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INTRODUZIONE
L‟accessibilità è un argomento di cui si è iniziato a parlare recentemente e sta
catturando sempre di più l‟attenzione dei media e degli organi dell‟informazione.
Parlare di accessibilità, in questo contesto, ci si riferisce alla possibilità di
accedere facilmente ai servizi e svolgere attività che caratterizzano una società e i
suoi membri, in particolar modo per i portatori di handicap.
Sembra infatti che proprio queste persone ancora stentino a farsi largo tra
l‟indifferenza generale della società, una società che predica l‟integrazione ad alta
voce, ma che poi sul piano pratico resta inerme di fronte alle situazioni di
esclusione, invece di intervenire con forza e determinazione in difesa dei diritti del
cittadino. Sebbene la realtà sembri dimostrare il contrario, il diversamente abile è
un cittadino a pieno titolo, con i suoi diritti e doveri; la società tende comunque a
dimenticarsene, perché egli non può usufruirne pienamente e farli valere come gli
altri.
L‟obiettivo di questo lavoro non è quello parlare direttamente di
integrazione scolastica, sociale o lavorativa, sebbene alcuni di questi aspetti
verranno, per forza di cose, toccati. L‟intento è piuttosto di capire se
effettivamente le istituzioni e i servizi del territorio italiano sono in pratica
realmente accessibili ai disabili. Accessibilità intesa non solo in senso fisico,
quindi eliminazione delle famose barriere architettoniche (frase utilizzata per
camuffare un rifiuto culturale e una paura inconscia per il “diverso”), ma anche
accessibilità alle informazioni, alla cultura e ai servizi che ci permettono di
ottenerle.
Se si riflette bene, tra le istituzioni di tipo culturale, quella che per
eccellenza si occupa di diffondere ai cittadini il suo vasto patrimonio
documentario e di risorse informative, è la biblioteca. La Costituzione Italiana,
sancisce all‟art. 9, che i cittadini hanno diritto all‟informazione, all‟istruzione, alla
cultura, alla conoscenza, ed è compito dello Stato farsi garante di questi diritti.
Il quesito che mi sono posta è se realmente questo diritto è elargito a tutti i
cittadini o solo a quelli che possono accedervi normalmente; il mio dubbio, che si
è poi trasformato in certezza, è che le biblioteche italiane non sono ancora
pienamente attrezzate per accogliere il cittadino affetto da una o svariate tipologie
7
di handicap, desideroso di fruirne dei servizi. Le biblioteche sono ospitate in
bellissimi edifici, alcuni dei quali molto antichi e di indubbio valore storico ed
artistico, ma purtroppo ciò li rende poco funzionali ad essere fruiti da parte di
coloro che desiderano accedervi, ma incontrano varie difficoltà a farlo non
essendo autonomi fisicamente. Anche se si supera l‟ostacolo fisico, c‟è sempre da
considerare la mancanza di ausili compensativi come ad esempio le postazioni per
consultare il catalogo poste troppo in alto, nel caso di un soggetto con disabilità di
tipo fisico, oppure schermi dei personal computer che non possono essere
utilizzati dai non vedenti, ipovedenti; il personale non è formato a dovere per
accogliere questa utenza e soddisfarne le particolari esigenze (problemi di
carattere fisico, nella decifrazione del materiale che si deve consultare, assenza di
specifici ausili).
È vero che gli ostacoli fisici si possono superare mentre quelli culturali
sono più difficili a cadere.
Le tipologie di disabilità prese in considerazione sono quelle di carattere
fisico e sensoriale, come la sordità, la cecità e l‟ipovisione, anche se ben sappiamo
che l‟handicap non si limita a queste, ma sembra comunque realistico sostenere
che le persone con handicap psichico, visto il loro rapporto con la realtà, di certo
(se non in rarissimi casi), non usufruiscono di tale servizio. Le persone con deficit
al livello fisico - sensoriale, sono, nella maggior parte dei casi, ben istruite (con
diploma o laurea), colte, con tanti interessi e con tanta voglia di poter apprendere
e conoscere sempre di più, anche per cercare di evadere da quel mondo che spesso
sembra soffocarle, ma che purtroppo si vedono negare questo legittimo diritto,
come se non bastasse loro il convivere quotidianamente con i limiti e le
proibizioni derivanti dalla loro condizione di svantaggio.
L‟analisi è partita cercando di scavare la condizione del disabile nelle
varie epoche storiche, passando poi per il quadro legislativo promulgato in Italia;
ma si è parlato anche delle iniziative varate a tale riguardo dall‟Unione Europea,
per cercare di promuovere un rapporto di sinergia tra i vari Stati Membri, che
servisse da input per promuovere delle migliorie nella attuale situazione.
Dobbiamo infatti renderci conto che, per far sì che le cose cambino, bisogna
intervenire a livello educativo tra le giovani generazioni; il presupposto ad una
cittadinanza attiva è rappresentato da una educazione all‟aiuto reciproco, alla
8
solidarietà, al vivere comune, all‟interessarsi all‟altro, perché ciò che è capitato
all‟altro nessuno ci assicura che non capiterà mai a noi. Abbattere l‟egoismo,
l‟egocentrismo e il motto “ognuno per sé ” che da tempo ormai caratterizza le
nostre società tecnologiche, riscoprendo quei valori scomparsi insieme alla società
preindustriale.
È nell‟età evolutiva che il ragazzo, crescendo, acquisisce quelle
caratteristiche di personalità che lo porteranno ad essere il cittadino del domani; la
scuola deve cercare di spingere verso la ricerca dell‟informazione e della cultura
anche e soprattutto per creare degli interessi validi che consentano un giorno, un
inserimento lavorativo gratificante all‟interno della comunità di appartenenza.
Largo spazio dunque, tra le varie tipologie, alle biblioteche scolastiche e
per ragazzi, che dovrebbero essere le prime a dare il buon esempio rendendosi
accessibili. Se il ragazzo disabile non viene stimolato e invogliato, attraverso
progetti interessanti e attrattivi, a frequentare le strutture bibliotecarie da giovane,
non si potrà mai sperare in una integrazione e partecipazione compiuta.
La scuola deve lavorare a pieno contatto con le biblioteche per ragazzi;
queste due istituzioni hanno un ruolo pedagogico e formativo indispensabile nella
crescita dei giovani, in particolare del ragazzo disabile in modo tale che egli non
rinunci mai ai suoi diritti, ma ne sia consapevole e si batta per farli valere,
soprattutto quelli che riguardano l‟accesso alla cultura e all‟informazione (il
sapere). Molti sono stati inoltre i progetti europei atti a stimolare e sensibilizzare
le popolazioni sulla creazione di programmi contro l‟infoesclusione del
diversamente abile nelle singole realtà comunitarie.
Anche la legislazione europea a questo riguardo è molto ricca, ed è
necessario sottolineare a questo proposito l‟impegno dell‟Unione in iniziative
sull‟accessibilità del web e del consorzio sulla creazione di linee guida
sull‟accessibilità degli stessi.
Sono state osservate con la lente di ingrandimento delle realtà bibliotecarie
internazionali che hanno dato vita a servizi specifici per l‟utenza dei portatori di
handicap, come la Gran Bretagna, la Francia, la Germania e gli Stati Uniti, per poi
passare al contesto nazionale e alle biblioteche italiane accessibili, infine
l‟ambiente romano e le principali biblioteche che ancora debbono fare progressi in
questo campo. Infine si può trovare a fine capitolo la descrizione della biblioteca
9
del quartiere dove vivo, dalla quale poi nasce il progetto che ha portato al presente
lavoro (Capitolo VII, paragrafo 7.13).
Bisogna, comunque dire che molte biblioteche stanno iniziando a muovere
i primi passi rendendo accessibili i loro siti web (in modo che sia fruibili
comodamente anche da casa), o cercando di rispondere alle esigenze dell‟utenza
ampliata.
Si tratta di un lavoro lungo e complesso, che presenta problematiche di vario tipo:
pedagogiche, educative, psicologie, biblioteconomiche ecc.
Il diritto alla cultura è di tutti i cittadini, soprattutto per i diversamente
abili, ed è un dovere per le biblioteche conformarsi alle linee guida del W3C
(World Wide Web Consortium), e rendere il loro patrimonio accessibile cercando
di apportare quelle modifiche che consentano un accesso diretto e senza ostacoli
alle loro sedi.
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CAPITOLO I
IL DIVERSAMENTE ABILE: UNO SGUARDO AL PASSATO
Nel passato, nel contesto degli interventi istituzionali la figura sociale della
persona con handicap, ha avuto come connotazione costante quella della
marginalità quasi totale, che si è concretizzata quasi sempre con l‟esclusione e
l‟isolamento. Nelle società agricole e urbane gli invalidi fisici e quelli con disturbi
psichici venivano considerati come gli “scemi del villaggio”.
Fino a quando la produzione economica è stata basata sul settore primario,
il portatore di handicap è stato accettato, se non altro tollerato, senza eccessivi
problemi. Con il Cristianesimo la figura della persona con handicap, assume un
significato positivo secondo i principi della carità cristiana.
In seguito nel corso del Medioevo, cominciano a nascere le prime
fondazioni ospedaliere e insieme l‟accettazione sociale del mendicante infermo.
È soltanto nel secolo XV che l‟assistenza assume le prime forme
giuridiche, ma è proprio a partire da questo periodo che la persona disabile perde
progressivamente quell‟identità positiva che, con tutti i suoi limiti, era presente
nella società agricola, nelle prime ere cristiane e nel Medioevo.
A partire dall‟età moderna la figura del portatore di handicap viene
associata a quella dei poveri e degli atipici. La situazione di marginalità in cui si
viene a trovare fa sì che la persona con handicap non assuma caratteri sociologici
tali da distaccarla dalla massa dei poveri in genere.
Le prime forme istituzionali di assistenza che cominciano a nascere si esprimono
come reclusione di massa dei diversi e coinvolge anche quanti hanno difficoltà
fisiche e psichiche. Nel tempo i sistemi di intervento assistenziali possono essere
così distinti:
assistenza come beneficenza e carità privata:
si origina nel Cristianesimo e si attua nel Medioevo;
assistenza come ordine pubblico:
si attua nei regimi monarchici assoluti dal XVI al XVIII secolo;
assistenza come diritto legale:
11
si tratta di un sistema politico-culturale che si afferma attraverso l‟Illuminismo
e il Positivismo e si riscontra nell‟enunciazione dei Diritti dell‟Uomo;
assistenza come sicurezza sociale:
è la teoria che si manifesta nelle società avanzate e la cui espressione più nota è
costituita dalla teoria del Welfare State. Quest‟ultimo sistema di intervento
assistenziale coincide con lo sviluppo delle società industrializzate. Con
l‟inizio del secolo, questo sistema comincia a diffondersi anche in diversi paesi
europei, tra cui l‟Italia.
1
Ripercorrendo le principali tappe storiche riguardanti lo status dell‟individuo
portatore di handicap, si può ben notare un consistente cambiamento di veduta e
differenti sensibilità e criteri nell‟affrontare la “realtà dell‟handicap”.
Il concetto di invalidità, termine sinonimo di handicap che identifica una
condizione di svantaggio, non fu sconosciuto alle civiltà più antiche.
Il codice di Hammurabi, re della prima dinastia Babilonese (ca. 1770
a.C.), prevedeva l‟annullamento del contratto di vendita dello schiavo se questi
fosse stato riscontrato affetto da infermità tali da determinare l‟incapacità al
lavoro. Intorno al IX sec a.C. a Sparta il legislatore Licurgo emanò una
Costituzione, la quale prevedeva che i neonati giudicati deboli o deformi dal
consiglio degli anziani dovessero essere precipitati dall‟alto del monte Taigeto.
Nel V sec. la legge delle dodici tavole (ovvero le prime leggi scritte della Roma
repubblicana, riportate su dodici tavole di bronzo), prevedeva un trattamento di
favore solo a coloro che avevano riportato forme di invalidità per cause di guerra;
dal IV sec. in poi Atene accorda a tutti gli invalidi poveri e inadatti al lavoro, una
pensione.
Come già è stato accennato, l‟avvento del Cristianesimo pone molta
attenzione al valore della persona umana. Si creano durante il Medioevo, varie
forme di assistenza per mutilati, paralitici, ciechi e lebbrosi. Intorno al XVIII sec.
la realtà degli handicappati prende maggiore consistenza in campo sociale.
1
A. GUIDI – D. MASSI, Manuale di informazione sull’handicap, Presidenza del
Consiglio dei Ministri, Dipartimento per l‟informazione e l‟editoria, Roma,
Dipartimento per gli affari sociali, 1992, p. 3-5.
12
L‟assistenza, prima affidata alle associazioni di beneficenza, diventa forma di
sicurezza sociale e comincia a prendere piede l‟esigenza di fornire un lavoro al
disabile e renderlo autonomo. Fino agli anni „60 l‟obiettivo fondamentale è quello
di garantire la sopravvivenza fisica attraverso il ricovero in istituti, rimandando in
altra data questioni fondamentali, come l‟integrazione nella società, la
riabilitazione, l‟inserimento nel mondo del lavoro.
Negli anni „70 entra in crisi il sistema delle strutture residenziali chiuse cui si
ricorreva con il ricovero e ci si indirizza verso progetti di integrazione e
inserimento. Nascono strutture pubbliche più vicine ai bisogni e alle esigenze del
soggetto con handicap.
Iniziano ad essere affrontate più da vicino tematiche come l‟istruzione, il
lavoro e la riabilitazione. Si interviene localmente con il sostegno domiciliare,
scolastico, lavorativo, e con l‟abbattimento delle barriere architettoniche.
2
1.1 La terminologia
Nel 1980 l‟Organizzazione mondiale della sanità (O.M.S.) ha pubblicato il testo
Classificazione internazionale delle menomazioni, delle disabilità e degli
handicap, un manuale di classificazione delle conseguenze delle malattie al fine
di delineare bene il termine handicap e le sue caratteristiche. In questo testo
vengono distinti quattro termini specifici:
- malattia (che è all‟origine)
- menomazione
- disabilità
- handicap.
Per malattia si intende qualsiasi processo patologico associato a un insieme di
sintomi ben caratterizzati e riconoscibili.
Dalla malattia scaturirebbe la menomazione, intesa come perdita o anomalia a
carico di strutture o funzioni fisiologiche o sensoriali e intesa come
esteriorizzazione di uno stato patologico. Ne deriverebbe cosi la disabilità, vista
2
V. CASCINO, L’integrazione compiuta, dis-abilità e mondo del lavoro, Roma,
Edizioni psicologia, 2002, p. 15-16.
13
come restrizione o carenza della capacità di svolgere un‟attività nel modo o nei
limiti ritenuti normali per un individuo sano. Una disabilità può essere temporanea
o permanente, reversibile o irreversibile, progressiva o regressiva.
3
L‟handicap è
quindi inteso come una “condizione di svantaggio derivante da una menomazione
e/o da una disabilità che limita o ostacola il compito di una funzione che è ritenuta
normale per un individuo in relazione alla sua età, sesso e condizione socio-
culturale”.
4
1.2 Aspetto biologico e varie tipologie di handicap
L‟aspetto biologico, nella persona con handicap, ha come oggetto lo studio delle
componenti mediche dell‟invalidità. Tale studio riguarda le alterazioni
dell‟integrità fisica e psichica della persona, rappresentate da infermità,
menomazioni o difetti fisici e mentali, con le loro ripercussioni sull‟efficienza dei
vari organi colpiti.
Una prima importante distinzione va fatta tra i due tipi di handicap: quello
prevalentemente fisico, e quello prevalentemente psichico. Non si può pensare di
poter operare una netta distinzione tra la sfera fisica e quella psichica, in quanto
c‟è sempre una sorta di influenza dell‟una sull‟altra e viceversa.
All‟interno degli handicap fisici, bisogna distinguere gli handicap di tipo:
1) sensoriale, 2) motorio, 3) medico.
1) Alla prima fascia appartengono coloro che riportano difetti, anomalie, e lesioni
di carattere sensoriale come sordità, sordomutismo, ipovisione (diminuzione
dell‟acutezza visiva) e cecità.
2) Coloro che sono affetti da handicap di tipo motorio possono ricondurre le cause
dei loro difetti ad anomalie o lesioni di tipo neurologico, o di tipo ortopedico.
Nel primo caso si hanno forme di emiplegie (paralisi dei muscoli di una
metà del corpo) para e tetra-paresi (riduzione del movimento o motilità
muscolare), il morbo di Parkinson (affezione degenerativa del sistema nervoso
3
Cfr. V. CASCINO, op. cit., p. 14-15.
4
C. HANAU, Qualche dito sull’handicap, in Presidenza del Consiglio dei ministri,
Handicap: il diritto alla prevenzione, Roma, Istituto poligrafico e Zecca dello
Stato, 1991, p. 22-23.
14
originante movimenti involontari), epilessia, sclerosi multipla, neuropatia,
distrofia muscolare, poliomelite, spina bifica, paralisi cerebrale, esiti di traumi
cranici, afasia (perdita della capacità di capire o esprimere le parole), disartria
(difetto di articolazione della parola).
Nel secondo caso si incorre in difetti traumatologici e reumatologici come
artropatie, malformazioni scheletriche congenite, esiti deformanti e minoranti di
traumi scheletrici.
3) Coloro che, invece, hanno un handicap di tipo medico possono essere affetti da:
malattie cardiache e vascolari;
malattie respiratorie;
disfunzioni endocrine (obesità, diabete, distiroidismo, disfunzioni
dell‟ipofisi e del surrene).
Per quanto concerne la seconda tipologia di handicap, ossia, quelle forme di
minorazione di carattere psichico, si entra in quelle forme patologiche in cui è
compromesso qualitativamente il livello corticale, cui possono associarsi forme di
cerebropatia.
Si passa così da forme di nevrosi, psicosi, a forme di oligofrenie (insufficiente
sviluppo delle capacità mentali). A quest‟ultima tipologia vanno ricondotte le
varie forme di disadattamento, gli irregolari della condotta, gli immaturi per cause
differenti (v. schema seguente).
15
Schema n. 1
Tipologie di handicap
FISICO SENSORIALE sordità, sordomutismo,
ambliopia, cecità
MOTORIO causa neurologica:
emiplegia, tetra-paresi,
morbo di Parkinson,
epilessia, sclerosi
multipla, neuropatia,
distrofia muscolare,
poliomelite, spina bifida,
paralisi cerebrale,
afasia, disartria.
causa ortopedica:
artropatia, malformazioni
scheletriche, esiti
deformanti e minorati di
traumi.
MEDICO Malattie croniche
cardiache e vascolari;
malattie croniche
respiratorie; disfunzioni
endocrine come obesità,
diabete, distiroidismo,
disfunzioni dell‟ipofisi e
del surrene.
PSICHICO disfunzioni corticali e
cerebropatie, nevrosi,
psicosi, forme di
oligofrenia tipo sindrome
di Down, autismo;
a questa tipologia
appartengono forme di
immaturità e di
disadattamento.
5
5
Cfr. V. CASCINO, op. cit., p. 20-21.
16
1.3 La legislazione in ambito italiano dal 1900 al 1990
Prima del „900, e per essere precisi, prima dell‟unità d‟Italia, non è possibile
rintracciare riferimenti legislativi che considerino la persona handicappata come
tale, e cioè con diritti soggettivi. L‟unico provvedimento precedente che in
qualche modo può considerarsi rivolto anche ai cittadini con handicap, è la legge
17 luglio 1890 n. 6972 che istituisce le I.P.A.B. (Istituzioni pubbliche di
Assistenza e Beneficienza). Questa normativa non considera specificatamente i
disabili se non come “poveri in stato di malattia”.
La normativa a favore delle persone con handicap inizia a svilupparsi nel
corso dei primi decenni del „900 e si struttura subito come un sistema che procede
in maniera separata e non senza contraddizioni, rispetto all‟evoluzione della
legislazione sociale di carattere generale. È solo nell‟immediato primo dopoguerra
che lo Stato, per la prima volta, interviene con specifici provvedimenti, diretti a
soggetti portatori di handicap. Queste prime disposizioni, riguardano
esclusivamente una precisa categoria: gli invalidi e mutilati di guerra. Nei loro
confronti vengono previsti interventi economici e sanitari e forme di avviamento
al lavoro. Caratteristica comune a questa legislazione è la sua impronta
pensionistica: l‟intervento assistenziale viene considerato quasi esclusivamente
mediante l‟erogazione periodica di somme di denaro. Non ci sono
predisposizioni e offerte di servizi a favore dell‟autonomia e dell‟integrazione.
Alla logica della separazione risponde anche la prima normativa che si occupa del
settore scolastico (v. schema n. 2)
17
Schema n. 2
La legislazione prima della Costituzione (dal 1900 al 1948)
Prima del „900 La persona handicappata non è
considerata
titolare dei propri diritti
soggettivi
1917 Norme a favore dei mutilati e
invalidi di
Guerra
In seguito Primi interventi legislativi
(assistenza economica, sanitaria
e avviamento al lavoro)
Principio del “risarcimento” Principio della
“sicurezza sociale”
Causa della disabilità: Tipologia della disabilità:
- Invalidi per lavoro
- Invalidi per esercizio
- Ciechi
- Sordomuti
Criteri:
1923 Prime norme
sull‟istruzione scolastica
(Riforma Gentile)
1928 Istituzione classi differenziali e
scuole speciali
Anni „30/ „40 Forme di assistenza a numerose
e specifiche categorie
Caratteristiche:
Categorizzazione
Settorialità e specificità
Monetizzazione dell‟handicap
Avvio processo di
istituzionalizzazione
Normativa disorganica e
frammentaria
18
Con la Riforma Gentile del 1923, infatti, si estende l‟istruzione obbligatoria ai
ciechi e ai sordomuti e si impartiscono norme per l‟organizzazione delle classi
differenziali. Caratteristiche fondamentali della legislazione in questo primo
periodo sono:
- la legittimazione della separazione dei portatori di handicap dal contesto sociale;
- la monetizzazione dell‟handicap, come risposta ai bisogni e alle esigenze delle
famiglie con disabili;
- la divisione dei cittadini con handicap in categorie.
La divisione in categorie, individuate in base al tipo di handicap o alla causa, e il
procedere con interventi settoriali e specifici, rappresentano le caratteristiche
principali della legislazione sociale nel settore anche dopo la promulgazione della
costituzione.
La Costituzione sancisce i fondamentali diritti civili della nostra società: la
nozione di uguaglianza effettiva dei cittadini viene finalmente configurata con
pienezza giuridica e vigore civile (Schema n. 3) e sono significativi gli articoli
seguenti:
3) “…È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine
economico e sociale, che ,limitando di fatto la libertà e l‟uguaglianza dei
cittadini,impediscono il pieno sviluppo della persona umana…”;
34) “…La scuola è aperta a tutti. L‟istruzione inferiore, impartita per
almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita…”;
38) “…Gli inabili ed i minorati hanno diritto all‟educazione e
all‟avviamento professionale. Ai compito previsti da questo articolo
provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato”.
19
Schema n. 3
La Legislazione dopo la Costituzione (dal 1948 al 1970)
1948 Promulgazione della Costituzione:
- diritti civili uguali per tutti
- disposizioni a favore dei disabili
I principî costituzionali non trovano completo riscontro
nella legislazione ordinaria.
Anni „50/70 Esame dei provvedimenti settoriali e specifici
Provvidenze economiche:
per i ciechi (L.66/62) e
per i sordomuti (L.388/68)
Leggi scolastiche:
istituzione scuola materna (L.444/68) e
media (L.1859/62)
Leggi per
- l‟inserimento lavorativo (L. 1539/62)
- il collocamento obbligatorio (L. 482/68)
Caratteristiche:
categorizzazione
settorialità e specificità
monetizzazione dell‟handicap
intensificazione processo di istituzionalizzazione
iniziale applicazione della “sicurezza sociale”.
Per quanto riguarda l‟assistenza economica, vengono emanate altre leggi a favore
dei ciechi e dei sordomuti e di altri gruppi di portatori di handicap. Si consolida
così quella pratica della monetizzazione dell‟handicap di cui si parlava in
precedenza. Queste disposizioni comportano l‟erogazione di sussidî a pioggia,
senza alcuna logica spiegazione e adeguata risposta ai bisogni: essi sono di
modesta entità economica e vengono usati e percepiti spesso nelle zone povere del
paese come “ammortizzatore sociale” a condizioni di generalizzato disagio,
anziché come mezzo per combattere l‟isolamento dei portatori di handicap.
Nulla di immutato nel settore scolastico. Nella scuola vengono emanate
altre disposizioni amministrative che consentono la presenza e la crescita
20
vertiginosa di classi differenziali e scuole speciali. Non sfuggono a questa logica
della separazione la legge istitutiva della scuola media unica, emanata nel 1962
(legge 31.12.1962, n. 1859) e quella istitutiva della scuola materna statale del
1968 (legge 18.3.1968, n. 444). In ambedue le istituzioni scolastiche, come per la
scuola elementare, vengono previste strutture differenziali o speciali. La
conseguenza più evidente di questa normativa, frammentaria e a carattere
specialistico, è il permanere di disparità nei trattamenti economici e nelle
prestazioni socio-assistenziali. Tutta la legislazione di questo periodo conserva
quindi il criterio della categorizzazione.
1. 4 La legislazione dal 1970 al 1992: percorsi per i diritti di
cittadinanza
Occorre arrivare agli inizi degli anni „70 per notare l‟avvio di un processo di
innovazioni che porterà ad una crescente attenzione del legislatore e ad una
graduale affermazione dei diritti civili dei portatori di handicap.
L‟emanazione della legge 30 marzo 1971 n. 118, pur con i suoi limiti, può
essere considerata la prima tappa di questo difficoltoso cammino (v. schema n. 4).