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Prefazione
Lo stesso inventore della teoria della “mano invisibile” del mercato, Adam Smith
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, si
era accorto che il settore idrico rappresentava un caso eccezionale rispetto alla sua
teoria (Massarutto, 2009).
I primi tentativi operati dai privati di realizzare sistemi di distribuzione a domicilio
nelle aree urbane si rivelarono ben presto non sostenibili economicamente, soprattutto
una volta che si è affermata in modo generalizzato la desiderabilità di un accesso
universale al servizio: la realizzazione dei primi servizi idrici urbani moderni nasce
nell‟800 e si sviluppa inizialmente quasi ovunque per iniziativa di imprese private che
realizzano le tubature e recapitano l‟acqua alle abitazioni. Al sistema si connettono
quei pochi che possono permetterselo, mentre la gran parte della popolazione continua
a rifornirsi dalle fontane pubbliche. Nel passaggio tra „800 e „900, a causa della
crescita delle città e della nascita di nuove esigenze igienico-sanitarie, iniziano a
pretendersi ai gestori dell‟acqua, la fornitura di servizi dotati delle caratteristiche di
universalità. Ciò significa sopportare elevati investimenti per garantire l‟accesso a tutte
le classi sociali, di conseguenza, ben presto, i privati iniziano a manifestare la loro
riluttanza ad estendere le reti al di là dei segmenti di mercato già serviti. E‟ a quel
punto che il sistema passa in mano pubblica e viene affidato alle autorità municipali
che iniziano a finanziarlo facendo ricorso alla tassazione.
Solo pochi anni fa per tutta una serie di questioni, queste modalità di gestione basate
sulla municipalizzazione sono entrate in crisi. I principali problemi che hanno spinto
verso una riscoperta del privato in questo settore, sono da attribuire all‟esigenza di una
crescente specializzazione tecnica e professionale adeguata alla complessità
tecnologica; alla necessità di investire in qualità, formazione e ricerca per soddisfare
una domanda sempre più esigente e far i conti con le emergenti domande concorrenti,
alla crisi della finanza pubblica e all‟elevata intensità dei costi fissi; alla natura sempre
più industriale dell‟attività svolta.
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Adam Smith (1723) è stato un filosofo economista scozzese che viene considerato il padre fondatore
dell‟economia politica classica. La sua teoria della “mano invisibile del mercato” si basa sul fatto che
un mercato per funzionare non necessita di interventi regolatori esterni, ma è in grado di autoregolarsi
grazie al meccanismo dei prezzi: nel punto in cui si realizza l‟incontro tra domanda e offerta, si
determina l‟equilibrio di mercato e viene massimizzato il benessere collettivo. La teoria è valida
fintanto che non vi sono delle distorsioni che provocano delle perdite secche e portano al fallimento
del mercato. E‟ in quest‟ultima ipotesi che ci si accorge che il mercato da solo talvolta non basta a
garantire un allocazione efficiente delle risorse, ma è necessario un intervento da parte dello Stato.
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Ancora oggi però, nonostante si dibatta tanto per l‟affidamento dei servizi ai privati, ci
si rende conto che l‟intuizione di Smith è ancora valida: il settore idrico non è e non
potrà mai essere un settore senza lo Stato, questo a causa delle elevate caratteristiche
industriali del settore che sono tali da scoraggiare o rendere quanto meno problematica
l‟autonoma iniziativa privata.
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Introduzione
Questo lavoro si occupa della gestione dei servizi idrici in Italia. Si tratta di un tema
oggi fortemente al centro dell‟attenzione dell‟opinione pubblica, soprattutto a seguito
dei recenti tentativi di privatizzarne i servizi di erogazione.
L‟acqua è un bene pubblico e come tale va salvaguardato e utilizzato secondo criteri di
solidarietà. Questo è uno dei principi generali cui si ispira la legge Galli del ‟94 che
definisce pubbliche tutte le acque superficiali e sotterranee e si preoccupa di garantire
un uso delle acque improntato sul risparmio e sul rinnovo delle risorse, tale da
salvaguardare i diritti delle generazioni future di usufruire di un patrimonio ambientale
integro e di dare priorità all‟uso dell‟acqua per il consumo umano, ammettendo gli
altri usi quando la risorsa è sufficiente e a condizione che non sia lesa la sua qualità
per il consumo umano.
La storia del servizio idrico nazionale ha radici antiche, fin da quando il governo
Giolitti agli inizi del „900 spinto dai problemi igienico-sanitari, dagli alti costi per i
cittadini e dalla necessità di estendere il servizio alle fasce più deboli della
popolazione, decise la legge nazionale per la municipalizzazione degli acquedotti. Da
allora, circa 100 anni dopo, si arrivò alla legge Galli che di fatto fu il primo passo
verso la privatizzazione della gestione dell'acqua pubblica. Nel 2000 con il Testo
Unico degli Enti locali vennero previste tre modalità di affidamento per la gestione del
servizio idrico: le Spa private scelte con gara, le Spa miste pubblico-private e infine le
Spa pubbliche tramite affidamento diretto. Si arriva poi al 2008 quando con la
manovra estiva (legge n. 133 del 2008) si sancì l'affidamento ai privati tramite gara.
Innanzitutto, nel primo capitolo, verrà brevemente esposto il ciclo dell‟acqua, ovvero
le varie fasi attraversate dall‟acqua a partire dalla sua captazione per finire con gli
scarichi. Si procederà poi con un‟analisi delle varie normative che si sono susseguite
in Italia a partire dalla prima metà del Novecento fino ad arrivare ai nostri giorni.
Il lavoro continuerà con la definizione, nel secondo capitolo, di diversi concetti che si
riferiscono direttamente al settore dei servizi pubblici locali, incluso quindi anche il
settore idrico.
Nel terzo capitolo, verrà condotta una breve analisi che indagherà sulle peculiarità del
settore idrico e metterà in luce le principali problematiche che ostacolano una totale
liberalizzazione di questo comparto. Con impostazione critica, il capitolo si chiuderà
passando in rassegna alcuni punti di vista di noti economisti su quella che molti
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definiscono “privatizzazione dell‟acqua”, per poi passare al lato opposto per conoscere
i timori di coloro che si oppongono a una gestione privata.
Il quarto capitolo si occuperà dapprima, dell‟aspetto tariffario del settore idrico
italiano per poi riportare in poche righe la situazione attuale della Sardegna riguardo
alla gestione dell‟acqua.
L‟ultimo capitolo continuerà con una trattazione a livello internazionale da cui
scaturirà un confronto tra i diversi modelli di gestione attuati in vari Paesi europei,
sulla base del quale verranno tratte le conclusioni.
Il lavoro si chiuderà con alcune osservazioni personali dello scrivente.
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CAPITOLO I: Il ciclo idrico e le normative
1.1 Il servizio idrico integrato e il ciclo dell’acqua
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Il concetto di servizio idrico integrato (SII) viene definito dalla legge Galli come
l‟insieme dei servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi
civili, di fognatura e di depurazione delle acque reflue. Si tratta pertanto dell‟insieme
delle opere pubbliche cui corrispondono le diverse fasi in cui si articola il ciclo
dell‟acqua.
In Italia gli usi relativi agli impianti di acquedotto sono stati definiti con decreto
ministeriale nel ‟97 e sono raggruppati in diverse categorie: uso civile potabile,
attinente al consumo umano (impieghi di cucina, fontane, piscine..); uso domestico
non potabile relativo alle acque di innaffiatura dei giardini, a quelle utilizzate negli
impianti di riscaldamento e di condizionamento..; uso agricolo che riguarda l‟impiego
irriguo, zootecnico e ittiogenico; uso produttivo che concerne gli usi industriali (per
esempio le acque di processo, riciclate per la produzione di energia termica e
elettrica); altri usi in cui rientrano ad esempio le acque di innaffiatura del verde
pubblico e degli impianti sportivi, oppure l‟acqua per gli idranti antincendio.
Relativamente all‟uso potabile, il ciclo idrico si articola in cinque fasi:
- l‟approvvigionamento che consiste nella captazione dell‟acqua e nel suo trasporto
(trasporto primario) verso gli impianti di trattamento al fine di renderla idonea
all‟utilizzo idropotabile. La presa dell‟acqua può avvenire da sorgenti, da corpi idrici
sotterranei o da acque superficiali;
- la potabilizzazione dove l‟acqua sottoposta ad appositi trattamenti viene resa potabile;
- la distribuzione che riguarda il cosiddetto trasporto secondario, dove attraverso reti di
adduzione costituite da sistemi di condotte, l‟acqua viene portata dalla fonte di
approvvigionamento idrico alla rete di distribuzione all‟utenza;
- lo scarico, in cui mediante un impianto di fognatura le acque reflue provenienti dagli
scarichi domestici vengono raccolte e trasportate verso impianti di depurazione;
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Per ulteriori approfondimenti si rimanda a Chiara D‟Alpaos (ricercatrice presso l‟Università di
Padova si interessa di economia e gestione delle risorse ambientali) in “Aspetti tecnologici del ciclo
dell’acqua” (in Muraro e Valbonesi, 2003).
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- la depurazione che consiste nel sottoporre le acque reflue a specifici trattamenti di
depurazione, disinfezione, deodorizzazione e così via, in modo da conferire loro
caratteristiche compatibili con quelle del recettore finale (mari e fiumi).
1.2 Evoluzione normativa: interventi legislativi in Italia prima e dopo
la legge Galli
Nel XX secolo diverse normative si sono occupate di disciplinare la gestione dei
servizi idrici. Si trattava perlopiù di norme dirette a garantire un razionale utilizzo
delle acque per scopi ambientali. Tra queste si può ricordare il Regio Decreto n. 3267
del 1923 che aveva istituito il vincolo idrogeologico sull‟utilizzo e sulla destinazione
dei terreni montani per evitare usi impropri tali da determinare denudazioni, perdita di
stabilità o turbare il regime delle acque; il Testo Unico delle Acque (Regio Decreto 11
dicembre 1933, n. 1775) che ha rappresentato il primo passo verso l‟armonizzazione
delle disposizioni legislative ed amministrative concernenti il settore idrico, diretto
alla difesa degli usi comuni delle acque e soprattutto all'incentivazione di altri usi che
incidono favorevolmente sul pubblico interesse (questo decreto ha dato una
definizione di acque pubbliche più restrittiva di quella attuale, sottoponendo al vincolo
di demanialità soltanto le acque aventi attitudine ad usi di pubblico generale interesse);
la legge n. 129 del 1963 che ha costituito il primo riferimento normativo a livello
nazionale per la pianificazione idrico-potabile e ha previsto l'istituzione del Piano
Regolatore Generale degli Acquedotti (PRGA); la legge Merli, approvata nel 1976 che
ha introdotto una disciplina analitica in merito agli scarichi di sostanze inquinanti e
all'individuazione dei limiti di concentrazione di tali sostanze nelle acque, prevedendo
a tal fine anche la predisposizione di piani di risanamento delle acque stesse. Dopo di
queste, le normative che seguirono si concentrarono soprattutto sull‟organizzazione
territoriale e funzionale della gestione delle varie fasi del ciclo dell‟acqua.
Interventi in materia non sono mancati neanche a livello europeo, così per esempio la
Direttiva CEE n. 80/778, concernente la qualità delle acque destinate al consumo
umano, attuata con il D.P.R. 236/88, la Direttiva 91/271/CE, concernente il
trattamento delle acque reflue urbane e la Direttiva 91/676/CE, relativa alla protezione
delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole,
attuata con il decreto legislativo n. 152 dell'11 maggio 1999 che ha riordinato l'intera
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normativa del settore idrico, abrogando tra l‟altro la legge Merli, pur facendone salvi
gli effetti finanziari e modificando e integrando il Testo Unico delle Acque, il D.P.R.
236/88, la legge 183/89 e la legge Galli.
1.2.1 Legge Merli
La legge n. 319 del 10/05/1976 pone le basi per lo sviluppo di un vero e proprio diritto
dell‟ambiente occupandosi di tutelare le risorse idriche da fenomeni di inquinamento e
sfruttamento. In particolare regola la disciplina degli scarichi, organizza i pubblici
servizi di acquedotto, fognatura e depurazione, prevede la redazione di un piano
generale di risanamento delle acque e si occupa del rilevamento sistematico delle
caratteristiche qualitative e quantitative dei corpi idrici.
La gestione dei servizi idrici è affidata alle amministrazioni pubbliche, infatti allo
Stato, oltre a funzioni di indirizzo e controllo, spettano altri compiti quali l'indicazione
dei criteri generali per un corretto e razionale uso dell'acqua anche mediante
l‟individuazione di standard di consumi per favorire il massimo risparmio,
promuovere processi di riciclo e di recupero delle sostanze disperse e la
determinazione di norme tecniche generali per l'installazione e l'esercizio degli
impianti di acquedotto, fognatura e depurazione e per lo smaltimento dei fanghi
residuati dai cicli di lavorazione e dai processi di depurazione.
Alle Regioni spetta la predisposizione dei piani regionali di risanamento delle acque
sulla base del piano generale elaborato dallo Stato, la direzione del sistema di controllo
degli scarichi e degli insediamenti, il coordinamento e la verifica di coerenza dei
programmi degli enti locali, l'esecuzione delle operazioni di rilevamento delle
caratteristiche dei corpi idrici rispettando i criteri generali e le metodologie previsti dal
Governo ed infine la normativa integrativa e di attuazione dei criteri e delle norme
generali.
Per quanto riguarda gli enti locali, le Province debbono provvedere al catasto degli
scarichi, al controllo del rispetto dei limiti di accettabilità in termini qualitativi, delle
norme sullo smaltimento, nonché dell'applicazione dei criteri generali per un corretto e
razionale uso dell'acqua, mentre ai Comuni, anche associati in consorzi, spetta la
gestione dei servizi pubblici di acquedotto, fognature, depurazione delle acque usate,
smaltimento dei fanghi residuati da processi produttivi e gestione degli impianti di