Sat. 29.1 : Ceterum ego dum omnia stupeo, paene resupinatus crura mea fregi. ad
sinistram enim intrantibus non longe ab ostiarii cella canis ingens, catena vinctus, in
pariete erat pictus superque quadrata littera scriptum “cave canem”.
Pompei, I sec. D. C., Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
PREMESSA
All’interno di un romanzo magmatico come il Satyricon che - sottolinea il
Fusillo
1
- “ non si lascia ingabbiare in letture complessive “ ma manda in crisi le
convenzioni creando un gioco spesso fondato sull’illeggibilità, non è agevole
trovare un filo conduttore: la scrittura, in Petronio, evoca tutto!
Lontano dal genere tragico, egli si rivela inaspettatamente permeato di tragedia; vi
è una frase di Giordano Bruno che più d’ogni altra gli si addice: “ in tristitia
hilaris, in hilaritate tristis “.
Forse l’essenza di Petronio sta in questo scettico apprezzamento della vita, o forse
sta nella consapevolezza che la libertà non poteva più altrove esercitarsi che nello
spirito.
Canta Francesco Guccini:
Voi critici, voi personaggi austeri militanti severi
chiedo scusa a Vossia
però non ho mai detto che a canzoni
si fan rivoluzioni, si possa far poesia
io canto quando posso e come posso senza applausi o fischi…
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Il Satyricon è opera attualissima, ha il sorriso malinconico della società sconfitta
dai politici ladruncoli, che innalzano a ruoli di potere le clientele, che usano
sistematicamente la menzogna per demonizzare gli avversari e creano soltanto
confusione e inefficienza; se, alla fine di questo modesto lavoro si avrà la
percezione dell’immortalità del pensiero che tutto lo permea, mi riterrò
soddisfatta.
1
M. Fusillo, Il Satyricon nel 900, fra neopicaresco e camp, Lezioni di dottorato, 2007, p. 10.
2
F. Guccini L’avvelenata, dall’album Via Paolo Fabbri 43, 1976.
1
CAPITOLO I
I distici di 132.15 e la poetica di Petronio
Quid me constricta spectatis fronte Catones
damnatisque novae simplicitatis opus?
Sermonis puri non tristis gratia ridet,
quodque facit populus, candida lingua refert.
Nam quis concubitus, Veneris quis gaudia nescit?
Quis vetat in tepido membra calere toro?
Ipse pater veri doctus Epicurus in arte
Iussit, et hoc vitam dixit habere τέλος.
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3
Per il testo del v. 7 mi attengo con O. Raith (Veri doctus Epicurus, zum Text von Petron 132.15,
7, “Wien. Stud.” 3, 1970, pp. 138-161), V. Gigante (Stile nuovo ed etica anticonvenzionale in
Petronio, “Vichiana” 9, 1980, pp. 61-78), A.Aragosti (Petronio Arbitro, Satyricon, introd., trad. e
note. Testo latino a fronte, Milano 1995) e M. Scarsi (Gaio Petronio, Satyricon, prefaz. di G.
Chiarini, con testo a fronte, Firenze 1996), alla versione tràdita “doctus Epicurus in arte”; mentre
altri, come G. B. Conte (L’autore nascosto. Un’interpretazione del “Satyricon”, Bologna 1997, p.
187) e M. Longobardi (Petronio, Satyricon, con una presentazione di C. Segre. Testo latino a
fronte, Siena 2008), accolgono quella del Canterus “doctos Epicurus amare”. La discordanza tra la
lezione “in arte” riportata dai codici appartenenti agli Excerpta Minora, e “in arce” che risale al
codice perduto di Poggio Bracciolini (1420), diede luogo ad interventi correttivi che ebbero inizio
con la congettura “amare” in luogo di “in arte” o “in arce” da parte del Canterus, e andarono a
colpire necessariamente anche la lezione “doctus” (tràdita da tutti gli Excerpta Maiora) variandola
in “doctos”. Osserviamo, infine, che τέλορ è un ripristino degli editori: i codici più autorevoli e le
importanti edizioni cinquecentesche di Pierre Pithou e Jean De Tournee presentano la forma
traslitterata “telos”.
2
CAPITOLO II
ENCOLPIO, IL “BIMBO DELLA FORTUNA”
1. L’ ich-Erzähler
La narrazione del Satyricon è orientata nella prospettiva dell’ich-Erzähler,
che è anche personaggio e protagonista, Encolpio. Egli è quello che oggi si
definisce un antieroe, abbastanza giovane, beneducato, codardo, amorale,
sessualmente ambivalente; per dirla con P.G.Walsh
4
“…Encolpius has as many
personae as there are situations. Simple soul and man of the world, sadist and
soft-hearted sentimentalist, parasitic flatterer and ingenuous guest, he is the
chameleon of the I-narrator who sees the complexities within himself but only the
consistent traits in other”.
Non sappiamo per sfortuna come venisse introdotto nè in quali circostanze
venisse presentata la sua narrazione, perchè il Satyricon è opera acefala.
Il suo nome , come molti altri nel romanzo, è un nome parlante : Encolpio è
foggiato sul greco ̉ Εγκόλπιορ, qui est in sinu, ovvero “ colui che sta in grembo”,
ma non è del tutto chiaro il referente. Sulla base di una doppia ricorrenza del
4
P.G. Walsh, The Roman Novel, Cambridge, 1970 pag. 81.
3
nome in Marziale
5
a designare un amasio, si potrebbe intendere non senza
qualche dubbio che il nome petroniano alludesse scherzosamente all’omoerotismo
del personaggio, che starebbe “attaccato al grembo” del proprio amante; ma le
interpretazioni in chiave erotica non sembrano del tutto persuasive. Migliori sono
quelle volte a dare una spiegazione del nome che abbracci la valenza complessiva
del personaggio, come quella di V. Ciaffi
6
che intende il riferimento al sinus come
segno di ingenua infantilità in accordo con lo statuto narratologico del
personaggio e in opposizione al suo nome crotoniate Polieno
7
, appellativo
odissiaco di Ulisse, notoriamente dotato di esperienza e furbizia; o come quella di
G. De Salas
8
secondo cui Encolpio è l’ “insinuante” Petronio.
Encolpio non ci viene descritto da Petronio, egli si rivela attraverso le
svariate situazioni della scena, attraverso le battute e le azioni spregiudicate.
All’inizio del romanzo, assistendo alla parte conclusiva di una discussione che
questi ha con il retore Agamennone sulle cause della corrupta eloquentia,
veniamo a conoscenza del fatto che è uno scholasticus, un intellettuale.
In questo episodio iniziale del Satyricon è messa in luce l’estrema
remissività del protagonista che si lascia influenzare dalle personalità più volitive
che di volta in volta incontra sulla sua strada. Encolpio è ingenuo ad un punto tale
che, dopo essere più volte rimasto vittima delle apparenze, arriva a dubitare di
tutto e a tacere, come afferma in 41,5: damnavi ego stuporem meum et nihil
amplius interrogavi.
9
Il suo strumento preferito, che il Conte definisce “estetica letteraria
dell’eccesso”
10
, è la declamazione: attraverso il modello letterario del mito egli va
in cerca di quel significato profondo che manca alla banale realtà quotidiana. Con
le rappresentazioni mitiche egli cerca di soddisfare l’esigenza del sublime, ma il
5
Mart. I, v.31: Hos tibi, Phoebe, vovet totos a vertice crines Encolpos […] “ tutti questi capelli
della sua testa Encolpio li dedica a te, o Febo”; v.48: Qui non cogit amor? Secuit nolente capillos /
Encolpos domino, non proibente tamen . “Cosa non costringe a fare l’amore? Encolpio s’è
tagliato i capelli e il padrone che non voleva, ciononostante non gliel’ha impedito”.
6
V. Ciaffi, La struttura del Satyricon, Torino, 1995 pag. 129.
7
A. Aragosti, Satyricon, introduzione, p. 18 n. 21: Πολύαινορ famoso, illustre, molto lodato.
8
G. De Salas III praeludium ai suoi Commenta al Satyricon , dedicato ai nomi (in P. Burman, Titi
Petronii arbitri Satyricon quae super sunt, ed. altera, I, Amsterdam, 1743).
9
Trad. : ” maledissi la mia ingenuità e non feci ulteriori domande”.
10
G.B. Conte, L’autore nascosto, Bologna, 1997 p. 14.
4
sublime è morto e il mito è un inganno. Ragion per cui ad ogni esasperazione
melodrammatica corrisponde irrimediabilmente una repentina caduta che mette a
nudo l’illusione.
Esempio paradigmatico è il capitolo 82 che vede il nostro eroe, animato
dal desiderio di vendetta contro il traditore che gli ha soffiato l’amasio, vestire i
panni di Enea mentre nell’ultima notte di Troia cerca la moglie Creusa lungo i
porticati della città in fiamme: mox in publicum prosilio furentisque more omnes
circumeo porticus
11
; o ancora: haec locutus gladio latus cingor
12
, formula epica
usata da Virgilio per Enea in Aen.II 671: hic ferro adcingor rursus
13
.
Encolpio smarrisce il senso della realtà, ma ecco apparire un personaggio
a ridimensionarne l’ardore eroico: un militare, o un ladro, o un professionista della
notte
14
, gli guarda i piedi e domanda: age, ergo, in exercitu vestro phaecasiati
milites ambulant?
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.
La caduta non potrebbe essere più brusca! Eppure si tratta di
un’illuminazione solo istantanea, nella scena successiva della pinacoteca, perso
nuovamente il senso delle differenze, innanzi ai quadri di amore contrastato
Encolpio pronuncerà il lamento di Enea che contempla a Cartagine i dipinti sulla
guerra di Troia : Aen. I. 462: Sunt lacrimae rerum et mentem mortalia tangunt;
Sat. 83.4: Ergo amor etiam deos tangit.
Encolpio è ingenuo e patetico, ma forse nella sua capacità di adattamento,
nel suo essere un “camaleonte”, c’è un qualcosa di epicureo.
11
Sat. 82.1 : ” subito mi precipito fuori e come un forsennato giro per tutti i portici”; cfr. Aen. II,
749-773.
12
Sat. 82.1 : ” detto questo,mi allaccio la spada al fianco”.
13
Trad. :” allora cinsi di nuovo la spada”.
14
Sat. 82.2: miles, sive ille planus fuit sive nocturnus grassator.
15
Sat. 82.3 : ”dì un po’, nel vostro esercito i soldati se ne vanno in giro in sandalini bianchi?”. Si
tratta di calzature portate dai filosofi.
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