capitolo descrive il contesto della green economy, si articola e si sviluppa attorno
al tema della “sostenibilità” presentando in breve le opportunità legate all’economia verde
e contestualizzando l’argomento centrale del lavoro nell’ambito internazionale e italiano.
Il secondo capitolo, riguardante le strategie di fondo e il green marketing strategico, si
compone di due parti distinte: la domanda e l’offerta. La parte relativa alla domanda,
attraverso l’utilizzo di ricerche, interviste e analisi di mercato, mira a testimoniare
l’importanza crescente che l’ambiente riveste per il consumatore che, essendo l’obiettivo
delle imprese, rappresenta una forza di primaria importanza. L’offerta viene analizzata
secondo diversi approcci teorici presenti in letteratura dando risalto al mutamento di
prospettiva ambientale che passa da un orientamento “command & control” ad uno a
carattere volontario.
Il terzo capitolo si concentra sull’analisi delle quattro “P” del marketing mix rilette
secondo un approccio green. Le imprese, dopo aver definito la strategia, devono curare
12
l’aspetto operativo ovvero definire le modalità attraverso le quali conferire praticità a ciò
che rappresenta l’approccio teorico e pianificato. E’ fondamentale, poi, tradurre le parole
(ciò che si comunica) in fatti e non prendersi gioco del consumatore pensando che non sia
sufficientemente attento e informato; tale atteggiamento, se perseguito, porterebbe solo a
uno scadimento dell’immagine dell’impresa e a un danneggiamento della sua reputazione.
Il quarto capitolo contestualizza la trattazione del caso aziendale (affrontato nell’ultimo
capitolo) realizzando un excursus sulle fonti di energia rinnovabile e, in particolare,
approfondendo le opportunità e i rischi derivanti dall’uso dell’energia da biomasse a
scopo termico ed energetico e individuando i consumi di legna da ardere in Italia.
PerchØ bruciare la legna è ecologico? In primis potrebbe sembrare una contraddizione
abbattere un albero per proteggere l’ambiente, in realtà, il processo relativo all’utilizzo
delle biomasse legnose a scopi energetici e termici è molto complesso e per essere
considerato realmente green necessita di diverse precisazioni.
Il case study, illustrato nell’ultimo capitolo, riguarda la Palazzetti Lelio S.p.A., impresa in
cui ho svolto il tirocinio nella funzione marketing nel periodo settembre 2010-febbraio
2011, che ancor prima della crisi ha investito e continua a farlo nella ricerca per realizzare
nuove tecniche green volte a rispondere all’esigenza del cambiamento sostenibile.
Adottando un approccio basato sull’open innovation e, quindi, collaborando con enti di
ricerca e personalità di spicco esterne, l’impresa porta sul mercato nuove applicazioni e
tecnologie legate ai propri prodotti che mirano al miglioramento della qualità della vita
dei consumatori garantendo sempre massima funzionalità ed efficacia. L’impresa si
evolve verso un armonico adeguamento della sua offerta al mutamento dei gusti e delle
variabili ritenute rilevanti dal consumatore, in alcuni casi anticipa le normative settoriali e
sfrutta l’avanzamento tecnologico per realizzare prodotti sempre piø performanti dal
punto di vista funzionale e ambientale. PerchØ la Palazzetti è un’azienda green? Come ha
agito nel tempo per rinforzare il suo legame con l’ambiente?
La trattazione del caso fornisce delle risposte a queste domande illustrando l’attività
dell’impresa, le azioni e le iniziative intraprese e perseguite negli anni a supporto
dell’ambiente.
13
1 Il contesto
1.1 Il concetto di sostenibilità
Il tema della sostenibilità ambientale muove i primi passi tra gli anni `70 e `80 con la
crescita della consapevolezza che il modello di produzione e consumo delle società
industrializzate non poteva essere considerato compatibile con lo sfruttamento eccessivo
delle risorse naturali.
La United Nations Conference on the Human Environment, tenutasi a Stoccolma nel
1972, ha affrontato per la prima volta la problematica ambientale. In questa conferenza
sono state poste le basi per la nascita dell’ UNEP (United Nations Environmental
Programme) ovvero il programma delle Nazioni Unite sui problemi ambientali con lo
scopo di coordinare e promuovere le iniziative ONU relative a tali questioni. La
Conferenza ha promosso, oltre che una serie di azioni di monitoraggio dello stato
dell’ambiente, iniziative nel campo della ricerca e ha sostenuto l’adozione di misure a
supporto dell’attività politica ambientale dei vari paesi.
Nel 1972, il Club di Roma ha pubblicato il rapporto sui limiti dello sviluppo (vedi infra)
prevedendo che la crescita economica non potesse continuare infinitamente per la limitata
disponibilità delle risorse naturali destinate ad esaurirsi dopo il 2000.
Il problema della tutela dell'ambiente e del progressivo esaurimento delle risorse divenne
ufficiale, negli Stati Uniti, nel 1980, in uno studio effettuato da un gruppo di ricercatori
collegati al governo americano (sotto la presidenza di Jimmy Carter): The Global 2000
Report to the President.
Questo rapporto prevedeva che dopo il 2000 ci si sarebbe trovati in una situazione di
sovrappopolazione, inquinamento e instabilità ecologica; l’aumento della produzione
mondiale non sarebbe corrisposto all’incremento della ricchezza della popolazione. Le
ipotesi di questo rapporto, che all’epoca fece scalpore, non si sono concretizzate
totalmente. Da una prima visione puramente economica, fondata esclusivamente sulla
valutazione dello sviluppo attraverso i valori del PIL pro capite, inteso unicamente come
benessere materiale dell’uomo, si è passati ad una seconda fase nella quale lo sviluppo
veniva valutato in un contesto nuovo, fondato su una serie di variabili sociali (istruzione,
sanità, diritti civili e politici, tutela delle minoranze …) considerate fondamentali nel
processo. La parola “sviluppo” richiama una crescita quantitativa e, affiancata al termine
“sostenibile” sembra stridere ma, in realtà, per “sviluppo” non si intende una crescita
14
lineare ma un’evoluzione che deve essere sia quantitativa che qualitativa, una crescita
equilibrata dal punto di vista ambientale, economico e sociale.
Il rapporto Brundtland, rapporto della Commissione Mondiale sull'Ambiente e lo
Sviluppo (WCED - World Commission on Environment and Development), nel 1987,
denominato Our Common Future, e, successivamente, l’Earth Summit tenutasi a Rio de
Janeiro nel 1992 hanno formalizzato il termine “sviluppo sostenibile”: “ The development
that meets the needs of the present without compromising the ability of future generation
to meet their own needs” (World Commission on the Environment and Development,
rapporto “Our Common Future”, 1987,Commissione Brundtland).
Lo sviluppo sostenibile è orientato all’armonizzazione delle dimensioni temporali del
presente e del futuro apprendendo dall’esperienza del passato; esso rappresenta un
processo multidimensionale che richiede approcci complessi e multidisciplinari e che
vede le dimensioni di ambiente, società, economia ed istituzioni fortemente interconnesse
tra loro (Rossi, 2010).
“L’ambiente e lo sviluppo non sono da considerare delle sfide separate. Lo sviluppo non
può sopravvivere in un ambiente deteriorato nel quale si stanno esaurendo le risorse
naturali; l’ambiente non può essere protetto quando lo sviluppo non tiene conto del punto
di vista economico della sua distruzione. Questi problemi non possono essere trattati
separatamente attraverso politiche e istituzioni frammentate. Devono essere analizzati in
un sistema che prenda in considerazione cause ed effetti”(Gro Harem Brundtland, 1987)
1
.
La sostenibilità deve configurarsi come un impegno globale - condotto dalle istituzioni
nazionali e sovranazionali sulle linee guida tracciate dai centri di ricerca e dalle ONG -
che deve coinvolgere tutte le persone e le imprese, alle quali è richiesto qualcosa di piø di
un semplice rispetto delle normative. Se ognuno agisse nella direzione giusta, se si
attivassero correttamente le relazioni tra le diverse parti in gioco, si potrebbe nutrire una
ragionevole speranza di raggiungere i risultati attesi (figura 1).
1
Medico norvegese, Gro Harem Brundtland entra in politica nel partito laburista ricoprendo per vari anni
la carica di ministro dell’ambiente. Nel 1981 la dottoressa Bruntland, a soli 42 anni, è per qualche tempo
primo ministro della Norvegia, carica che ricoprirà nuovamente nel 1986 e nel 1990, dimostrando sempre
un grande impegno per le questioni ambientali.
15
Figura 1 Sostenibilità
Fonte: Green Brands, 2010
Sostenibilità non è un concetto astratto ma può essere tradotto in misurazioni concrete che
possono permettere di confrontare, tenendo in considerazione diverse variabili legate al
rispetto dell’ecosistema, i Paesi del mondo (vedi appendice 2).
La pubblicazione di “Caring for the Earth: A Strategy for Sustainable Living” definita nel
1991 dall’ International Union for Conservation of Nature (IUCN), dal United Nations
Environment Programme (UNEP) e dal World Wide Fund for Nature (WWF), fornisce
una definizione dello sviluppo sostenibile inteso come: “il soddisfacimento della qualità
della vita, mantenendosi entro i limiti della capacità di carico degli ecosistemi che ci
sostengono”. Se la definizione della Commissione Brundtland si concentrava sul legame
fra il soddisfacimento dei bisogni umani e la “responsabilità intergenerazionale”, quella
fornita dalla IUCN sottolinea l’importanza del miglioramento della qualità di vita
dell’uomo, nel rispetto della capacità di rigenerazione della terra. Le due definizioni
danno assieme una chiara comprensione del concetto di sviluppo sostenibile interpretato
come beneficio per le persone e per gli ecosistemi.
Tale sviluppo, quindi, rappresenta un progresso non solo economico ma anche sociale. La
crescita economica deve manifestarsi tenendo conto delle reali possibilità degli ecosistemi
e della capacità di tali ecosistemi di soddisfare i bisogni delle generazioni future. E’
necessario, pertanto, mantenere la riproducibilità delle risorse naturali della terra
mediante un uso razionale delle stesse
2
.
Lo sviluppo sostenibile comprende in particolare: qualità ambientale, efficienza
economica e qualità sociale.
2
Da "Progettiamo il futuro" di Educazione Ambientale supplemento a " Legambiente notizie" n.8 anno VII
15.10.96.
16
Figura 2 Sviluppo Sostenibile
Fonte: http://www.comune.albisola-superiore.sv.it
Il Summit mondiale sullo sviluppo sostenibile di Johannesburg del 2002 ha sottolineato
come tali tre dimensioni (figura 2) dovrebbero essere dei “pilastri interdipendenti che si
rafforzano reciprocamente”. La Conferenza ha sancito la necessità di passare
dall’individuazione dei problemi e delle “cose da fare”, all’azione, ovvero alla messa in
atto di vere e proprie attività operative volte alla risoluzione delle priorità ambientali
espresse negli strumenti politici, quali, ad esempio, il Programma Quadro
3
.
Herman E. Daly (1991), economista presso la Banca Mondiale illustrò tre condizioni
generali per poter parlare di sviluppo sostenibile:
• il tasso di utilizzazione delle risorse rinnovabili non deve essere superiore al loro
tasso di rigenerazione;
• l'immissione di sostanze inquinanti e di scorie nell'ambiente non deve superare la
capacità di carico dell'ambiente stesso;
• lo stock di risorse non rinnovabili deve restare costante nel tempo.
L'ambiente ha una limitata "capacità di carico" (carrying capacity) e di auto-rigenerazione
quindi è necessario salvaguardarlo e mantenere le condizioni generali che consentono
all'ecosistema Terra di funzionare. L’inquinamento e lo sfruttamento delle risorse
3
Il programma, destinato principalmente alle piccole e medie imprese (PMI), intende dare supporto alle
attività di innovazione (compresa l'ecoinnovazione), facilitare l'accesso ai finanziamenti e fornire servizi di
sostegno alle imprese nelle singole regioni. Oltre a promuovere la diffusione e un migliore utilizzo delle
tecnologie dell'informazione e della comunicazione (TIC), esso contribuirà anche allo sviluppo della società
dell'informazione, incoraggiando nel contempo l'efficienza energetica e il ricorso alle fonti energetiche
rinnovabili. (http://ec.europa.eu/environment/etap/funding/index_it.html)
17
essenziali, l’industrializzazione e il tasso di crescita della popolazione condurranno, entro
i prossimi cento anni, ad un declino della popolazione e della capacità industriale. Per
evitare tale declino è necessario rivedere le politiche relative alla crescita della
popolazione e dei consumi e stabilire un uso efficiente delle risorse e dell'energia.
Un altro concetto rilevante è “gestione sostenibile di una risorsa” definito dalla letteratura
scientifica e naturalistica come quella gestione che prevede di utilizzare o prelevare la
risorsa (es. il legname tagliato in un bosco) senza intaccare la sua naturale capacità di
rigenerarsi. Quando la gestione non è sostenibile e questa soglia viene superata, la risorsa
viene deteriorata e, al limite, distrutta.
La questione della “sostenibilità” è legata, quindi, all’idea del limite (Badalucco, 2007):
- la crescita illimitata è impossibile, il Pianeta, infatti, è un sistema chiuso;
- l’unica vera fonte di produzione è la natura e l’attività economica è solo un’attività
di trasformazione;
- il ciclo economico è fonte di cambiamenti irreversibili;
- è necessario definire i limiti oltre i quali il consumo di risorse e l’immissione di
sostanze/prodotti diventa un “danno” per l’ambiente.
L’energia deve, così, sempre piø derivare da fonti rinnovabili e, gradualmente, bisogna
diminuire la dipendenza dalle risorse non rinnovabili fino ad un completo abbandono
delle stesse; solo tale investimento nelle rinnovabili potrà assicurare un sistema che
incontra i bisogni della popolazione presente senza compromettere la possibilità delle
generazioni future di soddisfare i propri.
1.1.1 Gli scenari futuri: il modello pessimistico ed ottimistico
Il modello pessimistico è stato definito da uno studio del 1972, intitolato “The limit to
grow” aggiornato poi nel 1992 e pubblicato con il titolo “Beyond the limits” (tale
versione conferma le conclusioni del primo studio). Attraverso l’uso della “dinamica dei
sistemi” (Forrester, 1961) sono state realizzate delle simulazioni degli esiti dell’economia
in futuro. Tale tecnica prevede l’uso dei cicli di retroazione per definire il comportamento
degli elementi impiegati. Il ciclo di retroazione descrive una sequenza chiusa che collega
un’azione al suo effetto sull’ambiente che può ripercuotersi sull’azione successiva. Tale
modello funziona su cicli di retroazione positivi ovvero quelli nei quali gli effetti
secondari tendono a rafforzare l’orientamento di base (accumulazione di capitale porta
nuovi investimenti che portano ouput maggiori la cui vendita incrementa i profitti) e cicli
18
di retroazione negativi che sono autolimitanti (i tassi di mortalità frenano l’aumento della
popolazione).
Il modello pessimistico, descritto nello studio sopracitato, ha portato a tre conclusioni:
1) Le risorse non rinnovabili saranno esaurite in meno di cento anni se non si
verificheranno mutamenti importanti nelle relazioni fisiche, economiche e sociali
tradizionali. Tale carenza di risorse porterà ad un crollo del sistema economico
(disoccupazione, contrazione della produzione) e demografico (aumento del tasso
di mortalità);
2) L’approccio frammentario ai singoli problemi non porterà successo. Anche
raddoppiando la quantità di risorse disponibili si otterebbe il crollo del sistema per
l’eccessivo inquinamento dovuto al processo di industrializzazione piø rapido
causato dalla maggiore disponibilità delle risorse, inoltre, se pure il problema
dell’inquinamento venisse risolto si potrebbe andare in contro al problema di
sovrappopolazione (l’eliminazione di un vincolo comporta l’emergere di un altro);
3) L’eccesso e il collasso può essere evitato solo limitando la crescita demografica e
l’inquinamento quindi lo sviluppo economico. Solo due esiti sono possibili:
fermare la crescita realizzando un autocontrollo e una politica consapevole o
collidere con i vincoli naturali ottenendo il crollo della società.
Nella figura 3 è rappresentato il modello standard dell’evoluzione del mondo (valori
storici individuati dal 1900 al 1970) che parte dal presupposto che non vi siano mutamenti
nelle relazioni fisiche, economiche e sociali a fondamento dello sviluppo del sistema
mondiale.
I generi alimentari, la produzione e la popolazione crescono in maniera esponenziale fino
a quando la diminuzione di risorse non porta un rallentamento dell’espansione industriale.
La popolazione e l’inquinamento aumentano ancora poco dopo il raggiungimento del
massimo del processo d’industrializzazione.
Si assiste al crollo demografico a seguito dell’incremento dei tassi di mortalità e della
contrazione dell’offerta di alimenti e servizi sanitari.
19
Figura 3 La tendenza standard secondo “Limits to Growth”
Fonte: Meadows et al., 1992
Il modello si fonda sull’idea di una crescita esponenziale unita alla presenza di limiti fissi
(variabili incrementano sempre piø di anno in anno) ma piø alto sarà il tasso di crescita
del consumo della risorsa piø si assisterà al suo esaurirsi.
Il modello supppone come dati l’offerta di varie risorse (quantità di terra disponibile,
stock di risorse esauribili, disponibilità di generi alimentari rispetto alla terra). La crescita
esponenziale della domanda congiunta ad un’offerta fissa porta ad un naturale
esaurimento delle risorse.
Il modello ottimistico, invece, nasce dalla critica mossa da Julian Simon (1981) verso il
modello pessimistico. Egli sostiene che il tenore di vita è cresciuto in maniera pari
rispetto alla numerosità della popolazione. L’aumento della popolazione e del reddito ha
portato situazioni di scarsità sempre meno gravi, riduzione di costi, maggiore disponibilità
di risorse, ambiente piø pulito e accesso a risorse naturali adatte ad attività di svago. Tale
situazione proseguirà indefinitamente.
La visione di Simon si basa su una fiducia nell’inventiva dell’uomo per superare i
problemi ambientali ed è avallata da diversi dati di fatto:
- la quantità di terra per usi agricoli aumenta e la produzione agricola è cresciuta (il
cibo non può essere un vincolo);
- le risorse naturali non sono diventate piø scarse nel tempo ma i fenomeni di
scarsità derivano da problemi legati al comportamento umano piuttosto che ad una
reale mancanza;
20
- i livelli di inquinamento sono scesi con la riduzione della popolazione e dei livelli
di reddito (l’inquinamento deriva dalle scelte della società per l’impiego delle
risorse e non dall’attività economica).
Secondo Simon i sistemi economici e politici reagiscono alla scarsità di risorse per
smorzarne l’impatto, le retroazioni negative in corrispondenza ai problemi di penuria di
risorse creano un processo autolimitante (se una risorsa scarseggia il prezzo sale e i
fornitori cercano di procurarsi quantità maggiori della risorsa, i consumatori utilizzano
quantitativi minori e cercano input alternativi come per esempio le rinnovabili).
Il limite del modello pessimistico sta soprattutto nella miopia che non rende
comprensibile la forza della creatività umana e nel carattere non infinito ma transitorio
della dinamica dell’eccesso e del collasso.
1.2 L’esigenza di un cambiamento green per la ripresa
Il modello economico di tipo espansivo che ha caratterizzato il mondo fino ad oggi si
fondava sulla convinzione che a un aumento dei consumi avrebbe coinciso con un
aumento della qualità della vita fondato sulla speranza di poter diffondere lo stesso
benessere su scala planetaria.
Adam Smith costruiva la sua dottrina economica sull’idea che il perseguimento degli
interessi individuali avrebbe portato, attraverso il ruolo di garanzia dello Stato, al
soddisfacimento dell’interesse di tutta la società (Smith, 1776). Le prospettive di crescita,
giustificate da un fiorente processo di industrializzazione, erano così ampie che ci si
poteva riferire, senza problemi, ad un sistema senza vincoli per lo sviluppo.
Ora, però, il modello di crescita sopra citato genera squilibri e minacce di carattere
sociale, naturale ed economico; i limiti piø evidenti di tale modello sono l’esaurimento
delle risorse, il costo crescente degli interventi necessari per riparare i danni “collaterali”
provocati dallo sviluppo indiscriminato.
La top 10 dei problemi ambientali (Esty e Winston, 2006) riguarda:
1) il cambiamento climatico (in particolare causato dalle emissioni di CO
2
, porterà
temperature piø elevate, aumento del livello dei mari, maggiore intensità delle
tempeste, distruzione degli ecosistemi, sfollati ambientali);
2) l’ energia (una maggiore attenzione verso le clean energies aumenterà la
produttività delle risorse e sarà un punto importante per il vantaggio strategico);
21
3) l’acqua (nel senso di qualità peggiore dovuta alle contaminazioni e quantità non
elevata e non distribuita egualmente nel globo);
4) la biodiversità (preserva la catena alimentare e l’ecosistema da cui tutta la vita
dipende e viene messa a rischio dalle azioni umane che distruggono gli habitat
naturali) e l’uso del territorio;
5) i metalli chimici, tossici e pesanti;
6) l’inquinamento dell’aria (emissioni nocive);
7) la gestione dei rifiuti;
8) l’impoverimento dello strato di ozono;
9) gli oceani e la pesca;
10) la deforestazione.
A questi problemi si aggiungono altre importanti questioni da tenere in considerazione: la
desertificazione, la sicurezza del cibo e le radiazioni (recenti casi lo dimostrano).
E’ necessario introdurre un nuovo modello energetico basato sulla piø equa distribuzione
dei consumi e su una ridefinizione delle fonti energetiche utilizzate e quindi non piø
procrastinabile.
Nei decenni passati si è, quindi, assistito a tre ondate (Makower, 2008):
1) “Do no harm”: periodo caratterizzato dal peggiore abuso possibile senza controllo
delle risorse della terra;
2) “ Doing well by doing good”: iniziano ad emergere comportamenti improntati alla
riduzione dei costi attraverso passi proattivi;
3) “Green is Green”: le imprese capiscono che il green business può aumentare
l’innovazione, permettere l’entrata in nuovi mercati e creare nuove opportunità di
business.
Green economy è “… quell’economia capace di usare con efficienza l’energia e le
materie prime, di intervenire sugli ecosistemi senza danneggiarli, di guardare ai rifiuti
come a una fase del continuo divenire delle merci e non come a un elemento da espellere
con fastidio dal ciclo produttivo” (Cianciullo e Silvestrini, 2010).
La Green economy non è un nuovo settore produttivo ma un nuovo modello di sviluppo, a
forte impatto sulla crescita delle economie territoriali infatti:
- premia la valorizzazione dei fattori locali;
- cerca e chiede maggiore personalità, storia e tradizione nei prodotti consumati;
- tratta beni che sono contraddistinti dal rispetto dei luoghi d’origine;
- associa ai beni la salvaguardia dei valori culturali e dei beni ambientali.
22
Questo tipo di economia può sviluppare i sistemi produttivi e l’occupazione.
L’ambiente visto in passato come un vincolo diventa un motore di sviluppo e di
innalzamento della qualità della vita. La crisi economica deve diventare un’opportunità
per ridisegnare le politiche industriali in chiave verde di cui le parole chiave devono
essere: sostenibilità, qualità, innovazione continua, valorizzazione del legame con il
territorio d’origine.
Gli obiettivi perseguiti dalle imprese green sono un minor consumo di energia e materie
prime, una riduzione delle emissioni nocive in aria acqua e nel suolo, una riduzione
rifiuti a fronte di investimenti in scienza, tecnologia e management, nuove professionalità
e ampliamento delle competenze esistenti. La green economy rappresenta non solo
l’insieme delle attività connesse direttamente alle questioni ambientali (mutamenti
climatici, fonti rinnovabili, impegni assunti dall’Italia in sede mondiale ed europea) ma si
incrocia anche con la soft economy e quindi con l’investimento in qualità, innovazione e
ricerca.
Dall’ indagine condotta nel 2010 da Symbola e Unioncamere emerge che il 30% delle
PMI, in Italia, ha puntato sulla green economy come baluardo per l’uscita dalla crisi; si
notano delle punte di investimento green nelle imprese che esportano quantificate in
36,6%, di cui il 41,2% è cresciuta economicamente e il 44,3% ha elevato la qualità dei
propri prodotti. Le figure professionali coinvolte nel green sono estese a tutti i settori, in
particolare si manifestano picchi di oltre il 50 % tra legislatori, dirigenti e imprenditori e
oltre il 60% tra artigiani, operai specializzati e agricoltori sono interessati nell’espansione
di questo settore (vedi infra).
Il consumatore oggi sceglie con piø indipendenza e responsabilità; si sono diffusi i
prodotti biologici, il commercio equo e solidale, i prodotti a filiera corta e forme di
consumo piø responsabili. Obiettivo delle imprese è, quindi, quello di realizzare
un’economia piø a misura d’uomo, attenta alle comunità e ai territori, e per questo piø
sostenibile e competitiva.
Le PMI dovrebbero, quindi, investire nell’elaborazione di strategie coraggiose e
lungimiranti che valorizzino le risorse naturali e imprenditoriali presenti in Italia in
un’ottica verde. Le imprese dovrebbero sviluppare la capacità di adeguare il know how
alle nuove sfide dello sviluppo sostenibile.
Il focus sulla green economy deve avviare, alle imprese, da una prospettiva basata sul
breve periodo ad una prospettiva sistemica che si fonda su una maggiore sostenibilità e
23
uno sviluppo equo ed equilibrato. In particolare nel settore energetico si sta diffondendo
un’economia low carbon che cerca di ridurre l’impatto del riscaldamento ambientale.
L’innovazione tecnologica in risposta alle scarsità emergenti, la qualità dei prodotti e dei
processi, le nuove opportunità occupazionali e professionali possono contribuire a creare
un business green che comprende anche un atteggiamento consapevole dei consumatori e
delle istituzioni.
Le imprese che realizzano miglioramenti devono interpretarli in una prospettiva non piø
locale ma globale. L’ecoefficienza deve riguardare gli input, ovvero la capacità di
impiegare meno energia e materia prima , e gli output ovvero la capacità di ridurre le
emissioni e la produzione di rifiuti.
La competitività dei prodotti si misura sul fatto che hanno un basso impatto ambientale
durante tutto il ciclo di vita quindi la responsabilità diventa condivisa per tutti gli attori
della supply chain (progettisti, produttori, distributori, utenti finali …). L’attenzione
all’ambiente deve essere rivolta, non solo al prodotto ma anche al processo; le imprese
che vogliono realizzare un business green devono intervenire non solo a valle sul prodotto
ma anche sul processo produttivo.
Infatti il tema dell’efficienza deve riguardare un approccio al ciclo di vita dei prodotti
integrato, dalla produzione al consumo minimizzando gli sprechi. Si lega così al concetto
di green quello di lean; nessuno scarto deve restare inutilizzato. Si parla di riduzione
materica (ottimizzazione di materiali ed energia per la produzione), DFD ovvero la
progettazione per il disassemblaggio quindi gli oggetti vengono realizzati in previsione di
una scomposizione, monomatericità ovvero l’uso di un solo materiale, riduzione
dimensionale ovvero riduzione dell’impegno di materiale nell’ottica di prevenire consumi
eccessivi nel trasporto.
La green economy coinvolge sempre piø tutta la catena del valore economico dalla
produzione alla ricerca, dalla finanza alla comunicazione, dalle risorse umane alla
distribuzione.
Le caratteristiche peculiari che deve avere un’impresa orientata al green business, quindi,
devono essere un forte orientamento all’innovazione, al miglioramento effettivo delle
prestazioni in un’ottica integrata di ciclo di vita e al coinvolgimento sistemico di tutti gli
attori della supply chain.