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I NTRODUZIONE
La geografia negli ultimi anni ha intrapreso un difficile cammino
che la sta portando ad un profondo rinnovamento del proprio statuto
epistemologico e metodologico. Una geografia che, come afferma
l’International Charter of Geographical Education, si delinea sempre più
come una scienza interdisciplinare, una scienza dinamica, in continua
evoluzione. Una disciplina che nello studiare le interazioni ambiente
comunità offre l’opportunità di comprendere e decodificare la realtà del
mondo contemporaneo.
Il sapere geografico dunque si rinnova, ma gli insegnanti della
scuola di base sono pronti a cogliere questo cambiamento di prospettive?
Muovendo da questa considerazione il mio intento è quello di analizzare
in che modo gli itinerari di formazione e aggiornamento dei docenti
operanti nella scuola di base hanno influito, influiscono e possono influire
sull’insegnamento della geografia.
La maggior parte dei docenti in servizio nella scuola di base,
Primaria e dell’Infanzia, ha conseguito l’abilitazione all’insegnamento con
la maturità Magistrale. Pertanto la preparazione che questi possiedono,
anche riguardo al sapere geografico, rimane limitata agli apprendimenti
raggiunti frequentando la scuola secondaria superiore; apprendimenti
circoscritti ai soli contenuti e alla nomenclatura di base, dunque scevri da
qualsiasi considerazione di tipo teorico, metodologico e didattico.
Analizzando i programmi di geografia delle Regie Scuole Normali,
l’ordine di scuole preposto dalla Legge Casati alla formazione dei maestri
5
e delle maestre elementari, e dei più noti Istituti Magistrali, creati negli
anni Venti da Giovanni Gentile e destinati per oltre ottant’anni alla
preparazione degli insegnanti, ho potuto constatare come questi sono
sempre stati in ritardo rispetto all’evoluzione della stessa scienza
geografica. In questo senso l’influenza negativa del fascismo è stata
indubbiamente decisiva nel ridimensionare la disciplina, rimproverata,
come osserva Costantino Caldo, per «l’eccessivo interesse per i fatti
concreti, le questioni materiali e della vita quotidiana, tutti elementi, che
secondo l’idealismo gentiliano possono far poco per formare lo spirito
degli alunni ».
1
L’inadeguatezza del Magistrale nel formare e preparare i docenti
della scuola di base non riguarda solo la geografia, ma coinvolge tutte le
discipline insegnate. I governi repubblicani, consapevoli di questa
endemica carenza strutturale, nel corso degli ultimi cinquant’anni hanno
cercato di modificare in più occasioni, ma senza riuscirci, l’iter di
formazione del maestro. Come ho avuto modo di rilevare, le resistenze
più forti a qualsiasi tentativo di riforma sono riconducibili agli ambienti
democristiani più conservatori, strenui difensori degli interessi degli
ordini ecclesiastici femminili che, ancora negli anni Settanta, gestivano la
maggior parte degli Istituti Magistrali.
La situazione comincia a smuoversi nel 1974 quando il D.P.R. 31
maggio, n. 417, sancisce all’art. 7 il principio secondo la quale «per
l’ammissione ai concorsi per titoli ed esami è richiesta » ai docenti di
1
Cfr. C. Caldo, Geografia umana, Palermo, Palombo, 1996, p. 40.
6
qualunque livello «una formazione universitaria completa »
2
. La
normativa, tuttavia, non indica una data e non esplicita i termini di
applicazione del provvedimento 3
. La precarietà della situazione, vista
anche l’entità degli interessi in gioco, consente di procrastinare
ulteriormente l’esistenza dei Magistrali 4
.
Bisogna dunque aspettare altri venti anni fino a quando la legge n.
341 del 1990 sanziona l’effettiva istituzione delle strutture didattiche
destinate alla formazione degli insegnanti della scuola Primaria e
dell’Infanzia. Nell’A.A. 1998/1999, dopo una serie di traversie e
lungaggini burocratiche, viene finalmente attivato il Corso di Laurea in
Scienze della Formazione Primaria.
L’Italia si adegua in questo modo al contesto generale europeo
dove, già da parecchi, decenni la formazione dei docenti delle scuole di
ogni ordine e grado è demandata alle Università.
Il nuovo Corso di Laurea offre agli insegnanti la preparazione
pedagogica necessaria ad affrontare la delicatezza del compito educativo
nei confronti dei bambini fra tre e undici anni, coniugando riflessione
teorica, competenza disciplinare e impegno pratico attraverso le attività
di tirocinio e di laboratorio. Pertanto l’insegnamento della geografia,
come ho avuto modo di accertare consultando on-line i programmi delle
27 sedi di facoltà che ospitano il Corso, non si articola solo in attività
2
Il provvedimento si inserisce nel complesso dei cosiddetti Decreti delegati, una serie
di decreti emanati in ottemperanza alla legge delega sull’istruzione del 1973, che
introducono diverse e importanti innovazioni nel mondo della scuola.
3
Si tratta di una norma programmatica , priva di efficacia operativa in quanto rinvia per
l’attuazione ad un’emananda nuova legge.
4
Nel 1987 il disegno di legge governativo presentato dal Ministro Franca Falcucci,
volto alla creazione di un corso di laurea apposito, non abilitante, per la formazione
degli insegnanti della scuola materna ed elementare, viene immediatamente affossato.
7
teorico-disciplinari, ma anche in esperienze didattiche e di laboratorio,
unendo in questo modo l’aspetto prettamente teorico a quello
metodologico.
Il percorso di formazione nella carriera docente non può esaurirsi
con la sola preparazione iniziale dell’abilitazione all’insegnamento, ma
deve delinearsi come formazione continua, vale a dire complessiva
dell’aggiornamento teorico e metodologico delle diverse discipline. Il
cammino professionale dell’insegnante deve dunque sostanziarsi in un
continuum di apprendimento volto a migliorare e ad arricchire la qualità
dell’azione didattica.
A tal proposito ho voluto analizzare in che modo nel corso dei
decenni il Ministero della Pubblica Istruzione è intervenuto per garantire
l’aggiornamento professionale del personale docente, in particolar modo
per quel che concerne l’insegnamento della geografia. La disamina dei
provvedimenti legislativi ha posto in luce come gli interventi ministeriali,
nonostante l’esistenza degli Istituti Regionali per la Ricerca, la
Sperimentazione e l’Aggiornamento Educativo (IRRSAE), non sono stati
dotati né di continuità, né sistematicità. Spesso, infatti, i corsi di
riqualificazione professionale sono stati organizzati a livello locale, su
iniziativa volontaristica e in forma episodica.
Sul finire degli anni Novanta la legislazione in materia di
aggiornamento è profondamente mutata consentendo anche ad
associazioni e organizzazioni qualificate di ottenere dal Ministero
l’accreditamento come ente formatore riconosciuto. In questo senso ho
inteso indagare in che modo l’ Associazione Italiana Insegnanti di Geografia
(AIIG), ufficialmente riconosciuta nel 2003 dal Ministero come ente
8
qualificato per la formazione continua, in progress degli insegnanti di
Geografia, si è interessata alle tematiche inerenti la scuola di base, sia in
relazione alla formazione-aggiornamento del personale docente sia in
riferimento alla documentazione didattica prodotta.
A tal proposito ho analizzato le ultime cinque annate di Ambiente
Società Territorio/Geografia nelle Scuole (2001, 2002, 2003, 2004, 2005) per
verificare in che modo l’evoluzione e i cambiamenti intervenuti nel corso
di questo periodo nella rivista dell’AIIG rispondono alle esigenze di
qualificazione e aggiornamento didattico degli insegnanti della scuola di
base.
Il processo di lifelong learning che ho avuto modo di analizzare per
la predisposizione di questo elaborato, è profondamente mutato nel corso
dei decenni e appare tutt’ora in costante evoluzione anche in riferimento
al sistema politico dell’alternanza che negli ultimi anni ha portato
all’approvazione di diverse e antitetiche riforme nel campo
dell’istruzione. L’instabilità del quadro normativo, infatti, determina
numerosi problemi nell’organizzazione e nella predisposizione delle
attività di formazione e aggiornamento. Una razionalizzazione del
sistema di formazione appare dunque una scelta obbligata per non
vanificare la validità e l’efficacia degli interventi che quotidianamente le
diverse agenzie formative, in primis l’Università, offrono agli insegnanti.
9
CAPITOLO I
L A G EOGRAFIA O GGI
1.1. L’utilità della geografia
Percorrendo i sentieri della memoria non è difficile imbattersi in
qualche ricordo che richiama alla mente l’idea di geografia. In larga parte
si tratta di reminescenze scolastiche legate alla lettura di carte mute
ingiallite, oppure all’elencazione puramente nozionistica di “mari, monti,
fiumi…” di una data regione
5
. Potrebbe altresì capitare di associare la
geografia alla serie infinita di immagini spettacolari, affascinanti ed
esotiche che attraverso i mass media invadono la vita e il quotidiano di
ciascuno 6
. La geografia dei vissuti personali si delinea pertanto come una
scienza descrittiva. Una geografia del bello, in cui l’estetica «ha la meglio
su ogni altro aspetto critico o problematico della disciplina »
7
.
Questa rappresentazione edulcorata, in parte emotiva, della
geografia non corrisponde alla realtà. La geografia è tutt’altro che una
scienza innocua; tutt’altro che una disciplina inutile. Essa è sempre stata
un formidabile strumento di potere, sia politico sia militare, per il
controllo, l’utilizzo, lo sfruttamento e la pianificazione del territorio 8
.
5
Cfr. Centro Studi TCI (a cura di), Perché insegnare la geografia in una rinnovata scuola
moderna e interdisciplinare , Milano, Touring Club Italiano, 1998, pp. 6-7.
6
Cfr. G. Dematteis, Potenzialità e limiti del discorso geografico, in C. Caldo e Carla Lanza
Dematteis (a cura di), Didattica della geografia nella scuola dell’obbligo , Firenze, La Nuova
Italia, 1987, pp 4-5.
7
Cfr. S. Moscone, Scoprire la geografia. Manuale per l’aspirante geografo , Roma, Armando
Editore, 2001, p. 20.
8
«Bisogna ricordarsi che ben prima dell’apparizione della geografia nelle aule
scolastiche e universitarie (apparizione che data solo alla fine del XIX secolo), la
10
La rappresentazione cartografica è il mezzo di cui si avvale
l’autorità statale per controllare, pianificare e sfruttare al meglio il
territorio amministrato. La produzione di carte geografiche è, infatti, da
sempre una prerogativa degli apparati militari 9
.
La geografia ha sempre avuto un ruolo importante nell’istruzione
e nella formazione dei soldati. Per sviluppare strategie di difesa, per
condurre efficacemente una guerra è, infatti, indispensabile studiare e
conoscere alla perfezione il territorio del nemico. Un qualsiasi errore di
valutazione determinato da inesatte conoscenze della regione del
conflitto può portare anche il più forte degli eserciti alla disfatta
10
.
Negli anni Settanta il francese Yves Lacoste è il primo geografo a
squarciare il velo di ipocrisia che circonda il binomio geografia-potere.
L’autore de La géographie, ça sert, d’abord, à faire la guerre, polemizza
duramente con la geografia ufficiale, la geografia dei professori
universitari e dei militari; paradossalmente una geografia inutile e
apolitica ma allo stesso tempo strumento consapevole nelle mani del
potere «per meglio controllare gli uomini sui quali l’apparato statale
esercita il suo dominio»
11
.
disciplina esisteva già e non era destinata ai giovani studenti o ai loro futuri professori,
bensì ai capi militari e a quelli che avevano in mano le sorti dello Stato. La geografia è
stata prima di ogni altra cosa un sapere collegato strettamente a una pratica politica e
militare, un insieme di conoscenze forse frammentarie e di diversa natura tutte
più o meno indispensabili alla elaborazione delle strategie e delle tattiche ». Cfr. Yves
Lacoste, Crisi della geografia geografia della crisi , Milano, Franco Angeli Editore, 1980, p.
13.
9
In Italia in questo campo è famoso l’I.G.M., Istituto Geografico Militare, con sede a
Firenze, organismo militare competente nella rappresentazione cartografica del
territorio italiano, soprattutto mediante carte topografiche, dette carte a grande scale.
Sono famose le carte topografiche prodotte a scala 1:25.00, chiamate anche tavolette.
10
Cfr. P. O’Sullivan, J. W. Miller Jr, Geografia della guerra , Milano, Franco Angeli
Editore, 1985, pp. 15-23.
11
Secondo Lacoste la causa della spoliticizzazione della geografia va ricercata nella
tradizione possibilista che fa riferimento a Vidal de la Blache. Il fondatore della scuola
11
Accanto alla Geografia degli Stati Maggiori dell’autorità statale e
militare si affianca una geografia altrettanto avvezza alla pratica del
potere: quella dei grandi apparati capitalistici, delle grandi imprese e
delle grandi banche.
Le multinazionali per ampliare ed estendere il proprio raggio
d’azione non possono fare a meno della geografia. Le ricerche applicate , le
analisi di mercato studiano e indagano a fondo il territorio entro la quale
intende installarsi una data azienda. I risultati di queste ricerche sono
indispensabili per vagliare l’appetibilità commerciale di una determinata
regione. Senza riscontri positivi le imprese indirizzano altrove gli
investimenti finanziari 12
.
La maggioranza della popolazione non è dunque consapevole della
natura essenzialmente strategica del sapere geografico. In tal senso Yves
Lacoste assegna al geografo il compito di favorire nella popolazione la
presa di coscienza delle contraddizioni che caratterizzano il sistema
capitalistico «così come esse si manifestano a livello locale, sui luoghi di
lavoro e della vita quotidiana »
13
.
Questo processo può avvenire solo attraverso l’analisi delle
differenziazioni spaziali, dalla scala planetaria fino a quella della vita
locale; saper pensare lo spazio, come il sapere leggere le carte diventa
indispensabile per la formazione di cittadini coscienti e consapevoli della
realtà in cui vivono 14
.
geografica francese, sostenendo che “la geografia è la scienza dei luoghi e non degli
uomini”, ha di fatto separato la geografia umana dalla geografia sociale; nelle sue
descrizioni, infatti, considera l’uomo solo per il fatto che abita in certi luoghi ponendo
in questo modo lo studio dei “fatti umani” alle dipendenze dei “fatti fisici”.
12
Cfr. N. Klein, No logo , Milano, Baldini e Castaldi, 2002, pp. 256-268.
13
Cfr. Yves La coste, Crisi della geografia … , op. cit., p. 93.
14
Ibidem , pp. 83-94.
12
1.2. L’Attualità della geografia
Gli avvenimenti che ogni giorno mutano di continuo la
conformazione politica, sociale, culturale, economica e fisica del globo
sono il segno della complessità che sempre più caratterizza il mondo
contemporaneo. Una realtà sempre più articolata, integrata e connessa: il
vicino (noi) e il lontano (gli altri) s’intrecciano e si confondono.
«La geografia, come disciplina codificata tra il XIX e il XX secolo, incontra
oggi particolari difficoltà a mantenere il ruolo che, pur con alti e bassi, ha
svolto durante duemila anni di evoluzione della cultura occidentale. Dal
pinax di Anassimandro, alla Geografia di Tolomeo, all’Imago mundi di
Pierre d’Ailly, al Kosmos di Humboldt, fin alle geografie universali di
Reclus e di Vidal de la Blache, questo compito è sempre stato quello di
darci una rappresentazione multiscalare della superficie terrestre. Lo scopo:
informarci sui contenuti, sull’ordine e il senso di uno spazio in cui viviamo
e ci muoviamo assieme agli altri. Dunque una rappresentazione capace di
soddisfare certe esigenze mentali comuni a tutti: mercanti, guerrieri, filosofi,
letterati, politici, pellegrini, sognatori sedentari, ecc. E anche tale da essere
largamente compresa, accettata e condivisa»
15
.
La geografia, che nasce e si sviluppa per rispondere a questa
esigenza di mobilità universale, entra in crisi negli ultimi anni, proprio
15
Cfr. G. Dematteis, F. Ferlaino, Il mondo ed i luoghi: geografie delle identità e del
cambiamento , Torino, Ires, 2003, p. 5.
13
quando tale mobilità assume un’accelerazione e una generalizzazione
straordinaria, al punto da modificare la percezione dello stesso spazio
terrestre.
L’ordine spaziale delle cose e delle popolazioni, fondato sulla
prossimità dei luoghi e sulla presunta stabilità dei rapporti, è sempre
meno evidente. Il mosaico sensato di luoghi che ancora si poteva cogliere
nel recente passato sta ormai diventando un caleidoscopio in continuo
movimento 16
.
«La geografia deve tuttavia adattarsi alla nuova mappa geopolitica del
mondo; le disparità Nord/Sud crescono sempre, accompagnandosi con
intense crisi socio-culturali e di civiltà che compromettono le relazioni intra
e intergenerazionali. Quindi il mondo in cui viviamo è in intenso
disequilibrio economico, sociale, culturale, ecologico e politico. Continuerà
ad essere un mondo di violenza, di conflitto sociale e di guerre dove i più
forti imporranno ai più deboli le loro regole. Sottosviluppo, malsviluppo,
povertà, stabilizzazione della popolazione, preservazione della
biodiversità, lotta contro l’esclusione sono le sfide da superare»
17
.
È dunque tempo di rinvigorimento della geografia, sia perché
emerge una sensibilità crescente verso le manifestazioni di questi
problemi, sia perché le organizzazioni internazionali lo richiedono 18
.
16
Ibidem , p. 5-6.
17
Cfr. E. Elamé, Per un nuovo approccio didattico della geografia: la prospettiva ambientale e
lo sviluppo sostenibile. La geografia nella scuola secondaria in Italia, in Francia e in Camerun ,
in “Geografia nelle Scuole”, 3, 1997, p. 67.
18
Cfr. A. Vallega, La geografia passaporto per il mondo globale: l’agenda 21 della geografia
italiana , in “Geografia nelle Scuole”, 3, 1998, pp. 79-82.
14
«I cartografi e i geografi svolgono una funzione basilare nell'ambito del
lavoro delle Nazioni Unite. Spesso mi sorprendo a dire "mi mostri le carte
geografiche". […]I tutori della pace hanno bisogno di conoscere il terreno, e
di individuare dove potrebbero essere state deposte le mine. I sanitari che
procedono alla vaccinazione dei bambini devono conoscere la distribuzione
della popolazione. Gli esperti dell'ambiente devono conoscere se le risorse
naturali siano sottoposte a pressione eccessiva da parte dei sistemi
insediativi, o se vadano soggette ad altri rischi. Le Nazioni Unite e la
comunità dei geografi professionisti hanno un gran lavoro da fare insieme.
Essenzialmente, i geografi riempiono i vuoti di conoscenza delle terre che
non si conoscono, mettendo la gente in condizioni di aggiornare le loro
visioni della Terra e dei suoi abitanti. Da canto loro, le Nazioni Unite
tentano di condurre i popoli a vedere il mondo in modo nuovo. Oggi vorrei
suggerire di trarre profitto da questa stretta affinità e di lavorare insieme
per affrontare alcune tra le sfide più gravi cui deve far fronte il genere
umano: il cambiamento climatico, le precarie condizioni dell’ambiente nel
suo complesso, e l'obiettivo di lungo termine dello sviluppo sostenibile »
19
.
Dal discorso del segretario generale delle Nazioni Uniti Kofi
Annan, emerge chiaramente la nuova immagine, il nuovo ruolo della
geografia. Il discorso geografico valica i tradizionali confini della
19
Cfr. K. Annan, La geografia secondo le Nazioni Unite, 97° Meeting Association of
American Geographers, AAG, New York, 1 marzo 2001.
15
disciplina: si amplia fino a comprendere le sempre più attuali tematiche
ambientali inerenti lo sviluppo sostenibile
20
.
La consapevolezza che lo sviluppo richiede sostenibilità è stata
l’apertura concettuale del Summit della Terra svoltosi a Rio de Janeiro nel
1992; apertura concretizzatasi con l’approvazione della cosiddetta Agenda
21
21
.
Questo documento, sottoscritto da oltre 180 Governi, i cui obiettivi
strategici sono stati ribaditi dal nuovo Piano di Azione del World Summit
for Sustainable Development dell’ONU a Johannesburg nel 2002,
rappresenta il più ambizioso tentativo di introdurre il concetto di
sostenibilità ambientale in tutte le attività umane che concorrono a definire i
modelli di sviluppo 22
.
20
La principale e ufficiale definizione (ONU) dello sviluppo sostenibile intende uno
sviluppo che risponda alle necessità delle generazioni attuali senza compromettere la
capacità delle generazioni future di soddisfare i propri bisogni. In altri termini di
conciliare benessere economica, equità sociale e uso durevole delle risorse ambientali, a
livello locale e globale.
21
Cfr. Z. Barman, Dentro la globalizzazione. Le conseguenze sulle persone , Roma-Bari,
Laterza, 2001, p. 134-142.
22
L'Agenda 21 internazionale è costituita da una piattaforma programmatica di 800
pagine in cui, partendo dai problemi globali che investono la Terra, viene indicato un
programma operativo per una transizione verso uno sviluppo sostenibile, includendo
obiettivi, responsabilità e stima dei costi. I temi più importanti possono essere
schematizzati a grandi linee nel modo seguente:
1) The Prospering World: come armonizzare lo sviluppo economico del Sud con la
sostenibilità ambientale;
2) The Just World: come affrontare i problemi demografici e la povertà;
3) The Habitable World: come affrontare i grandi problemi degli insediamenti urbani;
4) The Desert Fertile World: come combattere l'erosione del suolo;
5) The Shared World: come affrontare i problemi del cambiamento globale;
6) The Clean World: come gestire nella maniera migliore il problema dei rifiuti tossici
e dei prodotti radioattivi;
7) The People's World: come combattere l'analfabetismo, come affrontare il ruolo delle
minoranze;
Secondo l'Agenda 21 i paesi industrializzati del Nord dovrebbero dare ai paesi in via di
sviluppo del Sud 125 miliardi di dollari aggiuntivi all'anno per potergli permettere un
processo di sviluppo sostenibile.