Introduzione L'impatto delle tecnologie digitali sulla nostra esistenza 
è stato sempre maggiore, a partire dall'ultimo ventennio 
del secolo scorso, fino ad arrivare ai giorni nostri.
In seguito al loro ingresso sempre più pervasivo nella 
nostra vita, inevitabilmente è venuto a modificarsi il modo 
in cui concepiamo la realtà e pensiamo e riflettiamo su noi 
stessi.
Il presente lavoro si pone il duplice obiettivo di andare a 
individuare in che modo cambia il concetto classico di 
identità in seguito al rapporto con tecnologie sempre più 
pervasive e di riconoscere il modo in cui il cinema, da 
sempre attento osservatore dei cambiamenti in atto nella 
nostra società, ha visualizzato questo nuovo tipo di identità 
interconnessa , immaginando sviluppi e derive future non 
prive di aspetti e problematiche inquietanti.
Nel corso del primo capitolo, partiremo dalla 
definizione di cosa si intenda con la parola identità per poi 
procedere al riconoscimento dei vari stadi attraverso i 
quali essa viene a formarsi. Dal processo di autocoscienza 
inteso come conoscenza di sé e dei propri limiti, 
arriveremo a sottolineare l'importanza della dimensione 
sociale e relazionale per la formazione del Sé, nella quale 
emergono identità secondarie a corollario della principale. 
Si tratta di identità deboli, di ruoli quasi attoriali che 
assumiamo di volta in volta per adattarci alle situazioni 
nelle quali veniamo a trovarci quotidianamente. Alla fine 
della prima parte di questo capitolo, saranno messi in 
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evidenza i ruoli fondamentali dell'esperienza e della 
memoria come struttura primaria alla base della 
narrazione di sé, processo attraverso il quale ci si riconosce 
nel proprio passato, negli eventi della propria esistenza, e 
si è capaci di agire nel presente e immaginarsi nel futuro. 
Infine, sottolineeremo come il corpo costituisca un 
elemento imprescindibile per la formazione della nostra 
identità: esso è, infatti, sia una sorta di biglietto da visita 
attraverso cui avviene un nostro primario riconoscimento 
da parte degli altri, sia il mezzo che ci permette di 
interagire con il mondo e con le alterità, ricevendo allo 
stesso tempo la loro azione su di noi. Di particolare 
importanza sarà la tendenza tipicamente umana alla 
modifica del proprio corpo, la cosiddetta antropopoiesi , che 
consiste nell'intervenire sul corpo, trasformandolo a 
proprio piacimento in funzione di un'espressione più 
completa della propria interiorità.
In un secondo momento, vedremo come cambia tutto 
ciò in seguito all'introduzione delle tecnologie digitali 
nella nostra esistenza. La progressiva digitalizzazione dei 
media e la loro convergenza in un mezzo onnicomprensivo, 
l' unimedia di cui parla Lèvy, sono certamente espressione 
del processo di rimediazione individuato da Bolter e Grusin 
come modalità di sopravvivenza dei media al sorgere di uno 
nuovo e più avanzato, ma allo stesso tempo possono 
costituire dei segnali di una certa dematerializzazione del 
reale?
È soprattutto con la nascita di Internet che cambia il 
modo in cui l'essere umano si rapporta con le tecnologie e 
immagina sé stesso: vedremo come in questo modo ha 
trovato espressione quella cultura della simulazione di cui 
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parla Fredric Jameson, caratterizzata dal prevalere della 
superficialità sulla profondità della propria dimensione 
identitaria.
Ne vien fuori un'identità che è lo specchio dei tempi: 
un'identità che è tipica dell'era postmoderna che stiamo 
vivendo. Un'era di passaggio, già oltre la modernità ma 
non ancora arrivata al termine del proprio processo 
transitivo.
In questa fase del nostro lavoro ci occuperemo 
dell'identità in rete, arrivando a verificare come essa sia 
caratterizzata da frammentazione , indeterminatezza e da 
sfiducia nei valori e nelle certezze di una volta: a prevalere, 
al giorno d'oggi, sono le identità deboli rispetto a quelle 
forti, sono quelle che un tempo erano secondarie e che 
oggi assumiamo temporaneamente in una sorta di euforia 
emotiva , soprattutto all'interno degli schemi d'interazione 
tipici del cyberspace , il nuovo spazio sociale in cui il corpo 
viene disseminato più che smaterializzato, seguendo la 
definizione che ne dà Caronia.
Si tratta, come vedremo, di una tipologia identitaria 
aperta all'alterità e all' ibridazione con essa, sia nel caso 
dell'adozione di elementi culturali differenti da quelli della 
propria società di appartenenza, sia nel caso del processo 
di inclusione immersiva nelle tecnologie e ibridativa con 
esse.
Il primo capitolo terminerà con una disamina 
sufficientemente esaustiva proprio di quest'ultimo aspetto, 
che genera l'ingresso nel postumano : l'inizio di un'umanità 
nuova in cui da una parte tutti noi diventiamo pura 
informazione , nient'altro che un flusso di dati  trasmesso nel 
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cyberspace , mentre dall'altra assistiamo alla 
contemporanea e sempre più frequente tendenza verso la 
modifica in chiave tecnologica del corpo, sino a 
trasformare l'essere umano in un cyborg , fusione di 
elementi biologici e tecnologici che ci permetterebbe di 
superare i limiti fisici imposti dal nostro corpo naturale. 
D'importanza chiave sarà l'individuazione del duplice 
utilizzo della tecnologia come protesi corporea e come 
innovativa modalità di costruzione di sé, per 
un' antropopoiesi del tutto nuova e rivista grazie all'utilizzo 
delle tecnologie.
Nel secondo capitolo, inizieremo individuando le 
caratteristiche generali del cinema del postmoderno, 
riconoscendone la tendenza sempre più diffusa a mettere 
in scena narrazioni nelle quali le differenze fra realtà e 
irrealtà sono poco chiare, al punto da essere spesso causa 
di inganno e illusione. Storie in cui il largo utilizzo delle 
tecnologie alla base degli effetti speciali permette la 
visualizzazione di mondi e personaggi non realmente 
esistenti. Ciò fa da contraltare al loro utilizzo tematico, 
specie se messe in relazione all'uomo e al suo potere di 
controllo più o meno forte su di esse.
Vedremo, inoltre, come anche questa tendenza 
cinematografica sia definibile secondo le stesse 
caratteristiche individuate a proposito dell'identità umana 
del postmoderno: osserveremo, soprattutto, come la gran 
parte dei film di questo periodo sia frammentata a livello 
narrativo e basata sull' ibridazione di elementi culturali 
eterogenei, di differenti generi cinematografici, e di 
meccanismi tipici di altri media , su tutti il fumetto e il 
videogioco.
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Arriveremo ad analizzare il modo in cui parte della 
cinematografia contemporanea ha rappresentato i 
cambiamenti avvenuti a livello identitario nella nostra 
società a causa del rapporto con le tecnologie. Ciò è 
avvenuto soprattutto includendo fra i propri temi la fuga 
dal proprio corpo naturale e l'ingresso in una dimensione 
virtuale immersiva e interattiva o in un corpo altro che 
permetta di agire nella realtà effettiva.
La prima parte del secondo capitolo si concentrerà su 
tre pellicole particolari i cui personaggi agiscono per lo più 
attraverso proiezioni mentali di sé, in tre contesti 
differenti, ma che condividono la comune caratteristica di 
una distinzione labile fra realtà e virtualità: passeremo per 
tre gradi diversi di tale differenziazione, dal sogno 
condiviso grazie a un dispositivo tecnologico di Inception 
alla virtualità di un videogioco totalmente immersivo come 
eXistenZ , per finire con la messa in discussione del reale 
che troviamo espressa in Matrix .
Inception , di Christopher Nolan, ci darà modo di trattare 
della virtualità delle immagini oniriche e del potere 
creativo della mente umana, potenzialmente illimitato, 
una volta libero dalla prigione del corpo; eXistenZ , di David 
Cronenberg, si rivela di particolare interesse per il 
continuo e confusivo passaggio fra realtà e mondo 
videoludico, e per la doppia tendenza all'ibridazione 
biotecnologica nell'uomo e all'inclusione di elementi 
biologici nella tecnologia (evidente soprattutto nelle armi 
utilizzate); Matrix , dei fratelli Wachowski, sarà il punto di 
arrivo di questa prima sezione del secondo capitolo, 
costituendo l'esempio migliore di come – in un mondo 
dominato dalle tecnologie digitali – alla rappresentazione si 
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sostituisca la simulazione del reale. In tutti i tre casi, inoltre, 
riscontreremo quali caratteristiche dell'identità umana 
postmoderna sono di volta in volta presenti anche nei 
personaggi delle narrazioni trattate.
L'ultima parte del secondo capitolo, invece, sarà 
dedicata a due opere nelle quali la connessione a delle 
strumentazioni tecnologiche conduce all'uscita dal proprio 
corpo e all'azione per mezzo di un corpo sostitutivo di 
quello naturale.
Tratteremo di due pellicole diverse, nelle quali da una 
parte l'utilizzo di un corpo diverso dal proprio condurrà al 
ritorno al passato e al recupero della propria fisicità 
naturale, dall'altra sarà invece l'alterità a prevalere 
sull'umanità originaria del personaggio protagonista.
Nel caso di Surrogates (Il mondo dei replicanti ), di Jonathan 
Mostow, ci troveremo di fronte a una società fatta di 
replicanti sintetici. In quest'opera, sottolineeremo le 
problematiche esistenziali e sociali derivanti da un utilizzo 
eccessivamente pervasivo e invasivo delle tecnologie, nate 
per fini prostetici e arrivate a supplire l'essere umano in 
ogni situazione. Vedremo, però, come questo film  termini, 
in fin dei conti, con una sorta sconfitta della tecnologia .
Chiuderemo la nostra analisi, infine, con Avatar , di 
James Cameron, in cui un marine controlla a distanza un 
corpo ottenuto ibridando geneticamente DNA umano e 
alieno, in modo da poter agire senza difficoltà su di un 
pianeta altrimenti inospitale per l'uomo. Riscontreremo, in 
quest'opera, praticamente tutte le caratteristiche 
dell'identità postmoderna, e vedremo come queste 
vengano estremizzate al punto da condurre, alla fine del 
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film, alla rinuncia al proprio corpo e alla propria identità 
umana, con conseguente accettazione piena  di un'identità 
e di una corporeità altre, all'interno di un gruppo sociale 
come quello di una tribù aliena. Quest'ultima ci offrirà, 
inoltre, lo spunto per una riflessione finale, vivendo 
un'esistenza regolata da legami biochimici ibridativi o di 
collegamento in una vera e propria rete naturale con 
l'ambiente e gli animali del proprio pianeta,  legami in 
netto contrasto con quelli biotecnologici affrontati in 
precedenza.
Avremo, a questo punto, un'idea sufficientemente 
chiara sulle modalità attraverso le quali il cinema ha 
immaginato che si possa sviluppare il nostro rapporto col 
corpo e con le tecnologie, e potremo giungere a una 
riflessione su quanto esse siano una possibilità espressiva 
per la nostra interiorità e suppletiva per le nostre carenze 
fisiche, ma anche su come un loro utilizzo eccessivo 
derivante da un'esagerata fiducia nelle potenzialità da esse 
offerte alle nostre possibilità d'azione  possa generare 
dolorose conseguenze negative: arriveremo a verificare, 
insomma, se non sia meglio privarci di qualche comodità e 
di qualche possibilità per non rischiare di perdere, del 
tutto e definitivamente, la nostra stessa umanità.
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Capitolo I. Il concetto di identità  
“Chi sono io?” Ogni essere umano si è posto questa 
domanda, almeno una volta, nel corso della propria vita. Le 
capacità d'astrazione, di trasposizione in simboli dei 
concetti tramite il pensiero prima e il linguaggio orale e 
scritto poi, la spinta verso la conoscenza e la sua 
trasmissione ai posteri sono probabilmente fra le 
caratteristiche umane che più ci distinguono dal resto del 
mondo animale, e tali capacità d'indagine si sono rivolte 
non solo verso ciò ci circonda ma anche in direzione della 
nostra interiorità, dando sfogo a una necessità endemica di 
autocoscienza che si pone come base per i successivi stadi 
di studio e comprensione dell'alterità.
Il processo di autocoscienza, d'altronde, fa parte delle 
radici culturali della nostra società sin dall'antichità, nel 
tempo è divenuto un elemento centrale e radicato sul 
quale si sono basati gli sviluppi susseguenti del pensiero 
occidentale: l'esortazione conosci te stesso 1
, infatti, ha una 
storia millenaria, alla quale è possibile risalire passando 
per l'omologa locuzione latina temet nosce per giungere a 
quella greca del γν ι σαυτ ν ῶϑ ό , iscritta sulle pareti 
all'ingresso del tempio dell'oracolo di Delfi, motto che, 
secondo ciò che ci ha tramandato Platone, Socrate fece suo, 
“in quanto esortazione a trovare la verità dentro di sé 
anziché nel mondo delle apparenze” 2
.
1 Cfr. Conosci te stesso , Wikipedia, 
http://it.wikipedia.org/wiki/Conosci_te_stesso#Note 
2 Ibidem.
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La nozione del γν ι σαυτ ν ῶϑ ό rappresenta non solo 
un'esortazione all'autocoscienza, ma soprattutto un 
monito per l'essere umano a prendere piena 
consapevolezza dei propri limiti e riconoscere nella 
moderazione la qualità essenziale che un uomo deve 
acquisire per non cadere negli eccessi e travalicare i 
confini di ciò che gli è dato essere e gli è concesso di fare: 
“conosci chi sei e non presumere di essere di più” 3
 in modo 
da non offendere la divinità, pretendendo di essere come 
un dio. Con altre parole, lo stesso Socrate esprime il 
medesimo concetto, quando afferma che il saggio è colui 
che sa di non sapere 4
, poiché egli, a differenza degli altri 
uomini, è consapevole pienamente della vanità di ogni 
sapere e della limitatezza della propria conoscenza della 
realtà 5
.
È quindi un'autocoscienza che porta alla luce la 
questione dei propri limiti, fisici ma soprattutto morali ed 
etici, in rispetto a una collettività fatta di  tante 
individualità che interagiscono fra loro in una rete sociale 
necessariamente dominata da un autocontrollo che i 
singoli esseri umani pongono in essere su sé stessi, per 
garantire a ciascuno piena autonomia e libertà d'azione nel 
formarsi come uomini e quindi come cittadini con parità di 
diritti e doveri. 
Tale concezione del conosci te stesso , di conseguenza, va a 
intrecciarsi con altri valori alla base della cosiddetta morale 
delfica , che ne completano il significato, ovvero la 
questione del Μηδ ν γανὲ ἄ (nulla di troppo, nessun 
3 Ibidem.
4 Cfr. Socrate , Treccani.it, http://www.treccani.it/enciclopedia/socrate_res-
c9751016-c049-11dc-b686-0016357eee51/ 
5 Cfr. Autocoscienza , Wikipedia, http://it.wikipedia.org/wiki/Autocoscienza 
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eccesso), richiamo alla moderazione di cui si è fatto cenno 
in precedenza e al rispetto dei limiti che, se travalicati, 
portano l'uomo a commettere βρις ὕ 6
, ovvero a rendersi 
colpevole di superbia, tracotanza, eccessi che vanno a 
violare leggi divine immutabili e che gli dei puniscono con 
la propria ira e la propria vendetta
7
.
Tuttavia, lo slancio conoscitivo del  γν ι σαυτ ν ῶϑ ό non 
si esaurisce in una riflessione approfondita sulla propria 
dimensione interiore, tutt'altro: essa ne costituisce solo 
una prima fase, propedeutica alla successiva conoscenza 
dell'altro, di ciò che ci circonda, dell'universo. La piena 
autoconsapevolezza di sé, delle proprie possibilità e dei 
propri limiti sono gli statuti necessari affinché si possa 
essere in grado, riconoscendo i confini entro i quali 
abbiamo libertà d'azione, di arrivare a conoscere 
filosoficamente l'alterità, l'altro da sé, che inoltre si 
costituisce spesso come elemento di confronto necessario 
per stabilire cosa, d'altra parte, siamo noi stessi. È un 
movimento doppio: verso noi stessi e verso il nostro 
esterno, col duplice obiettivo di definirci nelle nostre 
qualità e nella nostra limitatezza.
Ci autoconosciamo, in tal modo, come individui sulla 
base della differenza che intercorre fra ciò che noi siamo, e 
ciò che non siamo.
La parola stessa identità , d'altronde, riassume questo 
tipo di ragionamento nel percorso etimologico che ne ha 
determinato la formazione: il termine da noi oggi utilizzato 
6 Cfr. Hybris , Wikipedia, http://it.wikipedia.org/wiki/Ubris 
7 Cfr. Socrate (scheda analitica), Philosophica, 
http://www.philosophicaonline.it/scheda_autore.asp?id=16 
17
deriva dal latino identitas, -tis 8
 (in particolare dalla forma 
accusativa identitatem ) che a sua volta deriva da idem , con 
l'accezione di medesimezza , la piena corrispondenza di due 
entità, senza che ne incorra alcun mutamento per una delle 
due. 
Quando si parla di identità , quindi, si fa riferimento non 
a un solo ente, bensì a una molteplicità di soggetti fra loro 
assimilabili e surrogabili l'uno all'altro. Quali sono, dunque, 
questi soggetti differenti che si riconoscono fra loro 
corrispondenti? 
Potremmo cercare una prima, ingenua, risposta a questa 
domanda asserendo che le due entità fra loro 
corrispondenti possano identificarsi nel soggetto che si 
pone la questione dell'identità e nell'idea che il soggetto 
stesso ha della propria identità: la corrispondenza fra l'idea 
e la realtà fattuale costituirebbe di per sé prova 
comprovata per una conferma sull'identità del soggetto 
stesso.  Ma pare assurdo pensare che un tema così 
complesso come quello dell'identità possa risolversi nel 
rapporto dell'individuo con la semplice idea che ha di sé, a 
maggior ragione se si tiene conto delle teorie in campo 
psicologico di Janet, per il quale al fianco di un Io centrale, 
stabile e di riferimento, ruota un corollario di parti della 
stessa personalità differenti da quella principale, o di 
Freud, che parla della personalità umana come qualcosa di 
non del tutto coerente, un “insieme di parti che possono, 
8 Cfr. Dizionario etimologico online , http://www.etimo.it/?term=identit %E0&find=Cerca 
cfr. anche la definizione del lemma identità , Il Nuovo Zingarelli , Zanichelli (1983): 
“ Voce dotta, latino tardo identitate (m ), da idem (proprio quello) stesso, […] 
qualificazione di una persona, di un luogo, di una cosa per cui essa è tale e 
non altra”.
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anzi molto spesso sono, in conflitto” 9
, un conflitto tale da 
impedire, probabilmente, un processo di 
autoidentificazione completa e assolutamente autonoma.
Pare necessaria la presenza di un ulteriore soggetto – 
come d'altronde previsto dal conosci te stesso ,  nel secondo 
stadio del confronto con l'alterità – a comprova delle 
propria natura e come mezzo di paragone per definire 
l'altro e al contempo autodefinirsi.
Affronteremo più in là tale questione in maniera più 
approfondita, per il momento basti sottolineare come, sia 
nella concezione classica del  γν ι σαυτ ν ῶϑ ό che nei suoi 
successivi sviluppi, e sia nel campo della psicanalisi, si 
tende a fondare il concetto di identità su un'attività di 
confronto e di riconoscimento, un procedimento che si 
attua in termini di relazione , con sé stessi e con l'altro.
9 Giorgio Cavallari, Dal Sé al Soggetto , La biblioteca di Vivarium, Milano 2005, 
p. 24.
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I.1. Come si forma l'identità Da quanto detto sinora, dunque, l'identità è un qualcosa 
che sorge in termini di relazione , in un doppio movimento 
intrinseco ed estrinseco atto a scandagliare la profondità 
del proprio essere e al contempo a individuare la propria 
individualità sulla base di cosa ci differenzia dall'altro da 
sé. 
Si tratta di una concezione debole dell'identità, non 
sufficiente ad autodefinirsi in quanto tale, a differenza di 
quanto avveniva, al contrario, in passato, quando si 
centrava la propria identità sviluppandola e radicandola su 
dimensioni considerate stabili come il luogo di nascita, la 
famiglia d'origine, l'appartenenza religiosa o l'istruzione 
ricevuta, relegando il concetto stesso di identità nell' 
“ambito della prossimità” 10
.
A questa concezione forte d'identità venne a 
contrapporsi quella elaborata dal padre della psicanalisi, 
Sigmund Freud, che mise al centro della sua riflessione 
teorica e clinica la nozione di Io in quanto nozione 
funzionale e strutturale 11
: l'Io sarebbe dunque 
caratterizzato dalla funzione di mediatore fra pulsioni e 
istanze morali, le prime rappresentate dall' Es , le seconde 
incarnate dal Super-Io ; allo stesso tempo, l' Io si pone 
strutturalmente fra le altre due entità della psiche.
Ed è proprio dalla relazione fra queste tre componenti 
psichiche che, per Freud e per il filone della psicanalisi 
derivante dal suo insegnamento, si rende possibile, per 
10 Zygmunt Bauman, Intervista sull'identità , Laterza, Bari 2004, p.16.
11 Cfr. Giorgio Cavallari, Dal Sè al Soggetto , cit., p. 23 e successive.
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