1
INTRODUZIONE
Nell’ambito dell’intermediazione mobiliare, le banche di credito cooperativo
stanno manifestando una maggiore propensione all’innovazione e alla
competitività, come conseguenza di avvenimenti quali la globalizzazione dei
mercati e il processo di progressiva deregolamentazione avutosi in seguito
all’entrata in vigore del Testo Unico delle Banche (T.U.B.).
In siffatto contesto, scelte strategiche efficaci, possono consentire a tali tipologie
di intermediari la garanzia per uno sviluppo e un ampliamento della propria
gamma di attività, giacché le banche di credito cooperativo nascono come
intermediari creditizi, e offrire la possibilità per una maggiore attenzione alla
customer satisfaction della propria clientela
1
.
Nel capitolo 1, si andrà ad esaminare la banca di credito cooperativo. Partendo da
un’analisi sull’evoluzione storica e sugli elementi identificativi delle banche di
credito cooperativo, si analizzerà la struttura del Credito Cooperativo in Italia la
quale si presenta caratterizzata dall’ICCREA Holding SpA, dalla Federcasse e
dalle Federazioni locali
2
.
Ciò consentirà di tracciare un quadro generale sui vari livelli di attività
caratterizzanti il sistema di credito cooperativo per giungere, da ultimo, a
considerare l’insieme delle banche di credito cooperativo come si presentano allo
stadio attuale, fornendo spunti sulle possibili prospettive future.
Nel capitolo 2, si andranno a delineare i profili strategici e organizzativi delle
banche di credito cooperativo.
Nella prima parte, si esamineranno le strategie a livello corporate e a livello di
business adottate dalle banche di credito cooperativo.
Infine si tratterà degli aspetti concernenti l’organizzazione degli intermediari, per
poi focalizzarsi sugli aspetti propri delle banche di credito cooperativo
3
.
1
G. Maci, “Le banche minori: aspetti teorici ed evidenze empiriche”, in S. Dell’Atti (a cura di),
Basilea 2 e Piccole Banche, Bancaria Editrice, Roma, 2007.
2
T. Padoa Schioppa, “Il credito cooperativo in Italia: realtà e problemi”, in F. Cesarini, G. Ferri,
M. Giardino (a cura di), Credito e sviluppo, Il Mulino, Bologna, 1997.
3
P. Mottura, Economia degli intermediari finanziari, cambiamento, competizione, strategie e
modelli organizzativi, EGEA, Milano, 2006.
2
Nel capitolo 3, si focalizza l’attenzione sulle scelte strategiche riguardanti il
settore dell’intermediazione mobiliare da parte delle banche di credito
cooperativo.
Si considereranno le caratteristiche dell’intermediazione mobiliare e le tipologie
di operazioni quali l’investment banking, merchant banking, corporate finance e
asset management; successivamente si tratterà sui servizi dell’intermediazione
mobiliare quali i servizi di collocamento, negoziazione e gestione su base
individuale.
In modo specifico, si argomenterà sulle strategie adottate dalle BCC, con
particolare riferimento alla strategia competitiva a livello distributivo.
Infine si discuterà sul sistema a rete delle banche di credito cooperativo,
sull’adozione e articolazione del network del credito cooperativo e sull’efficienza
e competitività di tale assetto di sistema, fornendo spunti riguardanti le sfide
organizzative del network finanziario
4
.
Nel capitolo 4, si tratteranno alcuni case study riguardanti le strategie delle BCC
nel settore dell’intermediazione mobiliare; nello specifico, il caso della banca di
credito cooperativo di San Giovanni Rotondo e di Canosa di Puglia.
4
S. Dell’Atti, V. Pacelli, “L’assetto organizzativo e gestionale delle banche minori”, in S.
Dell’Atti (a cura di), op. cit., 2007.
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CAPITOLO 1
LA BANCA DI CREDITO COOPERATIVO:
UN’ANALISI SULLE CARATTERISTICHE DISTINTIVE
E SULLA STRUTTURA DEL SISTEMA DI CREDITO
COOPERATIVO
1. EVOLUZIONE STORICA DELLE BANCHE DI CREDITO
COOPERATIVO
Le banche di credito cooperativo nascono come Casse Rurali ed Artigiane nel
periodo comprendente la fine dell’800, e il nuovo secolo, sotto la spinta di
cooperatori ispirati dal Magistero sociale della chiesa cattolica; quest’ultima
contribuì ad incentivare le fasce umili delle popolazioni rurali, con lo scopo di
fronteggiare la miseria e il fenomeno dell’usura.
Inoltre tali fenomeni solidaristici emersero anche a causa dei numerosi problemi
sociali che si manifestarono in tutta Europa a seguito dell’industrializzazione,
delle carestie e delle continue crisi congiunturali
1
.
La non adeguata rispondenza dei sistemi bancari dell’epoca nel soddisfare i
bisogni della piccola imprenditoria, degli artigiani, degli agricoltori e di tutti i
soggetti “deboli” nei confronti dei mercati finanziari condussero a Schulze-
Delitzsche prima e a Raffaisen poi a costituire le banche della comunità locale,
rispettivamente nella forma della Banca Popolare Cooperativa e della Cassa
Rurale e Artigiana
2
.
Il principale punto di forza delle cooperative di credito era rappresentato dal
riconoscimento di un’origine sociale comune, che conduceva i diversi soggetti a
costituire la banca e alla reciproca collaborazione all’interno della stessa
3
.
1
Credito Cooperativo, “Il nostro sistema”. http://www.creditocooperativo.it/template/default.asp.
2
I.C. Panetta, La corporate governance nelle banche di credito cooperativo, Aracne, Roma, 2005.
3
L. Cannari, L. F. Signorini, “Rischiosità e razionamento: un’analisi dell’efficienza allocativa
delle banche di credito cooperativo e dei divari nord-sud”, in F. Cesarini, G. Ferri, M. Giardino (a
cura di), Credito e sviluppo, Il Mulino, Bologna, 1997.
4
Tale fenomeno permise di “porre le basi” per l’economicità e l’efficienza, vista la
prima con riferimento alla governance ed alla ripartizione dei costi, mentre la
seconda come capacità della banca di apprendere in modo adeguato le necessità
dei soci e, per il tramite di questi, della comunità di riferimento
4
.
Con riferimento al sistema bancario italiano, la prima cassa rurale fu fondata il 20
giugno 1883 a Loreggia in provincia di Padova per opera di Leone Wollemborg.
Dopo quattro anni venne costituita la prima Federazione delle Casse rurali,
contraddistinta dall’insieme congiunto di queste ultime.
Attraverso l’emanazione, nel 1891, dell’enciclica “Rerum Novarum” di Papa
Leone XIII avranno origine e si diffonderanno le Casse Rurali in diverse regioni
d’Italia.
Da tale data, le Casse Rurali ed Artigiane hanno continuato a sviluppare e
consolidare uno strettissimo rapporto con il territorio di riferimento, intessendo la
propria storia con quella delle comunità, così da fregiarsi dell’appellativo di
“banca locale”
5
.
In particolare, la banca locale deve essere vista come una tipologia
imprenditoriale caratterizzata da una marcata autonomia.
Il primo elemento che contraddistingue la banca locale è il forte radicamento
all’interno del territorio di riferimento. Ciò, fa conseguire che una banca può
assumere la dizione “locale”, soltanto quando l’attività d’intermediazione tiene
conto dello stretto legame con il complesso economico e sociale di appartenenza.
Un altro elemento che distingue le banche locali dalle altre tipologie di banche è
proprio l’operatività nel territorio di riferimento, da intendersi come vocazione
verso quel particolare territorio.
4
L. Cannari, L. F. Signorini, “Rischiosità e razionamento: un’analisi dell’efficienza allocativa
delle banche di credito cooperativo e dei divari nord-sud”, in F. Cesarini, G. Ferri, M. Giardino (a
cura di), op. cit., 1997.
5
Credito Cooperativo, “Il nostro sistema”. http://www.creditocooperativo.it/template/default.asp.
5
Tale radicamento territoriale comporta per le banche locali un vantaggio
competitivo derivante anche dalla gestione delle asimmetrie informative,
caratteristica quest’ultima di enorme importanza nell’erogazione del credito e
nella quantificazione del correlato costo.
Ulteriore vantaggio che discende dal radicamento territoriale è rappresentato dal
minor costo e migliore qualità delle informazioni, proprio in ragione della
vicinanza fisica della clientela.
Tutto ciò comporta la confluenza degli interessi della banca locale con quelli delle
imprese che operano nel territorio di riferimento, creando i presupposti per la
crescita economica delle aree in cui si focalizza l’attività della banca; inoltre
consente di meglio rispondere alle esigenze manifestate dalla clientela del
contesto.
Tali considerazioni fanno sì che l’immagine della banca locale risulti rafforzata
nei confronti delle altre banche competitors
6
.
Però, va segnalato come nel corso degli anni, il credito cooperativo abbia subito
vicende alternate da momenti di stasi a momenti di espansione.
In Italia, il credito cooperativo si sviluppa in modo preponderante nelle regioni
settentrionali, dove si va ad innestare in una fitta trama di altre iniziative
mutualistiche e associazionistiche; inoltre, tale fenomeno cooperativo ha
permesso l’avvio di un processo di accumulazione che è sfociato nello sviluppo
industriale, con conseguente formazione di un ceto borghese produttivo.
I fautori delle prime realtà contribuirono ad incentivare nelle collettività locali la
crescita di una cultura del risparmio
7
.
Nel 1905 nasce la Federazione Italiana delle Casse Rurali, che si occupa di
promuovere la realizzazione di numerose Federazioni locali.
Alla crescita repentina che a raggiunto il suo apice nel 1922 con una presenza sul
territorio di oltre 3.300 casse rurali ed artigiane, fece seguito un rigoroso
ridimensionamento, causato dagli avvenimenti legati alla crisi dei primi anni
Trenta
8
.
6
G. Maci, “Le banche minori: aspetti teorici ed evidenze empiriche”, in S. Dell’Atti (a cura di),
Basilea 2 e Piccole Banche, Bancaria Editrice, Roma, 2007.
7
I.C. Panetta, op. cit., 2005.
8
Credito Cooperativo, “Il nostro sistema ”. http://www.creditocooperativo.it/template/default.asp.
6
Dalla crisi di quegli anni, il sistema creditizio e finanziario in Italia è stato
assoggettato ad un notevole grado di regolamentazione, che si è riflesso in una
rilevante specializzazione degli intermediari e una forte segmentazione dei
mercati
9
.
Dal 1936 la Federazione viene affiancata dall’Ente Nazionale delle Casse Rurali
Agrarie ed Enti Ausiliari. Successivamente, nel 1944 la Federazione, con
un’ordinanza viene sciolta.
Nel 1937 venne introdotto il Testo Unico sulle Casse Rurali ed Artigiane, dove si
stabilisce che le società cooperative hanno come oggetto principale “l’esercizio
del credito a favore di agricoltori e del credito a favore di artigiani,
congiuntamente o disgiuntamente”.
Nel 1950 nasce la Federazione Italiana (Federasse), che oggi costituisce
l’organismo di rappresentanza del Credito Cooperativo.
Con gli anni ’60, tale movimento viene sempre più a svilupparsi e consolidarsi;
nel 1963 ha origine l’ICCREA (Istituto Centrale Casse Rurali Ed Artigiane),
mentre nel 1978 si istituisce il Fondo di Garanzia dei Depositanti
10
.
Con il trascorrere degli anni Settanta e Ottanta le banche di credito cooperativo,
per mezzo di una nuovo aumento della diffusione sul territorio, hanno incentivato
il processo di sviluppo delle piccole imprese manifatturiere.
Come conseguenza, si ebbe il passaggio da un’attività rivolta a determinati ambiti
territoriali, ad un’operatività diretta ad una moltitudine di soggetti.
Con il passare del tempo si è andato solidificando il collegamento tra le istituzioni
finanziarie cooperative e le realtà produttive locali, ampliando il contenuto
dell’attività bancaria svolta.
Per le banche di credito cooperativo, la presenza marcata nei mercati locali,
prossimi alle esigenze della clientela minore, ha permesso di ottenere un
vantaggio competitivo nell’ambito del modello di finanziamento utilizzato
11
.
9
R. Di Salvo, Deregolamentazione ed economie di scala in banca, Il Mulino, Bologna, 1995.
10
Credito Cooperativo, “Un po’ di storia”. http://www.creditocooperativo.it/template/default.asp.
11
M. Freni, F. Samuelli, “Dipendenza dalla storia, conservazione e discontinuità”, in G. Cepollaro,
U. Morelli (a cura di), Dirigere le banche di credito cooperativo, Guerini e Associati, Milano,
2003.
7
E’ storia recente la trasformazione del Credito Cooperativo da gruppo in sistema,
avutasi attraverso varie tappe che hanno portato alla configurazione della “Carta
dei Valori del Credito Cooperativo”; quest’ultima raggruppa i principi “ispiratori”
delle Banche di Credito Cooperativo
12
.
2. ELEMENTI IDENTIFICATIVI DELLE BANCHE DI CREDITO
COOPERATIVO
Le fonti normative che disciplinano le Banche di Credito Cooperativo sono gli
articoli da 33 a 37 e l’art. 150 del D.lgs. n. 385/1993 (Testo Unico Bancario) e le
istruzioni del giugno 1994 della Banca d’Italia emanate in attuazione dell’art. 35,
comma 2 del Testo Unico Bancario.
Da tali fonti normative si derivano i tratti caratteristici delle banche di credito
cooperativo, i quali sono la mutualità, la democraticità e il localismo.
Con riferimento alla mutualità, le banche di credito cooperativo si
contraddistinguono per essere delle imprese che operano “prevalentemente” a
favore dei soci, i quali sono i destinatari dei servizi delle banche e devono
rispondere all’interesse collettivo della base sociale.
Inoltre si può considerare la mutualità come un modo di gestire democraticamente
un’impresa senza finalità speculative
13
.
Nelle società cooperative, vige il principio del voto capitario, il che significa che
ogni persona fisica o persona giuridica, può esprimere un solo voto,
indipendentemente dalla quota di cui dispone.
L’elemento democratico in tale banche è rappresentato in modo esclusivo dal
principio di “capitazione”.
La predisposizione di tale principio si legittima con la volontà di impedire una
discrepanza economica tra i soci pregiudizievole per il raggiungimento degli scopi
mutualistici
14
.
12
Credito Cooperativo, “Un po’ di storia”. http://www.creditocooperativo.it/template/default.asp.
13
R. Costi, L’ordinamento bancario, Il Mulino, Bologna, 2001.
14
M. Fuccilo, “Il manuale delle banche di credito cooperativo”, in L. Boldrini (a cura di), Trattato
di diritto commerciale, ISBA, Rovereto, 1998.
8
Con il Testo Unico Bancario le Banche Popolari e le Casse Rurali ed Artigiane
assumono la nuova denominazione di Banche di Credito Cooperativo.
Oggi tali banche stanno estendendo i loro servizi bancari anche a soggetti estranei,
accostandosi in tal modo alle banche non cooperative.
Il punto di forza delle banche di credito cooperativo è il localismo che si fonda sul
collegamento del socio al territorio.
Infatti, per diventare socio di una Banca di Credito Cooperativo è necessario
appartenere all’area territoriale in cui opera la banca
15
.
L’identificazione dell’operatività, della competenza territoriale e dei requisiti dei
soci sono rimessi allo statuto.
Infine, la legge attribuisce allo statuto delle banche di credito cooperativo un ruolo
di primaria importanza come strumento di disciplina dei rapporti tra i soci; infatti,
a differenza delle altre banche, deve recepire “i criteri prudenziali” emanati dalla
Banca d’Italia
16
.
2.1 DENOMINAZIONE
La denominazione sociale della Banca di Credito Cooperativo deve contenere
l’espressione “Credito Cooperativo”
17
.
Da ciò deriva che tale termine non può essere di natura generica al punto da
impedire l’identificazione dell’area di mercato in cui la Banca esercita la sua
attività.
L’elemento qualificante della norma è contraddistinto dal fatto che si pone come
obiettivo quello di proteggere il principio “localistico”, che è l’essenza della
Banca di Credito Cooperativo.
Nonostante ciò, è possibile identificare la banca di credito cooperativo con nomi
che si riferiscono ad una zona rientrante nei confini del territorio indicato
18
.
15
Istruzioni Banca d’Italia, giugno 1994.
16
M. Freni, F. Samuelli, “Dipendenza dalla storia, conservazione e discontinuità”, in G. Cepollaro,
U. Morelli (a cura di), op. cit., 2003.
17
Cfr. Art. 33 T.U.B., D. lgs. 1/9/1993, n. 385.
18
M. Fuccilo, “Il manuale delle banche di credito cooperativo”, in L. Boldrini (a cura di), op. cit.,
ISBA, Rovereto, 1998.
9
2.2 LA FORMA GIURIDICA
Le banche possono costituirsi o nella forma di società per azioni o nella forma di
società cooperativa per azioni a responsabilità limitata
19
.
Le banche di credito cooperativo sono costituite in forma di società cooperativa
per azioni a responsabilità limitata
20
.
Tale forma giuridica è prevista anche per le Banche Popolari. Nello specifico, una
differenziazione che va espletata tra le Banche di Credito Cooperativo e le Banche
Popolari, vede quest’ultime discostarsi dagli schemi della mutualità in quanto
perseguono scopi di lucro
21
.
Nel caso delle banche di credito cooperativo, l’elemento qualificante della
fattispecie è rappresentato dal principio della mutualità espletata prevalentemente
a favore dei soci
22
.
Da ciò consegue che le BCC devono destinare obbligatoriamente una quota degli
utili a fondi mutualistici
23
.
2.3 LA RESPONSABILITA’ LIMITATA DEI SOCI NELLE BCC
Nelle cooperative a responsabilità limitata per le obbligazioni sociali risponde la
società con il suo patrimonio; tuttavia l’atto costitutivo può prevedere che, in caso
di fallimento o di liquidazione coatta amministrativa, ciascun socio sia
responsabile in via sussidiaria solidalmente con gli altri ma limitatamente ad una
somma multipla della propria quota
24
.
19
Cfr. Art. 14 T.U.B., D. lgs. 1/9/1993, n. 385.
20
Cfr., Art. 33 T.U.B., D. lgs. 1/9/1993, n. 385.
21
Art. 21, legge n. 59/92.
22
U. Morelli, “Decostruzione semiotica, dipendenza dalla storia e trasformazione”, in G.
Cepollaro, U. Morelli (a cura di), op. cit., 2003.
23
Art. 37 T.U.B., D. lgs. 1/9/1993, n. 385.
24
Art. 2514 c.c.