5
La traduzione audiovisiva nell’ambito videoludico
Parte prima
La traduzione oggi: dai nuovi media alle nuove tecniche.
1.1 La traduzione audiovisiva
La traduzione audiovisiva (in italiano riportata frequentemente con l'acronimo TAV) è una
traduzione specializzata che inizia a ritagliarsi un posto come oggetto di studi accademici
solamente a partire dagli anni ‟80-‟90. In quegli anni i tradizionali e sempre più efficienti
circuiti di distribuzione, affiancati dall‟avvento di internet, forniscono strumenti nuovi
semplificando il lavoro di traduttori ed operatori cinematografici che riescono così a ridurre i
tempi di produzione oltre a migliorare la qualità stessa del prodotto. Nel 1995 il Consiglio
d‟Europa, dando voce alla crescente attenzione per la trasmissione di contenuti mediatici a
livello internazionale, propone un forum incentrato sulla comunicazione audiovisiva ed il
trasferimento linguistico. Tale evento, organizzato in occasione della celebrazione del
centesimo anniversario del cinema, porterà gli esperti in materia ad interrogarsi
approfonditamente sul concetto di traduzione audiovisiva, tema che diventerà centrale in
numerosi convegni e seminari e porterà le pubblicazioni in materia a moltiplicarsi
vistosamente
1
.
I primi studi in materia portano la traduzione audiovisiva ad essere definita come “film
translation” (traduzione filmica) da un lato, e “screen translation” (traduzione per lo schermo)
dall‟altro. Queste due definizioni ricorrono ancora oggi; la prima si riferisce essenzialmente al
prodotto veicolato dalla traduzione (il dialogo del film), la seconda invece si focalizza
maggiormente sul mezzo di diffusione, cioè lo schermo televisivo, cinematografico o più in là
quello del computer. Successivamente, per dare un maggior peso alla componente verbale del
1
Secondo quanto riporta Tomaszkiewicz (2009), nel 1997 Yves Gambier pubblicò una bibliografia riguardante
gli studi sulla traduzione audiovisiva fino ad allora pubblicati che conteneva circa mille elementi; oggi ne
conterebbe circa il doppio.
6
prodotto audiovisivo, subentrerà la definizione di “language transfer” (trasferimento
linguistico). Ognuna di queste definizioni volge a dare importanza solamente ad un aspetto
del tema trattato, senza affrontarlo nella sua totalità: per questo, essendo tali aspetti
strettamente correlati, e dovendo essere trattati simultaneamente, diventa necessario inglobarli
in un'unica definizione generale ed esaustiva che è appunto quella di “traduzione audio
visiva” (audiovisual translation, AVT è l‟acronimo inglese e TAV quello italiano, usati
spesso nella letteratura di riferimento).
Elisa Perego, ricercatrice dell‟Università di Trieste ed esperta del settore, fornisce alla
TAV la seguente definizione :
“Con questa espressione si fa riferimento a tutte le modalità di trasferimento linguistico che si
propongono di tradurre i dialoghi originali di prodotti audiovisivi, cioè di prodotti che comunicano
simultaneamente attraverso il canale acustico e quello visivo, al fine di renderli accessibili a un
pubblico più ampio.” (Perego 2005: 7).
Da questo enunciato possiamo ben comprendere quale sia la peculiarità che distingue questo
nuovo tipo di traduzione dalle precedenti: il carattere multisemiotico del materiale trattato. Si
tratta di prodotti che, per la prima volta, combinano la sfera sonora (dialoghi, ma anche suoni,
rumori di fondo, musiche, generalmente indicati come “colonna sonora” nei film ad esempio)
e quella visiva, scombussolando i canoni classici di traduzione. La complessità del testo
audiovisivo (generata appunto dalla combinazione delle diverse componenti semiotiche),
caratterizza e distanzia questo tipo di traduzione dalla traduzione canonica. Inizialmente molti
degli esperti nel settore stentano ad accettare la traduzione audiovisiva come vera e propria
forma di traduzione, arrivando anche a non considerarla all‟interno della teoria della
traduzione e dei propri studi.
“Malgrado le sue implicazioni, la traduzione audiovisiva è stata a lungo ignorata dai traduttologi,
forse perché assimilata alla bassa considerazione accordata ai media e alla cultura di massa […]”
2
Oggi la traduzione audiovisiva, riconosciuta come disciplina accademica, è oggetto di
corsi universitari e conferenze
2
ed ha una collocazione precisa e stabile nella teoria della
2
Paolinelli M., Di Fortunato E. (2005), Tradurre per il doppiaggio: la trasposizione linguistica dell'audiovisivo :
teoria e pratica di un'arte imperfetta, Milano: Hoepli, p. 9
7
traduzione; i vari problemi da affrontare e da risolvere, causati dalla complessità
metodologica e dalla sua natura multisemiotica, la rendono tuttavia un oggetto di studi
problematico. Dal punto di vista teorico ad esempio, considerando che la traduzione è un atto
comunicativo che ha luogo in un contesto sociale determinato, è importante ai fini del
risultato della traduzione. A tal fine, è importante fare attenzione al contesto semiotico (il
sistema di valori proprio di una cultura in cui è inserito il testo); a quello pragmatico (la tacita
cooperazione che si instaura tra il creatore di un‟idea o messaggio ed il pubblico che lo riceve
e lo interpreta); alle variazioni linguistiche dovute al registro o anche agli specifici idioletti
3
.
Dal punto di vista pratico, negli ultimi anni l‟evoluzione della tecnologia ha risolto non
pochi problemi ai traduttori: grazie ad internet gli attori di questo processo possono far
circolare il materiale facilmente, economicamente e allo stesso tempo velocemente
4
; la
creazione del supporto DVD (Digital Versatile Disk) o dell‟ancor più recente BD (Bluray
Disk) ha portato ad accantonare definitivamente il VHS (Video Home System), avendo la
possibilità di contenere in un unico disco numerose sottotitolazioni e bande sonore differenti,
oltre a fornire una stabilità sicuramente più duratura
5
unita ad una qualità (audio e video)
nettamente superiore.
Le differenti forme di traduzione audiovisiva sono state raggruppate in diversi modi dai
vari studiosi, Secondo la classificazione di Gambier (2004)
6
, esistono dodici forme diverse di
traduzione audiovisiva:
- La traduzione degli script (sceneggiature), non visibili a prodotto finito, sono utili e, a volte,
necessarie per ottenere sovvenzioni e avviare il progetto.
- La “closed caption”, una sottotitolazione (utile ai sordi ad esempio) che implica un processo
di traduzione intralinguistica, passando da un codice all‟altro (da quello audio a quello video)
senza modificare linguisticamente la stringa tradotta.
3
Viene detto idioletto l'insieme degli usi linguistici caratteristici e propri di un singolo individuo o di un piccolo
gruppo di parlanti.
4
Ci sono molti siti specializzati, in cui trovare database con gli scripts (sceneggiature) di film e telefilm famosi:
www.imdb.com per i primi e www.twiztv.com per i secondi.
5
il supporto VHS si logora in tempi relativamente brevi, i dischi digitali (originali) sembra che invece resistano
al passare del tempo anche se si pensa che essendo supporti magnetici, seppure in tempi più lunghi saranno
destinati allo stesso destino del VHS.
6
Gambier Y., (2004), La traduction audiovisuelle : un genre en expansion Meta : journal des traducteurs,
Volume 49, numéro 1, avril 2004, pp. 1-11, Les Presses de l'Université de Montréal.
8
- La “open caption”, sottotitolazione interlinguistica
7
che implica un cambio di codice
linguistico al fine di rendere comprensibile un messaggio ad un parlante che non comprende
la lingua originale del prodotto.
- La sottotitolazione simultanea, che avviene in tempo reale durante un‟intervista ad esempio.
- Il doppiaggio, una traduzione linguistica che deve tener conto anche della sincronia nel
movimento delle labbra e dell‟enfasi di chi parla. Si tratta della sostituzione della banda
sonora originale con quella tradotta, cercando di mantenere il più possibile il messaggio
originale intatto. Tipo di traduzione un tempo riservato esclusivamente a prodotti
cinematografici e televisivi, è oggi indispensabile anche per alcuni programmi software come
i videogiochi.
- L‟interpretazione, una sorta di adattamento linguistico del messaggio tradotto al fine di
renderlo più “piacevole”.
- Il “voice-over” (detto anche “mezzo-doppiaggio”), un‟emissione simultanea della banda
sonora contenente il dialogo originale e quella contenente la versione tradotta. Al fine di
rendere comprensibile il messaggio, il volume della banda sonora originale viene abbassato
per favorire l‟ascolto della banda sonora tradotta.
- Il commento (libero), utilizzato essenzialmente per adattare un programma ad una nuova
fascia di pubblico.
- La sopratitolazione, un‟evoluzione del sottotitolaggio con alcune sostanziali differenze. “Si
tratta di didascalie con la traduzione […] del testo” dice Sablich (2002
8
), autorevole
musicologo ed esperto di teatro. Vengono proiettate su uno schermo sovrastante il
palcoscenico e seguono lo stesso principio dei sottotitoli per film.
7
L’aggettivo “interlinguistico” si riferisce a codici linguistici diversi (lingue diverse). Si contrappone ad esso
l’aggettivo “intralinguistico” che si riferisce a codici diversi, ma rimanendo sempre nello stesso codice
linguistico (passando ad esempio dallo scritto all’orale).
8
Sablich S. (2002), “Wagner con le Didascalie”, Il giornale della musica, n. 188 pp. 1- 20
9
- La traduzione simultanea, avviene in tempo reale al momento dell‟emissione del messaggio
nella lingua d‟origine.
- L‟audio-descrizione (intralingustica o interlinguistica), è la descrizione di movimenti,
situazioni, scene o avvenimenti attraverso una banda sonora; lavoro questo che risulta
particolarmente utile a persone ipovedenti o cieche.
- Le produzioni multilingue, una vera e propria doppia produzione di un testo audiovisivo.
Tutte queste forme di traduzione hanno alcuni punti in comune, per esempio sono in vario
modo condizionate dal fattore tempo (tempo di lettura per i sottotitoli, durata del discorso
nell'interpretazione), devono tener conto della densità delle informazioni da presentare,
abbattono i confini tra scritto e orale, tengono conto del pubblico di destinazione.
Il doppiaggio, una tra le più dispendiose operazioni di adattamento linguistico tra quelle
citate, viene utilizzato solo in casi in cui si è sicuri di rientrare delle ingenti spese affrontate
per la realizzazione; qualora non si disponga del tempo necessario alla realizzazione del
doppiaggio, o si ritiene inopportuno affrontare i costi, si ricorre alla sottotitolazione o anche al
“voice-over”. In sede di doppiaggio è necessario fare attenzione a rispettare i tre tipi di
sincronizzazione identificati da Agost
9
:
- Sincronia nel contenuto: affidata al traduttore, si tratta di mantenere la congruenza
comunicativa tra il testo originale e quello tradotto.
- Sincronia visiva: affidata ad un adattatore, si tratta di far calzare il suono dei testi pronunciati
dai doppiatori con il movimento labiale degli attori su schermo. Tale adattamento avviene su
diversi livelli;
A livello fonetico, detto anche labiale, si cura l‟armonia tra il movimento della bocca per
articolare consonanti e vocali e le parole udite
10
.
A livello isocronico, si fa in modo che la durata della banda sonora (testo letto dal doppiatore)
non sia superiore o inferiore al tempo di articolazione labiale dell‟attore.
A livello cinesico, ci si assicura che i movimenti tipici della cultura originale utilizzati per
comunicare qualcosa vengano resi comprensibili anche all‟esterno di quella cultura.
9
Agost R. (1999), Traducciòn y doblaje: palabras , voces e imàgenes, Barcelona: Ariel
10
Naturalmente, se si tratta di cartoni animati o pupazzi tridimensionali (e non) il compito è estremamente più
semplice.
10
Talvolta l‟adattatore è costretto ad allungare il messaggio, ad accorciarlo, a cambiare l‟ordine
delle parole al fine di farlo calzare nel periodo di movimento labiale dell‟attore, rischiando di
rovinare la traduzione. Per questo motivo Agost suggerisce che il traduttore stesso dovrebbe
preoccuparsi anche della fase d’adattamento considerando i rischi che corre la sua traduzione
durante questa fase.
- Sincronia rappresentativa: affidata al direttore del doppiaggio, nonostante l‟importanza di
quest‟aspetto non sia riconosciuta a livello universale, Agost, d‟accordo con Whitman
Linsen
11
, evidenzia l‟importanza dell‟armonia tra la voce del doppiatore e l‟aspetto fisico oltre
al modo di gesticolare dell‟attore.
Qualora la scelta ricada sulla sottotitolazione, bisognerà tenere presente altri importanti
aspetti per riuscire in una buona realizzazione. Rispetto al doppiaggio, che esige una
sincronizzazione quasi perfetta come abbiamo visto, la sottotitolazione per forza di cose porta
ad una perdita di sfumature comunicative oltre che alla perdita di contenuto vero e proprio.
12
La maggiore difficoltà del traduttore, in quest‟ambito, è proprio quella di dover sintetizzare i
testi considerando che ogni sottotitolo ammette un massimo di due righe con quaranta
caratteri per ognuna. Il traduttore dovrà inoltre fare attenzione alla durata d‟apparizione del
sottotitolo sullo schermo, tenendo il passo con gli interventi degli attori, ma anche dando allo
spettatore il tempo necessario ad una lettura comoda. Non si dimentichi nemmeno che il
traduttore, dovendo in questo caso tradurre in modo tanto interlinguistico quanto
intersemiotico, dovrà fare uno sforzo enorme per cercare di mantenere le caratteristiche
comunicative originali. Nonostante quest‟atto non venga ben remunerato dai risultati che si
ottengono quasi sempre, si tratta di uno sforzo necessario in quanto, senza di esso, anche se lo
spettatore sarebbe in grado comprendere lo svolgimento degli eventi, sarà impossibilitato a
cogliere delle sfumature importanti sulle caratteristiche dei personaggi ad esempio.
La novità portata da queste particolari forme conduce ben presto allo scompiglio riguardo
la terminologia del concetto di traduzione. L‟interdizione è generata dal fatto che, ad esempio,
la sottotitolazione o l‟audiodescrizione non comportano necessariamente un passaggio da una
lingua di partenza ad una lingua di arrivo, passaggio che fino ad allora aveva determinato il
concetto stesso di traduzione. Il testo, passando da un codice semiotico all‟altro (da quello
11
Whitman-Linsen C. (1992), Through the dubbing glass: The synchronization of American motion pictures into
German, French, and Spanish, Frankfurt am Main: Peter Lang
12
La condensazione del dialogo, la diminuzione della visibilità su schermo della rappresentazione, le peculiarità
della lingua, accenti ed intonazioni particolari…
11
verbale a quello visivo nel caso della sottotitolazione ad esempio), viene appunto tradotto
anche se non si ha una trasposizione linguistica.
Per tentare di risolvere tali problemi di tipo terminologico, recentemente si è fatto ricorso al
più ampio concetto di “accessibilità”
13
, una nozione che tende ad evidenziare l‟aspetto
sociale della traduzione audiovisiva, rendendola il mezzo grazie al quale determinati prodotti
diventano fruibili anche alle persone che altrimenti non avrebbero avuto la possibilità di
utilizzarli. Che la barriera sia la lingua o un deficit sensoriale, l'obiettivo della traduzione
audiovisiva rimane sempre quello di facilitare l'accesso a un prodotto che altrimenti sarebbe
inaccessibile. La nozione di accessibilità diventa dunque, a poco a poco, il principale
denominatore comune alla base di queste pratiche traduttive.
Nonostante oggi la traduzione audiovisiva sia pienamente riconosciuta nella teoria della
traduzione, solamente alcuni dei dodici punti di Gambier (2004) si sono evoluti e sono stati
ritenuti degni di investimenti economici. Parliamo della sottotitolazione interlinguistica e del
doppiaggio ad esempio
14
. Le altre forme, ancora relativamente poco studiate, non hanno mai
trovato una dimensione veramente importante per diversi motivi. Inizialmente ad esempio la
resistenza mostrata da alcuni a considerare certe pratiche come vere e proprie forme di
traduzione ha fatto sì che queste fossero studiate con meno accuratezza e di conseguenza
evolvessero più lentamente
15
. Oggi (quando le possibilità tecniche non mancano), il vero
problema è che si preferisce un‟accessibilità globale rispetto ad una che si limiti solo ad una
cerchia ristretta di persone. Una traduzione indirizzata a persone con deficit sensoriali avrà un
riscontro sicuramente minore rispetto ad una indirizzata ad una intera comunità di parlanti;
per questo si preferisce convogliare gli sforzi economici in modo tale che il prodotto possa
13
Diaz-Cintas J. (2005), Audiovisual translation today - a question of accessibility for all. “Translating Today”,
Vol:4 pp. 3-5
14
In passato l'Europa è stata spesso suddivisa in paesi che fanno prevalentemente uso del doppiaggio (Francia,
Italia, Germania, Spagna, Gran Bretagna) e paesi che fanno prevalentemente uso della sottotitolazione (per
esempio Belgio, Paesi Bassi, Irlanda, Paesi Scandinavi, Grecia, Slovenia). Oggi questa suddivisione appare però
troppo semplicistica e anacronistica, anche perché lo sviluppo delle nuove tecnologie ha permesso una
maggiore flessibilità, con la possibilità di adottare molteplici soluzioni per un determinato prodotto audiovisivo
all'interno di uno stesso paese (Gambier 2004).
15
È il caso della traduzione audiovisiva indirizzata principalmente a persone con disabilità uditive o visive, che
include la sottotitolazione per i sordi e i sordastri e l'audiodescrizione per i ciechi e gli ipovedenti.
La sottotitolazione per i sordi è infatti un tipo di sottotitolazione intralinguistica, che implica un
passaggio dall'orale allo scritto restando tuttavia all'interno della stessa lingua, cosa che ha generato
la reticenza di alcuni a considerare tale pratica come una vera e propria traduzione (Díaz-Cintas
2008: 30). L'audiodescrizione destinata ai ciechi e agli ipovedenti viene collocata da alcuni “all'estrema periferia
della traduzione audiovisiva, tanto da portare a chiedersi se si tratti davvero di una forma di traduzione”
(Perego 2005: 32).
12
“viaggiare” per il mondo, abbattendo i confini linguistici e rendendo il suo livello di
accessibilità più globale possibile, sfruttando anche le potenti tecnologie di diffusione
odierne.
Il fine economico diventa dunque lo scopo principale che anima la traduzione audiovisiva;
per tradurre un prodotto audiovisivo oggi bisogna adattarlo il più possibile alla cultura della
lingua target, al fine di favorirne il gradimento e dunque lo smercio; si raffina così ad un
livello sempre più elevato il processo di “localizzazione” che analizzerò in questa sede.
13
1.2 Il principio d’equivalenza
Prima di affrontare il concetto di localizzazione, è opportuno fare un passo indietro al fine di
illustrare il principio d‟equivalenza, concetto necessario a comprendere a fondo le ragioni e le
modalità di utilizzo della tecnica della localizzazione.
La traduzione in generale ha da sempre l‟obiettivo di creare una relazione d'equivalenza tra
il testo d'origine ed il testo tradotto; garantire che entrambi comunichino la stessa idea o
messaggio, tenendo in considerazione aspetti come il genere testuale, il contesto, le regole
grammaticali di ognuna delle due lingue, le convenzioni stilistiche, la fraseologia, ecc…
Creare una tale equivalenza sarebbe per il traduttore fin troppo semplice se ogni singola
parola di una lingua si riferisse ad un concetto univoco ed universalmente riconosciuto. Le
parole sarebbero come delle etichette applicate al proprio concetto e per tradurre basterebbe
sostituirle con le etichette della “lingua target” (LT – lingua in cui il testo viene tradotto). Si
tratta altresì di un procedimento creativo, dinamico e senza regole fisse, per questo,
nonostante l‟evolvere delle tecnologie che oggi offrono delle possibilità sorprendentemente
vaste, le macchine non sono ancora in grado di tradurre adeguatamente i testi. Ne sono la
prova palese i traduttori online che dinnanzi a costruzioni sintattiche, anche molto semplici,
restituiscono traduzioni spesso tragicomiche.
16
Esistono molteplici studi riguardo le relazioni che intercorrono tra lingua e pensiero ed
esaminandoli possiamo notare che alcuni tra i più accreditati ci portano nella stessa direzione:
ogni lingua organizza il mondo a modo suo. Fin dagli anni 30 Sapir e Whorf intuivano che
l‟uomo parla così come percepisce il mondo ed è il linguaggio che ne modella il pensiero
(SWH
17
). Più tardi (intorno agli anni 60) Émile Benveniste si domanda come potrebbe
esistere il pensiero senza il linguaggio, considerando che la conoscenza del mondo è
determinata dall'espressione che essa riceve linguisticamente. Neppure Noam Chomsky che
enuclea la teoria della “grammatica universale”
18
rinuncia a distinguere le differenze
16
Per un riferimento più concreto sui risultati poco validi della “machine translation” consultare: Osimo B.
(2001) Propedeutica della traduzione. Corso introduttivo con tavole sinottiche, Milano: Hoepli
17
Sapir & Worth Hypothesis in: Senft G., Östman J.O.,Verschueren J. (2009), Culture and language use
Amsterdam/Philadelphia: John Benjamins, pp. 32-33
18
La Grammatica Universale è una teoria linguistica che postula che i principi della grammatica siano condivisi
da tutte le lingue, e siano innati per tutti gli esseri umani. La teoria della Grammatica Universale non vuole
descrivere specificamente una lingua o l'altra, né postulare che "tutte le lingue hanno la stessa grammatica",
ma si propone di individuare una serie di regole innate che spiegherebbero come i bambini acquisiscono le
lingue, e come imparano a costruire frasi valide. James Cook V., Newson M. (2007), Chomsky's universal
grammar: an introduction , pp 1-26, Malden/Oxford: Blackwell
14
sostanziali esistenti nell‟organizzazione del pensiero delle varie lingue.
19
Ecco dunque che le
parole non sono paragonabili ad etichette e soprattutto non si riferiscono a concetti univoci nè
tantomeno universali. Il valore delle parole o, per utilizzare una terminologia saussuriana
introdotta nel primo decennio del XX secolo, dei “segni” (ciò che risulta dalla combinazione
del significante, la parte del segno che si percepisce coi sensi, e del significato, il concetto che
viene richiamato), varia fortemente essendo determinato dalle relazioni che intercorrono con
il sistema linguistico intero.
Date tali considerazioni, è possibile affermare che raggiungere un‟equivalenza assoluta tra
due unità di codice di lingue diverse è pressochè impossibile. Il traduttore cerca
un‟equivalenza (per quanto possibile) tra i messaggi espressi nella loro interezza, non tra le
porzioni di codice distinte. Onde rispettare tale somiglianza tra i due messaggi, il traduttore
dovrà dapprima necessariamente interpretare il messaggio del testo sorgente nel migliore dei
modi, così da poterlo ricodificare e ritrasmettere nella LT. Questo processo porta per forza di
cose ad una perdita di significato dall‟originale, generando un conflitto tra le limitazioni che
ciascuna delle due lingue impone per sua stessa natura, oscillando continuamente tra
“ipertraduzione” e “ipotraduzione”
20
.
Il traduttore non può dunque che tentare di creare un‟equivalenza nella differenza, come
suggerisce Roman Jakobson
21
, operazione quasi paradossale, che diventa la questione stessa
del tradurre. Ad esempio possiamo pensare a dei testi che presentano situazioni condite di
caratteristiche tipiche della propria area linguistica: elementi tipici ambientali, istituzionali o
culturali saranno difficilmente interpretabili per un lettore non inserito in quella cultura,
ammesso che il traduttore sia talmente abile da trovare un corrispettivo valido per renderli
nella LT. Altro fattore che determina per forza di cose l‟impoverimento semantico nel
passaggio di un messaggio da una lingua all‟altra è la differenza sostanziale esistente tra i due
sistemi lessicali, grammaticali e fonetici: la segmentazione logica di concetti intellettuali (ma
anche di oggetti fisici a volte) non risulterà quasi mai essere la stessa. Vygotskij in tal
proposito scrive:
19
Vale la pena citare anche il russo Lev Semënovič Vygotskij: scrive che il linguaggio è la condizione necessaria
alla costruzione di categorie concettuali anche se universali secondo il suo punto di vista Vygotskij L.S.(1934).
Nella prima metà del XX secolo non riuscì a catturare l'attenzione dell’Occidente (almeno fino agli anni 60) a
causa della presenza di Jean Piaget, altro importante personaggio che suggerisce un rapporto strettissimo tra la
formazione del linguaggio e lo sviluppo del pensiero.
20
Per “Ipertraduzione” (o overtranslation) si intende un aumento di dettagli rispetto al testo originale, al
contrario con il termine “ipotraduzione” (o undertranslation) aumenta la generalizzazione per tanto diminuisce
la quantità di dettagli.
21
Jakobson R. (2002) , Saggi di linguistica generale, Milano: Feltrinelli Editore, p. 58
15
“[…] il linguaggio interno è una formazione particolare per la sua natura psicologica un tipo
particolare d’attività verbale. […] Che ha delle caratteristiche assolutamente specifiche e sta in un
rapporto complesso con gli altri tipi di attività verbale il linguaggio esterno è un processo di
trasformazione del pensiero [ My š l ] nella parola la sua manifestazione è oggettivazione.”
22
Consideriamo inoltre che l‟uso individuale della lingua del traduttore e dell‟autore non
coincidono: le due entità hanno teorie del significato e valori differenti con cui dipingere le
loro interpretazioni
23
, hanno cioè differenti idioletti che esprimeranno immediatamente e
involontariamente il carattere e lo stile propri che andranno poi a regolare la naturalezza della
traduzione contestualizzandola anche al periodo storico in cui viene effettuata
24
. Anche chi
andrà a decodificare il messaggio tradotto, si troverà a dover fronteggiare questo problema,
avendo anch‟esso a sua volta (per quanto impercettibile possa essere) una diversa scala
interpretativa rispetto all‟autore originale in primis ed al traduttore in secundis. Huet si
interroga:
“Un termine è posto in maniera ambigua e si presta a una doppia interpretazione: perché ne scegli
una soltanto ed abbandoni l’altra? Perché porgi al lettore solo parte del significato e non gli offri
anche l’altra, privandolo, col seguire la tua sola opinione, della possibilità di formulare una sua
congettura e un suo personale giudizio?” (Huet 1683: 26)
Newmark pone l‟accento anche su una restrizione di tipo lessicale determinata per forza di
cose dal contesto storico in cui il traduttore agisce:
“Di norma le traduzioni sono scritte in linguaggio contemporaneo, il che costituisce di per se stesso
una forma di interpretazione e, almeno lessicalmente (cioè non grammaticalmente, fatta eccezione
per il passato più remoto), un riflesso della cultura della lingua di arrivo.”
25
22
Vygotskij L.S.(1934), Myšlenie i reč. Psicholodičeskie issledovanija Moskva-Leningrad, (trad. it. 1990, Pensiero
e linguaggio. Ricerche psicologiche Bari-Roma: G. Laterza) pp. 346-347
23
Ciascuno avrà differenti particolarità sul piano grammaticale, lessicale e di costruzione della frase.
24
Newmark, P. (1988), La traduzione: problemi e metodi, Milano: Garzanti
25
Newmark, P. (1988), op. cit. p. 72
16
Sempre Newmark, consapevole dell‟interpretazione come passo decisivo per il lavoro del
traduttore, parla di “traduzione interpretativa” in quanto:
“L’interpretazione rappresenta una sfida per il traduttore […] Solo una profonda conoscenza
etnologica e linguistica può aiutarlo a dare il “taglio” adeguato […] La traduzione interpretativa […]
richiede un metodo di traduzione semantico associato ad una grande capacità esplicativa, relativa
soprattutto alla cultura della lingua di partenza[…]”
26
Naturalmente per quanto l‟interpretazione del testo possa essere adeguata, interpretare un
testo nelle condizioni citate significherà da subito avere uno slittamento semantico, che, per
quanto leggero possa essere, nella fase di ricodificazione aumenterà ancora per forza di cose.
Secondo Newmark, anche passando dalla formulazione del pensiero all‟esposizione (orale o
scritta che sia), si ha subito una perdita di significato
27
. Nonostante l‟importanza determinante
di questo passaggio anche in autori come Crick, che addirittura definiscono la traduzione
come interpretazione (“the translation is the interpretation”
28
), ci è impossibile poter pensare
ad una interpretazione-traduzione basata sulle stesse concezioni per l‟autore originale, il
traduttore e il lettore del testo tradotto. Susan Bassnett-McGuire definisce di fatto il traduttore
come un “cannibale che divora il testo di partenza in un rituale il cui fine è la creazione di
qualcosa di completamente nuovo”
29
. E‟ interessante citare a questo proposito anche l‟episodio
de‟ “I Promessi Sposi” del Manzoni in cui Renzo deve comunicare con Agnese tramite
lettere, senza che nessuno dei due sappia leggere o scrivere:
“Il letterato, parte intende, parte fraintende, dà qualche consiglio, propone qualche cambiamento,
dice: lasciate fare a me; piglia la penna, mette come può in forma letteraria i pensieri dell'altro, li
corregge, li migliora, carica la mano, oppure smorza, lascia anche fuori, secondo gli pare che torni
meglio alla cosa: perché, non c'è rimedio, chi ne sa più degli altri non vuol essere strumento
materiale nelle loro mani; e quando entra negli affari altrui, vuol anche farli andare un po' a modo
suo. Con tutto ciò, al letterato suddetto non gli riesce sempre di dire tutto quel che vorrebbe;
qualche volta gli accade di dire tutt’altro: accade anche a noi altri, che scriviamo per la stampa.
Quando la lettera così composta arriva alle mani del corrispondente, che anche lui non abbia
26
Newmark, P. (1988), La traduzione: problemi e metodi, Milano: Garzanti, pp. 72-73
27
Newmark, P. (1988), op. cit.
28
Crick M (1976), Explorations in language and meaning: towards a semantic anthropology , London: Malaby
Press
29
Bassnett-McGuire S. (1993), La traduzione. Teorie e pratica, Milano: Bompiani, p. 5