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INTRODUZIONE
Dopo la storica sentenza della Corte Costituzionale ( la n. 200 del 2006 ), con la quale ha definito in
modo risolutivo la titolarità di concessione della grazia, la dottrina ha per lungo tempo cessato di
approfondire il tema. Solo di recente, nel novembre del 2010, durante un convegno
1
a Messina
dedicato alla figura e al ruolo del Presidente della Repubblica nell'attuale fase costituzionale e
politica, venne introdotto il tema relativo al potere di grazia
2
del Capo dello Stato, arricchito da
numerosi dati statistici forniti dalla stessa Presidenza della Repubblica
3
. L'attenzione da parte dei
media (e anche della dottrina ) a questo ritorno in scena fu minimo e poco interessato . Infatti non
vennero dedicate al fatto che poche righe, peraltro molto brevi
4
.
Eppure molto tempo prima, durante la XIV legislatura (tra il 2003 e il 2006) , le questioni attinenti
alla grazia e, in particolare, alla titolarità del relativo potere sono state al centro dell'attenzione,
coinvolgendo in aspri dibattiti una dottrina, nettamente divisa al suo interno nel definire a chi
appartenesse l'ultima parola sulla concessione dell'istituto di clemenza .
Infatti, nel corso di quella legislatura, da parte di un movimento trasversale ai partiti era nata la
proposta di chiedere al Capo dello Stato di concedere la grazia ad Adriano Sofri e Ovidio
Bompressi, condannati in modo definitivo per l'omicidio del commissario Calabresi. L'obiettivo da
parte di molti politici era non solo quello di intervenire a favore dei due detenuti per via della loro
difficile condizione di salute, ma era anche di usare la grazia per chiudere in modo definitivo un
periodo storico, quello del terrorismo rosso, molto controverso. La spinta per tale iniziativa era stata
la richiesta di clemenza, negata, presentata dalle figlie di Ovidio Bompressi. Infatti sulla strada per
la concessione si frappose l'allora Ministro della Giustizia Castelli, che, respingendo l'istanza delle
donne per ben due volte, suscitò la reazione negativa sia da parte di molti membri del Parlamento (e
anche di molti esponenti del mondo culturale in generale ) sia della stessa Presidenza della
Repubblica. L'allora Capo dello Stato Ciampi, sebbene inizialmente avesse rispettato la posizione
del Guardasigilli, manifestò in seguito la volontà di concedere la grazia a Ovidio Bompressi, e
invitò il Ministro Castelli a predisporre l'atto, a cui il titolare della Giustizia si oppose. Da questo
diniego nacque una dura contrapposizione tra le due alte cariche dello Stato, che spinse il
Parlamento, con esiti infruttuosi, a cercare di approvare progetti di legge, e anche modifiche
costituzionali, per superare tale veto ministeriale. Invece nel 2006, con la citata sentenza n. 200, fu
1 Incontro studio “Evoluzione del sistema politico-istituzionale e Ruolo del Presidente della Repubblica” a Messina e
a Siracusa il 19 e 20 novembre 2010 organizzato dalla Fondazione Bonino-Pulejo Messina , dalla Università di
Messina e dalla Fondazione Universitaria Megara Ibleo.
2 Intervento di A.Puggiotto dell'Università di Ferrara del 19 novembre 2010.
3 Vedi Capitolo 5,p.120ss
4 Gazzetta del Sud “ Il ruolo del Presidente della Repubblica nell'evoluzione del sistema istituzionale”,p.18 del 19
novembre 2010 ; Gazzetta del Sud , “Il Presidente e le sue prerogative” p.19 del 20 novembre 2010
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la Corte Costituzionale, adita dal Capo dello Stato tramite il conflitto di attribuzione dei poteri
contro il Ministro Castelli, a risolvere il problema, riconoscendo la titolarità di concessione di
questa clemenza al Presidente della Repubblica. Dopo tale decisione, che suscitò diverse polemiche,
l'attenzione a questo istituto di clemenza, e alle sue problematiche, cominciò a diminuire fino a far
cadere nel più assoluto silenzio le relative questioni.
Questa tesi si propone, a distanza di tempo da quei fatti e dalla emotività di quei giorni, di
esaminare come si configuri l'istituto della grazia, ricostruendo le posizioni in ordine alla titolarità
della sua concessione, oggetto della sentenza n. 200 della Corte Costituzionale del 2006.
Infatti, per comprendere meglio la portata e il significato di quella storica decisione, è necessario
esaminare l'istituto della grazia partendo dal quanto previsto nei precedenti ordinamenti giuridici,
ponendo una particolare attenzione allo Statuto Albertino del 1848 ( la prima carta costituzionale,
dal 1861 e per oltre ottanta anni, dell'Italia unita), che, nell'art. 8, disciplinava l'istituto di clemenza
in esame. Nella vigenza di quella Costituzione vennero a verificarsi i vari problemi applicativi e
interpretativi di questo istituto, che si ripresentarono in forma simile in epoca repubblicana.
Dopo questa trattazione storica si procederà poi ad analizzare la grazia nell'attuale ordinamento
giuridico italiano, partendo dalle norme che la regolano, presenti nel Codice Penale e di Procedura
Penale ( art. 174 del C.P., art. 681 C.P.P.). Si tratterà successivamente quanto previsto dalla
Costituzione con l'art. 87, comma 11, ponendo l'attenzione, sotto il profilo costituzionalistico, al
potere attribuito al Capo dello Stato. Infatti si esaminerà, antecedentemente al 2006, l'atto di grazia
in generale, la sua natura e la sua finalità (e anche con i relativi profili di costituzionalità ), e si
valuterà come si inserisce tra gli atti del Presidente della Repubblica, evidenziando le
problematiche relative alla controfirma del Ministro della Giustizia e mostrando anche le diverse
opinioni della dottrina in merito. Inoltre, per completare la trattazione in esame, si citerà la
possibilità della concessione della grazia in ambito militare. Infine si evidenzieranno i pochi casi di
contrasto, verificatesi in epoca repubblicana, tra i Presidenti della Repubblica e i Ministri della
Giustizia nel concedere la grazia, dimostrando che i dissensi tra Ciampi e Castelli non furono un
caso isolato e imprevisto.
Si darà attenzione anche ai tentativi compiuti , tra il 2003 e il 2006, dal Parlamento di modificare
la disciplina della concessione della grazia. L'esito di questi interventi parlamentari fu negativo in
quanto vennero ostacolati dai contrapposti interessi politici. Diversamente, nel 1986, fu approvata la
legge n. 663 (Modifiche alla legge sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure
privative e limitative della libertà) che, sebbene approvata per altre ragioni, incise, indirettamente,
sull'istituto della grazia, e che per tale ragione verrà, brevemente, illustrata.
Successivamente verranno esaminati, relativamente al potere di grazia, prima i pronunciamenti dati
dai tribunali amministrativi nel 2004, poi le decisioni della Corte Costituzionale prima del 2006,
7
evidenziando gli elementi relativi a questa clemenza, individuati dalla Consulta nel tempo.
Poi, dopo una breve analisi dell'ordinanza di ammissione n. 354 del 2005, si tratterà in maniera
approfondita la sentenza n. 200 del 2006 della Corte Costituzionale, che, come detto, ha definito in
modo definitivo il potere di grazia e la sua titolarità.
In ultimo si esaminerà il comportamento dell'attuale Presidenza, che, per prima, è stata chiamata ad
esercitare il potere di grazia alla luce della pronuncia della Corte Costituzionale. Infatti, esaminando
la prassi tenuta dal Capo dello Stato Napolitano nel concedere o meno questa clemenza, dovrebbe
essere possibile delineare come si configuri attualmente il potere di grazia del Presidente della
Repubblica, non trascurando comunque i problemi, interpretativi e applicativi, che attualmente
persistono nonostante il citato pronunciamento della Corte Costituzionale.
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CAPITOLO 1
IL POTERE DI GRAZIA PRIMA DELL'ENTRATA IN VIGORE DELLA
COSTITUZIONE REPUBBLICANA
1. La Grazia dall'epoca antica alle Costituzioni preunitarie.
La grazia, ovvero la clemenza rivolta verso chi è condannato, è un potere conosciuto e
attuato sin da tempi remoti. Inizialmente non era distinto nelle sue varie forme a noi
oggi conosciute quale la grazia vera e propria, l'amnistia e l'indulto, ma variava a
seconda dei casi e delle necessità.
Era quasi un attributo di carattere divino che riconosceva al Sovrano il potere di
mitigare il rigore della legge
1
.
Sicuramente questo istituto era noto nell'antico oriente, nell'antico Egitto, nel mondo
ebraico, nel mondo greco (come testimoniano alcuni autori come Tucidide e
Demostene), in Italia era noto al popolo estrusco e nell'era monarchica dell'antica Roma
e comunque fece parte degli ordinamenti giuridici di tutti i popoli civili dell'antichità
2
.
E' proprio nell'ordinamento giuridico romano che venne meglio a delinearsi questo
istituto .
Nell'epoca repubblicana vi erano due figure: la Provocatio ad popolum e la Integrum
restitutio .
La prima prevedeva che i condannati alla pena di morte o ad altre pene potessero fare
appello contro la sentenza del magistrato direttamente al popolo romano. Erano
ammessi solo i cittadini romani ed era escluso il ricorso per alcuni gravi delitti come il
parricidio, il tradimento e le impurità delle vestali
3
.
La seconda, la più frequente, era una legge votata dai comizi che rimetteva le pene ed
estingueva il reato facendo riottenere al condannato la cittadinanza romana perduta.
Necessitava l'esistenza di una res giudicata e poteva essere a favore di uno o più
1 Brunialti A., “ Grazia “ in Enciclopedia giuridica italiana , vol VII ,parte II ,Milano 1935 ,p. 517
2 Brunialti A., op.cit., p. 516 ; Saracco G. La Grazia e suoi effetti penali- Torino ,1907 ,p 7ss
3 Ruiz A. , Storia del diritto romano, II ed anastatica ,Napoli , 1964 , p. 171
9
soggetti
4
.
Nell'epoca imperiale tale prerogativa a partire da Augusto venne prima esercitata
dall'imperatore assistito dal Senato e poi in modo autonomo non senza notevoli abusi
5
.
Essa era distinta in due tipi: la Indulgentia principis e l'Abolitio.
La prima aveva per oggetto la pena e poteva essere concessa a una o più persone. Agiva
ex nunc e quindi era molto simile all'attuale grazia, lasciando però pregiudicati i diritti
dei terzi come accade con l'indulto attuale. E poteva condurre alla Integrum restitutio
6
.
La seconda aveva un'efficacia molto più ampia potendo intervenire sull'azione penale
con esiti abolitivi simili all'amnistia
7
.
Dopo la caduta dell'impero romano tale potere era in mano ai sovrani barbarici ( in
particolare durante l'occupazione longobarda), ma il suo esercizio era limitato in quanto
la pena era un diritto della vittima detto “ guidrigildo”
8
.
Proseguendo nel tempo, la concezione della vendetta privata venne superata da quella
dell'intervento nei problemi giudiziari da parte dello Stato, al cui vertice era il Re che
tornò ad esercitare realmente tale clemenza.
Nell'epoca feudale tale prerogativa venne anche esercitata dai singoli feudatari, ma
spesso applicandola in modo arbitrario con notevoli abusi e ingiustizie
9
.
Solo con l'epoca delle monarchie assolute l'istituto della grazia venne a delinearsi nelle
forme conosciute.
Il Re era al vertice dello Stato, accentrava su di sé tutte le funzioni pubbliche e poteva
intervenire con atti generali e particolari sull'esercizio di esse. Nell'ambito giudiziario,
oltre alla grazia, il Sovrano aveva il potere di sospendere l'efficacia normativa delle
leggi e la dispensa della loro osservanza. Si era creato in capo alla sua persona un vero e
proprio Jus Dispensandi, così come si era delineato nel diritto canonico medioevale
10
.
Nell'evoluzione che porta verso l'instaurazione dei regimi parlamentari moderni il
potere di grazia si distacca dagli altri sopravvivendo come prerogativa regia, mentre il
4 Rocco A., Amnistia,indulto e grazia nel diritto penale romano, in Rivista penale, vol. XLIX,fasc I,
Torino ,1899, pp. 10-11
5 De Francisci P. , Storia del Diritto Romano ,Vol II ,parte I ,Milano, 1941 ,p. 345
6 Brunialti A. , op. cit., p. 519 ; Rocco A., op. cit. ,p. 13
7 Brunialti A. , op. cit., p. 520 ss; Rocco A.,op. Cit. p. 23
8 Brunialti A. , op. cit., p. 522 ss
9 Tizzo T.L. , Il potere di grazia del Capo dello Stato dalla Monarchia alla Repubblica ,in Rivista della
Guardia di Finanza,Milano,1998,p. 585
10 Ainis M., Sulla titolarità del potere di grazia , in Quaderni Costituzionali /a XXIV, n. 1,marzo 2004
p.98
10
potere di sospensione e di dispensa, formalmente ancora del Sovrano, tendono nella
sostanza ad essere assorbiti nella competenza degli organi che esercitano le funzioni
sulle quali esso interferisce.
Ad esempio, in Inghilterra nel 1688, i Bill of Rights, emanati dall'Assemblea legislativa,
negavano al Re il potere di sospendere le leggi e la loro esecuzione.
In tale fase dunque la grazia restava tra gli atti di prerogativa regia a cui si riconosceva
la titolarità piena ed esclusiva, diventandone il più prestigioso.
Ma anche tale concetto di prerogativa cominciò a cambiare natura ed ampiezza.
Se nel Medioevo tutto era riferito al Re come soggetto preminente dello Stato, in questa
fase tale potere, discrezionale e personale, cominciò ad essere assorbito dal Governo che
di fatto lo esercitava pur essendo formalmente del Sovrano
11
.
Nel Settecento, con l'arrivo dell'età dei lumi e del pensiero culturale che poi sfociò nella
rivoluzione francese, l'istituto della grazia cominciò a scontrarsi con i principi del
costituzionalismo moderno basato sulla legalità, sull'uguaglianza e sulla separazione dei
poteri.
Infatti la grazia venne vista in modo ostile soprattutto per la discrezionalità con cui
veniva concessa e che dunque urtava con il principio di certezza, sfiduciava il concetto
d'imparzialità della legge e negava il valore dell'uguaglianza.
Inoltre grande era la fiducia riposta nella possibilità che la legge potesse essere applicata
in modo automatico da parte delle Corti di Giustizia senza che vi potesse essere un
errore giudiziario
12
.
Tutti i grandi pensatori del tempo ritenevano la grazia un'ingiustizia e un istituto inutile
quando le leggi erano moderate ed eque
13
.
Infatti i costituenti francesi furono pregiudizialmente ostili ad essa anche per l'abuso
fattone durante l'antico regime: la grazia era un privilegio e la rivoluzione doveva
eliminare tutti gli abusi senza distinzione tra i cittadini.
Tale posizione si rifletté in tutte le Costituzioni successive alla rivoluzione nelle quali
11 Zagrebelsky G., “Grazia” in Enciclopedia del Diritto, vol. XIX ,Milano ,1976 ,pp. 757-759
12 Ainis M., op.cit.,p. 99
13 C. L. de Montesquieu ,De l'esprit des lois (1748) ,Milano,1999 , vol. I,libro VI,cap. V,p.227 ; Kant
E., Antologia degli scritti politici ,Bologna,1961,pp. 204-205; Rosseau J.J. ,Il contratto sociale, in
Scritti politici,Torino,p.749 ; Feurbach P.J.A., Anti Hobbes ,Milano ,1972 ,p. 113 ; Beccaria C. ,
Opere Scelte,Firenze ,1950 ,pp. 286-291 ; Filangeri G. ,La scienza della legislazione,Tomo
terzo,Filadelfia ,1819 ,pp. 436-437
11
tale istituto venne eliminato
14
.
A partire dal 1800, dopo la caduta di Napoleone e l'inizio della fase della restaurazione,
la grazia tornò a ricomparire inizialmente proprio dalla Francia e poi in tutti i sistemi
giuridici, sia dal 1815 che dal 1848, come prerogativa del Re o del Presidente della
Repubblica.
Ciò avvenne per vari motivi tra cui il venir meno del mito del giudice infallibile, la
necessità di mitigare il rigore della legge nel caso concreto (spesso per ragioni
umanitarie ), e anche per la maggior sensibilità nei confronti del detenuto visto come
soggetto che poteva riscattarsi da quanto compiuto.
Ma sicuramente quello preminente fu il motivo politico, dato che la grazia poteva
divenire uno strumento politicamente straordinario specie in casi in cui veniva concessa
a soggetti che erano sostenuti dall'opinione pubblica. Ciò era ben visibile nei casi dei
delitti politici che, in un secolo di lotte di liberazione nazionale, erano amplificati dalla
nascente carta stampata, la quale a sua volta influenzava e assecondava l'opinione
pubblica.
In queste situazioni la grazia faceva assumere un'aurea particolare, fatta di
autorevolezza e carica umana, a chi la concedeva. Il Re o il Presidente della Repubblica
si trovavano a gestire un potere di straordinario impatto emotivo sulla sensibilità
pubblica, che, specie nell'Ottocento (epoca in cui vigeva in tutti i paesi la pena di
morte), assumeva un potere di vita o di morte, un potere quasi divino
15
.
Comunque in linea con i nuovi sistemi democratici la grazia reintrodotta venne
sottoposta però a limitazioni e restrizioni per impedire che tornasse ad essere uno
strumento di privilegio.
Ad esempio, in Inghilterra, l'Act of settlement impediva che la grazia fosse invocata
contro l'impeachment nei confronti di un componente di governo, in Francia nella
Costituzione del 1848 era esercitata dall'Assemblea nazionale in caso di condanna dei
Ministri o di altri soggetti da parte dell'Alta Corte di Giustizia e anche la Costituzione
americana negava al Presidente la possibilità di graziare in caso d'impeachment. Sempre
in America i governatori dei vari stati potevano graziare a volte con l'assistenza delle
assemblee legislative
16
.
14 Ainis M.,op.cit.,p.99
15 Ainis M.,op.cit.,p. 100 ; B. Costant ,Principi di Politica (1815),Roma,1970,p.73
16 Ainis M.,op.cit., pp. 100-101
12
Anche in Italia, in seguito alla caduta di Napoleone e all'inizio della restaurazione,
vennero concesse nei vari stati italiani esistenti prima dell'unificazione le prime
Costituzioni scritte, che furono influenzate del pensiero culturale e giuridico sopra
descritto e che risentirono anche dei fermenti successivi ai moti rivoluzionari del 1821,
del 1831 e soprattutto quelli del 1848.
La possibilità di graziare i condannati venne riconosciuta al Sovrano, ma quasi mai in
modo autonomo e assoluto.
Infatti nello Statuto dello Stato di Lucca del 1805, del Regno d'Italia del 1805 e del
Regno di Sicilia del 1808 era stabilito che il Sovrano potesse concedere tale clemenza
solo dopo essersi accordato con altri organi dello Stato, come un consiglio privato
composto da varie personalità giurisdizionali o come il Ministro della Giustizia .
Altre carte costituzionali quali quella del Regno di Napoli del 1815, quella di Sicilia del
1812 o del 1820 o del 1848 prevedevano la possibilità di concedere la grazia, limitata
però da norme costituzionali o da leggi civili e comunque in casi determinati.
L'atto costituzionale di Gaeta del 1849 e del Ducato di Parma del 1849 escludevano la
possibilità di graziare i Ministri, mentre la Costituzione del Regno delle due Sicilie del
1820 prevedeva, inoltre, che l'atto di grazia dovesse essere motivato e reso pubblico,
unico caso di trasparenza nel panorama costituzionale del tempo.
Solo in pochi casi dunque venne riconosciuta la piena titolarità di questo istituto di
clemenza al Re tra cui la Costituzione del febbraio del 1848 del Regno delle due Sicilie,
lo Statuto dello Stato Pontificio del 1848 e lo Statuto del Granducato di Toscana del
1848
17
.
Risulta evidente che, in linea generale, vi era nei vari stati italiani una limitazione al
potere di grazia da parte del Sovrano.
Anche in Piemonte, nel Regno di Sardegna, la carta costituzionale adottata prima dello
Statuto Albertino, ovvero la Costituzione Spagnola del 1821, prevedeva per il Sovrano
la concessione della grazia ma che doveva, seppur detto in modo generico, conformarsi
alle leggi
18
.
Una previsione normativa che poi non venne seguita successivamente.
17 Per il testo delle varie Costituzioni preunitarie Aquarone A.,D'Addio M.,Negri G. , Le Costituzioni
italiane, Edizioni Comunità ,Milano,1958
18 Aquarone A.,D'Addio M.,Negri G.,op.cit.
13
Occorre anche considerare che in tutte le carte venne ribadita la non responsabilità del
Sovrano dato che la sua persona era sacra e inviolabile . Di conseguenza venne adottata
la responsabilità dei Ministri per gli atti del Re e, nella maggior parte dei casi, venne
prevista la controfirma ministeriale per la validità e l'esecuzione degli stessi.
Due soluzioni giuridiche che vennero riprese nello Statuto Albertino e che
influenzarono successivamente tutti i problemi relativi alla titolarità della concessione
della grazia.
2. La grazia nello Statuto Albertino.
Lo Statuto Albertino
19
venne emanato da parte del Re Carlo Alberto il 4 marzo del 1848
come carta costituzionale del Regno di Sardegna sulla base dei 14 punti del proclama
del febbraio dello stesso anno. Venne poi adottato nel 1861 come Costituzione del
Regno d'Italia e rimase in vigore, anche durante il ventennio fascista, fino al 1948,
venendo meno con la caduta del sistema monarchico e con la nascita della Repubblica.
Per lo studio dell'istituto della grazia è interessante soffermarsi su questa carta
costituzionale in quanto fu la prima a regolare in modo uguale su tutto il territorio
nazionale tale clemenza, sovrapponendosi e cancellando le varie disposizioni e modalità
di applicazione della stessa previste nei precedenti stati preunitari.
Riferimento base per la grazia era l'articolo 8, che attribuiva al Sovrano il potere di far
grazia e di commutare le pene.
Una norma semplice e laconica che pose il problema se tramite esso fosse possibile al
Re concedere con la grazia anche l'amnistia. Una pronuncia su tale problema si ebbe nel
1856 da parte del Consiglio di Stato, che da un lato previde la possibilità della
concessione dell'amnistia da parte del Governo senza l'intervento legislativo, ma che
dall'altro definì la grazia quale diritto di competenza regia ristretto alla remissione della
pena, pronunciata in seguito a regolare giudizio.
In seguito, nel 1865, il nuovo Codice di Procedura Penale introdusse l'amnistia
sancendo la separazione dei due istituti di clemenza, non senza qualche problema
applicativo e qualche ambiguità specie da parte dei procuratori del Regno
20
.
19 Per il testo dello Statuto Albertino Aquarone A.,D'Addio M.,Negri G. , op.cit.
20 Stronauti M.,Il più bel gioiello della Corona. La grazia nella tradizione costituzionale italiana,in
Rivista di storia costituzionale ,fasc. VII,2004,p.260 ; Levi ,Amnistia e Indulto,p.93