Introduzione La clausola penale e la caparra confirmatoria sono due istituti che vantano una
larghissima applicazione nella prassi contrattuale. Ad esse viene dedicata una
specifica disciplina nel Codice civile, al fine di fornirne una regolamentazione
compiuta ed esauriente; ma come cambia l'approccio dell'ordinamento giuridico
quando le stesse si trovano inserite nel particolare contesto dei contratti con i
consumatori? Il presente lavoro si propone di effettuare una disamina delle discipline
applicabili ai due istituti, relazionandole poi alle particolari normative previste per i
contratti c.d. "per adesione" e, in particolar modo, a quelle in tema di contratti con i
consumatori. Più specificamente, il lavoro prenderà le mosse dall'esposizione,
nonchè dall'analisi della normativa che il Codice civile appresta alla clausola penale;
si affronterà poi la questione della sua natura giuridica, esaminando e raffrontando i
vari orientamenti dottrinali sviluppatisi al riguardo. Nel seguito del lavoro si passerà
all'individuazione delle funzioni della clausola penale. La prima delle funzioni ad
essere analizzata sarà quella risarcitoria, stanti i palesi richiami della lettera della
legge alla disciplina del risarcimento; la stessa disciplina del risarcimento meriterà
allora un breve excursus all'interno dell'analisi della funzione risarcitoria, al fine di
richiamarne i caratteri principali. Sarà necessario soffermarsi su altre due questioni
particolarmente rilevanti: innanzitutto verrà esposta la differenza intercorrente tra le
figure di matrice dottrinale della clausola penale pura e della clausola penale non
pura, che hanno occupato un posto di primaria importanza nella disputa circa la
funzione dell'istituto; poi si riserverà uno spazio anche all'analisi del c.d. "effetto
limitativo" del risarcimento , caratteristica tipica della clausola penale. Seguirà quindi
la disamina delle altre funzioni riscontrate in capo alla clausola, vale a dire quella
punitiva, la funzione di determinazione preventiva e convenzionale dell'obbligazione
4
penale, coercitiva e, per concludere, la c.d. "dualistica". Una volta passate in rassegna
tutte le predette funzioni, sarà necessario affrontare la questione della riducibilità
della penale, sul potere del giudice di ridurla ex officio , vagliando le diverse
pronunce giurisprudenziali sul punto. Conclusasi così la disamina circa la clausola
penale, si potrà, nel capitolo successivo, prendere in considerazione l'altra figura
cardine del presente lavoro: la caparra confirmatoria. Procedendo sempre allo stesso
modo della clausola penale, e cioè partendo dalla natura giuridica della caparra
confirmatoria, si giungerà all'analisi delle varie funzioni alla stessa attribuite,
sottolineando sin d'ora una differenza di fondo: mentre nel caso della penale le varie
teorie si ponevano in rapporto, per così dire, di esclusività l'una con l'altra, nel caso
della caparra confirmatoria, stanti le peculiari caratteristiche dell'istituto, le diverse
funzioni si pongono l'una accanto all'altra, senza doversi eslcudere vicendevolmente.
Si prenderanno allora le mosse dalla funzione di tutela della parte non inadempiente
tramite recesso e predeterminazione forfettaria del danno, vale a dire quella che può
ragionevolmente considerarsi come la funzione principale della figura in esame. In
seguito, si passerà all'esame della funzione di garanzia per il risarcimento dei danni
giudizialmente liquidati, funzione da taluno rinvenuta nella caparra confirmatoria
nonostante la stessa non sia esplicitamente contemplata dalla lettera dell'art. 1385
c.c.. La teoria successiva sarà poi quella della funzione di anticipazione o acconto
sulla prestazione della parte che consegna la caparra per poi concludere con quella di
prova del contratto principale. Giunti a questo punto, ci si addentrerà ulteriormente
nel merito della trattazione focalizzando l'attenzione sulla nozione di "contratto con i
consumatori". Si potrà affrontare il tema della clausole vessatorie:
dall'individuazione della nozione alla disamina della complessa disciplina alle
medesime dedicata. Al riguardo, si cercherà di procedere affrontando innanzitutto la
disciplina di tipo "formale" apprestata dal Codice civile, artt. 1341 e 1342 c.c..
Successivamente, seguirà l'esame della disciplina "sostanziale", apprestata anch'essa
dal Codice civile ma agli artt. 1469 bis -1469 sexies in attuazione di una importante
5
direttiva comunitaria 1
. Successivamente si passerà all'esame delle disposizioni degli
artt. 33-38 del Codice del consumo, normativa introdotta nel 2005 e che ha preso il
posto proprio degli artt. 1469 bis -1469 sexies c.c.
2
. A questo punto, la trattazione
dovrà considerarsi matura per potersi addentrare nel cuore della questione: e cioè il
problema della vessatorietà della clausola penale e della caparra confirmatoria. La
riflessione prenderà le mosse dagli artt. 1341-1342 c.c., in relazione ai quali si
valuterà se ed in che misura i due istituti sono presi in considerazione nell'ambito
delle condizioni generali di contratto. Una volta svolta l'analisi con riferimento alle
norme suddette, si procederà allora con la medesima operazione (stavolta in rapporto
alla disciplina di matrice comunitaria), valutando quindi come la clausola penale e la
caparra confirmatoria si inseriscono nell'ambito della tutela sostanziale apprestata,
attualmente, dal Codice del consumo. Sarà opportuno poi integrare l'analisi della
questione passando in rassegna i principali orientamenti dottrinali formatisi sul
punto, confrontandoli con gli indirizzi giurisprudenziali che sono maturati nel tempo.
Giunti a questo punto della trattazione, si tenterà di trarre alcune conclusioni su quale
sia l'effettiva tutela di cui, attualmente, può godere un consumatore che si trovi
dinnanzi ad una clausola penale e ad una caparra confirmatoria imposte da un
professionista, chiedendosi se, allo stato attuale di evoluzione del sistema, la tutela
apprestata a favore del consumatore possa, nella sostanza, considerarsi realmente
efficace.
1 Direttiva CEE 93/13
2 Vedi infra , cap. IV, par. 2.3, pag. 91
6
Capitolo I:
La clausola penale 1. Definizione. Prime considerazioni La clausola penale è contemplata dagli artt. 1382, 1383 e 1384 c.c.; è dall'art. 1382
c.c. che si ricava la definizione di clausola penale; la norma è rubricata « Effetti della
clausola penale » e statuisce: « La clausola, con cui si conviene che, in caso
d'inadempimento o di ritardo nell'adempimento, uno dei contraenti è tenuto a una
determinata prestazione, ha l'effetto di limitare il risarcimento alla prestazione
promessa, se non è stata convenuta la risarcibilità del danno ulteriore. La penale è
dovuta indipendentemente dalla prova del danno ».
Innanzitutto, si può rilevare come la previsione della clausola in esame sia frutto del
principio dell'autonomia contrattuale delle parti. Su questo punto la dottrina si trova
pressochè unanimemente d'accordo 3
, rilevando come tale caratteristica sia palese già
per il solo fatto che la clausola penale dà vita ad una prestazione per il caso di
inadempimento che non è determinata dal giudice (come, ad esempio, nell'ipotesi di
risarcimento del danno), ma bensì dai medesimi contraenti. Dall'art. 1382 c.c. si
ricava poi uno stretto collegamento intercorrente tra la penale e l'inadempimento
degli obblighi contrattuali (o il ritardo nell'adempimento degli stessi). Quindi,
l'inadempimento costituisce il presupposto per l'operare dell'istituto in questione. Se
il contratto viene correttamente eseguito, non si verifica alcun inadempimento e in tal
caso la clausola penale resterà del tutto e per sempre inoperante. Considerando
3 Vedi per tutti: A. MARINI, La clausola penale , Napoli, 1984, pag. 2 e A. ZOPPINI, La pena
contrattuale , Milano, 1991, pagg. 99-100
7
quanto appena affermato, e precisamente l'efficacia condizionale della clausola
all'inadempimento/ritardo dell'obbligazione contrattuale, emerge immediatamente
l'analogia di questo istituto con un altro rimedio che l'ordinamento appresta per il
caso di inadempimento (o ritardo): il risarcimento del danno. Verrebbe dunque
spontaneo domandarsi per quale motivo le parti del contratto dovrebbero cimentarsi
nella trattativa su una clausola penale quando l'ordinamento già prevede il rimedio
tipico del risarcimento. L'istituto in esame ha origini molto risalenti: era
frequentemente utilizzato già in epoca romana e nell'antico diritto inglese. Il motivo
del suo frequente utilizzo risiedeva nel tentativo di garantire tutela a situazioni
altrimenti rimesse alla sola buona fede del promissario. Oggi, come abbiamo
accennato, un rimedio contro l'inadempimento contrattuale è già apprestato
dall'ordinamento, ed è appunto la tutela risarcitoria. Il rimedio risarcitorio, però,
difficilmente appaga in maniera integrale il creditore insoddisfatto. Tale tipo di tutela,
innanzitutto, è per definizione inidoneo a far conseguire al creditore esattemente la
stessa utilità che avrebbe conseguito tramite l'esatto adempimento della prestazione
da parte del debitore. Inoltre, è limitato alla riparazione dei soli danni patrimoniali
cagionati dall'inadempimento, mentre restano esclusi i danni in senso "naturalistico"
patiti dal creditore, che non siano suscettibili di valutazione economica (si pensi ad
esempio alla sofferenza di chi abbia ingaggiato un fotografo per il proprio
matrimonio e quest'ultimo non abbia, per i più svariati motivi, realizzato alcuna
fotografia). Si consideri poi che, come tutti i procedimenti, anche il giudizio per il
risarcimento del danno è di esito incerto. Da ultimo, va poi rilevato come anche le
lungaggini processuali possono frustrare ulteriormente colui che ha già subito un
danno derivante dall'inadempimento della controparte. Per tutti i suddetti motivi,
dunque, oggi si ricorre molto frequentemente alla stipulazione di clausole penali nei
contratti, proprio stante questa asserita "inefficacia" del rimedio risarcitorio 4
. La
clausola penale, infatti, opera automaticamente al verificarsi dell'inadempimento, e la
4 A. ZOPPINI, op. cit. , pag. 104
8
penale è dovuta indipendentemente dalla prova del danno, il che significa che non
solo il creditore non deve dimostrare a quanto ammonti il danno subito, ma non deve
nemmeno provare l'esistenza stessa del danno. Si comprende quindi come tale
rimedio offra sicuramente maggiori garanzie di snellezza e di certezza.
9
2. Natura giuridica Un'altra questione molto dibattuta in dottrina e in giurisprudenza riguarda poi la
natura giuridica della clausola penale. In particolare, ci si è a lungo domandati se
essa debba essere considerata come un negozio autonomo oppure alla stregua di un
elemento accidentale del contratto a cui accede. A sostegno della prima tesi si è
sostenuto che, stante la peculiare funzione giuridica (la causa) della clausola penale,
questa non può essere considerata se non alla stregua di un negozio giuridico a sè
stante 5
. Inoltre, sulla considerazione della funzione sanzionatoria della penale, questa
è stata posta in stretta relazione proprio con la sanzione: più precisamente si è
osservato che la clausola penale sta al contratto a cui accede come la sanzione sta al
precetto giuridico la cui inosservanza è chiamata a punire. Ne conseguirebbe che,
proprio allo stesso modo in cui è pacifico che la sanzione esista indipendentemente
dal precetto a cui accede (nonostante questi si vengano poi a trovare inevitabilmente
in rapporto di connessione), anche la clausola penale deve essere considerata come
un negozio autonomo, a sè stante 6
. In ambito giurisprudenziale, il carattere autonomo
della clausola penale viene rilevato sostenendo che « la postulata autonomia non
trova ostacolo nella relazione di accessorietà rispetto ad un negozio principale,
giacchè il collegamento, anche se necessario, dei negozi non ne esclude la
persistente pluralità » 7
. Anzi, a ben vedere, proprio affinchè si configuri una ipotesi di
collegamento negoziale (sia necessario che volontario) è necessaria come
presupposto l'esistenza di due distinti negozi giuridici.
Sull'altro versante si trovano logicamente considerazioni di tipo opposto. Si sostiene
che il contratto sarebbe presupposto necessario della clausola penale, dal quale, per
definizione, questa non potrebbe affatto prescindere; e si aggiunge che non avrebbe
5 A. MAGAZZU', Clausola penale , in Enciclopedia del diritto , 1960, pag. 189
6 A. MARINI, op. cit. , pag. 70
7 C. Cass., 15/09/1970, n. 1461, in Giust. civ. , 1970, II, p. 1572
10
alcuna ragione d'esistere un negozio la cui esclusiva funzione fosse di munire di una
penale un'obbligazione non contrattuale. Guardare la penale in un'ottica di totale
autonomia rispetto al contratto principale « non fa apprezzare nella giusta misura la
stretta connessione, che pure sussiste, tra clausola e contratto, del quale la prima
completa il contenuto sul piano delle conseguenze dell'inadempimento » 8
. A ben
vedere, è quest'ultima tesi ad essere più di frequente adottata dalla dottrina e anche
dalla giurisprudenza, atteso che sono numerose le pronunce nelle quali si sottolinea il
carattere accessorio della clausola penale 9
.
8 R. SCOGNAMIGLIO, Contratti in generale , in Trattato di diritto civile , 1971, pag. 146
9 C. Cass., 02/04/1966, n. 852, in Giust. civ. , 1966, I, p. 1047; C. Cass., 17/02/1969, n. 550, in Giur.
it., 1969, I, c. 619; C. Cass., 17/12/1976, n. 4664, in Foro it. Rep. , 1976, voce Contratto in genere ,
c. 677; C. Cass., 16/05/1975, n. 1924, in Foro it. Rep. , 1975, voce Contratto in genere, c. 622; C.
Cass., 10/12/1979, n. 6415, in Foro it. Rep. , 1979, voce Contratto in genere , c. 567
11
3. Le funzioni 3.1 La funzione risarcitoria Verso la funzione risarcitoria della clausola penale si è per anni orientata la maggior
parte della dottrina e della giurisprudenza. Prima di analizzare le motivazioni sottese
agli orientamenti che seguiranno, è bene però operare un excursus sulla disciplina
generale del risarcimento del danno.
3.1a La disciplina del risarcimento Il risarcimento presuppone sempre la sussistenza di un danno. Il danno è presupposto
necessario e ineliminabile, perchè in un certo senso è ciò che deve essere risarcito. Il
danno può essere considerato sostanzialmente in due differenti accezioni: ci si può
trovare dinnanzi ad un danno in senso meramente naturalistico oppure ad un danno in
senso giuridico. Il danno in senso naturalistico può essere inteso come il pregiudizio
subito da un soggetto, in qualsiasi forma esso si manifesti: si potrà trattare di una
perdita economica, di una sofferenza fisica o psichica ecc. Il danno in senso giuridico
invece consiste solo in quel tipo di pregiudizio rilevante agli occhi dell'ordinamento.
Dal punto di vista civilistico, solo il danno giuridicamente rilevante può essere
risarcito 10
, mentre un danno inteso secondo il mero "senso comune" non trova
(sempre e necessariamente) riparazione. Per esemplificare, si può considerare quale
danno in senso esclusivamente "naturalistico" il già citato caso della sofferenza
cagionata dalla mancata produzione dell'album del matrimonio, mentre un danno
rilevante dal punto di vista (anche) giuridico è ad esempio la perdita economica del
commerciante che non riceve la merce acquistata dal grossista. Al riguardo, è stata
messa in luce la funzione essenzialmente economica del risarcimento: il risarcimento
10 Vedi per tutti: A. ZOPPINI, op. cit , pag. 108
12
interviene a riparare i pregiudizi rintracciabili tramite i valori che il mercato è in
grado di esprimere ed apprezzare; sarebbe quindi finalizzato alla mera traslazione del
danno da colui che lo ha subito al soggetto che lo ha cagionato 11
. Peraltro, all'interno
della fattispecie danno, è possibile distinguere tra danno contrattuale e danno extra-
contrattuale, ma agli scopi del presente lavoro interessa solo il danno (derivante da
inadempimento) contrattuale. Dunque, ai fini del risarcimento è necessaria sempre e
comunque la produzione di un danno giuridicamente rilevante. Il danno costituisce
quindi un importante criterio per stabilire se è dovuto un risarcimento, ma serve
anche, una volta stabilito che un danno si è prodotto e dunque un risarcimento è
dovuto, a stabilire in che misura il risarcimento stesso sarà dovuto. Si potrebbe dire
che serve a stabilire an e quantum debeatur del risarcimento. Il danno non è però
l'unico criterio da tener presente nella determinazione della misura del risarcimento. I
criteri sono molteplici e, limitandoci a ciò che in questa sede interessa, devono essere
utilizzati dal giudice sulla scorta di quanto già previamente fissato dal legislatore. In
sostanza, il procedimento di determinazione del risarcimento è un procedimento
successivo e vincolato: successivo al verificarsi del fatto sanzionato e vincolato ai
criteri prefissati dal legislatore, i quali criteri servono a restringere se non addirittura
ad annullare la discrezionalità del giudice 12
. In definitiva, si potrebbe sostenere che la
determinazione del contenuto dell'obbligazione risarcitoria presenta i seguenti
caratteri: « è opera del giudice », « è successiva al verificarsi del fatto sanzionato », « è
ispirata a criteri prefissati » ed « è obbligatoria nel senso che il giudice deve e non
già può procedere alla determinazione del contenuto dell'obbligazione risarcitoria
che costituisce condizione per l'applicabilità della sanzione al fatto concreto » 13
. Da
una prospettiva più generale, è dato rilevare come altri caratteri propri della tutela
risarcitoria siano quelli della tipicità, astrattezza e determinabilità. Innanzitutto la
sanzione del risarcimento è esplicitamente prevista dall'ordinamento, che la
11A. ZOPPINI, op. cit. , pag. 109
12A. MARINI, op. cit. , pag. 36
13 A. MARINI, op. cit. , pag. 36
13