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INTRODUZIONE
I profondi cambiamenti in ambito economico, industriale, tecnologico, e produttivo,
portano ad una riorganizzazione del mondo professionale, specificatamente, delle
modalità organizzative e dei sistemi di gestione e sviluppo delle risorse umane.
Il nuovo scenario lavorativo, turbolento e pervaso dalla continua sperimentazione di
nuove idee, richiede alle persone una sempre maggior preparazione culturale, perciò
risorse dotate di un prezioso Know-how, persone che abbiano voglia di contribuire al
proprio sviluppo e a quello aziendale.
È facile comprendere il motivo per cui l’uomo è considerato, oggi, la più importante
risorsa di un’organizzazione. Le aziende tendono sempre più a considerare le persone
come il principale fattore strategico del proprio successo, il vero capitale attraverso il
quale creare valore.
Per questo, per raggiungere uno sviluppo personale, oltre ad un vantaggio competitivo,
la miglior strategia da perseguire verterà verso un’efficace gestione delle risorse umane,
garantendo le condizioni e i mezzi necessari per far sì che venga sviluppata
professionalità, una gestione in cui l’uomo e le sue qualità valgono tanto quanto le
performance d’impresa.
Proprio grazie ad un’attenta gestione e valutazione delle risorse umane,
l’organizzazione riesce ad individuare quelle risorse necessarie al raggiungimento degli
obiettivi fissati, perché sono le persone, con le loro competenze e le loro potenzialità,
che determinano il successo dell’azienda.
Riconoscere e valorizzare le competenze professionali, costituisce uno dei punti di forza
del mondo del lavoro.
Partendo da tale presupposto, questo lavoro nasce dall’idea di indagare la correlazione
tra competenze e performance nei venditori operanti in un’azienda leader nel settore del
fissaggio.
I primi due capitoli mostrano un quadro sintetico e rappresentativo circa l’entità del
processo di valutazione in ambito organizzativo, e l’evoluzione del concetto di
competenza e dei relativi modelli professionali, presenti nella letteratura psicologica.
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Nel primo capitolo, viene analizzata l’importanza del processo di valutazione, il suo
significato, i principi che ne sono alla base, i soggetti coinvolti e le metodologie
utilizzate.
Proseguiamo sottolineando le varie forme di valutazione che è possibile riscontrare
nelle organizzazioni, e l’utilizzo che se ne fa; spiegheremo, quindi, il processo di
valutazione della posizione, del potenziale, e ci soffermeremo in particolar modo sul
processo di valutazione delle prestazioni, oltre che sugli indici utilizzati per misurare le
performance.
Nel secondo capitolo, approfondiamo il tema delle competenze, facendo un excursus
dell’evoluzione del concetto, e segnalando le questioni ancora aperte e irrisolte.
Presenteremo, inoltre, i principali modelli professionali presenti nel mondo
organizzativo.
Per finire, il terzo capitolo si concentrerà sulla ricerca correlazionale che abbiamo
condotto, con lo scopo di indagare la validità predittiva delle competenze, andando a
vedere se le competenze possedute dai venditori siano predittrici delle performance
lavorative. Viene descritto il processo di valutazione delle competenze effettuato
nell’azienda considerata, vengono descritti gli indici oggetti di performance, e
concluderemo il capitolo con l’interpretazione dell’analisi dei dati.
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CAPITOLO 1
VALUTARE NELLE ORGANIZZAZIONI
Ogni organizzazione dovrebbe valutare i propri dipendenti.
Ogni organizzazione ha bisogno di svolgere delle riflessioni sul contributo fornito dalle
persone che ne fanno parte, perché ciò è insito nella ragione stessa di esistere
dell’organizzazione.
Qualsiasi organizzazione nasce ed opera per raggiungere determinati scopi, il cui
raggiungimento dipende dalle persone che la compongono. Risulta ovvio chiedersi
come e quanto i componenti di un’organizzazione contribuiscono al raggiungimento dei
suoi scopi.
1.1 SIGNIFICATO ED IMPORTANZA DELLA VALUTAZIONE NELLE
ORGANIZZAZIONI
Uno degli obiettivi delle organizzazioni, oggi più che in altri periodi, è quello di
rafforzare l’efficacia delle risorse umane, e si richiede alla dirigenza di esercitare a tal
fine ciò che è in suo potere.
La gestione del personale si può definire come quel processo articolato e complesso
che riguarda l’acquisizione delle risorse umane in azienda, la loro amministrazione,
valutazione, sviluppo/formazione, e la loro retribuzione, un insieme di attività che
hanno come riferimento le persone con la loro intelligenza, le loro emozioni e i loro
sentimenti.
Il tema della gestione del personale interessa tutte le organizzazioni.
Gestione del personale significa integrare esigenze dell’organizzazione ed esigenze
degli individui.
La valutazione del personale si fonda su alcuni “principi di base”:
occorre valutare non sulla base di opinioni ma attraverso conoscenze e strumenti;
nelle organizzazioni si gestiscono comportamenti e non individui, perché è
rilevante ciò che le persone fanno e non ciò che sono;
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è essenziale un approccio funzionale e non ideologico, nel senso che viene
valutato ogni comportamento come coerente - incoerente rispetto agli obiettivi
che vogliamo raggiungere, e non a partire da un’idea valoriale in sé (Auteri,
2003).
L’espressione “Gestire le risorse umane” si riferisce all’insieme delle politiche, delle
prassi, e dei sistemi che influenzano i comportamenti, gli atteggiamenti e le prestazioni
dei dipendenti; vuol dire utilizzare il maggior numero di potenzialità del singolo e del
gruppo per il raggiungimento di obiettivi comuni.
Nello specifico, Valutare significa ammettere, valorizzare, sottolineare le differenze;
richiede di rendere espliciti parametri e categorie adottati nel giudizio, ed implica un
assunzione di responsabilità (Avallone, 2002).
Alla base della valutazione vi sono cinque assiomi:
- non si può non valutare, infatti la valutazione è insita in ogni manifestazione
comportamentale in cui l’atto del valutare designa un intervento nella realtà al
fine di orientarla e dirigerla, oltre a rappresentare un atto di attribuzione di
significato;
- la valutazione è sempre ancorata a parametri e categorie, in quanto la
valutazione è l’output di un sistema di credenze, emozioni, comportamenti,
ancorati a sistemi categoriali impliciti;
- la valutazione ha un oggetto specifico e limitato, circoscrivibile a specifici
ambiti disciplinari, situazionali e comportamentali;
- la valutazione espone sia il valutato che il valutatore, implicando una
dinamica tra ruoli;
- la valutazione può essere manifesta o nascosta.
La valutazione è un processo che presuppone il susseguirsi di quattro stadi:
- una fase di attenzione, in cui vengono selezionati e filtrati i dati attraverso fattori
esterni (la frequenza, l’intensità, la novità, ecc.) e fattori interni (bisogni,
credenze, aspettative, ecc.).
- una fase di organizzazione, che presuppone una categorizzazione e una
schematizzazione attraverso variabili organizzative (valori, norme, modelli di
comportamento, ecc.) e soggettive (patrimonio cognitivo preesistente,
caratteristiche di personalità, ecc.).
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- una fase di interpretazione, che implica un’attribuzione di significato alle
informazioni raccolte.
- una fase di giudizio, che passa attraverso un processo decisionale in cui il
trattamento dei dati esterni si traduce in una specifica valutazione di un oggetto,
una situazione, una persona.
Proprio per intervenire sulla realtà, orientarla e dirigerla, il processo di valutazione è
orientato da parametri che appartengono al nostro patrimonio cognitivo: parametri di
tipo scientifico-disciplinari (della psicologia, dell’etica, del buon senso, ecc.), parametri
di tipo culturale e sociale, assimilati durante il lungo processo di socializzazione e
modificati dall’influenza sociale, parametri tipici della cultura organizzativa, e
parametri di tipo soggettivo, legati alla storia e alle esperienze del singolo individuo
(Avallone, 2002).
La metodologia di valutazione prevede una definizione precisa degli oggetti di
valutazione, l’individuazione dei fattori generali e dei fattori specifici, la descrizione del
significato di ciascun fattore, la ponderazione dei fattori in funzione del ruolo e quindi
la valutazione dei comportamenti organizzativi, cioè quegli stati interni (capacità
individuali) o esterni (capacità relazionali) dell’essere, direttamente correlati o
correlabili ai risultati aziendali, oltre che la valutazione degli obiettivi e delle
competenze.
Di particolare importanza è l’analisi delle cause perché, se effettuata correttamente,
consente l’avvio di un processo di cambiamento volto alla crescita organizzativa.
Ogni sistema di valutazione deve essere progettato tenendo conto del forte impatto che
esercita sul comportamento, deve essere strutturato e utilizzato in maniera flessibile a
seconda degli scopi e degli oggetti, deve essere congruente con gli altri sistemi di
gestione delle risorse umane e con la cultura organizzativa, e deve inoltre prevedere i
conflitti che possono sorgere tra individuo e organizzazione.
Tutte le aziende fanno valutazione, ma non tutte la fanno allo stesso modo.
Si parla di valutazione formalizzata quando facciamo riferimento ad una procedura
sistematica che assicura ad ogni dipendente un periodico e continuo giudizio atto a
valutare ed individuare, secondo criteri omogenei e strumenti oggettivi, il rendimento e
le caratteristiche professionali legate all’esecuzione del lavoro. Da un lato, i sistemi di
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valutazione formalizzata contribuiscono a soddisfare l’esigenza di equità e giustizia, ma
dall’altro lato comportano un rischio, che è quello di sfociare nella burocratizzazione se
non vengono sostenuti da un continuo aggiornamento a da una tensione applicativa e
cultura valutativa.
Quando si parla di valutazione informale, sono previste modalità e strumenti molto
differenti, in quanto frutto della soggettività dei valutatori, la quale sarà motivo di
casualità, saltuarietà e distorsione dei giudizi, oltre che dell’impossibilità di
sistematizzare i risultati in quanto riferiti a criteri non coerenti tra loro (Auteri, 2003).
Le finalità della valutazione riguardano l’acquisizione delle risorse, la conoscenza, lo
sviluppo, la promozione o “punizione” delle persone.
Attraverso la valutazione, insomma, si cerca di sviluppare i comportamenti di lavoro
funzionali al raggiungimento degli obiettivi organizzativi.
I sistemi di valutazione sono proiettati verso il miglioramento delle prestazioni dei
singoli soggetti, alla rilevazione del potenziale e delle competenze, oltre che a rendere
esplicito il processo di valutazione informale presente in ogni organizzazione,
superando i difetti di genericità e ambiguità; mirano ad orientare i comportamenti
organizzativi verso gli obiettivi di lavoro, a responsabilizzare ed innescare il processo di
cambiamento, ed infine, definire occasioni formalizzate di scambio di informazioni.
Oggetto di valutazione sono, perciò, i risultati a fronte di obiettivi o piani di lavoro, la
crescita professionale, l’acquisizione di nuove competenze ed esperienze, la qualità,
l’impegno, il coinvolgimento e più in generale i comportamenti sul lavoro.
Si sottolinea come la valutazione delle persone sia la tappa primaria nella gestione del
personale. Tutti i componenti di un’organizzazione ne sono coinvolti, o come valutati o
come valutatori.
Il valutatore più ricorrente è il superiore gerarchico, che in molti casi è affiancato da
altri soggetti dell’organizzazione che operano a diretto contatto col valutato e possono
così esprimere giudizi sul suo comportamento organizzativo.
In altre occasioni, anche se molto raramente, si parla di autovalutazione, quando il
valutato e il valutatore coincidono.
In ogni caso, il valutatore dovrebbe avere buone conoscenze circa le tecniche e gli
strumenti di valutazione, circa gli obiettivi aziendali, e competenze specifiche in
gestione delle risorse umane.
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Allo stesso modo, i valutati devono essere disponibili a fornire tutte le informazioni utili
in loro possesso, evitando distorsioni. È tuttavia necessario che siano a conoscenza degli
obiettivi e dei metodi della valutazione.
Qualsiasi sistema di valutazione è influenzato dalla “percezione”, quel processo
attraverso cui si trasforma la “realtà com’è” nella “realtà com’è per il soggetto”, alla cui
base non vi è dunque la realtà oggettiva.
Infatti, ciascun valutatore viene influenzato da una serie di “filtri” che si insinuano tra
lui e il soggetto valutato, quali le caratteristiche personali del valutatore, la
rappresentazione dell’oggetto, le politiche e gli strumenti di gestione, i valori
organizzativi, così come il bagaglio culturale e le esperienze del valutatore.
A causa di questi filtri vengono commessi errori di valutazione, distorsioni di giudizio,
dovuti ad una visione della realtà filtrata soggettivamente da chi valuta.
Gli errori più noti, detti “errori universali”, sono:
indulgenza, l’attribuzione di giudizi superiori a quelli meritati per ragioni quali il
quieto vivere, la debolezza di carattere, erronea interpretazione degli standard;
severità, l’attribuire giudizi troppo rigidi a causa di perfezionismo, timore di
perdere i collaboratori migliori, o a causa di un’interpretazione restrittiva degli
standard;
appiattimento, il concentrare le valutazioni sui valori centrali della scala di
giudizio, per mancata conoscenza dei dipendenti, desiderio di non sbilanciarsi,
mancanza di certezza sull’operato del valutato, con la conseguenza di non avere
una differenziazione tra migliore e peggiore;
alone, l’attribuzione ad una persona di un giudizio complessivo basato però solo
su una singola caratteristica, come se questa occultasse tutti gli altri tratti
dell’individuo;
memoria, il persistere in giudizi gia attribuiti a quella persona, non tenendo in
considerazione i cambiamenti avvenuti;
pregiudizio e stereotipo, giudicare sulla base di preconcetti a causa del proprio
bagaglio culturale;
proiezione, un confronto tra le caratteristiche del valutato e le proprie con
conseguente giudizio positivo se queste coincidono e negativo se discostano, al di
là dell’oggettività reale dei fatti (Auteri, 2003).
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Solo con un adeguato addestramento, ed evitando giudizi superficiali e frettolosi, è
possibile ridurre il verificarsi di tali errori, anche se una piccola componente di
distorsione è pur sempre presente in qualsiasi valutazione.
Nel modello (Fig.1) di Landy e Farr (1980), vi sono raffigurati i fattori che influenzano
il giudizio del valutatore, oltre che le reciproche relazioni (Ferrario, 2002).
La fase centrale dell’intero modello è la decisione valutativa, quando il valutatore arriva
alla formulazione di un giudizio a seguito di varie operazioni cognitive.
Ad influenzare il processo valutativo concorrono gli strumenti di valutazione, il tipo di
parametri utilizzati, le scale adottate, gli scopi che si intendono perseguire. La cultura
aziendale, il clima, il tipo di business in cui l’organizzazione opera, le strategie, la
missione, così come il tipo di mansioni presenti in azienda, sono tutti fattori che
dirigono sì il processo, ma che lo influenzano anche in maniera significativa.
Allo stesso modo incidono le caratteristiche individuali del valutatore e del valutato, le
caratteristiche di personalità, l’età, il genere, la provenienza geografica, l’aspetto fisico,
il livello di scolarità, che connotano le parti chiamate in causa.
Insieme al feed-back dei risultati, riveste una particolare importanza l’esplicitazione
dell’utilizzo che l’azienda farà delle informazioni ricavate, le quali possono avere
impatto sia a livello organizzativo (selezione, formazione e pianificazione delle risorse),
sia a livello individuale (riconoscimenti, anche retributivi, interventi di mobilità
orizzontale e verticale, ecc.).
Definire i punti di forza e di debolezza dei propri collaboratori e capire i bisogni e i
desideri di ognuno di essi, è il primo passo per creare le condizioni di sviluppo e
valorizzazione delle risorse.
Si può comprendere, pertanto, come una gestione efficace ed efficiente delle risorse
umane apporti benefici sostanziali per l’organizzazione.
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Fig.1 – Modello del processo di valutazione (adattato da Landy e Farr, 1980).