4
INTRODUZIONE
Durante lo svolgimento della propria attività, ogni impresa deve avere a
disposizione le risorse finanziarie, che le consentono, in qualsiasi momento, di
acquisire i fattori produttivi
1
.
Tali risorse possono provenire:
- dall‘interno dell‘azienda (capitale proprio). Il capitale proprio è formato dai
conferimenti effettuati dal titolare o dai soci al momento della costituzione
dell‘azienda e dall‘autofinanziamento, costituito dagli utili conseguiti e non
distribuiti. È vincolato all'azienda per un tempo indeterminato, in quanto non è
fissata l'epoca del rimborso, per cui la restituzione del finanziamento avverrà di
norma al momento della cessazione dell'azienda. Non comporta un obbligo di
remunerazione, la cui misura dipende dai risultati della gestione. È capitale di
pieno rischio, nel senso che può essere intaccato dalle perdite di gestione. Non è
soggetto ad interessi;
- dall‘esterno (capitale di terzi). Il capitale di terzi è costituito dai finanziamenti
2
provenienti da soggetti esterni all‘azienda (banche, società finanziarie, privati,
fornitori, ecc.) che hanno fiducia nelle sue capacità di rimborso e di pagamento.
Esso comporta l‘obbligo di remunerazione tramite interessi, deve essere
rimborsato a scadenza determinata ed è soggetto solo al rischio di impresa.
1
Le imprese hanno bisogno di capitali liquidi per:
1 – investimenti in immobilizzazioni (acquisto terreni – fabbricati)
2 – acquisto fattori produttivi (beni – servizi – lavoro)
3 – operazioni fiscali (pagamento imposte – tasse – contributi).
4 – progetti sviluppo – ampliamento – ristrutturazioni
5 – rimborsi di prestiti a breve – medio – lungo termine.
2 ASTOLFI, RASCIONI & RICCI, (2003). Entriamo in azienda 1, Milano: Tramontana.
A seconda della scadenza i finanziamenti in capitale di debito possono classificarsi in:
debiti a breve termine: con scadenze che non superano l‘anno. Le scadenze prevalenti sono tra i
30 e i 120 giorni;
debiti a medio termine: rientrano in questa categoria finanziamenti con durata superiore a un
anno e fino a 5 anni;
debiti a lungo termine: hanno una durata estremamente variabile superiore a 5 anni. Possono
raggiungere anche scadenze superiori ai 20 anni.
In base allo scopo, i finanziamenti di capitale di debito possono essere:
- debiti di regolamento, vengono contratti con i fornitori, non danno origine a entrate monetarie e
sono dilazioni di pagamento, hanno scadenze che variano da 30 a 90 giorni;
- debiti di finanziamento, prestiti di varia durata, concessi per sviluppo o ristrutturazione, devono
essere rimborsati a una data scadenza e a un dato tasso d‘interesse, danno origine a un‘entrata
monetaria, i finanziatori sono gli istituti di credito o il pubblico.
5
In particolare, il rapporto con gli istituti di credito, diventa in molti casi
determinante per la sopravvivenza dell‘impresa stessa a causa dei cambiamenti
3
che molto spesso intervengono nel mondo delle imprese stesse e delle continue
trasformazioni della struttura creditizia e finanziaria, che determinano una
continua e rapida evoluzione nel rapporto tra banca e impresa.
A questo proposito, nel presente lavoro analizzeremo i tratti generali e le
modifiche che tale relazione ha subito fino ad oggi.
In particolare, nella gran parte dell‘elaborato, poniamo la nostra attenzione sui
cambiamenti indotti dall‘entrata in vigore del Secondo Accordo Internazionale sui
requisiti patrimoniali delle banche e delle società finanziarie, cioè il cosiddetto
Basilea 2, che rappresenta, dunque, un fondamentale passaggio per rendere la
relazione più funzionale e moderna.
Tale accordo venne introdotto nel 2007 con l‘intento di rivedere nella sua
complessità il Primo Accordo Internazionale sul capitale, introdotto nel 1988,
Basilea 1, per renderlo più adeguato allo sviluppo economico e finanziario degli
intermediari bancari.
Basilea 2 estende, quindi, la portata del suo intervento rispetto al precedente
Accordo, con lo scopo di elevare la solidità del sistema bancario e di guidare le
banche verso migliori tecniche di misurazione e di controllo dei rischi.
La solidità e l‘efficienza di una situazione bancaria sarà quindi il risultato non solo
di un mero rispetto di un vincolo quantitativo, ma anche della valutazione positiva
di tutti coloro che maggiormente sono interessati alle vicende di tale soggetto e
che potenzialmente sono in grado di valutarne le competenze e le capacità.
Con il Nuovo Accordo, le banche, per essere considerate solide sotto il profilo
patrimoniale, dovranno tenere in considerazione diversi elementi:
cambia il criterio di calcolo del capitale di vigilanza (cioè quanto esse
devono accantonare per far fronte ai rischi di credito, di mercato e
operativo);
cambia il metodo di calcolo del rischio, con valutazioni specifiche sui
singoli prestiti;
3
I cambiamenti e le trasformazioni che sono intervenute e che intervengono tutt‘oggi nel mondo
delle imprese e delle banche vengono presi in considerazione nel primo capitolo di tale elaborato.
6
cambiano le basi di calcolo del rischio, perché viene introdotta la categoria
del rischio operativo (il rischio di credito e di mercato erano già presi in
considerazione da Basilea 1).
Tra gli elementi di novità del Secondo Accordo Internazionale sul Capitale
analizzeremo, in particolare, l‘adozione di un sistema di valutazione ex-ante del
rischio di credito, cioè il cosiddetto sistema di rating, che deve essere uno
strumento di guida della politica creditizia della banca.
L‘utilizzo del rating, fa si che i requisiti patrimoniali richiesti alla banca siano
correlati alla rischiosità di ogni singola posizione.
Inoltre, possiamo affermare che, il rating creditizio analizza la capacità della
società di far fronte agli impegni finanziari, prendendo in considerazione gli indici
relativi sia all‘attività operativa e sia alla struttura finanziaria e patrimoniale.
Quindi, l‘adozione di sistemi di rating, e soprattutto di quelli basati su moduli
fortemente quantitativi, rende più selettivo il processo di concessione e gestione
del credito, e di conseguenza, produce un forte impatto sulla relazione tra banca e
impresa.
L‘introduzione di un sistema in grado di misurare in maniera automatizzata il
rischio, risulta però, da solo, non sufficiente a garantire una dotazione
patrimoniale delle banche soddisfacente, in relazione ai rischi assunti.
A questo proposito Basilea 2 punta anche ad accrescere i poteri ispettivi e
discrezionali dell‘Autorità di Vigilanza, introducendo un‘importante processo di
controllo prudenziale, che si struttura in un rapporto tra il soggetto vigilato e
l‘organo di vigilanza, in merito alla valutazione dell‘adeguatezza del capitale della
banca a fronte di tutti i profili di rischiosità ai quali la stessa risulta esposta.
Quindi, l‘introduzione del Nuovo Accordo rappresenta un profondo cambiamento
non solo perché introduce nuove regole, ma anche perché definisce nuovi principi
generali che riguardano sia i contenuti che i modi di stabilire la regolamentazione.
Ma, oltre alla normativa, cambiano anche le modalità di esercizio della vigilanza,
in un‘ottica più moderna ed efficiente e più interattiva con le banche.
La logica di fondo di tale Accordo si sintetizza, dunque, nel fatto che più la banca
si fa carico del rischio concedendo il fido ad un cliente, più capitale proprio deve
essere impegnato per tale fido.
Quindi, è importante che le imprese prendano atto del fatto che la possibilità di
una crescita basata sull‘indebitamento bancario sarà sempre più difficile da
7
attuare, per cui devono porre particolare attenzione agli equilibri della gestione
corrente.
Alla luce di quanto detto in precedenza, il Nuovo Accordo Internazionale risulta
articolato in 3 pilastri:
1. requisiti minimi di capitale;
2. controllo prudenziale esercitato dalle autorità di vigilanza;
3. trasparenza.
Basilea 2 presenta, quindi, una struttura molto più articolata rispetto al Primo
Accordo Internazionale sul Capitale, e introduce un nuovo rapporto tra banca e
impresa attraverso il quale le aziende saranno sottoposte continuamente alla
valutazione della loro struttura economica, finanziaria e patrimoniale, e solo se
otterranno un voto sufficientemente soddisfacente potranno godere del credito da
parte delle Banche.
Però, bisogna dire che, il regime prudenziale di Basilea 2, a partire già dalla metà
del 2007, è stato indicato come uno dei principali responsabili della recente crisi
finanziaria.
Infatti molti pensano che l‘introduzione del Secondo Accordo abbia portato:
ad una restrizione generalizzata del credito per le imprese;
ad un aumento del costo del credito;
all‘imposizione da parte della Banca d‘Italia di un unico modo di
determinare il rating;
ecc.
Quindi, le regole di Basilea 2 erano troppo rigide, tanto da costringere molte
banche a dichiarare fallimento.
Per evitare crisi globali future e rafforzare il patrimonio delle banche, il Comitato
di Basilea ha dato via libera al Nuovo Accordo ―Basilea 3‖, nato come un progetto
di riforma della regolamentazione del Secondo Accordo Internazionale sul
Capitale.
Tale Accordo mira, dunque, ad introdurre delle regole più stringenti e comuni e
ad aumentare le quote di capitale, che gli istituti di credito, devono accantonare in
proporzione al rischio assunto, valutato attraverso lo strumento del rating,
aumentando la percentuale già stabilita dagli accordi di Basilea 1 e Basilea 2.
Il presente lavoro è articolato in cinque capitoli:
8
1. nel primo capitolo analizzeremo come nel tempo si sia modificato
l‘atteggiamento delle banche nei confronti delle imprese mettendo in
evidenza l‘evoluzione della normativa legislativa e regolamentare in
materia bancaria e considerando le diverse tappe che la relazione banca-
impresa ha affrontato nel tempo.
2. nel secondo capitolo prenderemo, invece, in considerazione il primo
pilastro di Basilea 2 che prevede l‘introduzione del cosiddetto ―sistema di
rating‖, cioè quel sistema teso ad esprimere ―un giudizio‖ su un particolare
aspetto della struttura economica e finanziaria di un impresa: la sua
solvibilità.
3. nel terzo capitolo poniamo la nostra attenzione sul secondo pilastro di
Basilea 2 e gli atti normativi conseguenti, i quali dispongono che le banche
attivino un apposito processo volto ad accertare la propria adeguatezza
patrimoniale rispetto ai rischi correnti e prospettici.
4. nel quarto capitolo si prenderanno in esame gli effetti pratici del secondo
accordo internazionale sul capitale, gli aspetti critici, nonché, il suo effetto
sulla crisi finanziaria. All‘interno di quest‘ultimo capitolo analizzeremo
anche le proposte di revisione di Basilea 2, e quindi, la necessità di
introdurre un Nuovo Accordo, Basilea 3, considerando l‘impatto che
questo avrà sia sulle imprese che sulle banche;
5. nell‘ultimo capitolo andremo ad analizzare e studiare l‘importanza e
l‘evoluzione del rapporto banca e impresa nel nostro Paese.
9
CAPITOLO 1
RAPPORTO TRA BANCA E IMPRESA: L’EVOLUZIONE NELLA
NORMATIVA LEGISLATIVA E REGOLAMENTARE IN MATERIA
BANCARIA
1.1 La Legge bancaria del 1936
L‘origine
4
dell‘attività bancaria è molto antica, e, in Italia fin dall‘unificazione il
sistema bancario si basava sulle dottrine liberiste tipiche del sistema inglese
imperniato sulla massima libertà di iniziativa delle banche.
Ne derivò un sistema assai frammentato, con un grande numero di banche, molte
delle quali con una struttura patrimoniale debole e operanti secondo il modello
tedesco della banca mista, che impiegavano una consistente parte dei depositi
rimborsabili a vista in operazioni di credito a medio e lungo termine e
nell'assunzione di partecipazioni in imprese industriali e commerciali.
Ma a seguito della grave crisi che sconvolse l'economia mondiale alla fine degli
anni Venti
5
, con gravi ripercussioni durante i primi anni del decennio successivo
6
,
4
Le origini della banca risalgono al mondo antico ed in particolare alla civiltà greca e romana,
dove si affermò una vivace economia monetaria. L‘attività bancaria scomparve quasi con la fine
della civiltà romana e riprese sono dopo il Mille, a iniziare dai comuni dell‘Italia centrale e
settentrioniale. Inoltre i privati avevano manifestato il bisogno di affidare i loro beni ai sacerdoti
già tra i sumeri, popolazione dell‘antica Mesopotamia, e tra i popoli della Grecia antica, dove
accanto ai templi nacquero in un tempo successivo i trapezisti, banchi dietro i quali lavoravano i
sacerdoti.
Nel medioevo, oltre alle normali funzioni di prestatori, custodi e cambiavalute, i banchieri
assunsero anche quella di garanti dei pagamenti, firmando lettere di credito che li impegnavano a
pagare somme per conto di chi le portava: fu la prima comparsa degli assegni, che liberavano i
mercanti e i sovrani dal rischio di portare con sé grandi quantità di contanti o merci preziose.
Questa nuova attività riscosse tanto successo da creare fortune immense: nelle più grandi città
commerciali d‘Europa (Asti, Firenze, Genova, Pisa, Piacenza, Venezia, Bruges, Rotterdam)
famiglie di banchieri divennero ricchissime e potenti, tanto da arrivare a prestare denaro ai regnanti
d‘Europa, finanziando le loro guerre. Molto spesso, invece di rimborsare i prestiti, gli augusti
creditori offrirono in pagamento feudi, baroni e titoli nobiliari: fu così che Cosimo de‘ Medici
ottenne la signoria di Firenze e che due esponenti della famiglia poterono, in anni successivi, essere
eletti Papa (Giovanni de‘Medici, figlio secondogenito di Lorenzo il Magnifico, che assunse il
nome di Leone X, e Giulio de‘ Medici, divenuto Papa Clemente VII).
La prima banca in senso moderno nacque nel 1406 a Genova. La novità era che il ―Banco di San
Giorgio‖, fu il primo ad occuparsi di gestione del debito pubblico e venne definito dal Machiavelli
uno stato nello stato, ossia una vera e propria istituzione pubblica nella quale i genovesi si
riconoscevano molto più che nel governo, spesso ottenebrato dal controllo di altri stati, quali il
Ducato di Milano od il Regno di Francia.
5 L'inizio della grande depressione è associato alla crisi del New York Stock Exchange (borsa di
Wall Street) avvenuta il 24 ottobre 1929 (giovedì nero), a cui fece seguito il definitivo crollo della
borsa valori del 29 ottobre (martedì nero), dopo anni di boom azionario.
10
le imprese divennero incapaci di far fronte ai prestiti contratti con il sistema
creditizio provocando così la crisi della banca mista, per cui lo Stato, con
l‘intervento organico, integrale e unitario del 1936, intervenne nel sistema
bancario per assumere il ruolo di controllo e di regolatore dell‘economia.
Infatti, a tale situazione si cercò di porre rimedio, in primo luogo con la
costituzione, nel 1931, dell‘IMI
7
, che ebbe lo scopo di concedere mutui e di
assumere partecipazioni azionarie e, nel 1933, dell‘IRI
8
, che attraverso il denaro
pubblico acquistava parte del pacchetto azionario di grandi banche e delle aziende
a loro connesse.
In secondo luogo con l‘introduzione della Legge bancaria del 1936 che ha regolato
il sistema bancario italiano per quasi sessant‘anni fino all‘entrata in vigore de
Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia
9
del 1993, che ha lasciato
in vita solo pochi articoli.
6
La grande depressione ebbe degli effetti devastanti sia nei paesi industrializzati, sia in quelli
esportatori di materie prime. Il commercio internazionale diminuì considerevolmente, così come i
redditi delle persone fisiche, il gettito fiscale, i prezzi e i profitti. Le maggiori città di tutto il mondo
furono duramente colpite, in special modo quelle che basavano la loro economia sull‘industria
pesante. Il settore edilizio subì un brusco arresto in molti paesi. Le aree agricole e rurali soffrirono
considerevolmente in conseguenza di un crollo dei prezzi fra il 40% e il 60%. Le zone minerarie e
forestali furono tra le più colpite, a causa della forte diminuzione della domanda e delle ridotte
alternative d‘impiego.
7
L‘IMI (ISTITUTO MOBILIARE ITALIANO) nacque il 13 novembre del 1931 come ente di
diritto pubblico per porre rimedio, accanto all‘IRI, alla crisi dei primi anni ‘30 che colpì le grandi
banche miste, (Banca Commerciale Italiana e Credito Italiano), che raccoglievano il risparmio
privato a breve termine e lo utilizzavano per finanziare attività industriali a medio e lungo termine.
L‘IMI, invece, era specializzato nel credito alle attività industriali a medio e lungo termine,
emettendo obbligazioni per finanziarle.
Nel secondo dopoguerra partecipa al processo di ricostruzione del Paese, innanzitutto assicurando la gestione
delle risorse finanziarie derivanti dagli aiuti internazionali.
Nel 1991 l'istituto si trasformò in S.P.A. e nel gennaio 1994 si quotò alla Borsa di Milano e alla
New York Stock Exchange. Il 31 luglio 1998 l'istituto si fuse con Sanpaolo di Torino, dando vita a
Sanpaolo IMI.
8 L‘IRI (ISTITUTO PER LA RICOSTRUZIONE INDUSTRIALE) fu istituito, con R.D.L. 23
gennaio 1933, n. 5 convertito dalla legge n. 512 del 3 maggio 1933, su iniziativa del Presidente del
Consiglio Mussolini. Nacque come ente temporaneo con lo scopo di salvataggio delle banche e
delle aziende a loro connesse. Il nuovo ente era formato da una "Sezione finanziamenti" e una
"Sezione smobilizzi". Lo Stato assunse le partecipazioni delle banche in crisi, finanziandole
affinché non fallissero. Le partecipazioni furono poi trasferite all'IRI, la cui principale
preoccupazione divenne rimborsare alla Banca d'Italia il capitale ricevuto. Una volta trasferite le
quote all'Istituto, questo avviò una propria campagna di mobilitazione del credito attraverso lo
strumento delle obbligazioni industriali garantite dallo Stato. In questo modo l'IRI, e quindi lo
Stato, smobilizzò le banche miste, diventando contemporaneamente proprietario di oltre il 20%
dell'intero capitale azionario nazionale e di fatto il maggiore imprenditore italiano, con aziende
come Ansaldo, Ilva, Cantieri Riuniti dell'Adriatico, SIP, SME, Terni, Edison. Nel dopoguerra
allargò i suoi settori di intervento e fu l‘ente che modernizzò e rilanciò l‘economia italiana. Nel
1980, era un gruppo di circa 1000 società con più di 500000 dipendenti. Nel 1933 l‘IRI si trovava
al settimo posto nella classifica delle migliori società del mondo per fatturato. Nel 1992 si
trasformò in Società per Azioni e cessò di esistere 10 anni dopo.
9
D.Lgs. 385/93. I principi cardine della riforma riguardano:
11
Essa è, quindi, un‘importante legge che:
nella prima parte, tutt‘ora in vigore, definì:
la Banca d‘Italia un ―istituto di diritto pubblico‖
10
e le affidò
definitivamente la funzione di emissione;
gli azionisti privati vennero espropriati delle loro quote, che furono
riservate a enti finanziari di rilevanza pubblica;
alla Banca fu proibito lo sconto diretto agli operatori non bancari,
sottolineando così la sua funzione di banca delle banche;
mentre la seconda parte, abrogata quasi interamente nel 1993:
- fu dedicata alla vigilanza creditizia e finanziaria: essa ridisegnò l'intero
assetto del sistema creditizio nel segno della separazione fra banca e
industria e della separazione fra credito a breve e a lungo termine;
- definì l‘attività bancaria funzione di interesse pubblico;
- concentrò l'azione di vigilanza nell‘Ispettorato per la difesa del risparmio e
l'esercizio del credito (organo statale di nuova creazione), presieduto dal
— l'esercizio dell'attività bancaria che è riservato esclusivamente alle banche, denominazione che
supera la precedente distinzione tra aziende di credito e istituti di credito;
— la forma giuridica assunta dalle banche che può essere solo quella di società per azioni o società
cooperativa per azioni a responsabilità limitata;
— le banche possono esercitare tutte le attività ammesse al mutuo riconoscimento senza ulteriore
distinzione tra breve, medio e lungo periodo;
— le banche che hanno sede legale in uno Stato comunitario possono liberamente stabilirsi in
Italia; si è così data concreta attuazione al principio della libera prestazione di servizi che da
sempre rappresenta uno dei traguardi del processo di integrazione europea.
Il testo unico, pur riservando l'esercizio dell'attività bancaria alle banche senza ulteriori distinzioni,
introduce una differenziazione, per quanto riguarda il regime di autorizzazione all'esercizio di tale
attività, tra:
— banche nazionali possono assumere la denominazione di:
banca popolare;
banca di credito cooperativo;
— banche comunitarie: sono le banche con sede legale e amministrazione centrale in uno Stato
comunitario diverso dall'Italia;
— banche extracomunitarie: sono le banche che hanno sede legale e amministrazione centrale in
uno Stato diverso da quelli appartenenti alla Comunità Europea.
In tal modo il testo unico ha reintrodotto nel sistema bancario italiano il modello della banca
universale ed ha operato una despecializzazione:
istituzionale, mediante la soppressione delle differenziazioni che sussistevano tra le varie
categorie di banche;
operativa, consentendo alle banche di operare in tutti i settori delle attività di
intermediazione finanziaria;
temporale, attraverso l'abbandono della distinzione tra esercizio del credito a breve, medio o
lungo termine.
10
L‘Istituto di diritto pubblico viene visto come un ente pubblico, cioè una persona giuridica creata
secondo norme di diritto pubblico, attraverso la quale la pubblica amministrazione svolge la sua
funzione amministrativa. Gli enti pubblici si contrappongono, quindi, alle persone giuridiche create
secondo norme di diritto privato, le quali, se sono per lo più destinate a perseguire interessi di
carattere privato, possono svolgere anch‘esse funzioni amministrative. Gli enti pubblici devono
svolgere una funzione di pubblico interesse.
12
Governatore e operante anche con mezzi e personale della Banca d'Italia,
ma diretto da un Comitato di ministri presieduto dal capo del Governo.
L‘attività bancaria italiana, a partire dal 1936, quindi, si basò essenzialmente su
due principi fondamentali:
1. è un’attività di interesse pubblico, perché è incentrata sulla raccolta di
mezzi finanziari attraverso i depositi bancari, che sono effettuati da
cittadini che non hanno una precisa conoscenza del rischio che corrono
prestando i loro denari alle banche, e che vanno quindi tutelati in modo
assolutamente più forte rispetto i normali creditori di aziende di natura
diversa da quella bancaria;
2. la tutela del depositante è massima quando la gestione delle banche è
corretta e prudente, ovvero quando le banche sono stabili, cioè non corrono il
rischio di fallire.
Inoltre, la Legge bancaria del ‗36 si era preoccupata di assicurare la condizione di
liquidità delle banche, cioè che esse fossero sempre in grado di far fronte,
puntualmente e integralmente, agli impegni assunti nei confronti dei terzi e
specialmente in quelli assunti nei confronti dei depositanti. La liquidità era,
quindi, assicurata bilanciando le scadenze delle operazioni attive con quelle delle
operazioni passive.
Così le banche, proprio a seconda della scadenza delle operazioni effettuate,
furono divise in due grandi categorie:
1. da un lato, si avevano le cosiddette aziende ordinarie di credito abilitate
alle operazioni attive e passive con scadenza massima di diciotto mesi,
periodo che definiva il breve termine;
2. dall‘altro lato, si avevano i cosiddetti istituti di credito speciale abilitati alle
operazioni attive e passive con scadenze superiori a diciotto mesi, periodo
che definiva, quindi, il medio e lungo termine.
Le disposizioni contenute nella legge bancaria del 1936 e la loro interpretazione
restrittiva da parte dell‘organo di vigilanza, hanno limitato in modo significativo
le possibilità operative delle banche.
Infatti, per queste ultime, esisteva un forte incentivo a concedere solo credito a
breve termine, il quale, quando la capacità del reddito del potenziale cliente era
considerata sufficiente, veniva concesso indipendentemente dalla tipologia di
13
fabbisogno finanziario espresso dall‘impresa, anche in presenza cioè di fabbisogni
durevoli.
Inoltre, per le banche esisteva la possibilità di accompagnare l‘impresa nei mercati
pubblici dei titoli mobiliari e di partecipare ai sindacati di collocamento e di
garanzia, ma ciò richiedeva competenze rare e specifiche e non esisteva un
incentivo sufficiente per proporre e accompagnare il ricorso al mercato delle
imprese.
Infine, alle aziende di credito ordinario, per poter ridurre ulteriormente i rischi, e
non solo quelli di liquidità, erano vietate tutta una serie di operazioni che
potevano rappresentare immobilizzazioni, come ad esempio: l‘investimento in
azioni e partecipazioni.
In realtà, però, tutti questi limiti e divieti non erano assoluti, bensì derogabili
mediante specifiche autorizzazioni dell‘organo di vigilanza, che a partire
dall‘immediato dopoguerra era costituito dalla Banca d‘Italia
11
.
La Legge Bancaria del 1936 creò, quindi, un sistema rigido di specializzazione
operativa che fu la legittima risposta alla crisi della banca mista, successiva alla
grande crisi dei primi anni ‘30, ed era finalizzata ad impedire che le banche
operassero un eccessiva ―trasformazione delle scadenze‖, raccogliendo a breve
termine e impiegando a lungo termine, oppure immobilizzando mediante
l‘acquisizione di partecipazioni nelle imprese industriali.
Il sistema basato sulla specializzazione operativa e funzionale ha permesso lo
sviluppo dell‘economia italiana del dopoguerra, limitando la commistione
12
tra
banche e imprese che aveva prodotto tanti danni nei primi anni ‘30.
11
Astolfi, Barale & Ricci (2004), Entriamo in azienda 3, imprese bancarie e aziende di
erogazione. Milano, TRAMONTANA, TOMO 2 pag 11-12
La Banca d’Italia viene definita banca centrale nazionale della Repubblica Italiana, con compiti
operativi che agisce secondo gli indirizzi e le istruzioni impartite dalla Banca centrale europea. La
Banca d‘Italia attua sul mercato italiano le decisioni prese dal Consiglio direttivo della BCE in
materia di politica monetaria e del cambio, di gestione delle riserve in valuta, di sorveglianza e
gestione del sistema dei pagamenti, di emissione delle banconote. La Banca d‘Italia è un istituto di
diritto pubblico il cui capitale è posseduto da banche e da istituti di previdenza e assicurazione. I
suoi organi sono:
- l‘Assemblea generale dei partecipanti con funzioni di organo volitivo, che approva il bilancio e
nomina i sindaci e i consiglieri del Consiglio Superiore;
- il Consiglio Superiore e il Comitato del Consiglio Superiore, che è l‘organo esecutivo;
il Governatore, che rappresenta la Banca d‘Italia di fronte ai terzi e partecipa al Consiglio
generale e al Consiglio direttivo della BCE
12
Di fronte al problema della commistione fra banche e imprese l‘autorità monetaria ribadisce il
principio della separatezza fra il comparto industriale e quello bancario, al fine di salvaguardare
l‘autonomia dell‘ente creditizio nei confronti dei soggetto che partecipano al suo capitale e
l‘efficienza allocativa e la stabilità dei singoli enti creditizi e del sistema nella sua globalità.
14
Il rapporto tra banche e imprese nei primi 4 decenni del secondo dopoguerra
risultava pertanto incentrato su una rigida distinzione dei ruoli:
solo alcune banche, cioè gli ―istituti di credito speciale‖, potevano fornire
credito a medio e lungo termine alle imprese e partecipare limitatamente al
loro capitale;
le grandi imprese erano partecipate direttamente dallo Stato, parliamo,
quindi, del cosiddetto sistema di partecipazioni statali.
La Legge bancaria del 1936, nonostante fosse nata dalle ceneri della banca mista,
non vietava né il controllo delle industrie sulle banche né quello delle banche sulle
industrie, sottoponendo peraltro la seconda alla eventuale autorizzazione
dell‘Autorità di Vigilanza.
A partire dagli anni ‘80, però, si assiste ad un mutamento delle condizioni di
mercato, determinato sia da fattori interni nazionali sia da fattori esterni prodotti
dalla normativa comunitaria.
Infatti, il sistema basato su una rigida specializzazione non era più in grado di
garantire una corretta allocazione delle risorse finanziarie, nel rispetto delle regole
di mercato, dell‘efficienza e della libera concorrenza.
A questo proposito, una prima sollecitazione al sistema bancario a muoversi
secondo criteri di maggior efficienza, venne proprio dal suo interno, in quanto la
necessità, per ciascun ente creditizio, di fornire ai risparmiatori e alle imprese tutti
i prodotti finanziari, fece si che tutte le aziende di credito ampliassero il proprio
ambito operativo, riducendo le differenza fra le attività esercitate da ciascuna di
esse.
Apparve così evidente che la distinzione delle aziende nelle varie categorie
giuridiche previste dalla Legge bancaria del 1936 non corrispondeva più ad una
diversità effettiva sul piano operativo.
In questo modo prese l‘avvio il fenomeno che va sotto il nome di
―despecializzazione bancaria‖ temporale e operativa.
Con la despecializzazione temporale viene introdotta l‘abilitazione a raccogliere il
risparmio senza limiti o forma tecnica, mentre con la despecializzazione operativa
le Società per Azioni possono essere autorizzate a modificare il proprio oggetto
sociale.
Questa legge è stata, però come già detto, ormai superata da altri interventi
legislativi.
15
1.2 Il Primo Accordo Internazionale sul Capitale ( BASILEA 1)
Il Comitato
13
di Basilea per la Vigilanza Bancaria venne istituito nel 1974 dai
Governatori delle Banche Centrali dei Paesi del Gruppo dei 10 (G-10) a seguito
della crisi finanziaria, provocata dal fallimento dell‘istituto di credito tedesco
Bankhaus Hersatt, che fece nascere l‘esigenza di un intervento a supporto di un
migliore funzionamento e di una maggiore stabilità dei mercati finanziari
internazionali.
Inizialmente composto
14
dai rappresentanti delle banche centrali e delle autorità di
vigilanza di tredici paesi: Stati Uniti, Giappone, Canada, Germania, Regno Unito,
Francia, Italia, Svezia, Olanda, Belgio, Lussemburgo e Svizzera (in qualità di
ospitante), a cui si sono aggiunti dal 1° febbraio del 2001 la Spagna e dal 13 marzo
2009 altri sette paesi: Australia, Brasile, Cina, India, Corea del Sud, Messico e
Russia, ha, dunque, come principale obiettivo il rafforzamento dell‘efficacia della
vigilanza a livello internazionale..
Il Comitato di Basilea, che opera in seno alla Banca dei Regolamenti
Internazionali
15
, non rappresenta un‘autorità di vigilanza sovranazionale, e di
conseguenza, gli atti da esso prodotti non hanno forza di legge, ma rappresentano
linee guida e raccomandazioni che le singole autorità nazionali, dei paesi
partecipanti, sono tenute ad attenuare nei rispettivi Paesi.
Nel corso degli anni le linee guida e le raccomandazioni sono state attuate anche
da altri paesi non rappresentati nel Comitato stesso.
Nei primi anni ‘80 del secolo scorso, questo organismo, si trovò di fronte a un
crescente problema di capitalizzazione delle principali banche internazionali
operanti nei Paesi del G-10, in quanto esse risultavano inadeguate alla crescente
propensione al rischio.
Così, il Comitato decise di affrontare tale problema mediante la definizione di un
processo di convergenza nella misurazione dell‘adeguatezza patrimoniale delle
banche tra i diversi Paesi membri, in modo da ridurre le disomogeneità
13 Ha sede a Basilea e si riunisce 4 volte all‘anno.
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Partecipa alle riunioni anche la BCE in qualità di osservatore.
15 Banca dei Regolamenti Internazionali con sede a Basilea, ha come azionisti 56 banche centrali,
tra cui la Banca d‘Italia. La BRI promuove la cooperazione monetaria e finanziaria tra le banche
centrali, fornisce servizi di gestione delle riserve in valuta a numerose banche centrali e svolge
attività di ricerca economica e monetaria, producendo altresì statistiche sul sistema bancario e
finanziario internazionale. (Fonte Banca d‘Italia).