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Introduzione
Questa tesi ha come soggetto principale la politica estera di De Gasperi,
durante gli anni della ricostruzione, dalla sua nomina a ministro degli esteri nel
dicembre del 1944, allorquando fu costituito il secondo governo Bonomi, fino
al 1954, anni considerati i più difficili e impegnativi del percorso comunitario.
L‟obiettivo principale del presente lavoro è stato quello di porre l‟attenzione
sull‟incidenza del contributo dell‟Italia all‟unità europea e sulla posizione assunta
dal nostro Paese all‟inizio del processo di europea alla luce del decisivo apporto di
De Gasperi.
Dalla lettura di fonti e documenti di diversa natura appare evidente l‟intensa
vocazione europeista dell‟Italia: infatti, il nostro Paese, a partire dal secondo
dopoguerra, ha sempre sostenuto il processo di integrazione europea,
nonostante la sua limitata influenza internazionale.
Lo stesso De Gasperi aveva compreso anticipatamente che, grazie
all‟affermazione di nuove entità supernazionali, l‟Italia avrebbe acquistato
prestigio e sviluppo a livello internazionale.
In quegli anni, poiché il nostro Paese usciva sconfitto e umiliato dal
secondo conflitto, la volontà di recuperare la posizione internazionale
compromessa dal fascismo e dalla sconfitta militare assumeva un ruolo
predominante nelle scelte politiche sia a livello interno che internazionale.
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In tale senso lo studio delle memorie e delle biografie dello statista De
Gasperi è risultato determinante per comprendere meglio una questione
complessa come quella della politica europeista italiana.
Il contributo dell‟Italia alla costruzione di un‟Europa senza frontiere e
barriere doganali, è simboleggiato proprio dalla figura di questo statista
lungimirante, delineata in tutta la sua portata nei discorsi dal 1948 al 1954. Per
questo motivo De Gasperi è considerato uno dei padri dell’Europa, in virtù del
suo impegno costante programma di unificazione politica.
Egli era infatti convinto che il nazionalismo potesse essere superato
avvicinandosi all‟Europa e che le vecchie dispute di frontiera, che fino a pochi
anni prima avevano determinato conflitti tra i popoli europei, fossero
destinate a cadere.
Analizzando gli scritti e discorsi di De Gasperi, si intuisce come lo statista
rapportasse il problema dell‟unità dei Paesi europei a un disegno più vasto,
indipendente dalla semplice cooperazione economica o della necessità di
unione di forze rispetto ad altre potenze mondiali.
Il suo si configura come un vero e proprio impegno federalista che troverà
la sua massima espressione nella predisposizione del noto articolo 38 del
Trattato CED che intendeva istituire una vera e propria Comunità Politica
Europea e che anticipava di ventotto anni la nascita del Parlamento Europeo.
La mancata ratifica del Trattato CED da parte della Francia bloccherà
l‟applicazione di tale articolo, anche perché gli Stati nazionali non erano
ancora disposti a rinunciare alle loro prerogative nazionalistiche.
De Gasperi, insieme a Sforza, riuscì a far includere l‟Italia tra i membri del
Consiglio d‟Europa e il 18 aprile 1951 firmò il Trattato istitutivo della
Comunità Europea del Carbone e dell‟Acciaio, facendo del nostro Paese uno
dei sei Paesi fondatori della CECA.
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Naturalmente, per comprendere meglio l‟apporto dello Statista, è stato
necessario inserirlo nel contesto internazionale dell‟epoca, dagli anni della
ricostruzione post-bellico alle dinamiche della guerra fredda.
La lettura di fonti documentarie dirette e l‟analisi della situazione
internazionale permettono infatti di valutare più adeguatamente le ragioni
delle scelte compiute dall‟Italia e il suo rapporto con gli altri Paesi coinvolti nel
percorso di integrazione europea.
Il primo capitolo è dedicato ai primi sviluppi del processo di unificazione: il
Manifesto di Ventotene (espressione di un ideale federalistico considerato
come risultato di una rivoluzione politica destinata a tradursi in nuovo patto
sociale e in una nuova democrazia e a sancire la fine dello Stato-Nazione); il
Piano Marshall, ossia un programma di aiuti economici e finanziari all‟Europa
sollecitato dagli Stati Uniti, originato dalla presa d‟atto degli effetti disastrosi
della Seconda Guerra Mondiale e della conseguente necessità di avviare una
reale cooperazione fra i paesi europei. Grazie agli aiuti del Piano Marshall e
alla creazione dell‟OECE gli Stati Uniti contribuirono ad agevolare una
cooperazione non finalizzata solamente a risollevare l‟Europa Occidentale
dalla grave crisi economica e politica, ma anche a consolidare la propria sfera
di influenza all'interno del nuovo mondo bipolare; il patto di Bruxelles,
ulteriore momento di avvicinamento all‟integrazione europea che, guidata
ancora dagli Stati Uniti d‟America, segnava una nuova apertura diplomatica
dell‟Italia sul piano internazionale; il congresso dell‟Aja, primo tentativo di
cercare una nuova via per l‟Europa in cui i rappresentanti di 17 nazioni
poterono riunirsi e confrontarsi fra loro fino alla decisione di istituire un‟
assemblea di eletti dai Parlamenti nazionali per esaminare le implicazioni di
una unione o di una federazione europea.
Il secondo capitolo descrive una svolta decisiva dell‟Italia nel quadro
internazionale dalla nascita della Ceca fino al fallimento della Ced. In questo
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periodo, De Gasperi, insieme a Sforza, riuscirà a includere l‟Italia tra i membri
del Consiglio d‟Europa, facendo del nostro Paese uno dei sei Paesi fondatori
della CECA. Il Piano Schuman e la costituzione della Comunità del Carbone e
dell‟Acciaio (CECA) porteranno alla nascita dell‟Europa dei Sei (Francia, Gran
Bretagna, Italia, Belgio, Olanda, Lussemburgo) che, mettendo in comune la
produzione carbo-siderurgica, e istituendo un‟Alta Autorità sovranazionale,
realizzano il primo passo verso una federazione europea. Sul modello della
CECA viene, poi, progettata col Piano Pleven la costituzione di un Esercito
Europeo nel quadro di una Comunità Europea di Difesa (CED) e per la prima
volta, nel dopoguerra, si registra l‟attiva partecipazione della diplomazia
italiana alla formulazione di una politica e di un progetto europeista.
Nonostante le preoccupazioni francesi per il riarmo tedesco in un ambito
sovranazionale, come si è già detto, avrebbero impedito l‟entrata in vigore del
nuovo Trattato mettendo fine al sogno degasperiano di una Comunità
Economica Politica (CEP) occorre rilevare come le proposte dello statista
trentino anticipassero di quasi trenta anni la nascita del Parlamento Europeo.
Il terzo capitolo è dedicato all‟analisi dell‟affermazione della figura di De
Gasperi e della sua attività nella DC, del suo ruolo in politica interna(la rottura
con le sinistre, i rapporti con il Vaticano e gli Stati Uniti), del suo impegno in
politica estera. Il suo europeismo, considerato l‟aspetto più significativo degli
ultimi anni della sua vita diplomatica, porta in primo piano una prospettiva
attestata anche dalle sue riflessioni sugli effetti della seconda guerra mondiale e
animata da una intensa difesa della democrazia. Assertore di un federalismo
moderato De Gasperi intendeva favorire la formazione di gruppi più
moderati, tentando, nello stesso tempo, di operare una mediazione e un
compromesso in grado di conciliare le opinioni di tutti coloro che volevano
l‟unione degli Stati europei. In particolare, il nesso che De Gasperi stabilisce
tra la dimensione e quella atlantica della politica estera della nuova Italia, è uno
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dei fattori decisivi del suo tenace impegno nei vari progetti di integrazione
europea
Il quarto capitolo è dedicato alle interpretazioni e proiezioni del pensiero di
De Gasperi da parte di alcuni studiosi.
Ho preso in considerazione i seguenti autori: Gonella, Corsini, Scoppola,
Durand, Romano, Ballini e M. R. De Gasperi.
Secondo Gonella, il programma europeista di De Gasperi si basava su un
processo graduale finalizzato a conseguire prima un‟ unione politica e poi
un‟unione economica dell‟Europa.
Come Gonella, anche Corsini insisteva sul fatto che lo statista trentino
fosse convinto che, per costruire un‟Europa unita, era necessario un processo
graduale.
Inoltre, Corsini affermava che il pensiero degasperiano era attuale ancora
oggi, quando lo statista sosteneva che, per raggiungere l‟unità europea, fosse
necessario limitare la sovranità delle Nazioni.
Secondo Scoppola, De Gasperi voleva realizzare un‟Europa unita per
evitare altre guerre e perciò insisteva nel voler includere la Germania nel
contesto europeo, eliminando il pericolo di una guerra di rivincita.
Secondo Durand, De Gasperi prospettava un‟ Europa unita per garantire la
pace e la democrazia.
Romano sosteneva che De Gasperi, si fosse servito della sua esperienza
politica per offrire il proprio contributo alle prime istituzioni europee.
Secondo Ballini, De Gasperi ha incontrato molte difficoltà ed ha ricevuto
molte critiche per le sue scelte orientate a stabilire relazioni con gli ambienti
laici.
Secondo M.R. De Gasperi bisogna portare avanti il progetto del padre per
dare maggiore credibilità internazionale all‟Europa.
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Capitolo 1
L’ITALIA E L’AVVIO DEL PROCESSO DI
UNIFICAZIONE EUROPEA (1943-1948)
1.1 Il sogno federalista e il Manifesto di Ventotene
Durante la seconda guerra mondiale si ebbe uno sviluppo eccezionale nel
dibattito sull‟unità europea. Sin dalle fasi iniziali della guerra, la proposta
avanzata da Winston Churchill, il 16 giugno 1940, di un‟unione anglo-francese
per combattere l‟imperialismo nazista, aveva mostrato in modo evidente che la
crisi del sistema europeo degli Stati poneva ormai il problema dell‟unità
europea all‟ordine del giorno della politica dei governi.
È però all‟interno delle forze della Resistenza europea che si assistette al
sorgere di una nuova presa di coscienza e si verificò il fenomeno radicalmente
nuovo della nascita di movimenti federalisti europei, i quali si proposero come
obiettivo politico prioritario l‟unità europea.
L‟idea della costruzione dell‟Europa unita nacque dunque nel corso della
Resistenza europea.
La ragione di questo straordinario sviluppo dell‟ideale europeo negli anni di
guerra fu l‟esigenza di rispondere alla profonda crisi della civiltà europea,
avvelenata dai totalitarismi e dagli opposti nazionalismi. Di fronte al comune
nemico nazista, l‟idea di un‟Europa unita si diffuse capillarmente, fu dibattuta
nelle prigioni, nelle isole di confino e fiorì spontaneamente tra i combattenti
della Resistenza europea.
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Il Manifesto di Ventotene, il cui titolo originario è Per un’Europa libera ed
unita. Progetto di un manifesto, costituisce, a tal proposito, il testo più organico
della letteratura federalistica resistenziale. Esso fu scritto da Ernesto Rossi (un
antifascista, appartenente al movimento liberal-socialista di «Giustizia e
Libertà», che aveva già scontato 9 anni di carcere nelle prigioni fasciste e 2 di
confino), Altiero Spinelli (un comunista che, in carcere, aveva abbondato il
partito, distanziandosi dall‟ortodossia marxista) e Eugenio Colorni (redattore
dell‟Avanti !”, clandestino, che venne ucciso dai fascisti alla vigilia della
liberazione di Roma) mentre si trovavano segregati al confino nell‟isola
tirrenica di Ventotene.
Il Manifesto di Ventotene fu concepito e redatto negli anni 1941-42, quando il
nazifascismo infuriava ancora in Europa e lontana era la prospettiva della fine
della Seconda Guerra Mondiale. È in tale prospettiva di indagine che
possiamo individuare la capacità intuitiva di Altiero Spinelli
1
, che considerò la
sconfitta della Germania come condizione indispensabile, ma non sufficiente,
a garantire la pace in Europa, se non si fosse proceduto a costruire l‟unità
europea.
L‟originalità del Manifesto consisteva nel proporsi, non come una generica
dichiarazione di principio, ma come un concreto programma di azione
finalizzato alla realizzazione della federazione europea.
Il contenuto del Manifesto si può riassumere in cinque punti:
1. l‟anarchia internazionale, determinata dalla sovranità assoluta dei singoli
Stati e dalla mancanza di un ordine giuridico sovra-nazionale, genera
inevitabilmente la guerra;
1
A. Spinelli La Rivoluzione Federalista. Scritti 1944-1947, (a cura di P. Graglia), Bologna, Il
Mulino, 1996, p.43.
10
2. la crisi della civiltà moderna deriva dalla crisi dello Stato nazionale, che
non è più in grado di far fronte alla necessità che il corso della storia pone, a
causa dello sviluppo delle forze economiche e sociali ben oltre i confini
nazionali;
3. il fascismo e i regimi totalitari sono il punto di arrivo dell‟evoluzione
storica dello Stato nazionale e il risultato delle tendenze autoritarie e bellicose
insite in tale tipo di Stato;
4. la seconda guerra mondiale è stata l‟espressione dell‟anarchia
internazionale e dell‟esigenza di stabilire un nuovo ordine in Europa;
5. la costituzione di un nuovo ordine internazionale, democratico e federale,
che parta dall‟Europa e che si ispiri al modello del federalismo istituzionale, è
un obiettivo prioritario che deve precedere le altre riforme economiche, sociali
e politiche, in quanto, solo costruendo un tale ordine, si possono risolvere in
modo stabile tutti gli altri problemi e impedire che le riforme attuate siano
destinate a crollare sotto la minaccia di nuove guerre e nuovi totalitarismi.
Nel Manifesto, dunque, si parla della necessità di costruire un ordinamento
federale, il quale, pur lasciando ad ogni singolo Stato la possibilità di
sviluppare la propria vita nazionale nel modo che meglio si adatta al grado e
alla specificità della propria civiltà, sottragga alla sovranità nazionale di tutti gli
Stati associati «i mezzi con cui possono far valere i loro particolarismi
egoistici»
2
, e che crei un corpo di leggi internazionali al quale tutti egualmente
debbano essere sottomessi.
La conclusione che gli autori traevano era che la costruzione degli Stati
Uniti d‟Europa fosse oramai divenuto un obiettivo possibile oltre che degno
di essere perseguito, in quanto la crisi politica degli Stati nazionali europei e il
loro crollo ad opera delle armate naziste avrebbe potuto aprire, nell‟immediato
2
E. Rossi , A. Spinelli, Manifesto di Ventotene, Napoli, Guida, 1982, p 15.
11
dopoguerra, un vuoto di potere e, quindi, uno spazio d‟azione per le forze
federaliste ed europeiste. Si doveva quindi creare un movimento politico
indirizzato a questo specifico obiettivo, che cercasse la collaborazione di tutte
le forze democratiche e progressiste nei diversi paesi europei.
Durante questo periodo si gettano le basi per la nascita dell‟Europa. Con la
fine della seconda guerra mondiale, i Paesi europei avevano compreso che i
due obiettivi principali erano la ricostruzione e il mantenimento della pace.
Durante la guerra si verificò la crisi dello Stato nazionale e l‟unica soluzione
per evitare il ripetersi degli eccessi dei nazionalismi era quella di superare lo
Stato nazionale. Per questo si riprese a parlare dell‟idea che una Unione
Europea fosse il modo migliore per garantire la pace.
Durante il totalitarismo e la resistenza era maturata l‟idea di Europa e
proprio in questo ambito nasce il movimento federalista.
Nonostante gli sforzi di tutti gli interessati, già tra la fine del 1944 e il 1945
l‟europeismo della Resistenza iniziò a registrare il suo primo declino sfociando
in una sconfitta culturale e politica. Contemporaneamente in quello stesso
momento, ispirata dall‟economista rumeno D. Mitrany
3
, nasceva la corrente
del funzionalismo, che considerava troppo utopica l‟idea federalista, sosteneva
invece che l‟Unione Europea si sarebbe realizzata soltanto attraverso
integrazioni settoriali, cioè parziali cessioni di sovranità ad organismi
sovranazionali. Si sarebbero così poste le basi per la costruzione di una nuova
struttura europea.
Saranno proprio i funzionalisti, guidati da Robert Schuman e Jean Monnet,
che daranno inizio al processo di integrazione europeo con la creazione della
CECA.
3
D. Mitrany, A Working Peace System. An Argument for the Functional Development of
International Organization, London, National Peace Council, 1946.
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1.2 Il Piano Marshall e il recupero italiano
Dopo il secondo conflitto mondiale l‟Europa si trovava in una situazione di
profonda crisi socio-economica, con alcuni Paesi che lottavano per la
sopravvivenza, altri che cominciavano una lenta ripresa.
Anche in Italia la situazione non era delle migliori, in quanto oltre alla crisi
economica si registrava una grave crisi materiale e morale
4
che investiva
l‟intera società civile.
L‟Italia, nel dopoguerra, si trovava in uno stato di quasi completo
isolamento sul piano dei rapporti internazionali. Infatti, la fine della guerra,
aveva restituito all‟amministrazione italiana l‟intero territorio nazionale, per cui
la sovranità del governo era completa sul piano formale, ma non nei rapporti
di politica estera.
Il governo De Gasperi, data la situazione di profonda crisi, si appellò al
presidente Truman per chiedere aiuti economici, materiali e morali e quindi di
entrare a far parte del piano Marshall
5
assieme agli altri Paesi Europei che già
ne usufruivano.
Il Piano Marshall, simbolo di difesa della libertà ed espressione
dell‟anticomunismo consentiva ai Paesi europei la ricostruzione e il
risanamento delle proprie economie in crisi, attraverso un programma di aiuti
economici.
Nel Luglio del „47 l‟Italia venne ammessa, sul piano internazionale a far
parte della conferenza parigina per l‟applicazione del Piano Marshall. Tale
4
Tale crisi morale e materiale era dovuta al fatto che l‟Italia era uscita sconfitta dal
secondo conflitto mondiale.
5
Il Piano Marshall, denominato così dal nome del segretario di Stato americano, mirava
a ricostruire l‟economia dell‟Europa ed ebbe risvolti positivi sia all‟interno dei paesi sia sul
piano internazionale.
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Piano fu approvato dal Governo italiano il 2 febbraio del 1948 e venne attuato
con l‟auspicio di dimostrare al Governo americano la disponibilità di sostenere
lo sforzo e le ambizioni dell‟amministrazione Truman verso la cooperazione
economica dell‟ Europa. Ma, secondo De Gasperi se sul piano economico i
progetti americani avrebbero sollevato perplessità, sul piano politico,
diventavano un‟utile opportunità per la riconquista di uno status di
uguaglianza con i Paesi europei vincitori.
Sullo sfondo di tali sforzi si era manifestata l‟idea di creare più stretti
rapporti tra i popoli per il raggiungimento di fini economici e politici comuni.
Per evitare ulteriori conflitti tra i Paesi europei, già uniti nel piano Marshall,
raccoglieva consensi l‟idea di una Europa unita e, quindi la costituzione degli
Stati Uniti d‟Europa secondo le linee enunciate da Churchill
6
in un discorso
all‟ università di Zurigo il 19 settembre del 1946.
Ma, solo a partire da 1948 l‟idea europeistica prenderà corpo in una serie di
iniziative tra i governi dell‟Europa occidentale, portando alla creazione di
quelle infrastrutture che avrebbero dovuto costituire la base per l‟edificazione
dell‟ Europa politica.
Il processo di creazione di una politica europeistica si rivelerà legata al
processo di consolidamento del blocco occidentale in contrapposizione a
quello orientale
7
.
6
Cfr. W. Churchill, Tragedy of Europe, in R. Ducci, B. Olivi, L’Europa incompiuta, Padova,
Cedam, 1970, p.73.
7
G. Mammarella, L’ Italia contemporanea, Milano, il Mulino, 1974, pp. 131 -132.