He looked at his own Soul with a Telescope.
What seemed all irregular, he saw and shewed to be beautiful
Constellations; and he added to the Consciousness
hidden worlds within worlds.
(S.T. Coleridge, in Notebooks)
Ah l’uomo che se ne va sicuro,
agli altri ed a se stesso amico,
e l’ombra sua non cura che la canicola
stampa sopra uno scalcinato muro!
(E. Montale, in Ossi di seppia)
PREMESSA
Qualora ci si accinga allo studio di Alfieri chiarimenti e propositi sono sempre di
troppo; ce ne potrebbe dare conferma, se ancora fosse in vita, un critico come Lanfranco
Caretti, che ha spesdedicato gran parte della propria riflessione e propria esistenzattività
letteraria suall'opera alfieriana, dando luogopervenendo a una magistrale interpretazione
dell'autore piemontese.
Da una visuale prospettica lontana e, naturalmente, molto più ristretta di quella di
Caretti, che ha rappresentato in tale indagine, soprattutto per quanto attiene
all‟Epistolario, un po' l'archetipo della critica filologica moderna, il presente lavoro si
propone, chiedendo ammenda di possibili distorsioni interpretative nei risvolti
psicanalitici dei fatti, di avvicinarsi ad un aspetto rimasto sconosciuto o, perlomeno,
poco approfondito del 'personaggio' Alfieri,: intendendo iil rapporto, apparentemente
dialettico, autobiografia/automitografia.
Tale analisi non ripercorrerà, dunque, i nodi fondamentali attorno ai quali si
articola la storia della ‟autobiografia come genere letterario settecentesco (di cui,
tuttavia, si sono fornite, sinteticamente, le coordinate principali) e, in modo particolare,
del filone italiano ed alfieriano, ormai già ben ricostruito da Simona Costa (1983: Lo
specchio di Narciso: autoritratto di un “Homme de lettres”. Su Alfieri autobiografico) e
Giuseppe Nicoletti (1989: La memoria illuminata. Autobiografia e letteratura fra
Rivoluzione e Risorgimento). Cercheremo, piuttosto, attraverso il prelievo e una
selezione mirata a cogliere episodi-simbolo, d‟intravedere, in controluce, i risvolti
metanarrativi, nell‟accezione in cui il dato oggettivo valica la dimensione effettuale per
6
arrivare ad una prospettiva nuova ed arricchita, quella dell'automitografia: il
superamento di sée stessi in proiezione eroica, contribuendo, più o meno consciamente,
alla creazione del „personaggio‟.
Così prospettata, l‟indagine si profila, oltre che impegnativa, stimolante: uno
studio che si proporrà di vagliare buona parte dell'opera maggiore alfieriana, nel
tentativo di offrirne una chiave di lettura quanto più possibile chiara ed organica.
A ricerca effettuata, sono state, considerate con particolare attenzione le zone
meno frequentate dalla letteratura critica,più oscure le quali hanno offerto spunti più
originali di ricerca; ad esempio le tragedie, in cui, dietro le maschere più o meno
dissimulate dei personaggi-protagonisti, si individuano debolezze, atteggiamenti,
pensieri che rinviano ad un ambito palesemente autobiografico.
E‟ proprio qui, nel delicato tentativo di distinguere, attraverso il doppio filtro
dell‟inconscio, i dati realistici da quelli frutto di un‟autosublimazione dell'iIo, che il
nostro studio dovrà affinare il proprio metodo di ricerca, lavorando sul sottile crinale che
separa la verità interiore mitizzata da quella che, invece, assume l'aspetto di semplice
quotidianità dei fatti.
L‟interpretazione giocherà molto sul profilo analitico dell'autore, dimidiato
dall'antitesi non dialettica ma compensativa ragione/sentimento, sospeso fra tensioni
individualistiche e richiami primevi ad una costellazione familiare. Il nostro sforzo
tenderà a ricostruire le varie tappe del percorso formativo di una personalità
interiormente controversa e poliedrica già a partire dalla radice dello sviluppo potenziale
dell'infanzia, che, con interessante prova di modernità, Alfieri ha tenuto presente,
ricuperando il possibile attraverso le maglie labili della memoria individuale.
7
Alla fine, quella che poteva apparire in un primo impatto come una frammentazione
della personalità alfieriana - quasi uno specchio infranto che riproduce prima, nei suoi
minuscoli pezzetti, una miriade di aspetti diversi della realtà e poi, per una sorta di
incantesimo, si ricompone magicamente nella sua interezza per catturarne un‟immagine
unica- si ricostruisce in una visione d‟insieme composita e coerente. .
Proprio così la parabola esistenziale del conte astigiano si propone all'attenzione
dell'uomo dei suoi tempi e a quello moderno come esperienza paradigmatica e
pedagogica, potendo comunicare le ragioni del cuore e ledell'intelletto.
Ai fini di una trattazione il più possibile omogenea, si è ritenuto opportuno
condensare l‟interpretazione in nuclei tematici, evitando così una continua citazione
comparativa dei testi e puntando a mettere in rilievo l‟antitesi tra elementi autobiografici
e automitografici.
Riguardo alla vasta letteratura critica disponibile si è effettuata una selezione
volta a cogliere direttamente gli spunti più interessanti ed innovativi, a partire dal
fondamentale studio debenedettiano del 1977, capostipite del filone critico analitico
dell‟opera alfieriana.
Tuttavia, pur disponendo di un esteso panorama bibliografico, è da rilevare
l‟effettiva scarsità di studi indicativi ed effettivamente utili per la nostra indagine, per
cui buona parte del lavoro, soprattutto nell‟ambito delle tragedie, è stata condotta senza
lo stretto ausilio di inquadramenti critici preesistenti.
8
CAPITOLO I
L’ORA DEL TEMPO
PROSPETTIVE STORICHE PER VITTORIO ALFIERI
9
CAPITOLO I
I.1 Alfieri e dintorni
All'interno delle varie letterature nazionali e, in modo particolarmente, accentuato
perin quella francese e italiana, si ritrovano dispersi, lungo il cammino del tempo, figure
di autori nei quali l'emergere del dato autobiografico acquista eminente rilievo. Partendo
da considerazioni di carattere generale, riguardo al contesto storico culturale nel quale
nasce l'autobiografia ed alle motivazioni della sa ua genesi, si possono trarre rre
interessanti premesse per un'analisi più approfondita del rapporto
autobiografia/automitografia in Alfieri.
La scrittura, già di per sé, raggiunge, rispetto ad altre categorie e manifestazioni
artistiche, un margine strettamente autonomo, coinvolgendo lo scrittore, in casi di forti
personalità egotiste come quella di Vittorio Aalfieriana, nella creazione di un duplice
ruolo: quello dell'autore, che si cala nelle vicende dei suoi eroi che agiscono e pensano
quali immagini speculari di chi le crea, e quello, più o meno leggendario, del mito dello
scrittore. Ferma restando questa verità a priori, funzionale perlomeno nel „caso-Alfieri‟,
all'interno delle varie classificazioni dei generi si può successivamente individuare un
insieme più circoscritto, nel quale confluiscono generi affini tra loro e concernenti, dal
nostro punto di vista, la dimensione dell'iIo e del profondo.
In questo senso, l'autobiografia, il giornale, le memorie, (sia pure quest'ultime
legate, dapprima, esclusivamente ad esperienze cognitive di viaggi compiuti perlopiù da
10
aristocratici alla ricerca di se stessi sulle orme della civiltà classica) nascono come
genere letterario codificato nel Settecento, quando la dea-ragione si ‟impone, in un
primo momento, come chiave interpretativa della realtà fenomenica esteriore e, più tardi,
di quella interiore.
L'illuminismo si caratterizza come un sistema composito ed articolato dal quale
nascono varie diramazioni che tendono coerentemente ad una visione oggettiva e
concreta del mondo e determinano l'ergersi della ragione a metodo logico e coerente nei
principi scientifici di cui si serve. Si potrebbe pensare, intuitivamente e di primo acchito,
che tale Weltanschauung portdeterminasse ad una ‟esclusione programmatica del mondo
interiore visto come frutto dell'emotività, portato e conseguenza di qualcosa che l'uomo
non può riuscire a controllare con la razionalità e che, quindi, si pone come recesso in
cui i 'lumi' della ragione riescono solo parzialmente a far chiarezza; mentre, invece,
abbracciando una dimensione sempre più vasta, essa arriva a coinvolgere anche l'animo
e la fenomenologia dei processi psichici nel suo totalizzante sistema interpretativo.
Già in un periodo così ricco di fermenti culturali disparati e interessanti come il
lento declino della civiltà cinquecentesca e gli albori del Seicento, si intuisce, come del
resto ben rileva Valjavec nella sua Storia dell'illuminismo
i1
, l'importanza che viene
riconosciuta all'uomo nella sua singolarità di creatura pensante. Tale interesse verso
l'uomo come sinolo di anima e corpo è ereditato proprio dall'Umanesimo cinquecentesco
e dalla scienza di tale periodo che ribalta la vecchia concezione geocentrica. ponendo,
ora, la Terra e l'essere umano al centro del sistema cosmogonico.
1
F. Valjavec, Geschicte der abendlandischen Aufklarung, Wien, Verlag Herold, 1961 (tr. it. di
Bruno Bianco, Storia dell’Illuminismo, Bologna, Il Mulino, 1973)
11
Non è facile individuare le cause primeve che hanno convogliato l'attenzione
verso la dimensione dell'iIo. Tale attitudine si conforma particolarmente bene, prima di
tutto, al sincretismo culturale creatosi nell'Inghilterra elisabettiana a cavallo tra il genio
preromantico di Shakespeare (il quale, nei suoi sonetti, palesemente autobiografici, dà
sfogo a sentimenti più o meno nascosti e dissimulati nelle pieghe dell'anima) e il
nascente pragmatismo ed empirismo seicentesco.
L‟apparente dicotomia di figure bivalenti di filosofi-scrittori quali ad esempio
Francis Bacon che, da un lato, s‟inserisce con La nuova Atlantide nel filone utopistico
razionalistico di fine Cinquecento-primo Seicento, nel tentativo di fondare un nuovo
sistema filosofico, dall‟altra, nei suoi Saggi, anticipa un genere parzialmente prossimo a
quello autobiografico attraverso la meditazione sui più vari aspetti dell‟esistenza, si
salda nell‟esplicita testimonianza di quanto profondamente intricato ed interessante
risulti tale periodo. La conoscenza degli scritti di Francis Bacon è, non a caso,
documentata come lettura alfieriana in un passo del giornale del “Lunedì 21 Aprile
[1777]” in cui il poeta, tuttavia, confessa solo a se stesso l'incomprensione di tali
speculazioni filosofiche, infatti:
La serata si lesse al crochio un estratto di Bacone in Latino. Io non intesi quasi nulla;
onde finsi per giustificazione dell'amico amor proprio, talor di sonnecchiare, talor d'essere
distratto
ii
.
2
La ragione è considerata, in questo composito sistema filosofico, non solo come
2
V.Alfieri, Mirandomi in appannato specchio, a cura di Arnaldo Di Benedetto, Sellerio, Palermo,
1994, p.32.
12
una spiegazione convincente della realtà nei suoi aspetti biologici, ben comprensibili
proprio grazie a quel nascente empirismo e sperimentalismo che caratterizza questi anni,
ma una visione così completa non può non avvicinare l'uomo alla necessità e alla
curiosità di capire se stesso e i sottili meccanismi interiori a livello dell'animo. Si parte
prima di tutto da una considerazione sensistica delle emozioni che avrà particolare
rilievo nel concetto di malinconia e noia esistenziale in Leopardi e Foscolo e alla quale,
tuttavia, neppure Alfieri rimane totalmente estraneo.
Le pulsioni interiori vengono spiegate, infatti, sulla base di interazioni tra il
mondo interiore e quello esterno, nel senso in cui, nel senso in cui, poiché, nelle
profondità dell‟Io, si avverte una specie di 'vibrazione' dei centri sensoriali e nervosi
provocati dall'influenza che l'esteriorità esercita su noi.
Nonostante Alfieri attesti, nella prefazione alla Vita, con vaga reminiscenza
montaignana, come l‟opera sia stata totalmente ispirata dal cuore (”Quanto poi allo stile,
io penso di lasciar fare alla penna, e di pochissimo lasciarlo scostarsi da quella triviale e
spontanea naturalezza, con cui ho scritto quest‟opera, dettata dal cuore e non
dall‟ingegno; e che sola può convenire a così umile tema”),
3
ci si rende ben conto di
come l'episodio iniziale del ricordo della figura dello zio, veicolata dall'immagine di un
paio di scarpe dalla punta quadrata, nasca in realtà da una sensation concernente la vista
e di come l'immagine delle scarpe richiami, a sua volta, un insieme di sensazioni passate
alle quali si associa il piacevole ricordo fisico del sapore dei confetti e delle carezze
dello zio. E' un processo molto simile a quello sempre retrospettivo
iii
, a suo tempoa suo
tempoquesta volta di matrice non più esclusivamente sensistica ma bergsoniana, di
3
V.Alfieri, Vita scritta da esso, a cura di Luigi Fassò, Asti, Casa d‟Alfieri, 1951, vol. I, p.7.
13
rievocazione del vissuto che la degustazione della madeleine zuppata nel tè avrà, molto
più tardi, per Proust.
Non è dato sapere quanto, più o meno consciamente, Alfieri avesse la certezza di
essere stato protagonista di un meccanismo tipicamente sensistico, ma è ipotizzabile che,
non troppo casualmente, egli avrà usato, per ben due volte, al plurale la parola
“sensazioni” nel breve paragrafo, posto all'inizio della Vita, intitolato Reminiscenze
dell'infanzia:
[...] la subitanea vista di quella forma di scarpe del tutto oramai disusata, mi richiamava
ad un tratto tutte quelle sensazioni primitive ch'io avea provate già nel ricevere le carezze
e i confetti dello zio, di cui i moti ed i modi, ed il sapore perfino dei confetti mi si
riaffacciavano vivissimamente ed in un subito nella fantasia. Mi sono lasciata uscir di
penna questa puerilità, come non inutile affatto a chi specula sul meccanismo delle nostre
idee, e sull'affinità dei pensieri colle sensazioni
iv
.
45
Alfieri dichiara, in un certo senso, come estraneo al suo ambito di ricerca
l'interesse per l'analisi delle interazioniiazioni tra pensieri e sensazioni, ma ovviamente il
sia pur breve accenno sopra menzionato conferma perlomeno la suggestione o, almeno,
la consapevolezza dell'esistenza di un tale effetto. Da qui si può ben arguire come il
rapporto tra fenomenologia dello spirito e realtà esterna costituisca un argomento
quotidianamente dibattuto nel campo delle tematiche razionalistiche settecentesche.
Da un punto di vista molto più esteriore, inoltre, l'influenza di un certo rigore
razionalista si avverte anche nella salda struttura compartimentale delle varie epoche
organizzate sulla base di precise sequenze cronologiche. Nello stesso tempo, sempre
4
Ivi, p.12
5
Ivi, p.12
14
sulla falsariga del pensiero scientifico, vengono indagate in campo medico filosofico le
motivazioni che scatenano malattie e degenerazioni mentali. Il medico inglese Joseph
Priestley
v
ne individua le cause propriamente fisiologiche, a livello di lesioni del
cervello, pur rimanendo sempre valida l'antica concezione classica delle emozioni
erotiche come forza destabilizzante a livello psichico. Alfieri è suggestionato da
quest‟ultima motivazione, come si nota nelle vicende passionali di certe eroine tragiche,
ad esempio Mirra, in cui Alfieregli accentua l'ossessione patologica anche se,
concordando con la tradizione mitica ovidiana, il folle amore della protagonista sarebbe
imputabile ad una vendetta di Venere risentita per la superiore rivaleggiante bellezza
fisica di Mirra. L'insano demone dell'amore di Mirra per il padre la condurrà alla morte
vista come liberazione da una situazione oramai insostenibile, ma anche l'autore stesso
sperimenta su di sé la claustrofobica intensità del sentimento amoroso quando, come
frequentemente si nota nello spazio autobiografico delle Rime, la lontananza dall'amata
provocherà una persistente malinconia e una vaga irrequietudine inquietudine
esistenziale che lo trascina al desiderio inevitabile della morte.
La filosofia morale inglese, filtrata poi da quella francese, ha come indubbia,
anche se non immediata e diretta conseguenza, la nascita dell'interesse verso lo
scandaglio interiore; è sufficiente a tale proposito menzionare la pubblicazione, nel
Settecento inoltrato, dell‟Essay on man di Pope (di cui Alfieri aveva, del resto, curato
una traduzione in italiano), il cui titolo è indicativo di quanta parte della riflessione
filosofica fosse concentrata sulla dimensione umana. Ma l'interpretazione, a livello
continentale, dei pensatori inglesi risulterà trasformata dal razionalismo francese di Port
Royal e di Cartesio, perdendo i connotati distintivi per poi arrivare, nel corso del
15
Settecento, con Rousseau, Montesquieu, Voltaire,, a privilegiare, insieme alla riflessione
autobiografica, la discussione di tematiche pedagogiche concernenti l'uomo integrato in
un preciso sistema sociale di riferimento.
Nel Seicento francese il razionalismo cartesiano propone l'interpretazione della
realtà cercando di coinvolgere fisica e metafisica in un enorme sistema logico
matematico nel quale la Natura è interpretata come un grande libro funzionale per
qualsiasi altra interpretazione di un aspetto diverso dell'esistenza. Cartesio, quasi al
termine della sua vicenda terrena, è anche l‟autore di un interessante studio teorico
intitolato Le passioni dell'anima in cui le varie sensazioni vengono, per così dire,
analizzate alla luce della dottrina degli umori e degli spiriti dando prova, però, di una
perspicace acutezza, più di carattere psicologico che scientifico, nella comprensione
delle impalpabili differenze tra i sentimenti, come quando indaga la diversità tra amore,
affetto, ed amicizia. Cartesio rileva al proposito:
Mi sembra che si possa, con miglior ragione, distinguere l'Amore per mezzo della
valutazione che si fa di ciò che si ama in confronto a se stessi; infatti, quando si stima
meno di se stessi l'oggetto del proprio Amore, non si ha per esso che un semplice Affetto;
quando lo si stima uguale a se stessi, <tale amore> si chiama Amicizia; quando lo si stima
di più, la passione che si prova può essere chiamata Devozione
vi
.
6
La nascita dell'autobiografia, con tutti gli annessi risvolti sottintesi, si può
dunque „incastonare‟ in questo contesto così ricco di motivazioni culturali che spingono,
in misura più o meno intensa, in un'univoca direzione che vede come soggetto di
rappresentazione l'uomo con tutto ciò che gli ruota attorno. Diretta conseguenza di tale
6
R. Cartesio, Le passioni dell’anima, a cura di Ettore Lojacono, , inroduzione di Gianfranco
Cantelli, Milano, 1994, (I Classici del pensiero TEA, 8), p.93
16